
Ricchissima è la letteratura sul rapporto madre-figlio. Molto più scarsa quella sulla relazione tra un padre e la sua prole. Elemento di spicco nell'organizzazione della famiglia e della società tradizionale, un padre oggi deve necessariamente ripensare il suo ruolo, a cavallo tra due opposti eccessi: essere assente o diventare un "mammo", un surrogato della presenza femminile. Ma quella della paternità è in realtà una questione complessa e sfaccettata, non riducibile a questi pochi cliché. Per questo Maurizio Quilici, giornalista che da anni si occupa dell'argomento e presidente dell'Istituto di Studi sulla Paternità, ha analizzato più di quattromila anni di storia alla ricerca dei diversi significati che la figura paterna ha assunto nel tempo: dalla mitologia greca al ruolo misterioso che ricopriva nella cultura etrusca, dalla centralità nell'antica Roma al modificarsi della sua funzione sociale col cristianesimo, dalla nuova educazione illuminista alla nascita della psicoanalisi e alla definizione del "complesso di Edipo", fino alla seconda metà del Novecento con le contestazioni giovanili, l'emancipazione femminile e la recente "rivoluzione paterna". Un viaggio nella tradizione culturale europea, raccontata dalla parte del capofamiglia: a volte affettuoso genitore, altre padre-padrone, complice o antagonista dell'altra metà del cielo. Ma sempre - per assenza o eccessiva presenza - una figura fondamentale con cui fare i conti.
Solo in Italia oltre otto milioni di persone soffrono di disturbi legati all'ansia. Leonardo Alloro ne spiega le cause e ne analizza le tipologie, proponendo strategie e soluzioni concrete per vincere la "paura della paura". "Panico" è un'opera fruibile da tutti, facile da capire e aliena da terminologie complesse, perché più fiducia in se stessi e più sicurezza equivalgono a una vita più ricca e soddisfacente. Sempre e in ogni contesto. "Siamo alla fine del XIV secolo sulle colline prospicienti Firenze. In questo scenario si narra che il vecchio priore di un eremo francescano stesse leggendo la liturgia quotidiana fuori dalle mura conventuali, quando vide affacciarsi la Peste (...). 'Quante vittime farai oggi?' chiese il monaco con inquieta curiosità alla Peste. 'Mille' rispose questa, 'i morti saranno mille, non uno di più. Te lo prometto' e proseguì il suo cammino. Senonché le notizie che giungevano di ora in ora all'eremo riferivano di circa diecimila morti, ben oltre rispetto ai mille concordati. 'Maledetta' pensò il frate. E 'maledetta' le urlò con tutta l'acredine di cui disponeva, quando la rivide al tramonto sul sentiero del ritorno. 'Maledetta, mentecatta, perfida' incalzò il frate. La Peste lo lasciò sfogare, rimanendo impassibile. Quindi lo zittì, potenziando il tono della risposta. 'Le mie vittime sono state esattamente mille come ti avevo promesso, vecchio frate ignorante' scandì la Peste, 'le altre novemila non le ho fatte io, ma la Paura'."
L’atteggiamento nei confronti della solitudine, oggi, è piuttosto contraddittorio. La si cerca, ma allo stesso tempo la si teme
Si sogna il ritiro in luoghi di meditazione nella speranza di ritrovare se stessi, ma una volta immersi nel silenzio ci si sente afferrati da un inquietante smarrimento, per cui si ritorna in tutta fretta alle detestate relazioni di sempre.
Mentre ci si preoccupa di favorire ed eventualmente curare le relazioni interpersonali ai fini di un maggiore benessere, non si registra uguale attenzione all’importanza del raggiungimento della capacità di stare soli con se stessi.
In realtà, soltanto chi è in grado di sperimentare la solitudine senza angoscia non corre il rischio di annullarsi nell’altro o di rivolgersi all’altro in modo fagocitante, strumentalizzante, ricattatorio o vittimistico. Il riconoscimento e l’accettazione di sé, che una positiva esperienza di solitudine comporta, sta alla base della disponibilità a riconoscere e accettare gli altri. Il successo di una buona relazione con gli altri poggia dunque sulla capacità di essere soli.
La presente lettura ci aiuta a scoprire l’importanza della solitudine senza perdere di vista il valore della relazione con gli altri.
Vittorio Luigi Castellazzi, psicologo clinico, psicoterapeuta e psicoanalista, da più di trent’anni insegna Tecniche psicodiagnostiche proiettive e diagnosi della personalità all’Università Salesiana di Roma. Già docente di Psicopatologia dell’infanzia e dell’adolescenza, ha tenuto corsi di Psicologia dello sviluppo e di Psicopatologia dello sviluppo all’Università Lumsa e all’Università degli Studi di Roma-Tre. È membro della Society for Personality Assessment e dell’International Rorschach Society. Ha fondato la «Scuola Rorschach e altre tecniche proiettive» dell’Università Salesiana.
Oltre a numerosi articoli e saggi comparsi nei lavori collettanei, è autore di numerosi volumi, tutti editi per i tipi delle Edizioni Las, tra cui ricordiamo Psicoanalisi e infanzia. La relazione oggettuale in M. Klein (1974), Psicopatologia dell'infanzia e dell’adolescenza: Le Psicosi (1991) - La Depressione (1993) - Le Nevrosi (2a ed. 2000), Introduzione alle tecniche proiettive (3a ed. 2000); Il Test di Rorschach. Manuale di siglatura e d'interpretazione psicoanalitica (2004); Quando il bambino gioca. Diagnosi e psicoterapia (2a ed. 2006); L'abuso sessuale all'infanzia (2007); Il Test del Disegno della Figura Umana (3a ed. 2010); Il Test del Disegno della Famiglia (4a ed. 2008). Il suo volume La stanza della felicità (2002) è stato tradotto in spagnolo, portoghese e polacco.
Non importa com'è stata la nostra vita finora. Non importa che cos'è successo nel passato. Ciò che conta è qui e ora. Possiamo rinnovarci in un istante: basta cambiare il nostro modo di pensare, applicando le tecniche della PNL. Efficaci e sperimentate, sono un aiuto concreto per capire noi stessi, superare le insicurezze, diventare più consapevoli... perché gli ostacoli più grandi sono dentro di noi e possiamo eliminarli, se davvero lo vogliamo. Grazie alle tecniche della PNL riusciremo a: uscire dalla "zona grigia" della nostra vita; capire che cosa vogliamo veramente; trovare il partner e/o il lavoro ideali; migliorare la nostra autostima; essere più felici; eliminare l'ansia; abbandonare le cattive abitudini; migliorare i rapporti con tutti; superare il trauma di una separazione; scegliere di vivere bene a 50 anni e oltre; vedere gli aspetti positivi del "nido vuoto"; perdere peso (e rimanere magri).
La combinazione vittima-carnefice è sempre esistita, sin dai tempi di Adamo ed Eva. Ma se non fare il carnefice è un optional, smettere di fare la vittima è indispensabile, se non si vuole morire di crepacuore. Sembra incredibile ma fare o non fare la vittima dipende da noi. Perché si può smettere di fare la vittima in qualsiasi momento. Questo libro te lo dimostra e te lo insegna. Per questo è un libro rivoluzionario, come tutti i libri di Giacobbe. È un libro che capovolge la visione della vita e dei. rapporti fra le persone. Un libro che può ridare speranza e felicità a chi le ha perdute. Un libro scritto per le vittime. Per aiutarle a smettere di essere vittime. Ma anche un libro scritto per i carnefici, che spesso non sanno neppure di esserlo. Per aiutare anche loro a smettere, di fare i carnefici.
Libro tragico, nato in circostanze storiche e personali eccezionali, all'indomani di laceranti conflitti nel movimento psicoanalitico, all'ombra dell'ascesa al potere di Hitler e del drammatico disfacimento della Repubblica di Weimar, nel contesto di una crisi economica internazionale e di dinamiche collettive inquietanti, Il disagio nella civiltà è uno dei testi freudiani piú complessi e controversi. In esso le istituzioni della cultura umana vengono passate al vaglio della decifrazione analitica, che ci mostra il precario equilibrio delle relazioni tra individuo e civiltà continuamente messo a rischio dal conflitto inconscio interno all'individuo, dal sentimento di colpa che tale conflitto produce e dall'aggressività distruttiva che lo accompagna. Freud fa cosí emergere il paradosso di una civiltà che, formatasi per assicurare agli uomini sicurezza e protezione, li ha invece messi in condizione di distruggersi; di una cultura che, lungi dallo strapparli alle feroci necessità della natura, ha consentito loro di infliggersi sofferenze enormi. Freud ci parla della morte iscritta al cuore della nostra psiche e del senso della vita, della lotta inevitabile e dei costi della rinuncia, della colpa e dell'addomesticamento delle pulsioni, della sublimazione e dei suoi limiti, della precarietà - infine - di qualunque cultura e identità. In un'epoca di rinascenti pericoli e alienazioni, in cui la violenza domina nelle relazioni tra esseri la cui naturale aggressività sembra non poter piú essere controllata se non da meccanismi a loro volta mortiferi, il saggio freudiano non ci offre consolazioni, ma solo strumenti per comprendere, insieme a un raro esempio di rigore e di coraggio.
Il Signore mi ha rivelato esser suo
volere che io fossi un pazzo nel mondo:
questa è la scienza alla quale Dio
vuole che ci dedichiamo.
Francesco d’Assisi
Esiste un rapporto tra follia e santità? Un santo è per molti un esempio: ha vissuto nell’imitazione di Gesù, ha operato miracoli e ora siede nei cieli avendo raggiunto la perfezione umana; niente sembrerebbe più distante dal folle, il cui comportamento non è certo un modello, e che per secoli è stato considerato un posseduto dal demonio. Eppure i santi seguono una vita per molti aspetti folle: rifiutano i beni terreni, mortificano il proprio corpo e accettano il dolore come un dono. E, al contempo, la concezione medica e sociale di pazzia è mutata nel tempo, chiarendo quanto essa dipenda anche dalla cultura dominante. Non è allora possibile che il malato di mente sia incompatibile più con la vita terrena che non con il regno dei cieli? Andreoli fa un viaggio tra i santi per leggerli alla luce della follia, così come viene intesa oggi, fondendo le proprie competenze di psichiatra e al contempo la forte impronta culturale che da sempre contraddistingue i suoi studi, e rileggendo così l’uomo e il santo in maniera originale e inaspettata.
I casi clinici di Freud rappresentano la fondazione dell'edificio psicoanalitico. La consistenza di tale fondazione è però ambigua, contraddittoria. All'origine non vi sono fatti, ma storie narrate, ascoltate che tessono la trama di un resoconto che ricorda dappresso la finzione letteraria. Alla grande prosa freudiana, gli storici hanno contrapposto la realtà accertata dai documenti; gli eredi, accettandone la verosimiglianza, ne hanno corretto gli errori, per una sempre maggior coerenza della disciplina. La storia clinica del piccolo Hans, la prima analisi di un bambino, mostra come la messa a punto dei concetti cardine - angoscia, Edipo, castrazione non sia che la testimonianza di quell'incontro straordinario per cui il soggetto viene a modificare il proprio statuto, lasciando emergere i fantasmi che lo abitano e che abitano la teoria. Finzione o realtà, successo o insuccesso terapeutico, la cosa non sembra rivestire una grande importanza.
Secondo l’autore, nelle forme psicopatologiche oggi più diffuse - anoressie, bulimie, tossicomanie, depressioni, attacchi di panico, somatizzazioni - il soggetto dell’inconscio, cioè il soggetto del desiderio, non è più protagonista.
Al centro della nuova clinica non ci sono più fenomeni di inibizione del desiderio ma l’assenza, lo spegnimento, la morte del desiderio come tale. Prevalgono l’apatia, il vuoto, la fatica di esistere. In questo senso la nuova clinica è una clinica dell’anti-amore, è una clinica senza il soggetto dell’inconscio.
L'autore
Massimo Recalcati, psicoanalista, insegna Psicopatologia del comportamento alimentare all’Università di Pavia. Ha pubblicato, tra gli altri, Sull’odio (Bruno Mondadori, 2004) e Melanconia e creazione in Vincent Van Gogh (Bollati Boringhieri, 2009).
Obiettivo del volume è fornire una guida ai principi e ai metodi degli studi quantitativi sul comportamento, con particolare attenzione alle tecniche di osservazione diretta, di registrazione e di analisi dei dati.
Questa nuova edizione è stata ampiamente riorganizzata e le sezioni riguardanti i disegni di ricerca, l’interpretazione e la presentazione dei dati sono state notevolmente ampliate. Rivolto a psicologi e biologi che studiano il comportamento umano e animale, il libro è di grande utilità per tutte le discipline in cui viene misurato il comportamento, comprese le scienze sociali e la medicina.
Gli autori
Paul Martin conduce da molti anni ricerche nell’ambito della biologia comportamentale e ha lavorato presso il dipartimento di Psichiatria e scienze del comportamento dell’Università di Cambridge.
Patrick Bateson è uno studioso del comportamento animale ed è presidente della Società zoologica di Londra.
Per una clinica psicoanalitica del ragazzo e della famiglia. L'adolescenza viene comunemente considerata un tempo di crisi. Più che per qualsiasi altra età della vita, infatti, si trovano applicate nell'accezione corrente, anche culturale e sociale, le teorie più svariate, che comunque pongono sotto la parola crisi" fenomeni molto differenti e di diversa intensità... "