
Un viaggio nel grande apparato obeso e ingordo del sistema Italia. Un'analisi a tutto tondo sulla democrazia zavorrata di un Paese che non può decollare. Un saggio che si avvale di dati aggiornati e in gran parte inediti e non si limita alla denuncia degli sprechi e degli insensati privilegi della politica, ma fa finalmente luce sui costi abnormi degli apparati pubblici e sulle molte altre "caste" che fino a ora non sono state investigate. Un'orgia di lobbies, privilegi, corporazioni, consulenze, portaborse, parassitismo, sprechi e auto blu. Un'analisi puntuale e impietosa del dissanguamento pubblico, e la ricerca di un'amara medicina da trangugiare al più presto.
Costruito come un intenso reportage e con l'intento di fare il punto della situazione politica, economica, sociale e culturale della Bosnia disegnata a Dayton, prevedendo gli sviluppi e gli scenari futuri, il libro - nato come un viaggio - ha portato gli autori fin dentro le ferite della guerra e della pace in Bosnia, di cui decine di persone - gente comune e di livello internazionale - hanno raccontato a modo loro attraverso le interviste che compongono questo lavoro.
Si tratta di un libro in cui la lunga esperienza di un magistrato, poi deputato e membro della Commissione giustizia viene racchiusa in alcune riflessioni sul tema della giustizia in un paese democratico. Gli oggetti sono quelli di un dibattito molto attuale e destinato a non finire presto: Tangentopoli, mani pulite, gli strappi della rete dei servizi giudiziari, la giustizia spettacolo, le contraddizioni del sistema carcerario, il tutto scandito dalle proposte che la Bicamerale rivolge al Parlamento. Tutto questo in una riflessione di respiro più ampio, che affronta la questione alla radice.
"Il giudice Borsellino era un dipendente pubblico, il professor Biagi anche, così come gli uomini della scorta del giudice Falcone. E questi sono gli eroi. Enrico Fermi era un dipendente pubblico, così come lo è la maestra di mio figlio, che ha fatto un lavoro importantissimo e straordinario. E questi sono i campioni. Anche l'impiegato che ha accumulato centoventi giorni di assenza in un anno è un dipendente pubblico, così come lo è quello che si fa timbrare il cartellino dal collega compiacente. E questi sono i fannulloni. Come possono convivere nelle organizzazioni pubbliche persone tanto diverse? Semplicemente, non possono". Il libro descrive, con ampi riferimenti alla realtà, la situazione delle organizzazioni pubbliche e illustra alcune fondamentali proposte per il cambiamento delle stesse, nell'ambito del nuovo quadro di riforma del lavoro pubblico delineato dalla "legge Brunetta" (Legge delega 15/09). Un libro destinato a far discutere, che si inserisce a pieno nel dibattito sulla pubblica amministrazione, con una prospettiva però capace di superare gli stereotipi e, soprattutto, di concentrarsi sulle cose che si possono e si devono fare.
Si può diventare e restare cittadini italiani, vivendo all'estero, avendo avuto un solo nonno italiano o, in alcuni casi, un antenato anche più lontano. Al contrario, per gli immigrati è difficile diventare cittadini del nostro Paese. Anche se si è nati qui ma da genitori stranieri, anche se qui si abita e si lavora. La cittadinanza italiana è un affare di famiglia: per ottenerla, il sangue conta più di qualsiasi altro tipo di legame. Il volume illustra come e perché questa concezione familista del diritto di cittadinanza si sia venuta strutturando e che cosa comporti per gli stranieri che vivono e vogliono continuare a vivere in Italia.
In un mondo preda del dubbio e della paura, la sfera politica, così come la si intendeva tradizionalmente, non esiste più. Oggi le cose sono profondamente cambiate, secondo Luc Ferry, perché non è vero, come si pensava un tempo, che la famiglia, cioè la sfera del privato, sia il terreno elettivo della disaffezione civile, come non è vero che tenga lontani dalla sfera pubblica e dai grandi ideali della politica. Non esiste al mondo sfera più politica, nel senso di ideale, di predisposizione al sacrificio e di trascendenza, della vita privata. La politica, se vuole riprendere a funzionare, deve mettersi al servizio della vita privata, divenuta la nuova trascendenza in un mondo senza Dio. Deve venire incontro alle madri lavoratrici, per esempio, ma soprattutto deve recuperare la famiglia come ideale politico, ispirandosi così a un umanesimo fondato sul privato per arginare un liberalismo che finisce per negare sé stesso, e una democrazia che produce spesso il suo esatto contrario.
Flat tax, reddito di cittadinanza, moneta fiscale, aumento dell’età pensionabile, sforamento del tetto del 3 per cento. Sono le principali proposte economiche delle tre forze che oggi si contendono il governo del paese. Sono interventi spesso improvvisati, che avrebbero un impatto in alcuni casi catastrofico sui nostri conti.
In tutto il mondo le campagne elettorali si combattono con slogan e comizi, ma qui stiamo parlando di cifre enormi, incomparabili con qualsiasi promessa fatta in precedenza: la flat tax della Lega costerebbe 80 miliardi l’anno, quella di Forza Italia 130; il reddito di cittadinanza dei 5 Stelle 30 miliardi, che superano facilmente i 150 insieme alle altre promesse; la riforma delle pensioni che vogliono in tanti almeno 30 miliardi; lo sforamento dei limiti al disavanzo proposto dal PD 50 miliardi.
Attraverso un’analisi chiara e rigorosa, Roberto Perotti mostra agli elettori come queste promesse siano fallaci o pericolose. Il motivo è che non si può contemporaneamente avanzare proposte che costano decine di miliardi, non dare indicazioni realistiche di come reperire i fondi per pagarle, e inveire contro il disastroso disavanzo del paese. Almeno a una di queste tre posizioni bisogna rinunciare. Perché ogni promessa (elettorale) è debito (pubblico).
Le proposte della campagna elettorale sono insostenibili per i nostri conti pubblici e dannose per il paese.
I politici che si candidano a governarci sbagliano o mentono?
"Bernardo Caprotti è l'imprenditore che ha portato all'eccellenza i supermercati in Italia. Ne ha fatto un caso di rinomanza internazionale, nel settore. A 81 anni ha deciso di rompere il suo riserbo (niente interviste, niente fotografie, poche apparizioni pubbliche, tanto lavoro) e in questo libro-denuncia racconta ciò che ha dovuto subire per mano delle Coop. Dai primi contatti con il gigante "rosso" della grande distribuzione fino alle polemiche degli ultimi mesi, il fondatore di Esselunga ricostruisce un confronto pluridecennale scambiato fino a poco tempo fa per normale concorrenza. Invece, mettendo insieme con meticolosità le tessere del mosaico, a Caprotti è apparso un disegno preciso: far sparire la sua azienda dal mercato. In questo j'accuse l'imprenditore documenta, prove alla mano, una serie di vicende che di primo acchito sembrano tentativi imprenditoriali andati a vuoto, nella realtà si rivelano parte di un censurabile piano strategico altrui. Giacché Esselunga non può essere la sola vittima del 'sistema'. Dalla rigorosa esposizione dei fatti appare di tutta evidenza che molte iniziative di Esselunga sono state affossate dalla Legacoop, il gigante economico agli ordini del Pci-Pds-Ds, con l'indispensabile appoggio delle amministrazioni locali di sinistra". Prefazione di Geminello Alvi.
«Un singolare disprezzo della parola, quasi un ribrezzo di fronte alla parola si è impossessato dell'umanità. La nobile fiducia che gli uomini possano l'un l'altro, attraverso la parola e la lingua, convincersi è andata radicalmente persa». Sono parole che Hermann Broch scriveva nel 1934 e sembrano sintetizzare il quadro politico internazionale ricostruito da Christian Salmon. Siamo passati in pochissimi anni dalle ideologie e dalle grandi narrazioni epocali al trionfo dello storytelling con Obama, Macron e Renzi: una vera e propria arte del racconto della realtà che fa perno sull'emozione. Poi, all'improvviso e fuori di ogni previsione, è esploso un fenomeno nuovo che trova in Trump la sua espressione più piena, ma ha analoghi in tutto il mondo, da Bolsonaro a Salvini, da Orban a Erdogan. È il passaggio dalla story allo scontro, dall'intreccio alla trasgressione, dalla suspense al panico. Finiti i racconti capaci di ordinare gli avvenimenti, senza più eroi che fanno la storia, né storie in senso proprio, eccoci catapultati in un tempo in cui la vita politica è ritmata dallo shock.
Le parole d'ordine più abusate dagli italiani? Meritocrazia e concorrenza. Dai banchi del parlamento o dal bancone di un bar c'è spesso qualcuno che le pronuncia a sproposito. Eppure è raro vederle praticate, tantomeno nel campo in cui avrebbe più senso farlo: l'istruzione superiore. Ci siamo abituati a uno Stato paternalista e sprecone, che preleva dalle tasche di tutti per fornire un servizio riservato a pochi. A molti sembra giusto così. Sembra equo che le tasse di un intero Paese finanzino l'università, anche se la stragrande maggioranza dei ragazzi provenienti da famiglie modeste non ci metterà mai piede. Così che i poveri finiscono col pagare un futuro migliore per i figli dei ricchi. In questo libro Andrea Ichino e Daniele Terlizzese propongono un ripensamento del sistema universitario che nei dibattiti tra addetti ai lavori ha già fatto scalpore: non un nuovo terremoto, ma una graduale iniezione di concorrenza. Spazi di autonomia per scegliere docenti e programmi, creare corsi di eccellenza e attrarre i migliori; maggiori risorse, raccolte con rette universitarie più alte per chi le può pagare; possibilità per gli studenti di finanziarsi attraverso un sistema di prestiti. Diversi da quelli tradizionali, però: da rimborsare, con meno rischio, solo dopo aver trovato un lavoro e in proporzione ai redditi futuri. Un modo per dare più risorse a chi davvero se le merita: le università capaci di offrire un'istruzione con valore reale e non solo legale.
Le Scuole della Pace della Comunità di Sant'Egidio si rivolgono a bambine e bambini, per proporre, oltre al sostegno allo studio e alla socializzazione, una educazione alla pace e alla solidarietà. Diffuse in molti paesi d'Europa, Africa, America e Asia, sono spesso a diretto contatto con situazioni non solo di violenza urbana, ma anche di conflitti e guerre. I molti materiali prodotti dai bambini nel percorso di educazione alla pace svolto fra il 2022 e il 2024 sono divenuti una mostra, esposta a Roma e in molte altre città d'Italia, e ora sono presentati in questo volume, sempre con il titolo Facciamo pace?!, in cui il punto interrogativo e il punto esclamativo tengono insieme una domanda, che non bisogna mai cessare di rivolgere agli altri, e l'affermazione della necessità del dialogo e del rifiuto della guerra. In un itinerario tra passato, presente e futuro, si passa dal dolore provato da chi ha vissuto la Seconda guerra mondiale alla testimonianza di bambini e bambine (come quelli ucraini, del Congo, della Siria o dell'Afghanistan) che attualmente subiscono le conseguenze di una guerra o ne sono appena fuggiti. Ma si parla soprattutto di futuro perché, attraverso i laboratori di educazione alla pace, i piccoli esprimono la loro visione del domani: la loro voce è molto chiara, e guardando la guerra con i loro occhi ne possiamo comprendere più radicalmente non solo la brutalità ma anche l'inutilità. Sant'Egidio è una comunità cristiana, nata nel 1968 a Roma, ed oggi diffusa in 70 Paesi del mondo, conosciuta per le sue azioni di mediazione nei conflitti sugli scenari internazionali più complessi. Meno noto è il suo lavoro a favore dei più piccoli: un impegno quotidiano di educazione alla pace e al dialogo per imparare a vivere con gli altri e a rifiutare la violenza. Questo volume è curato da Stella Cervogni, coordinatrice delle Scuole della Pace. Ha al suo interno una prefazione di Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant'Egidio, una premessa di Edith Bruck, scrittrice e poetessa testimone della Shoah e un saggio di Elena Malaguti e Cristiana De Santis dell'Università di Bologna.
All'origine di questo libro vi sono due convinzioni. Da una parte, quella che il "secolo breve", cioè l'epoca che dal 1917 al 1968, ha cercato di realizzare il socialismo e nella quale abbiamo imparato a pensare, è oramai finita. Dall'altra, quella che la crisi del socialismo ha trascinato con sé tutte le categorie politiche di una modernità della quale anche il socialismo faceva parte. Tuttavia la speranza, l'indignazione e la volontà di trasformare il mondo si presentano oggi sotto nuove figure. Le modificazioni dell'organizzazione del lavoro e le nuove configurazioni dei modi di governare sono profondamente implicate in questa trasformazione radicale della realtà politica e in quella del linguaggio che la esprime. Biopolitica, biopoteri, discipline, controllo, moltitudine, popolo, produzione di soggettività, guerra, frontiere, dipendenza, interdipendenza, stato, nazione, comune, differenza, resistenza, diritti, potere costituente, governo, decisione sono i concetti discussi in questa fabbrica. Occorre un nuovo lessico politico: gli strumenti, i problemi, le ipotesi, i nuovi campi possibili di ricerca per costruirlo. Per tutta la durata della riflessione compiuta nei seminari tenuti al Collége International de Philosophie nel 2005, Antonio Negri cerca di seguire la formazione di un nuovo orizzonte politico: una maniera di definire altre pratiche e altre espressioni della democrazia.