
Come eravamo, quando avevamo vent'anni? E come siamo, chi siamo, cosa siamo diventati, ora che ne abbiamo molti di più? Un incontro fortuito in una notte piena di stelle e la coincidenza di un anniversario spingono un giornalista che ha lasciato l'Italia da giovane a ritornare sui suoi passi. È un viaggio a ritroso nel passato che va dalle Alpi alla Sicilia, per ritrovare i vecchi compagni degli anni dell'università, per confrontarsi sulle passioni, i sogni, le speranze della giovinezza, per scoprire che cosa ne è rimasto, trent'anni dopo. Come una fotografia che affiora lentamente nella camera oscura, si ricompone così poco per volta l'immagine di un "collettivo studentesco" del '77, l'anno dell'ultima grande ondata di impegno politico giovanile nel nostro paese; e accanto a essa prende corpo anche un'altra immagine, quella dell'Italia del 2007. Quaranta voci, maschili e femminili, provano a raccontare la storia di una generazione: a se stessi, i ventenni di ieri, e ai propri figli, i ventenni di oggi. Come eravamo, e come siamo: un po' ironici e un po' malinconici, sfiorati dalla nostalgia, incapaci di smettere di sognare. Perché i vent'anni, per qualcuno di noi, non passano mai del tutto.
“Questo libro non è solo un diario personale, una riflessione sulla sinistra o il programma del governo che verrà. Più di tutto, è la condivisione di idee, emozioni e speranze che spesso si sono perse nel racconto della comunicazione quotidiana. I risultati ottenuti e gli errori commessi. Il viaggio tra passato e futuro di un’Italia che non si ferma. Che vuole andare avanti.”
È stato l’uomo chiave della politica italiana degli ultimi anni. Ha guidato un governo che ha varato molte riforme e su una, quella costituzionale, è caduto. Alla guida del Partito democratico ha ottenuto alle elezioni europee del 2014 uno dei più brillanti risultati elettorali della storia politica italiana, ma anche una bruciante sconfitta referendaria nel 2016, che lo ha portato a dimettersi da presidente del Consiglio e da segretario nazionale. Nella primavera del 2017 quasi due milioni di italiani lo hanno rieletto alla guida del Pd.
In questo libro Matteo Renzi parla della difficoltà di cambiare le cose ma anche dell’orgoglio di provarci. Degli errori e dei passi falsi ma anche dei risultati ottenuti e delle sfide aperte. Racconta aneddoti inediti dei mille giorni a Palazzo Chigi ma anche le proposte politiche per l’Italia dei prossimi anni, dalla battaglia per cambiare l’Europa all’introduzione dell’assegno universale per i figli; dal numero chiuso per l’immigrazione agli investimenti in cultura e periferie; dalla lotta per il lavoro alla sfida ambientale e ai progetti di bonifica del paese.
Dopo i feroci ed esilaranti reportage antropologici sulle tribù dei nuovi ricchi, del Nordest e degli accoliti del Cavaliere, Gian Antonio Stella usa la sua penna acuminata per raccontare l'altra metà dell'Italia, quella che (per un pelo) ha vinto le ultime elezioni. Un ritratto collettivo attraverso decine di ritratti singoli, in ordine alfabetico, dalla A di Agnoletto alla Z di Zanone. Un campionario di tic, idee fisse, scivolate, manie di protagonismo e, qua e là, nobili ostinazioni di leader, leaderini e comprimari del centrosinistra.
La Lega Nord cresce nei voti e cala lungo la penisola, al di sotto del Po, in quelle che da sessant’anni sono note come le «regioni rosse». Paolo Stefanini ha battuto, provincia per provincia, gli ex feudi comunisti, dall’Emilia all’Umbria. Ha parlato con i dirigenti leghisti, si è confuso tra i militanti e gli elettori, tra le mamme orgogliose alle selezioni di miss Padania. Ha visitato le feste verdi che costellano gli Appennini, tra zucche, vino e castagne, tra stand e gazebo, strumenti primari della militanza, e ha registrato quell’humus culturale all’origine dell’irresistibile ascesa leghista. Avanti Po è la scoperta di un’Italia centrale inedita, è il racconto dei crolli improvvisi del consenso finora monolitico della sinistra, di un popolo impaurito dagli stranieri, dei sindaci indaffarati a inventarsi nuovi riti, degli attivisti che rivendicano il loro passato comunista, dei giovani che credono che il futuro sia di Bossi. In attesa delle elezioni regionali del 2010, la nuova sfida per il grande balzo del partito del Nord al Centro dell’Italia.
Quando si pensa a Piero Gobetti si pensa soprattutto all'uomo politico, all'oppositore del fascismo. Morto a Parigi prima di compiere venticinque anni, Gobetti fu uno straordinario poligrafo. Fondatore di riviste, animatore editoriale (pubblicò la prima edizione di "Ossi di seppia" di Montale), studioso, toccò con una scrittura duttile ed efficace i generi più diversi. L'abbozzo autobiografico e il diario, la critica teatrale (spesso ferocissima), la riflessione letteraria (da Dante ad Alfieri a Leopardi, da Verga a Marinetti), la ricerca sull'arte, con affascinanti studi su alcuni pittori tra Quattro e Seicento, il ritratto umano (Eleonora Duse, Giacomo Matteotti, il Mussolini delle origini), la scrittura di viaggio, il pamphlet politico, le lettere di lavoro, d'amicizia, d'amore. Paolo Di Paolo, che a Gobetti ha dedicato il romanzo "Mandami tanta vita", raccoglie in questo volume una scelta delle "scritture" di Gobetti con l'intento di avvicinarlo a nuovi lettori. E di far riscoprire a chi lo conosce la vivacità dello stile, l'intensità della prosa di un ventenne di genio.
Preterossi traccia la storia del concetto di autorità a partire dalle sue prime origini nel diritto romano e ne segue poi il transito nel pensiero cristiano e nella riflessione medievale relativa alla relazione tra Chiesa e Impero. Con lo svincolamento del concetto di autorità dalla trascendenza, il Rinascimento avvia la secolarizzazione della politica che trova il suo compimento in Hobbes. Il volume procede poi a un'originale disanima dei mutamenti del concetto in età contemporanea, da Hegel al positivismo, dalle teorie delle élites a Weber, dalla psicoanalisi all'etologia, per finire con le teorizzazioni dello stato autoritario degli anni Trenta, e quelle della filosofia e della scienza politica più recente.
Un robusto filo lega due delle questioni più controverse nelle scienze sociali. La prima ha per oggetto il rapporto fra determinismi sociali e libera volontà personale, fra eteronomia e autonomia degli individui. La seconda riguarda i processi mediante i quali l'aggregazione delle azioni individuali genera macroeventi. Nel suo nuovo libro Angelo Panebianco propone un articolato menù di strumenti per l'indagine sui percorsi e le modalità di conversione dalle situazioni "micro" ai fenomeni "macro". La scommessa sottostante è che una migliore conoscenza di questi processi possa accrescere la capacità della teoria sociale e politica di spiegare persistenze e mutamenti nelle società.
«Abbiamo tutti in mente la tipica immagine di uno stato autocratico. C'è un cattivo al vertice, che controlla l'esercito e la polizia. L'esercito e la polizia minacciano il popolo con la violenza. Ci sono collaboratori malvagi, e magari qualche coraggioso dissidente.» Tuttavia, per Anne Applebaum, saggista e vincitrice del premio Pulitzer, questa convinzione diffusa altro non è che un anacronismo. Nel XXI secolo, infatti, una simile rappresentazione delle autocrazie ha scarsa attinenza con la realtà e per di più ne ignora del tutto l'evoluzione. Al giorno d'oggi, le autocrazie non sono governate da un solo «cattivo», ma da reti sempre più sofisticate, che connettono tra loro strutture finanziarie, servizi di sicurezza - militari, paramilitari e di polizia - di uno o più paesi, ed esperti di tecnologia che forniscono sorveglianza, propaganda e disinformazione. I membri di queste reti condividono risorse e obiettivi, operando come un agglomerato di aziende tenute insieme non dall'ideologia, ma da una spietata e assoluta determinazione a preservare il proprio potere e la propria personale ricchezza e da un nemico comune: il mondo democratico e i suoi valori. Diversamente dalle alleanze militari o politiche di altri tempi e altri luoghi, infatti, non ci sono «blocchi» cui aderire, né Muri di Berlino a segnare netti spartiacque geografici. È una rete che, superando le faglie ideologiche, geografiche e culturali, da Mosca a Pechino, da Teheran a Pyongyang, si sta stringendo sempre di più attorno alle democrazie moderne, disconoscendone i valori, insinuandosi nelle loro crepe e in quei paradossi irrisolti che l'Occidente, troppo convinto di essere nel giusto, non si è mai deciso ad affrontare. Ma l'autocrazia è un sistema politico, non un tratto genetico, e in quanto tale può cambiare: in questo saggio, Anne Applebaum delinea un resoconto allarmante e al contempo lancia un potente appello su come dovremmo organizzarci per salvare la democrazia.
Dove affonda le sue radici l'Italia di oggi? Guido Crainz cerca le risposte a questa e a altre domande non in vizi plurisecolari del paese ma nella storia concreta della Repubblica, muovendo dall'eredità del fascismo, dalla nascita della "repubblica dei partiti" e dagli anni della guerra fredda. L'analisi si sofferma soprattutto sulla "grande trasformazione" che ha inizio negli anni del "miracolo" e prosegue poi nei decenni successivi: con la sua forza dirompente, con le sue contraddizioni profonde, con le tensioni che innesca. In assenza di un governo reale di quella trasformazione, e nel fallimento dei progetti che tentavano di dare ad essa orientamento e regole, si delinea una "mutazione antropologica" destinata a durare. Essa non è scalfita dalle controtendenze pur presenti - di cui il '68 è fragile e contraddittoria espressione - e prende nuovo vigore negli anni ottanta, dopo il tunnel degli anni di piombo e il primo annuncio di una degenerazione profonda. "Mutazione antropologica" e crisi del "Palazzo" - per dirla con Pier Paolo Pasolini vengono così a fondersi: in questo quadro esplode la crisi radicale dei primi anni novanta, di cui il tumultuoso affermarsi della Lega e l'esplosione di Tangentopoli sono solo un sintomo. Iniziò in quella fase un radicale interrogarsi sulle origini e la natura della crisi, presto interrotto dalle speranze in una salvifica "Seconda Repubblica": speranze destinate a lasciare presto un retrogusto amaro.
Qualche anno fa, con il discorso introduttivo alla convention del Partito democratico entusiasmò il pubblico, ricordando quell'ottimismo nel futuro, da lui definito "audacia della speranza", che ha sempre guidato il popolo americano. Avvocato, esperto di diritti civili, senatore per l'Illinois nelle file dei democratici moderati, Barack Obama è uno dei candidati favoriti alla nomination democratica per le elezioni presidenziali del 2008. Mentre la sua principale avversaria, Hillary Clinton, è l'espressione di una dinastia e dell'establishment, "il Kennedy nero", come è stato battezzato, è il leader carismatico che rappresenta il cambiamento. In questo libro, Obama si racconta: essere nato da una madre del Kansas e un padre keniano, aver avuto un patrigno indonesiano e aver vissuto la sua giovinezza tra Hawaii e Indonesia lo rendono capace di rivelare con lucidità i difetti del mondo globalizzato. E di mettere a punto un "piano di battaglia" e un concreto progetto di "frontiera" per affrontare i gravi problemi del gigante malato: la crescente insicurezza economica delle famiglie americane, le tensioni razziali e religiose interne al corpo politico, le minacce globali, dal terrorismo agli imminenti pericoli ecologici. Un ritorno allo spirito democratico e ai valori che sono alla base della Costituzione. E il coraggio di offrire un nuovo sogno ai cittadini statunitensi e a tutti i popoli del mondo. Con un'introduzione di Walter Veltroni.
In questi scritti giornalistici l'autore ricostruisce la figura di Aldo Moro nella sua poliedrica attività di docente, di cattolico impegnato , di dirigente del maggior partito democristiano d'Europa, di ministro e di Presidente del Consiglio. Antonello Di Mario è nato a Terracina il 12 giugno del 1966. Giornalista professionista, laureato in Scienze della comunicazione, lavora a Roma come responsabile dell'Ufficio stampa della Uilm nazionale.