
"Vi è mai capitato di anticipare con preoccupazione un evento, di essere terrorizzati da una decisione da prendere, di temere qualsiasi tipo di cambiamento oppure di essere colpiti da una improvvisa crisi di panico? Se è cosi, anche voi fate parte di questo "popolo di ansiosi", ma siete in buona compagnia perché, solo in Italia, ci sono 5 milioni di persone che lottano quotidianamente con l'ansia, una prigione da cui è difficile liberarsi, un tunnel di cui spesso non si riesce a intravedere l'uscita". In questo libro Giampaolo Perna non solo racconta le origini dell'ansia, la differenza tra ansia normale e ansia patologica, l'analisi dei comportamenti ansiosi, ma insegna anche come uscirne. Sì, perché uscirne è possibile, sia per chi vive situazioni di ansia quotidiana, sia per chi è affetto da forme più gravi, quelle che rientrano nel capitolo dell'ansia patologica. Il primo passo, in una società sempre più basata sulla prestazione, è quello di non sentirsi in colpa o inadeguati, di sgombrare la mente dalla sensazione di non essere "normali". Poi è necessario capire che la buona volontà non basta, che spesso è necessario farsi aiutare, sia da un punto di vista psicologico che farmacologico. Partendo da casi esemplari, l'autore conduce lungo un percorso documentato ed efficace, indicando le vie d'uscita da uno dei disagi più diffusi del mondo moderno.
Una ciotola per dosare il cibo da concedersi in una giornata: grande al massimo per una fetta di prosciutto, tre fagiolini e uno yogurt. E se il contenuto superava il bordo del recipiente, era una catastrofe. Un cucchiaino per mangiare tutto più lentamente e non finire prima dei genitori: restare a guardarli mentre continuavano a cenare sarebbe stata una tortura per lei, in perenne lotta contro la fame. E poi, le pietanze tagliate in pezzi minuscoli, da sparpagliare e appiattire bene sul piatto, in modo da far sembrare più abbondante quel poco che mandava giù. Tattiche, manie e inganni con cui Justine ha cercato per mesi di nascondere una verità evidente: l'anoressia, che nel giro di tre anni l'ha portata dai 76 ai 40 chili. E a un passo dalla morte. Un tunnel nel quale è caduta per sfidare gli sguardi impietosi e le battute sulla sua taglia forte. Un male che ha attecchito sulla base di piccole ossessioni e insicurezze, normali incomprensioni familiari, e sul desiderio di ribellarsi al ruolo di figlia e studentessa modello. Sui disagi, insomma, di un'adolescente come tante. Justine ha raccontato in un blog le tappe del calvario che ha segnato la sua vita dai 14 ai 17 anni: anoressia, bulimia, dall'illusione di onnipotenza sul proprio corpo al crollo fisico e psicologico, che l'ha costretta al ricovero e all'interruzione degli studi. E il suo diario sul web ha attirato l'attenzione di migliaia di persone, soprattutto giovani, diventando un vero e proprio caso in Francia.
«La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno». Lo slogan, che ha tenuto banco all’inizio del 2009, è il pezzo forte di una campagna pubblicitaria in favore dell’ateismo, annunciata e poi sospesa tra mille polemiche.
L’idea all’origine di questo volume è quella di affrontare a viso aperto la questione chiave che sottende quel controverso slogan messo in campo con una buona mossa di marketing.
Davvero non abbiamo “bisogno” di Dio? Se dalla preistoria ai giorni nostri tutte le civiltà sono state caratterizzate da espressioni religiose, da dove sgorga nell’uomo la “necessità” di Dio e del sacro? E la religione, come aveva sostenuto Marx nell’Ottocento, è davvero «il singhiozzo di una creatura oppressa», «il sentimento di un mondo senza cuore», «l’oppio del popolo»?
In una sorta di “forum virtuale” quattro nomi autorevoli della psicologia e della psichiatria italiana – Vittorino Andreoli, Paolo Crepet, David Meghnagi e Maria Rita Parsi – riflettono sul delicato rapporto fra psiche e religione affrontando un ampio spettro di questioni che riguardano la vita di tutti e che non possono lasciare insensibili.
Collana
L'amore non è cieco solo per gli innamorati: del resto, come si può dare limiti al sentimento? Ma quando si tratta di papà e mamma, le conseguenze sono sotto i nostri occhi, basta guardarsi intorno, nei luoghi pubblici come a scuola: bambini ingestibili, svogliati, accontentati in ogni desiderio eppure mai soddisfatti, incapaci di sopportare un'osservazione o un rifiuto. Sono quegli stessi ragazzini che, spesso, finiscono per mettersi nei guai. Siamo diventati una società fintamente bambinocentrica, in cui i voleri del bambino hanno conquistato priorità su tutto: sull'armonia famigliare e della coppia, sulle considerazioni finanziarie, sull'educazione, sul rispetto per gli altri. In una parola, sul buon senso. Per anni i media e perfino alcuni esperti hanno ammonito i genitori: i bambini devono prendere parte alle decisioni, devono essere stimolati continuamente, sentirsi appagati, e fare le loro scelte. Il dire no è diventato sinonimo di meschinità o autoritarismo. E i bambini cosa ne hanno ricavato? Che la famiglia prima e il mondo dopo dovrebbero ruotare intorno a loro, che ogni desiderio è legge. Ovviamente, l'industria e i pubblicitari se ne sono accorti per primi. La soluzione esiste, e non è certo quella di amarli di meno, ma meglio. Significa riacquistare il valore di educatori, trasmettere loro il senso di responsabilità verso gli altri e verso se stessi. Insegnare a gestire l'impazienza, e anche la noia, che "è l'ingrediente dal quale sboccia la vera creatività".
È difficile impedire al corpo di rivelare ciò che pensiamo e sentiamo davvero, perché indipendentemente dalla nostra volontà, le emozioni trovano sempre un modo per manifestarsi. E il volto è la parte più sensibile del corpo, la sede di ben quattro dei cinque sensi, quella che con più facilità reagisce agli stimoli interni ed esterni. I tratti del viso rivelano molto di noi, per questo è importante saperli leggere. Chi è in cerca di un compagno, per esempio, dovrebbe guardare per prima cosa la nuca. Per un buon commerciale meglio osservare le tempie, e per capire in generale se fidarsi di qualcuno, le sopracciglia. Con un linguaggio semplice e preciso e disegni esplicativi, Anna Guglielmi, esperta di comunicazione non verbale, ci insegna a leggere ciò che le persone hanno scritto in faccia. Ci svela come scoprire da uno sguardo o un sorriso se il nostro interlocutore è annoiato o interessato, se mente o è sincero, se è triste o preoccupato, o se nasconde qualche segreto dietro il fremito di una ruga. Per capire meglio il prossimo e noi stessi e costruire rapporti personali e professionali soddisfacenti.
La felicità è un'aspirazione che accomuna ogni essere umano, un'esigenza legittima e un diritto innegabile. Ma è svilente considerarla semplicemente un punto d'arrivo, che a volte ha i tratti confusi di un sogno irraggiungibile. Perché la felicità è innanzitutto una ricerca, un percorso consapevole che serve a lasciare ai pensieri più profondi e alle esigenze più nascoste la forza di esprimersi e di trasformarsi in azione contagiosa. Perché la felicità - che non è mai una condizione permanente ma è effimera nell'esperienza degli esseri umani - è prima di tutto un agire. E sono i piccoli gesti quelli che fanno ogni giorno la differenza. Il dolce piacere di accogliere chi si aspetta una porta sbattuta in faccia, la scoperta di essere capaci di ribaltare un rapporto negativo, l'importanza di sentirsi accettati pur nella propria diversità, capiti anche nelle paure più segrete. Non sono che piccole ricette per riuscire a raggiungere e a donare a se stessi e agli altri la felicità. Una parola spesso abusata e fraintesa, che trova la sua vera essenza nelle cose più semplici. Un percorso che ci guida, attraverso molteplici aspetti della vita quotidiana, verso la scoperta della felicità.
Punta i piedi per un no. Urla non appena vi allontanate. Viene travolto da un'onda di incontenibile rabbia quando lo aiutate a mangiare o a vestirsi. Spesso i capricci dei bambini sono così spiazzanti che i genitori non sanno più che comportamento adottare. Gli autoritari aumentano la fermezza, i permissivi si colpevolizzano. Ma il problema resta. E alla fine alzano bandiera bianca: "Le ho provate tutte! Non so più cosa fare". Ma farsi ubbidire non basta, la vera domanda resta: perché il bambino si comporta così? Vuole davvero provocare o sfidare il genitore? È in grado di architettare strategie? E se il suo comportamento avesse un'origine fisiologica, o fosse una reazione a provocazioni inconsapevoli da parte del genitore? Con linguaggio semplice e chiaro, Isabelle Filliozat, psicologa e psicoterapeuta di lunga esperienza, affronta i comportamenti più difficili dei bambini tra 1 e 5 anni e offre un punto di vista diverso sulle situazioni della vita quotidiana che mandano in crisi mamma e papà. Grazie ai molti esempi concreti, illustrati con simpatici disegni, risolvere i conflitti con il proprio bambino diventerà semplice come un gioco e regalerà a tutti tempo e serenità.
Si aggirano per casa come entità estranee e imperscrutabili. Non parlano con i grandi, come se rispettassero un codice d'onore noto solo a loro. Stanno sul divano con in testa il cappuccio della felpa, o chiusi in camera a giocare alla PlayStation. Sono adolescenti. I genitori spaesati si preoccupano che malumore e mutismo nascondano problemi a scuola, o di cuore, o magari più gravi, come alcol e bullismo. O noia. O niente. Liquidare tutto con "ai miei tempi non era così" non aiuta a capire né a risolvere. Perché i tempi sono cambiati, non solo per modo di dire, gli anni che separano una generazione dall'altra corrispondono a secoli ormai. Superata la tv, sono gli smartphone, i tablet, le wii, i social network le nuove appendici dei ragazzi. Sono nativi digitali, cresciuti in una società che non si riconosce più nei ruoli tradizionali. Nuove famiglie, precariato, istituzioni fragili sono ciò che conoscono. Stanno facendo da apripista a un nuovo mondo, e in più hanno tutti i sintomi dell'adolescenza che anche i loro genitori hanno conosciuto. Attraverso le testimonianze di molti ragazzi, talora crude, sempre rivelatrici, raccolte dal giornalista Mario Campanella, Maria Rita Parsi, psicoterapeuta di grande esperienza, spiega le ragioni sociali e fisiologiche dei comportamenti dei ragazzi, e aiuta i genitori a prendere atto delle responsabilità della famiglia e della scuola. Per guidarli sani e salvi fuori dal malessere e ritrovare insieme la serenità.
"Non sai quello che dici". A chi non è mai successo di ricevere - o di fare questa accusa? E spesso è proprio così. Perché come il corpo ha un suo linguaggio segreto, anche le parole, e il modo in cui vengono usate e pronunciate, possono trasmettere un significato sotterraneo, a volte indipendente dalla volontà di chi parla. Accade che espressioni comuni possano, a vostra insaputa, risultare per chi vi ascolta manipolative, fuorvianti, irritanti o seducenti; possano farvi apparire degni di fiducia oppure poco sinceri e inaffidabili, simpatici e piacevoli da frequentare o persone scostanti e da evitare. E lo stesso vale al contrario, vi può capitare di diffidare o di provare antipatia per qualcuno nonostante vi stia parlando con gentilezza, e magari, a suo dire, "con la massima sincerità". (In quel caso, forse è l'istinto che vi rende sospettosi, perché non è raro che "la massima sincerità" camuffi una bugia). Con il suo stile ricco di esempi, Anna Guglielmi, esperta di comunicazione verbale e non verbale, svela i segreti del linguaggio e insegna a individuare le spie che segnalano falsità, reticenza, noia, interesse, fastidio, invidia, preoccupazione. Per imparare a leggere tra le righe delle conversazioni ed evitare insuccessi, fraintendimenti e manipolazioni. E per capire, e farsi capire, oltre ogni ragionevole dubbio.
L'uomo è l'unico essere vivente insoddisfatto della sua natura. Vibra in lui il presentimento di uno stato più perfetto e felice. Per lunghi periodi si adatta a vivere secondo regole prefissate, seguendo stanche abitudini, ma c'è un momento in cui decide di rompere ogni vincolo ed esplorare territori sconosciuti. E quello che Francesco Alberoni chiama lo "stato nascente ", una vera e propria morte-rinascita da cui si genera un nuovo modo di essere. Il grande studioso dei sentimenti umani e dei movimenti collettivi sostiene che questa forza primigenia ci è stata inculcata nell'anima dalla Natura, e non senza motivo. Essa ci costringe a creare sempre, a guardare al futuro, a sperare contro ogni speranza. E quello "stato di grazia", che in un bagliore di lucidità ci fa credere che il mondo può migliorare, che noi possiamo diventare persone migliori, e che tutto ciò che è stato finora, quella che chiamiamo vita reale, era, in realtà, una povera vita inautentica, dolorosa. Lo "stato nascente" è la passione che fa scorrere in noi una vita di estrema intensità, diventiamo infaticabili e tutte le nostre paure scompaiono. Scompare anche la paura della morte, perché non si ha paura di morire quando si ha l'impressione di muoversi verso ciò che è vero, giusto e bello.
Una donna sa della doppia vita del compagno ma finge di non sapere. Una moglie soffre per anni del matrimonio bianco imposto dal marito senza sospettare un'omosessualità nascosta. Una coppia cela a famigliari e amici la vera paternità del figlio. Una sorella si macera nel senso di colpa per non aver difeso il fratello da bambina. Quanti imbarazzi, omissioni, mezze verità o bugie palesi accompagnano la vita delle coppie. A volte innocenti, altre pesanti. Alcuni di questi sedimentano nel tempo e diventano segreti di famiglia che si tramandano come eredità silenti. Non sempre sono segreti tragici, spesso si tratta di cose di piccola entità, mai dette per vergogna, per dolore, o per quieto vivere. Cose che se rivelate potrebbero venire assorbite senza problemi nel fluire della quotidianità. In alcuni casi invece gli eventi, se portati a galla, distruggerebbero la serenità famigliare. Quasi sempre i non detti causano malessere, tristezza, senso di colpa, confusione. Il silenzio che doveva proteggere acuisce il disagio. Attraverso storie vere raccontate con piglio narrativo, la psicologa Anna Oliverio Ferraris illustra i mille modi in cui i segreti condizionano la vita di tutti, di chi lì mantiene e di chi li subisce.
"Il coraggio, uno non se lo può dare!" protestava il don Abbondio dei Promessi Sposi. Francesco Alberoni rovescia questa famosa massima rivendicando l'urgenza di un valore dimenticato e sostenendo che "il coraggio si può imparare". Audacia e timore sono legati a doppio filo. Chi non ha paura non sarà mai capace di atti di eroismo. Proprio per questo l'ardimento non va confuso con l'inconsapevolezza o l'incoscienza. La riflessione di Alberoni si concentra su una "virtù morale e sociale" che investe tutti gli aspetti dell'esistenza: amore, amicizia, lavoro, famiglia. E quel "coraggio quotidiano" che ci permette di plasmare il nostro destino è forza d'animo, rifiuto delle ipocrisie proprie e altrui, gesto che sovverte un sistema ingiusto, ricerca di ciò che innalza. La mediocrità, l'indifferenza e la vigliaccheria sono facili: basta lasciarsi andare, nascondersi e adagiarsi nella propria nicchia. C'è invece un gran bisogno di opporsi alla cultura della comodità, del disfattismo e della codardia. Partendo dal presupposto che ogni essere umano ha una missione da scoprire e da compiere nell'arco di una vita, il coraggio va esercitato per essere fedeli a se stessi, per non farsi confondere dalla complessità del reale e, a volte, per superare se stessi. Il presente volume è la nuova edizione rivista e aggiornata del titolo "Abbiate coraggio" (1998).