
Nel dicembre del 1996 il governo guatemalteco e i guerriglieri firmarono uno storico Accordo di pace. Quando, alla presenza del segretario generale dell'ONU Butros Ghali e di diversi capi di Stato e di governo, il presidente Alvaro Arzù e il comandante guerrigliero Rotando Moran uscirono insieme nella piazza centrale di Città del Guatemala per accendere la fiaccola di pace, la folla che gremiva la piazza non poteva credere ai suoi occhi. Si poneva fine così a un conflitto brutale costato circa duecentomila vittime, in maggioranza civili delle comunità indigene maya. Poco si conosce, però, del ruolo che la Comunità di Sant'Egidio svolse per facilitare il raggiungimento di questo risultato: un infaticabile lavoro diplomatico volto in primo luogo a far sì che le parti in guerra si incontrassero direttamente, potessero parlarsi faccia a faccia. Nell'ultima fase del processo di pace in Guatemala, infatti, si realizzarono differenti incontri segreti di dialogo tra i presidenti Ramiro de Leon Carpio e poi Alvaro Arzù da una parte, e la Comandancia General della guerriglia dall'altra. Tramite la sua testimonianza personale, la ricostruzione dei contenuti delle riunioni e una serie di interviste ai protagonisti, l'autore ripercorre un segmento significativo e poco conosciuto dei negoziati di pace, quando il governo e la guerriglia del Guatemala, come avversari e non più come nemici, riuscirono a stabilire quel livello di fiducia e mutuo rispetto che permise infine la firma degli Accordi.
Una sintesi del pensiero di Raimon Panikkar filosofo noto per il suo impegno in favore del dialogo interreligioso. Un volume che aiuta a riflettere su un tema quale quello della pace e del rapporto tra le varie confessioni religiose, che mai come in questa fase storica è stato così attuale.
Praticamente coetanei – uno medico e teologo, l'altro scienziato e filosofo, il primo luterano, il secondo ebreo – Albert Schweitzer, premio Nobel per la Pace nel 1952, e Albert Einstein, premio Nobel per la Fisica nel 1921, si incontrarono solo due volte e si scambiarono una serie di lettere, tutte tra il 1948 e il 1955.
Nondimeno entrambi misero in guardia i contemporanei contro i pericoli di un progresso tecnico-scientifico acefalo, facendo pressioni contro i test e le sperimentazioni della bomba atomica – la cui costruzione, in un primo tempo, Einstein aveva appoggiato nel timore che il regime nazista se ne dotasse per primo – e battendosi per il disarmo nucleare e la pace.
Le relazioni internazionali continuano ad essere una lotta per la potenza tra attori indipendenti in uno stato di anarchia. Ciò frustra il raggiungimento degli scopi supremi dell'azione politica tra cui l'abolizione della guerra e la garanzia della pace. La conferma viene da un'analisi della geopolitica attuale: i rapporti internazionali si trovano in una situazione di pericolo prodotta da un disordine mondiale che ha rialzato la testa. Vi è una via di uscita da questa situazione? Kant, Maritain e l'enciclica "Pacem in terris" si sono posti questo interrogativo. Il volume esamina le loro soluzioni per comprendere quale strada sia da percorrere per giungere ad un'autorità politica mondiale garante della pace, ed il ruolo che il personalismo può svolgere.
Un libro di fatti e di rivelazioni che getta una luce inquietante sui meccanismi profondi dei vertici del berlusconismo. La P3 si rivela come un vero e proprio sistema di potere, con i suoi capi, i suoi manovali, la sua storia e i suoi metodi. Fino all'inquietante ipotesi conclusiva: Silvio Berlusconi, alias "Cesare", capo di un'associazione segreta, la vera cupola della politica italiana, versione più potente e moderna del progetto strategico di Licio Gelli.
La sfiducia nei confronti della capacità della politica di ascoltare, affrontare e risolvere i problemi dei nostri tempi si ripresenta periodicamente, confondendosi di volta in volta con la sfiducia verso i partiti o verso i politici (la casta!). Come conseguenza naturale appare il moto del disimpegno qualunquistico, ma è uno sfociare evitabile ed evitato in una moltitudine di casi. Per alcuni, infatti, la sfiducia individuale o collettiva diviene ragione di ancora più urgente premura, di solerzia nei confronti della comunità. Parliamo in questo caso di ostinazione civile, comportamento che può essere svelato da azioni e comportamenti, ma anche da semplici parole chiave. Ecco, quindi, una sorta di glossario dell'impegno civico, che sfugge alle teorie e alle analisi del "civismo" per calarsi nella concretezza della rigenerazione possibile della politica. Per le nuove, affascinanti sfide che attendono le nostre città.
Negli ultimi dieci anni la nostra economia ha cominciato a perdere di competitività, e da allora il distacco dalle altre economie europee è rimasto identico. Tutti gli squilibri sociali denunciati alla fine degli anni Novanta ci sono ancora; le nostre imprese sono sempre le più tartassate d'Europa; idem per quanto riguarda la lentezza della giustizia, lo stato delle carceri, il funzionamento delle ferrovie, il costo dell'energia. Dopo gli anni spensierati della Prima repubblica, che ha visto la crescita senza freni del debito pubblico, abbiamo assistito al tentativo di risanare i conti dello Stato, ma con un unico strumento, e cioè la pressione fiscale. A partire dal 2000, poi, con centrodestra e centrosinistra in perfetta sintonia, abbiamo visto lo strabordare della spesa pubblica unito al taglieggiamento dei cittadini tramite nuove e fantasiose forme di tassazione. Ma come si fa a "salvare lo Stato sociale" aumentando la pressione fiscale, soprattutto la pressione fiscale sulle imprese? La paralisi, il declino economico non possono garantire migliori condizioni di vita ai cittadini. Infatti se vi è una chance per salvare lo Stato sociale questa passa attraverso la riduzione degli sprechi ma soprattutto attraverso l'aumento del Pil, e ciò non può avvenire se le aliquote altissime sul reddito di impresa scoraggiano gli investimenti e la creazione di nuove aziende.
C'erano una volta le Petromonarchie del Golfo, Stati che galleggiavano sul petrolio e seguivano fedelmente le indicazioni in politica estera degli Stati Uniti. Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Oman: sabbia e oro nero, facoltosi sceicchi e lusso fiabesco; scarsa popolazione, democrazia interna molto limitata, forte immigrazione dall'Africa e dal Sudest asiatico e lavoratori in condizioni di semischiavitù. Questa rappresentazione del Golfo Persico - semmai in passato sia stata veritiera - oggi non è più attendibile. Se è vero che le agiatezze di emiri e sultani non sono terminate, gli europei non possono invece prendersi il lusso di ignorare come i Paesi del Golfo influenzino con sempre più forza la politica mondiale: non solo rendita petrolifera ma anche energie rinnovabili, ricerca scientifica, eventi sportivi, alta moda, passione per il made in Italy, architettura all'avanguardia, turismo ed ecologia. E poi armi, politica estera aggressiva, conquista di interi settori di mercato, lenta e difficile emancipazione delle donne, repressione della dissidenza politica, furti archeologici e - strano a dirsi fino a poco tempo fa - autonomia politica proprio dagli Stati Uniti. Il presente lavoro colma un imbarazzante vuoto nella saggistica italiana, quello sull'irrimediabile centralità dell'Arabia Saudita e degli altri Stati del Golfo nella politica globale. Con stile asciutto e approccio analitico gli autori scavano in profondità e spiegano perché, d'ora in avanti, sarà impossibile ignorare questa parte di mondo.
Rosaria Capacchione segue da oltre vent'anni le trame nascoste della criminalità organizzata campana e il loro intreccio con la società civile. Da tempo la camorra ha valicato i confini regionali per estendere la propria egemonia su tutta la Penisola. Il 9 giugno 2008 il gip del Tribunale di Napoli deposita la sentenza con la quale, per la prima volta, viene condannato un imprenditore del Nord per associazione camorristica. Aldo Bazzini è il consuocero di Pasquale "bin Laden" Zagaria, fratello di Michele "Capastorta" Zagaria, capo militare dei Casalesi e uno dei latitanti più pericolosi d'Italia. Sfruttando i suoi rapporti con faccendieri e intermediari, dal 1994 a oggi Bazzini ha favorito la penetrazione della camorra nei maggiori appalti pubblici del Paese. Seguendo questa vicenda giudiziaria, "L'oro della camorra" offre una ricostruzione di un mondo sommerso che non si caratterizza più solo per il sangue versato sulle strade ma che sta assumendo sempre più il controllo dell'imprenditoria italiana, per arrivare a permeare ogni aspetto della nostra economia.
Molte certezze che hanno accompagnato le ultime generazioni si sono sgretolate. In Occidente il passato recente è diventato sinonimo di sconfitta, il futuro di paura e il presente di ingiustizia. La ragione non sta solo nella velocità delle trasformazioni tecnologiche ed economiche, che per la prima volta ha superato la capacità della società di adattarvisi. La responsabilità è in gran parte della classe dirigente che, arrendendosi davanti alla rapidità del cambiamento, ha rinunciato a governarlo, rompendo così la relazione di fiducia con i cittadini. La tecnica ha sostituito la politica e travolto il pensiero, la cultura, l'identità e infine l'uomo. Per questo le forze populiste e sovraniste, che hanno ridato diritto di cittadinanza alle paure diffuse, vincono le elezioni e mettono in discussione i principi della democrazia liberale. La sfida per i progressisti non è esorcizzare la paura con gli slogan, ma comprenderla e affrontarla mettendo in campo un progetto per una democrazia che abbia l'obiettivo di tutelare i diritti e le libertà e di potenziare l'uomo e la società, anche attraverso l'azione di uno Stato capace di proteggere gli sconfitti e gestire le trasformazioni. Perché quella che è iniziata è una battaglia per la democrazia, e i progressisti la stanno perdendo per mancanza di visione, progetti e iniziativa politica. La Storia è tornata in Occidente. è un ritorno che spaventa, ma che al contempo può spingere nuovamente le persone a impegnarsi. Questo libro ricostruisce le ragioni della caduta dell'Occidente, analizza la consistenza delle paure globali e propone una visione e un progetto per affrontarle. Immergersi nelle inquietudini e definire i contorni dei nostri orizzonti selvaggi è il primo passo per ricostruire un pensiero politico credibile, capace di coinvolgere e mobilitare i cittadini. Perché "la paura ci accompagna sempre. In qualunque epoca, in qualsiasi mare. Capirla e dominarla è lo spirito del progresso. E il progresso è lo spirito dell'uomo".
Un nomade globale, che vive tra Asia e America, sonda le radici culturali del binomio Oriente-Occidente. Accompagnandoci in un viaggio nella storia indispensabile per capire l’oggi con tutte le sue contraddizioni. E anche per interpretare le diverse risposte di fronte all’emergenza coronavirus.
È dai tempi di Alessandro Magno che l’incontro-scontro fra Est e Ovest ispira la nostra visione del mondo. «Noi» siamo concentrati sui valori e sui diritti del singolo, «loro» abitano un universo comunitario. Il dispotismo orientale, teorizzato da Marx e da altri pensatori dell’Ottocento, lo ritroviamo al multiplo nelle sue reincarnazioni contemporanee, da Erdogan a Xi Jinping. C’è poi il «loro» spiritualismo contro il «nostro» materialismo: un mito che si complica sempre piú nella modernità. Siamo passati attraverso le fasi dell’emulazione, talvolta dell’omologazione, del rifiuto, della rincorsa e del sorpasso, della riscoperta delle radici. È probabile che un punto di equilibrio non lo troveremo mai.
Ora che la pandemia ci ha abbattuti entrambi, resta da scoprire chi si risolleverà per primo, quale modello risulterà vincitore.
"Oriente" e "Occidente" sono costruzioni culturali di lunga durata. Questo libro esplora il modo in cui, fra Medioevo e contemporaneità, l'"Occidente" ha guardato al suo corrispettivo "orientale", all'insegna di quell'esotismo dietro il quale, sino al secolo scorso, si nascondeva, ancora, la consapevolezza d'interazioni profonde. La raccolta di alcuni saggi, in parte inediti e in parte pubblicati in sedi diverse, opportunamente rivisti costituisce un'occasione per tornare a riflettere su questo importante nodo della nostra storia culturale. Prefazione di Antonio Musarra.

