
In questo libro, una novità direttamente in BUR, Andreoli conduce il lettore per mano in un corso elementare di apprendimento e gestione delle relazioni familiari, dal concetto di nido ai problemi della vita di ogni giorno. Una grammatica di comportamento per nonni, padri, madri, figli, frutto degli interventi dello psichiatra su "Avvenire" nel corso dell'anno 2004, una sorta di diario di bordo, sui temi più cari ad Andreoli e trattati anche nella sua "Lettera alla tua famiglia" (Rizzoli, 2005).
"Il sogno è l'infinita ombra del vero" scriveva Giovanni Pascoli, un poeta la cui vita fu segnata già a 12 anni dall'assassinio del padre e l'anno successivo dalla morte della madre. Per raggiungere questa verità ombreggiata dal sogno della poesia, Vittorino Andreoli, ha indagato l'esistenza di Giovanni Pascoli con i metodi della ricerca psicopatologica, ricostruendo una personalità che, assieme all'eccezionalità del genio, configura un caso clinico da manuale, per l'insieme di traumi da cui è stata incrinata.
I principi che da secoli erano un punto di riferimento indiscusso non sembrano più guidare il nostro agire, mentre le scienze positive pongono più interrogativi che certezze. E in questo clima di disgregazione si è imposto uno stile di vita che mira soltanto ad arraffare, "qui e subito" e senza alcuno scrupolo, gli idoli di oggi: ricchezza, potere, sesso... Tutto è entrato in crisi: la politica, l'etica, i rapporti umani, il rispetto della vita e della morte, centrifugati in un teatro dell'assurdo dove si vive soltanto nell'"attimo presente" senza curarsi minimamente del futuro. In questo libro Vittorino Andreoli, da sempre attento ai problemi dell'uomo, ci guida in un viaggio, affascinante e doloroso, alla scoperta di quei principi che per secoli hanno guidato il nostro comportamento e delle cause della loro caduta. Un viaggio nel quale si racconta il declino di una civiltà che riuscirà a sopravvivere solo se troverà il coraggio di scoprire nuove basi su cui rifondare la propria identità.
Gli insegnanti sono spesso al centro di pretese impossibili da soddisfare: devono sopperire alle carenze delle famiglie, proporre modelli opposti a quelli considerati vincenti dalla società, fornire nozioni e insieme occuparsi delle esigenze emotive dei ragazzi, fino a essere considerati responsabili dei loro disagi psicologici che talvolta sfociano in tragedie. In questo libro Andreoli discute con loro, propone metodi e strategie utili per ascoltare e parlare con i giovani, ma soprattutto li aiuta a guardare dentro di sé e a trarre dal serbatoio delle proprie risorse le energie e gli stimoli indispensabili per mettersi in gioco.
Ormai abbiamo in tasca il mondo intero. In pochi centimetri di plastica e microchip sono racchiuse infinite possibilità di comunicare, informarsi, divertirsi, concludere un affare, e addirittura innamorarsi. È il telefonino: simbolo dell'era digitale, strumento che incarna e riassume il bisogno tutto umano di parlare, ascoltare, capire. C'è chi sfoggia il modello di "quarta generazione" e chi eredita quelli dei fratelli maggiori. Chi ci urla dentro gesticolando e chi lo contempla come in un raptus. A tutti, questo piccolo oggetto ha rivoluzionato la vita. In meglio o in peggio? Stiamo rischiando di chiuderci in un "autismo digitale"? Di volta in volta idolatrato come l'incarnazione stessa del progresso o al contrario additato come allegoria di una generazione incapace di relazionarsi con sé e con il prossimo, il telefonino è lo specchio di un'epoca, dà corpo alle contraddizioni di tutta la società. Vittorino Andreoli prende le mosse dall'uso e abuso del cellulare per interrogarsi sugli uomini, le donne e soprattutto i ragazzi e le ragazze di oggi, sui loro stili di vita, sui loro atteggiamenti verso gli altri, verso la vita stessa. Celebra le conquiste dell'informatica e le opportunità illimitate di un mondo in cui le distanze non esistono più, ma al contempo ci invita a non perdere di vista la dimensione umana, a non sacrificare la nostra intelligenza a un idolo tecnologico. E a non affidare alle macchine il nostro potere di pensare e decidere.
Per quanto la si studi, la follia resta una delle esperienze più tragiche e irrisolte della condizione umana. Ma la follia è stata nel corso del tempo anche una delle più potenti suggestioni delle quali gli scrittori si sono impadroniti per mettere in scena l'umano nelle sue forme più estreme e misteriose. Da Svevo a Pirandello, da Stocker a James, da Gadda a Buzzati, passando per Tobino, Berto, Dostoevskij e tanti altri, la letteratura ha costruito un dialogo fertile e continuo con la sofferenza psichica, contribuendo alla sua conoscenza.
Vito nasce nella campagna intorno a Verona durante la Seconda guerra mondiale, da una famiglia contadina che conduce un'esistenza arcaica e primitiva. Nonostante il suo destino sembri condizionato dalla necessità quotidiana di sopravvivere, il ragazzo rivela a poco a poco una sensibilità fuori dal comune, sceglie di proseguire gli studi e si laurea in medicina. Intanto, dentro di lui è in corso una lotta che lo fa oscillare tra due diverse pulsioni, quella religiosa e quella del sesso, mentre alla sua ascesa professionale si intrecciano episodi in cui, di volta in volta, prevalgono il grottesco, il paradosso, la meschinità, il cinismo e la follia. Da qui la scelta di dedicarsi agli ospiti del manicomio della sua città che, nella sofferenza, esprimono l'autenticità della condizione umana.
La follia è il grande mistero con il quale Vittorino Andreoli si confronta ormai da decenni. Ma la follia non manifesta se stessa soltanto attraverso comportamenti fisici inconsulti o produzioni verbali anomale. Anche le creazioni grafiche possono essere rivelatrici, se non apertamente di un sintomo, comunque di uno stato di affezione e di sofferenza psichica. È il 1959 quando Andreoli, ancora studente al liceo, accede per la prima volta all'atelier di pittura nel manicomio di Verona: in qualche modo comincia a vedere la follia dentro i colori che i pittori disponevano sui loro quadri. Da lì è iniziato un lungo percorso di conoscenza e di amore per i "suoi matti". Questo volume raccoglie la Mimma delle sue osservazioni empiriche e delle riflessioni teoriche elaborate in cinquantanni di professione medica, una vera e propria antologia sul linguaggio non verbale in psichiatria Disegni, dipinti, "espressioni" che sono al contempo indizio di malattia mentale e arte a tutti gli effetti, nella lettura lucida e partecipe di un grande esperto degli studi clinici internazionali.
L’educazione è il vero segnale di una società
che adempie al suo primo dovere: quello di generare
figli e insegnare loro a vivere.
Un mattino il signor Gregor Samsa si sveglia improvvisamente trasformato in uno scarafaggio. Proprio come il protagonista della Metamorfosi di Kafka, l’adolescente, travolto da un cambiamento che coinvolge il proprio corpo e con esso tutto il mondo che lo circonda, non si riconosce più, ha difficoltà a definirsi, non si piace.
Non c’è dubbio che lasciare l’infanzia sia sempre stato difficile. Ma oggi come stanno le cose? Come affrontano gli adolescenti del nuovo millennio la faticosa avventura di crescere? Abbiamo gli eroi del nulla, dell’alcol, della droga, dei tragici “sabato sera”, del presente senza futuro... Sono ragazzi che hanno perso fiducia in se stessi e negli altri, che faticano a superare ogni difficoltà e ad affrontare il dolore di vivere. E la famiglia, la scuola, la società non sanno, e forse non si impegnano sufficientemente per aiutarli.
In questo libro Vittorino Andreoli riflette sulla grave crisi in cui versa l’adolescenza oggi, e pone l’attenzione sulle parole-chiave che possono aiutare a comprenderla meglio. Non un manuale di istruzioni per l’uso, ma un percorso che, modulato sui sentimenti, la percezione del corpo, il dolore, lo scorrere del tempo e l’immaginazione, invita al dialogo tra i giovani e con i giovani. Perché “l’adolescenza è una vita che viene condivisa”; e chi la sta affrontando, al di là di una morale rigida, deve essere capito e aiutato nella “fatica di crescere”.
Il Signore mi ha rivelato esser suo
volere che io fossi un pazzo nel mondo:
questa è la scienza alla quale Dio
vuole che ci dedichiamo.
Francesco d’Assisi
Esiste un rapporto tra follia e santità? Un santo è per molti un esempio: ha vissuto nell’imitazione di Gesù, ha operato miracoli e ora siede nei cieli avendo raggiunto la perfezione umana; niente sembrerebbe più distante dal folle, il cui comportamento non è certo un modello, e che per secoli è stato considerato un posseduto dal demonio. Eppure i santi seguono una vita per molti aspetti folle: rifiutano i beni terreni, mortificano il proprio corpo e accettano il dolore come un dono. E, al contempo, la concezione medica e sociale di pazzia è mutata nel tempo, chiarendo quanto essa dipenda anche dalla cultura dominante. Non è allora possibile che il malato di mente sia incompatibile più con la vita terrena che non con il regno dei cieli? Andreoli fa un viaggio tra i santi per leggerli alla luce della follia, così come viene intesa oggi, fondendo le proprie competenze di psichiatra e al contempo la forte impronta culturale che da sempre contraddistingue i suoi studi, e rileggendo così l’uomo e il santo in maniera originale e inaspettata.
Dentro la follia del mondo
L’uomo ha fatto dire persino al Signore Iddio
che è tempo di uccidere. Da non credente
sono sicuro che nessun Dio mai ha pronunciato
una simile sentenza.
Vittorino Andreoli
Vittorino Andreoli, da sempre attento studioso della follia e dei suoi meccanismi, offre in queste pagine un’indagine sugli aspetti sovrapersonali dello squilibrio: quelle forme che si incarnano nella struttura sociale, influendo sul pensare e l’agire comuni. I saggi presentati indagano i momenti in cui la malattia si è addentrata nella Storia, portando a passaggi cruciali e terribili del nostro passato. Il progetto della soluzione finale hitleriana; il naufragio della rivoluzione sovietica, che ha prodotto una delle più crudeli dittature di sempre; la deriva di illegalità durante tangentopoli; le devastazioni della guerra irachena. Al contempo questi scritti restituiscono l’importanza di un’etica propria dell’agire, del comportamento singolo dentro una comunità, che è profondamente iscritto in ognuno di noi: il piacere del fare il bene per il bene, in antitesi della pulsione all’orrore e al malvagio. Andreoli ripropone qui, completamente rivisti e aggiornati, i quattro volumi – Colpa e vergogna (1994), Elogio della normalità (2002), La follia del mondo (2003) e Si fa presto a dire pace (2004) – che rappresentano il suo fondamentale contributo alla comprensione sociologica della pazzia.
Esistono, oltre ai timori concreti, paure che, in quanto immaginarie, sono ancor più pericolose: privano un meccanismo di difesa della sua funzione originaria. Distinguendo tra mondo esteriore e mondo interiore, Andreoli ci mostra come sia quest’ultimo a condizionare maggiormente l’individuo: solo confrontandosi a fondo con “l’universo dentro di noi” è possibile imparare a conoscere le angosce che ci rubano la vita, per cercare di esorcizzarle e sconfiggerle.