
Nadia Urbinati esplora il cuore del meccanismo democratico: la scossa conflittuale tra i ‘pochi’ e i ‘molti’, le élites e il popolo.
Il XXI secolo è punteggiato da una serie ininterrotta di manifestazioni popolari che hanno portato in piazza un diffuso scontento: le primavere arabe, Occupy Wall Street, gli indignados, i Vaffa Days, i gilet gialli, le manifestazioni sul clima, le rivolte in Cile, a Hong Kong, in Libano. Quello a cui assistiamo è un conflitto nuovo rispetto a quello rappresentato e organizzato da partiti e sindacati: è contrapposizione tra pochi e molti, tra chi detiene il potere e chi sente di non contare nulla. La frattura sociale profonda che questi antagonismi evidenziano mette in crisi l’idea stessa di democrazia e la espone al rischio di pulsioni autoritarie. Ma questo non è un esito scontato: come scriveva Machiavelli, il conflitto tra pochi e molti può essere anche un lievito di libertà, se il nuovo ordine che ne può risultare riequilibra il potere nella società.
Il presente volume ospita, [...], contributi volti ad affrontare da diverse angolature alcune delle questioni più dibattute che interrogano oggi la convivenza religiosa e il pluralismo in Europa e nel mondo. Essi vengono distinti secondo due direttrici fondamentali: in una prima parte sono analizzati casi esemplari tratti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nonché dalla ricca esperienza della Commissione europea per la Democrazia attraverso il Diritto, mentre una seconda parte si confronta con problematiche aperte o di “frontiera”, secondo un approccio sia spaziale che temporale. (tratto dalla Premessa del volume)
Ricostruendo un complesso intreccio di azione diplomatica, politica, assistenziale e culturale, il volume analizza il ruolo della Santa Sede nel processo di decolonizzazione dell'Algeria nel quadro internazionale della crisi delle relazioni euro-africane e nel contesto religioso della revisione dei modelli missionari. La documentazione inedita utilizzata, proveniente dagli archivi vaticani recentemente aperti del pontificato di Pio XII e da quelli della Chiesa di Francia, getta nuova luce sulle questioni della diffusione dell'islam e del nazionalismo arabo, della propaganda marxista nei paesi extraeuropei, dell'emergenza umanitaria successiva al colpo di Stato del maggio 1958 e degli effetti destrutturanti della crisi algerina sul sistema politico francese nel passaggio dalla IV alla V Repubblica fino agli accordi di Évian del 1962.
Piersanti Mattarella (1935-1980) fu una personalità esemplare, nella quale si integravano la dirittura morale, la vocazione al bene comune ancorata all'ispirazione cristiana, la competenza, una visione innovativa del ruolo dell'uomo politico, dei profili legislativi e amministrativi, delle formule di coalizione tra i partiti. Nel troppo breve periodo in cui fu alla guida della Regione Siciliana, accreditandosi al contempo come leader di livello nazionale, egli riuscì a incidere con forza su alcuni centri di interesse economico e sui loro intrecci con i poteri criminali mafiosi. A quarant'anni dalla sua vile uccisione questa luminosa figura viene qui analizzata da nuove e molteplici angolature.
Piero Calamandrei nacque alla politica attiva dopo il 25 luglio del 1943. Nel 1944 la sua nomina a Rettore dell'Università di Firenze riconobbe ufficialmente non solo il suo prestigio accademico ma anche e soprattutto il ruolo che aveva sostenuto con coerenza lungo tutto il ventennio fascista. Membro autorevole del Partito d'Azione dal giugno 1944, Calamandrei partecipò con passione al duro dibattito politico che si aprì fra i partiti antifascisti all'interno del CLN e fra il CLN, il Governo Badoglio, la Corona e gli Alleati. Dal 1944 al settembre del 1956, data della sua prematura scomparsa, egli fu dunque uno dei principali protagonisti della fondazione del nuovo Stato democratico italiano. La vittoria della Repubblica e la sollecita elezione di una Costituente nella quale si esprimesse la piena sovranità popolare furono le due fondamentali battaglie che Calamandrei condusse sia sul terreno politico che su quello istituzionale: battaglie che furono, poi, seguite dall'impegno che egli profuse nell'Assemblea Costituente su temi fondamentali quali l'ordinamento giudiziario, la laicità dello Stato e la forma di governo della nuova Repubblica.
Dominata da servizi innovativi e ad alto valore aggiunto, destinata a far tramontare la cultura del lavoro salariato, la società della piena disoccupazione è un fenomeno che spaventa e genera polemiche. Alle classi dirigenti spetta prendere atto che il problema non è combattere il precariato, ma garantire opportunità di lavoro e protezione sociale per chi deve affrontare una vita lavorativa più frammentata. Con i nuovi meccanismi di produzione del quaternario il lavoro resterà necessariamente flessibile e volatile. Per la politica la sfida è complessa e ineludibile. Solo le comunità capaci di adattarsi al cambiamento, anche rivoluzionando l'organizzazione dello Stato sociale, riusciranno a ottenere benefici dall'avvento della società dei servizi personalizzati. Mentre i mercati del terzo mondo sfruttano la disoccupazione per affermare le proprie merci nei mercati aperti mondiali, nell'Occidente avanzato molti sono disoccupati perché sempre in formazione, imprenditori a rischio di fallimento o di spiazzamento competitivo, in cerca di un nuovo lavoro, con un assegno minimo, disoccupati perché lavoratori part-time o stagionali o a contratto a termine. Ma la strada intrapresa dalla politica economica per garantire crescita e sviluppo può paradossalmente dare al lavoratore più potere e porre alla politica nuovi e assillanti problemi.
Il fenomeno-Berlusconi è il segnale di un'involuzione politica più generale, di una degenerazione della democrazia che coinvolge non solo l'Italia, ma tutto il mondo occidentale. Mentre alcuni aspetti del fenomeno possono apparire folcloristici, altri non lo sono affatto, e sono anzi l'anticamera di una qualche forma postdemocratica di società: ne sono un esempio il governare, secondo il giornalista, esclusivamente per i propri interessi, l'uso sistematico della menzogna, la demonizzazione degli avversari, lo screditamento di tutte le istituzioni, la furia di produrre a ogni costo leggi nuove che eliminino le tracce del sistema precedente.
"Il nostro Paese, guidato dal primo governo nazionalpopulista dell'Europa occidentale, egemonizzato culturalmente e politicamente dalla nuova destra, rischia un declino inarrestabile. Rischia di rimanere isolato nell'Unione Europea e diviso al suo interno, impaurito, incattivito e avvitato su se stesso. Impediremo il declino se sapremo cambiare. Riconoscendo senza reticenze gli errori e affrontando le ragioni delle sconfitte. Il primo passo sarà tornare a incontrarci, in tanti, per trovare insieme le soluzioni e costruire un'idea di società giusta." L'Italia è entrata in una nuova fase molto pericolosa della sua storia repubblicana. Da quando la politica populista governa, tra promesse mancate e provvedimenti scellerati, miliardi di euro sono andati in fumo per l'innalzamento dello spread. La crescita si è fermata e va verso una flessione negativa. Cala la fiducia. Mancano soluzioni per affrontare il dramma della disoccupazione giovanile, per creare nuovo sviluppo e per avviare la svolta green che occorrerebbe al Paese. In poche settimane, da primo fondatore del sogno europeo l'Italia si è trasformata in una mina vagante, isolata, considerata irresponsabile e del tutto inaffidabile. Il 3 marzo 2019 Nicola Zingaretti ha vinto le primarie del PD, forse le più difficili nella storia del suo partito, perché ora la posta in gioco è molto alta. È necessario fermare la deriva della politica italiana prima che sia troppo tardi. In questa raccolta di discorsi e interventi, Zingaretti lancia un messaggio forte e chiaro: abbiamo bisogno di riscrivere le nostre mappe con una nuova idea di società. Una società che sia giusta nei confronti delle persone e amica dell'ambiente che ci circonda: serve un nuovo modello di crescita, che punti sulla sostenibilità sociale e ambientale, per garantire un futuro di sviluppo, di libertà e uguaglianza all'Italia e all'Europa.
Venerdí 12 dicembre 1969: a Milano scoppia una bomba alla Banca Nazionale dell'Agricoltura.
Diciassette morti e decine di feriti: una strage. È la fine di un sogno, quello nato nel '68. È il cruento avvio della strategia della tensione.
Giorgio Boatti delinea con meticolosa attenzione una vicenda che cambia la storia del Paese: non solo una strage, ma una guerra combattuta in tempo di pace, sotterranea, condotta da un potere nascosto e brutale che non rispetta gli innocenti e - attraverso omertà e connivenze - impone di fatto l'impunità per gli esecutori di questa e delle successive azioni terroristiche.
Indagine giudiziaria e ricerca storica, Piazza Fontana ripercorre tutte le fasi della vicenda, dalle prime accuse all'anarchico Pietro Valpreda alla misteriosa morte di Giuseppe Pinelli, ai collegamenti tra la cellula neonazista padovana di Freda e Ventura e gli strateghi sponsorizzati dall'intelligence statunitense, alle miserabili faide tra gli stati maggiori dell'Esercito e della Difesa, fino ai contrastati passi dell'indagine che, dopo aver fatto degli anarchici il capro espiatorio, imbocca a Padova, a Treviso, a Milano la pista nera sfociando a Catanzaro nel primo di molti processi, dove i volti di pietra del potere politico frappongono oblio e amnesie a un passato che li assedia.
Pubblicato nel 1993, Piazza Fontana viene ora riproposto in una nuova edizione aggiornata sino agli ultimi sviluppi e alla chiusura definitiva della vicenda giudiziaria.
L'articolo sulla strage di Piazza della Loggia, scritto tre giorni dopo per "Bresciaoggi" e qui pubblicato con un'intervista a quarant'anni di distanza, ha inaugurato l'intensa attività pubblicistica di Emanuele Severino su questioni di attualità politica. Un'analisi delle vicende storiche sotto il segno di un disincantato realismo, che significa leggere la contingenza alla luce di fenomeni più ampi e, nello specifico, leggere il terrorismo come effetto di relazioni ed equilibri internazionali e nazionali, dalle tensioni e trasformazioni del "Duumvirato" USA-URSS alle ricadute sulla politica interna.
Non un partito, ma uno «spartito», un manifesto per rilanciare il ruolo politico della società civile, grande ricchezza del nostro paese. Il mondo così com'è non ci piace: guerre, crisi climatica, crisi economica, crisi dei diritti, disuguaglianze, povertà. Eppure il tempo che stiamo vivendo è un'occasione: proprio questo è il momento per cambiare rotta, invertire la marcia. Serve uno spartito che cambi la musica, un piano, un metodo diverso. È da questa consapevolezza che nasce Piano B, un progetto collettivo che unisce diversi esponenti della società civile allo scopo di proporre un'alternativa al modello di sviluppo dominante. Da dove iniziare? Al centro del discorso politico va riportata la persona, intesa in tutte le sue dimensioni. Ciò significa abbandonare la prospettiva individualistica: la persona è tale perché è in relazione con il resto dell'umanità e tutte le forme di vita, è aperta all'altro e all'infinito; la persona esiste solo in rapporto al luogo in cui vive, all'ambiente nel quale si colloca, all'insieme dei rapporti che costruisce. Puntare sulla persona significa prendersene cura dalla nascita alla morte, investendo sulla sua educazione e formazione; preoccuparsi del lavoro e dell'abitare; adoperarsi per la tutela dell'ambiente, per la rigenerazione dei territori e delle forme democratiche dello Stato. Significa, inoltre, ripartire dalla Costituzione e impegnarsi per metterla in atto. Piano B muove dalla certezza che l'attuale modello di sviluppo è malato, il progresso economico di per sé non garantisce la felicità: la domanda più profonda di «ben-vivere» ci spinge a porre l'attenzione su altri fattori, come la salute, l'istruzione, la qualità della vita relazionale, la crescita e la ricchezza delle opportunità. Per realizzare questo progetto, alle due mani tradizionali dell'economia (mercato e istituzioni) deve unirsi una terza mano - delle imprese e delle organizzazioni sociali responsabili - e una quarta - della cittadinanza attiva. Un sistema a quattro mani è l'unico in grado di promuovere la crescita e la vitalità della società civile, che è la vera forza della democrazia. La sfida per un futuro più desiderabile passa da un rilancio della partecipazione. Per rispondere alla complessità del presente, Piano B propone dunque un nuovo paradigma sociale e civile, declinato in diciassette parole fondative e fortemente legato ai concetti di generatività, solidarietà e sostenibilità, così presenti nel pensiero e nelle azioni di papa Francesco. Per ognuna di queste parole si parte dall'interpretazione angusta e limitante della cultura contemporanea per aprire l'orizzonte verso una visione più ampia e generativa, che mette in connessione il pensiero con le buone pratiche che già esistono nel nostro paese, ma che spesso restano in sordina. Un progetto politico ambizioso, quello del Piano B, che mira a far risuonare la sinfonia dell'Italia attiva, facendo emergere una visione comune, in grado di incidere sull'opinione pubblica e sulla politica. Com'è già accaduto in occasione della recente riforma costituzionale promossa dalla società civile, che ha portato a introdurre nella Costituzione lo sviluppo sostenibile e la salvaguardia dell'ambiente, per la tutela delle future generazioni. Continuando su questa strada, la scommessa di Piano B è quella di diventare un punto di riferimento aggregante, che aiuti a orientare il cambiamento verso un benessere diffuso, equo e sostenibile.
In breve
Dove sono finiti gli appunti di Peppino Impastato, l’agenda del commissario Ninni Cassarà, le videocassette di Mauro Rostagno, le relazioni dell’agente Nino Agostino, i files di Giovanni Falcone, l’agenda di Paolo Borsellino, il dossier del maresciallo Antonino Lombardo e tutte le altre prove trafugate dagli infedeli servitori dello Stato? Chi sono i mandanti occulti dei delitti eccellenti di Cosa Nostra? E gli insospettabili tesorieri? Quali le complicità e le trattative con la politica?
La mafia siciliana è alle corde, rassicurano le statistiche ufficiali. Non si verificano più omicidi eclatanti, i padrini storici e i loro gregari sono in carcere, a scontare dure condanne. La convinzione che Cosa Nostra sia stata sconfitta ha già declassato la lotta alla criminalità organizzata nell’agenda della politica e della grande informazione. Eppure, restano tanti misteri da svelare attorno a una lunga e drammatica pagina della storia d’Italia. Ancora oggi, non sappiamo i nomi dei sicari di diversi omicidi, non si trovano i loro insospettabili complici e gran parte dei patrimoni che nascondono. Non si trovano i mandanti occulti che hanno tramato assieme alla commissione provinciale di Cosa Nostra. Sono i pezzi mancanti della storia della mafia, i segreti che costituiscono la vera forza dei padrini in carcere e l’eredità di chi verrà dopo di loro. Quei segreti continuano a muovere complicità e ricatti. Questo libro è un promemoria, è il diario che i cronisti di Palermo tengono a mente: vi sono annotate le tante domande finite nel nulla, i silenzi e le risposte fin troppo vaghe di chi avrebbe dovuto invece rendere conto con chiarezza. Quelle domande che avevano formulato i giornalisti, i magistrati, gli investigatori uccisi da Cosa Nostra.
Indice
Introduzione - 1. L’ascesa dei nuovi potenti (1977-1979) - 2. Venti di guerra (1979) - 3. Il partito dei devoti (1980) - 4. La teoria del ragioniere (1981) - 5. «Qui è morta la speranza dei palermitani onesti» (1982-1983) - 6. Oltre i soliti noti (1984-1987) - 7. L’altra faccia della mafia (1988) - 8. Guerra di servizi (1989) - 9. Preparativi di trattative (1990-1992) - 10. L’ultima soffiata (1993-1995) - 11. Promemoria (1977-2009) - Fonti e documentazione sull’inventario delle prove scomparse. Ultimi aggiornamenti - Indice dei nomi

