
«Il titolo del presente contributo può suscitare immediatamente una domanda: non è improprio utilizzare una categoria di origine religiosa come l'idolatria nel parlare dell'ansia? Non si stanno confondendo i piani? Non si perde il rigore del ragionamento?». Gli autori in questo libro propongono di utilizzare il termine idolatria, che è categoria di origine biblica e di alta potenza simbolica, come chiave interpretativa dell'ansia contemporanea e come valore narrativo e non solo simbolico. Nel loro percorso attraverso la crisi dell'attuale società post-moderna, illustrano come vi sia un uso dell'ansia legato alla paura del non riconoscimento ed al terrore dell'incontro con l'altro. Il cuore dell'opera è dato dalla possibilità di riscoprire, anche attraverso il racconto di casi clinici, la bellezza della realtà intesa come dono verso il quale porsi "semplicemente" per come si è. Il concetto di limite acquista così nel corso dell'opera un significato sempre più positivo, sino ad arrivare alla conclusione che è da qui che si debba passare per avvicinarsi sempre più alla costituzione della propria identità attraverso un incontro di fragilità. Con una prefazione di Luca Doninelli.
Dieci donne raccontano la loro storia: le prove che hanno dovuto affrontare, il dramma che le ha colpite, la lotta che hanno sostenuto, le energie investite per superare un lutto, una malattia, un'offesa, una violenza, un'ingiustizia... Fino a risollevare la testa e uscirne più forti di prima, con orgoglio e determinazione. Spesso hanno dovuto ricostruirsi, rimettere insieme i loro "pezzi" e ritrovare l'autostima perduta; hanno resistito grazie allo spirito di sopravvivenza, recuperando quell'equilibrio indispensabile per continuare a vivere. Oggi sono donne cambiate e camminano giorno per giorno guardando al futuro con rinnovata speranza, ottimismo e passione, mettendosi in gioco e aiutando gli altri, perché questo è il segreto della felicità. La capacità di resilienza le ha portate a guardare in faccia il loro "mostro", a sconfiggerlo e a rinascere a vita nuova. Le ferite del cuore sono diventate la loro forza e ora sono capaci di affrontare ogni sfida. E vincerla.
«Chiamate, vi prego, il mondo "la valle del fare anima"»: a queste parole del poeta John Keats si ispirò James Hillman quando, negli anni Settanta, rivoluzionò i dogmi della psicologia e della psicoterapia junghiana con la sua "psicologia archetipica". Da lui stesso definita "movimento culturale", questa "re-animazione" della psicologia analitica intendeva oltrepassare l'ambito degli studi clinici e i modelli scientifici per collocarsi più diffusamente nel solco della cultura dell'immaginazione occidentale, tessendo legami con le arti e la storia della società. Ma a differenza delle principali psicologie del XX secolo, che hanno le loro fonti - la lingua tedesca e la Weltanschauung monoteistica ebraico protestante - nell'Europa del Nord, la revisione di Hillman ha origine in quel Sud, in quel mondo mediterraneo che, oltre a essere luogo geografico, culturale, etnico, è anche luogo simbolico, con le sue immagini e i suoi riferimenti, la sua umanità sensuale e concreta, i suoi dei e i loro miti, le cui metafore sono i principali veicoli espressivi degli archetipi, le forme primordiali e irriducibili della psiche. Con un saggio di Silvia Ronchey.
L’autrice, da profonda conoscitrice del cuore dei giovani, parla un linguaggio chiaro e diretto, utilizzando racconti ed esperienze concrete. Motiva il giovane lettore ad aver fiducia in se stesso, a non restare alla superficie delle cose ma a crescere e cambiare, a mettere in gioco i suoi doni e potenzialità, a credere che può imparare ad amare nella libertà. Tutto questo, però, solo a partire dalla voglia di orientarsi nel complesso mondo dei desideri.
Ogni capitolo del libro è corredato da un laboratorio-attività da vivere individualmente o in gruppo.
Con questo libro si vuole offrire ai giovani strumenti di formazione umana e di fede, secondo le indicazioni del Sinodo dei Giovani, della Christus Vivit e degli incontri post Sinodali.
Quali sfide ci attendono e quale prezzo dobbiamo pagare davanti alla complessità “liquida” nella quale viviamo?
Attraverso l’esempio di numerosi casi clinici e aziendali, l’autrice ci conduce dentro i sintomi di malessere di persone, famiglie, imprese.
I sintomi – sia organici sia psicosomatici – sono un segnale forte, una nota stonata in una melodia da ritrovare, l’invito a intraprendere nuove strade, a cambiare mente.
L’amore è il farmaco insostituibile per ritrovare salute, uno sguardo buono, compassionevole e positivo su di sé, sull’altro, sulla realtà.
Cambiare mente si può e si deve: è come fare ordine nella casa, per dare un futuro alla propria vita ed essere felici.
Maurizi inizia con il compiere un veloce viaggio nell'immaginario occidentale per confrontarsi a fondo con la psicoanalisi e giungere poi alla sociologia. L'autore intende svelare come nella società attuale l'ideologia abbia operato una torsione rispetto al significato marxiano acquisito. La critica dell'ideologia non può oggi riguardare il suo carattere di mera rappresentazione: dell'uomo e dei suoi legami. Questa critica non può limitarsi a smascherare cause nascoste, non-dette, manipolazioni operanti in tale rappresentazione. Si tratta piuttosto di cogliere il carattere immaginario di questo sapere, del sapere stesso sui legami. A tale chiusura immaginaria ci ha condotto la forma "spettacolare" della società democratica globale, che ha eroso "l'alterità" come messa alla prova dell'io nella struttura dei suoi giudizi. Il significato del rapporto con l'altro sembra ridotto a pedina delle proprie azioni, piuttosto che essere sorgente sempre da riscoprire della propria identità. Dove è l'io? E difficile attraversare l'intrico di fantasmi in cui tale io si cerca, quando cerca, di ritrovarsi. Questo libro fornisce prospettive inedite e preziose su saperi e mappe disciplinari di una scienza dei legami. Il lettore viene condotto in un itinerario che, da Marx a Durkheim, da Bauman a Lacan, da Zizek a Debord, per citare solo alcune svolte del percorso, tenta di forare il sipario di un immaginario strappato dalla sua destinazione.
Il vostro bambino si rifiuta di mangiare: urla, serra le labbra e allontana il piatto. La sera, quando siete distrutti dal lavoro e sognate il sonno profondo, lui si catapulta puntualmente nel lettone e neanche un carro attrezzi riesce a smuoverlo. Non vuole andare all'asilo, si rifiuta di usare il vasino, piange e non si capisce perché. "Questo è mio!", urla un fratellino. "No, lascialo, è mio!" risponde l'altro... Quante volte vi è capitato di assistere a scene come queste? E poi, quale gioco proporgli? Come "intrattenerlo" senza ricorrere a "mamma televisione"? Come fargli rispettare le regole? Quante attenzioni dedicargli senza viziarlo? A questi e molti altri interrogativi rispondono le tate più famose d'Italia! Direttamente dalla trasmissione televisiva S.O.S. Tata, munite di quadernone e penna, Tata Renata e Tata Francesca accorrono in vostro aiuto a suggerirvi tutte le strategie per sopravvivere alla caotica vita familiare. Grazie alla loro preparazione ed esperienza sul campo, sapranno darvi ricette di ogni tipo per crescere i vostri bambini con qualche regola d'oro ma liberi di esprimere la loro personalità. Non un manuale del perfetto genitore, ma un ricettario utilissimo per trovare voi stessi le risposte alle vostre domande e intraprendere la strada più giusta per crescerli liberi e sereni. Vedrete, basteranno semplici ingredienti come costanza, razionalità e un pizzico di fantasia, e saprete adempiere al meglio al difficile e meraviglioso compito di genitori!
Come tenere insieme emozioni e bisogno di regole davanti a camerette che sembrano campi di battaglia, e a piccoli sconosciuti più attenti ai loro sms che a quanto gli stanno dicendo mamma e papà? E si arriva al punto di non ritorno: "Questa casa non è un albergo!" urlate disperati. Il soccorso viene allora da questo libro, dove Alberto Pellai ha riunito in una pratica scatola degli attrezzi tutti gli strumenti per raccogliere le sfide che l'adolescenza lancia ai genitori. In questo percorso, gli spunti di riflessione offerti dalle lettere di altri genitori in difficoltà, dai libri e film consigliati, dai test di autoanalisi e dalle pratiche checklist di fine capitolo (con le "cose che fanno bene", e quelle "da evitare") propongono chiavi di lettura della propria situazione familiare e una mappa per ridefinire i nuovi confini della relazione genitori-figli. Grazie a tutti questi elementi, il manuale si trasforma in una sorta di libro-diario da leggere e costruire insieme, giorno per giorno: la scatola degli attrezzi diventa così la "scatola degli affetti" dove ogni famiglia può tenere traccia della propria storia personale, della bellezza del diventare grandi e del crescere insieme: perché i figli ricordino, in futuro, che non hanno vissuto in un albergo, ma nella casa più bella che la vita abbia messo a loro disposizione.
"Il primo bacio segna un confine tra un prima e un dopo, tra chi si è stati e chi si cerca di diventare." In questa frase è raccolto il cuore del libro, il messaggio più forte che Alberto Pellai vuole trasmettere. Come già nei suoi precedenti testi dedicati a quell'età speciale e unica che è l'adolescenza, Pellai sa parlare sia ai ragazzi sia ai genitori. Anche "Il primo bacio" è rivolto alla famiglia, nella sua interezza. E contiene una bella provocazione e uno spunto di riflessione inedito e originale: anche il primo bacio - e non solo "la prima volta" - dei nostri figli merita di essere messo al centro di un'attenzione educativa positiva e costruttiva. Perché in quel gesto non c'è solo eccitazione. C'è molto di più: ci sono emozione e pensiero, c'è la consapevolezza di una forma di relazione. E soprattutto c'è l'atto che si fa eterno nella nostra memoria. Un libro quindi da leggere, rileggere, custodire!
Si fa presto a dire mamma... Sembra che il vecchi adagio "di mamma ce n'è una sola" sia assolutamente da rivedere. Dopo la Mamma Tigre, severa e inflessibile, la Mamma Cocker superaffettuosa e coccolona, ecco arrivare la "Peggior Mamma d'America". Così è stata definita Lenore Skenazy per aver permesso al suo bambino di nove anni di viaggiare da solo nella metropolitana di New York. Prendendo spunto da questo accadimento, Lenore si è fatta portabandiera di un'educazione "Free Range Kids". Dopo aver scritto su diversi quotidiani e aver partecipato a molte trasmissioni televisive, Lenore ha aperto un blog. Ed è proprio da questo blog che Lenore sostiene con fermezza che il vero danno è rappresentato dall'iper apprensività dei genitori. Infaticabile sostenitrice di un'educazione che lasci i bambini liberi di provare e sperimentare, l'autrice si scaglia contro tutti coloro che soffocano i propri figli impedendo loro di diventare adulti maturi e indipendenti. L'ultimo punto del suo decalogo recita: bisogna dare ai propri figli "radici e ali". Non solo quindi radici.
Questo terzo libro di Massimo Fagioli è la dimostrazione della validità e della solidità del discorso iniziato con "Istinto di morte e conoscenza" e continuato con "La marionetta e il burattino". Sono tre volumi che si pongono come momento fondamentale nella storia del pensiero. Rendono cioè passato quanto, fino ad ora, era attuale. Il centro intorno al quale ruota questo libro è, infatti, la separazione. Non solo perché parla di essa, ma in quanto è la testimonianza, l'occasione e la proposizione di una separazione dal passato. Dalla castrazione alla nascita. Affinché il castrato possa trasformarsi e nascere come uomo è necessaria la denuncia e il superamento del fallimento teorico di Freud e la dimostrazione della verità di una analisi trasformativa della dimensione psichica umana. È quanto l'autore fa articolando una analisi accurata, ma sempre contenuta all'essenziale, dei nodi centrali del freudismo: la permanenza del dubbio per la mancata scoperta della pulsione umana di rapporto con la realtà, le contraddizioni della teoria del narcisismo primario, il fondamento della teoria del destino della castrazione e dell'identificazione sulla negazione dell'Io del neonato, la negazione del desiderio e la sua confusione con l'invidia, l'identificazione di Freud con Schreber, l'impossibilità di cogliere il reale contenuto patologico dell'omosessualità e di pensare il superamento del complesso edipico... ecco alcuni passaggi specifici del discorso che dimostra il fallimento freudiano.