
Undici sedute di psicoterapia raccontate e vissute in un dialogo incalzante tra uno psichiatra e il suo paziente. Mentre diminuisce l'angoscia del paziente cresce quella del terapeuta che dichiara di non poter più proseguire, come se si fosse trasformato nel malato e il paziente avesse indossato il camice della cura. Una metamorfosi inattesa che porta lo psichiatra al silenzio. Nello studio di psicoterapia aleggia il tema del senso della cura, quello della difficile definizione di malato e di terapeuta e il ruolo di un mondo che gira attorno in maniera forsennata e folle. Una storia in cui il lettore diventa ora paziente e ora psichiatra, in uno scambio continuo che mette in crisi la stessa identità di malato. Del resto tutto nel mondo ha perso identità e senso. E tutti sono malati compreso lo psichiatra che ora tace e chiude quello studio per sempre. Un racconto, o forse un diario, che ci porta a rivivere quei dialoghi come si fosse distesi su un lettino dentro se stessi alla ricerca di un senso che dica almeno se si è malati o sani di mente. Una saggio sulla condizione umana e una riflessione che non riguarda solo la psichiatria e la psicanalisi, ma la follia del mondo e dell'uomo dentro il mondo.
Vittorino Andreoli per la prima volta pone sul lettino dello psichiatra i temi dell'economia e mette a nudo la società moderna, ossessionata dal denaro, terrorizzata dallo spettro della povertà. Quando i soldi si insinuano nella vita delle persone instillando dubbi, minando ogni sicurezza, mettendo in crisi le altre certezze; quando i soldi si trasformano in un virus che produce i sintomi della malattia, l'economia non basta. La psicologia ci aiuta a spiegare e a comprendere la natura illusoria del denaro - la falsa promessa che tutto si possa comprare, anche gli affetti - per ricondurlo invece alla sua condizione di semplice strumento, il cui uso irrazionale e scriteriato può arrivare a trasformare le esigenze in dipendenza, i desideri in angoscia. Quello che Andreoli ci propone non è una nuova teoria economica né una facile soluzione consolatoria, ma una riflessione su come anche l'etica sia potuta diventare oggetto di contrattazione, un percorso per riappropriarsi del vero significato della vita, delle relazioni interpersonali e del vivere civile.
Cos'è successo all'uomo, alla civiltà? Concentrati su un qui e ora puramente corporei, abbiamo ucciso tutti gli dei e reso la bellezza l'unica nostra religione. Non abbiamo più sogni, non coltiviamo progetti, non sopportiamo il silenzio, facciamo rumore per vincere la solitudine, sradicati come siamo dalle nostre origini, incapaci di amare, di insegnare ai nostri figli e di imparare dai nostri padri. E siamo pieni di paura. Vittorino Andreoli, che non distoglie mai l'attenzione dal destino dell'uomo contemporaneo, ripercorre la parabola della propria vita per descrivere, nel modo più personale e insieme collettivo, l'importante mutamento cui stiamo andando incontro. Dall'emergenza parsimoniosa e crudele della guerra, dove tutta la famiglia sedeva intorno al piatto in cui campeggiava un'unica grande aringa annegata nell'olio, al boom economico, in cui il dilagare del benessere ha condotto in fretta all'eccesso, alla saturazione, all'inutile; dall'entusiasmo delle scoperte scientifiche, che ci hanno permesso di rimuovere il dolore, di controllare le nascite, di nascondere ma non cancellare la morte, alle crisi, sempre uguali e sempre diverse, della Repubblica. Andreoli non dà giudizi né offre ricette, non ha certezze né dogmi da imporre. Ha però uno sguardo profondamente umano, e la consapevolezza della sua e nostra fragilità, l'unica meravigliosa forza su cui possiamo e dobbiamo contare per risorgere.
Cos'è successo all'uomo, alla civiltà? Concentrati su un qui e ora puramente corporei, abbiamo ucciso tutti gli dei e reso la bellezza l'unica nostra religione. Non abbiamo più sogni, non coltiviamo progetti, non sopportiamo il silenzio, facciamo rumore per vincere la solitudine, sradicati come siamo dalle nostre origini, incapaci di amare, di insegnare ai nostri figli e di imparare dai nostri padri. E siamo pieni di paura. Vittorino Andreoli, che non distoglie mai l'attenzione dal destino dell'uomo contemporaneo, ripercorre la parabola della propria vita per descrivere, nel modo più personale e insieme collettivo, l'importante mutamento cui stiamo andando incontro. Dall'emergenza parsimoniosa e crudele della guerra, dove tutta la famiglia sedeva intorno al piatto in cui campeggiava un'unica grande aringa annegata nell'olio, al boom economico, in cui il dilagare del benessere ha condotto in fretta all'eccesso, alla saturazione, all'inutile; dall'entusiasmo delle scoperte scientifiche, che ci hanno permesso di rimuovere il dolore, di controllare le nascite, di nascondere ma non cancellare la morte, alle crisi, sempre uguali e sempre diverse, della Repubblica. Andreoli non dà giudizi né offre ricette, non ha certezze né dogmi da imporre. Ha però uno sguardo profondamente umano, e la consapevolezza della sua e nostra fragilità, l'unica meravigliosa forza su cui possiamo e dobbiamo contare per risorgere.
"C'è un sogno che mi accompagna da molti anni: scrivere un manuale che, anziché indirizzarsi ai medici, agli psichiatri o agli psicologi clinici, parli a tutti. Oggi, in queste pagine, il mio sogno trova finalmente concretezza." In questa nuova opera, Vittorino Andreoli ci insegna con chiarezza e serenità ad affrontare i primi segni di disagio o disturbo mentale a partire dai progressi scientifici raggiunti in questo campo. Se in passato infatti si tendeva ad attribuire le malattie della mente a un determinismo genetico o familiare, oggi sappiamo che è possibile risolverle, o per lo meno attenuare le loro manifestazioni, intervenendo subito. "Nei miei cinquant'anni di psichiatria" scrive Andreoli "sono rimasto talora persino sconvolto dall'osservare che persone vicine a un adolescente con comportamenti devastanti, o a un anziano che ha precorso la morte naturale con un suicidio, hanno minimizzato segnali che invece erano chiari." Grazie alla sua esperienza di una vita trascorsa a fianco dei pazienti, Andreoli riesce a parlare sia a chi sta male mentalmente sia a chi deve vivere vicino alla sofferenza degli altri: adulti, adolescenti, anziani. Il risultato è un percorso mirabile fra le emozioni e tutte le loro manifestazioni, da quelle più comuni come la paura o l'ansia, a quelle più complesse come la tristezza, aiutandoci a individuare i segnali d'allarme prima che sia troppo tardi.
In questo libro, Vittorino Andreoli si rivolge alla famiglia nel suo complesso, l'organismo fondamentale all'interno del quale si pongono le basi di un sereno sviluppo personale o da cui possono trarre origine conflitti, lacerazioni e traumi destinati a segnare intere esistenze. Il tono scelto da Andreoli non è quello del saggio specialistico: questa lettera comunica pensieri e sentimenti rivolti alla sensibilità di ciascun membro della famiglia. Ognuno è chiamato a mettersi in gioco, a esaminare i propri atteggiamenti e giudizi e le loro conseguenze sugli altri familiari, a riflettere con serenità sulle dinamiche e sui valori che, in modo esplicito o implicito, caratterizzano ogni famiglia.
Maleducati. Trasgressivi. Immaturi. Le ricette salva figli sono ormai diventate argomento quotidiano di discussione e confronto fra genitori in crisi e insegnanti rinunciatari. C'è chi grida alla sconfitta dell'antiautoritarismo. Chi invoca un ritorno alla disciplina tra le mura domestiche. Chi accusa la scuola di aver abbandonato il suo ruolo pedagogico. Per Vittorino Andreoli, da sempre attento osservatore del disagio psicologico degli adolescenti e dei loro compagni più adulti, invece il fallimento educativo è un malessere profondo che riguarda tutti, genitori e no, e che può essere risolto solo con uno sforzo comune. Il primo sintomo va ricercato senz'altro nella morte della famiglia tradizionale. I bambini avrebbero bisogno di un'unica figura che si occupi di loro: la madre. L'aumento delle figure di riferimento - necessario, per molte ragioni, nella nostra società crea un disaccordo educativo, ed è la vera causa della loro inquietudine e disobbedienza. Cosa dovrebbero fare, allora, i genitori per far crescere meglio i loro figli? Dovrebbero ritrovare un punto d'unione con tutte le figure che li affiancano: i nonni, le babysitter, le insegnanti dei nidi e delle scuole per l'infanzia... Educare vuol dire trasformare un figlio in un uomo o una donna capaci a loro volta di diventare padri e madri. E per farlo dobbiamo tenere conto dei sentimenti che sono parte indispensabile di ogni processo di crescita.
Le amicizie e le antipatie, i successi e le delusioni scolastiche, la vita in famiglia e i primi amori: la crescita di ogni ragazzo è fatta di contesti e momenti cruciali che segnano indelebilmente il suo modo di rapportarsi a se stesso e agli altri. Dopo aver osservato e studiato per anni il rapporto tra giovani e adulti dalla prospettiva privilegiata della psichiatria per coglierne gli effetti dannosi, in questo volume Vittorino Andreoli parte dalla sua lunga esperienza con genitori e insegnanti per spiegare come risolvere al meglio i piccoli e grandi problemi della vita dei figli: in un itinerario che attraversa le paure infantili e la scelta del gruppo di amici, la scoperta del proprio corpo e la vita scolastica, le insicurezze e i momenti di ribellione, il grande psichiatra ci accompagna passo dopo passo nel percorso di crescita dei nostri ragazzi, aiutandoci a compiere le scelte migliori per aiutarli a diventare adulti sereni e consapevoli.
"Professore, so che lei è molto occupato, mi può dare il nome di uno psichiatra? Lo vorrei matto, preferibilmente." Vittorino Andreoli, uno dei massimi esponenti della psichiatria contemporanea, i matti li frequenta da tanti anni. Quello che non gli era mai capitato prima era di considerare un popolo intero come paziente. Lo fa in queste pagine in cui affronta i mali del bel Paese, a cominciare dal masochismo che affligge il popolo italiano spingendolo a una distruttività di sé malcelata dietro una maschera esibizionista. Uno scintillio di falso benessere rincorso da chi, non potendo permettersi certi lussi, fa di tutto per ingannare se stesso e gli altri. Poi c'è la straordinaria fede nei miracoli che ci rende un popolo credulone e facilmente abbindolabile dal truffatore di turno. E infine una dose di individualismo spietato con un talento innato per la recita. Con ironia e lucidità, "Ma siamo matti" fornisce molti consigli utili per risvegliarci dal "mal d'essere" in cui ci hanno gettato la crisi e l'impoverimento generale. Ma è anche una dichiarazione d'amore per la propria terra. "Mi piacerebbe che questo libro diventasse il libro di un popolo" scrive Andreoli, "del popolo di cui sto per parlare sapendo che al contempo parlo di me stesso, perché senza questo popolo semplicemente non sarei. Perché è questa la mia terra, quella dell'Italia, e anche se dovesse essere sommersa dalle acque che la circondano, è una penisola che, comunque sia, io amo."
Maleducati. Trasgressivi. Immaturi. Le ricette salva figli sono ormai diventate argomento quotidiano di discussione e confronto fra genitori in crisi e insegnanti rinunciatari. C'è chi grida alla sconfitta dell'antiautoritarismo. Chi invoca un ritorno alla disciplina tra le mura domestiche. Chi accusa la scuola di aver abbandonato il suo ruolo pedagogico. Per Vittorino Andreoli, da sempre attento osservatore del disagio psicologico degli adolescenti e dei loro compagni più adulti, invece il fallimento educativo è un malessere profondo che riguarda tutti, genitori e no, e che può essere risolto solo con uno sforzo comune. Il primo sintomo va ricercato senz'altro nella morte della famiglia tradizionale. I bambini avrebbero bisogno di un'unica figura che si occupi di loro: la madre. L'aumento delle figure di riferimento - necessario, per molte ragioni, nella nostra società crea un disaccordo educativo, ed è la vera causa della loro inquietudine e disobbedienza. Cosa dovrebbero fare, allora, i genitori per far crescere meglio i loro figli? Dovrebbero ritrovare un punto d'unione con tutte le figure che li affiancano: i nonni, le babysitter, le insegnanti dei nidi e delle scuole per l'infanzia... Educare vuol dire trasformare un figlio in un uomo o una donna capaci a loro volta di diventare padri e madri. E per farlo dobbiamo tenere conto dei sentimenti che sono parte indispensabile di ogni processo di crescita.
Se l'uomo di Musil si è caratterizzato per "la mancanza di qualità" quello di Andreoli descritto in questo romanzo è un uomo privo di identità. Un uomo stanco della follia del mondo e del suo rumore, che fugge in una baia sperduta della Scozia affacciata sull'oceano Atlantico. Circondato solo da uccelli di mare, Franz Gustav farà i conti con i fantasmi del passato e con le molte relazioni che attende ancora di vivere. "L'uomo senza identità" è dunque la narrazione di un uomo solo che però trova dentro di sé non un doppio ma addirittura una frammentazione, che lo porta a smarrire persino il significato di che cosa voglia dire Io. In quel luogo disabitato nasce la storia di un uomo che appare più ricca ma anche più confusa di quella di una grande metropoli. L'identità, la coerenza, il riconoscimento di principi, tutto diventa indefinibile e Franz Gustav tenterà di immergersi nel proprio profondo fuggendo persino dalla propria sensorialità, chiudendo gli occhi. E in questa immersione incontrerà il vuoto e il nulla. Dopo aver raccontato la fragilità dell'essere umano nei suoi saggi, Vittorino Andreoli mette in scena la frantumazione dell'individuo, la moltiplicazione in frammenti di io che si sdoppiano per imporre il proprio mistero.
Molti di fronte allo scorrere del tempo reagiscono, anche nelle difficoltà, traendone sensazioni positive, individuandone gli aspetti vantaggiosi. Esprimono così la "gioia di vivere", un modo di vedere l'esistenza che si inserisce nel flusso della Natura, accettando ciò che il presente dona, senza decorarlo troppo con i propri desideri. Ma la maggior parte di noi è affetta dalla "fatica di vivere". Siamo sempre in azione e mai soddisfatti, destinati a rincorrere un futuro che non c'è e forse non ci sarà mai, spinti nella lotta per il potere dalle nostre ambizioni, dalla paura dell'insuccesso o perfino della morte. Due stili di vita opposti, che non appartengono all'ambito patologico, ma che sono la chiave per dare a una stessa esistenza un significato contrapposto: vivere bene, o al contrario vivere male. In questo libro Vittorino Andreoli, "portatore della visione tragica dell'esistenza", ci accompagna alla ricerca del segreto della gioia di vivere. E, attraverso la riflessione sui classici, la filosofia, la religione, l'osservazione delle storture della società e naturalmente con la conoscenza dell'uomo, delinea un percorso per recuperare la vera essenza del nostro essere umani. Si scopre così che nel mondo dominato dalle strategie per essere vincenti, dal fascino dell'esclusività, dalla bellezza, dalla fatica di vivere dell'individuo, il "magico potere" della gioia non è altro che la capacità, che tutti abbiamo dentro, di passare dalla dimensione dell'"io" a quella del "noi".