
L'inferno del Policlinico di Roma. La furbizia crudele della Santa Rita di Milano. Le lottizzazioni in Campania. L'ignavia delle università, da Padova a Bari. La ferocia delle mafie in Sicilia e Calabria. E soprattutto l'arroganza della politica. Ma anche eccellenze scientifiche e tanta buona medicina. Perché la sanità in Italia è un mosaico di identità e valori, che molti considerano in vendita. Ma il diritto alla cura è un bene prezioso che lo Stato deve assicurare. È per questo che il nostro Servizio sanitario nazionale va difeso con i denti dai tarli che lo rodono dall'interno: i giochi di potere, il baronato universitario, le leggi che lasciano spazio ai furbi. Galassie di piccolezze umane e interessi privati, di abusi e clientelismi. E montagne di soldi. Dalle corsie degli ospedali, dalle stanze della politica, dalle finestre del Vaticano, Daniela Minerva conduce un'inchiesta serrata tra le mille contraddizioni d'Italia, uno strano Paese in bilico tra il degrado assoluto e l'avanguardia. Alla ricerca di uno sviluppo sostenibile.
È il 30 marzo 2006. Per le strade dell'Eur un'auto investe, uccidendolo, un uomo a bordo di uno scooter. Quell'uomo è Peppe Dimitri. La notizia sembra passare quasi inosservata, ma il suo funerale, due giorni dopo, richiama una folla di ministri, parlamentari, ex terroristi, giovani militanti, ultrà da stadio e gente comune, riuniti per salutare quello che, per molti, e il simbolo di un'idea: mantenere in vita il fascismo dopo la fine del regime. In questo libro, Nicola Rao ha ascoltato decine di testimoni, raccolto le voci dei protagonisti, per ricostruire la storia completa di questa idea, sorta dalle ceneri del dopoguerra e sopravvissuta alla "svolta di Fiuggi".
«Questo libro è un viaggio nel grande paradosso di una sfida planetaria. Vi racconto una faccia della Cina troppo nascosta e inquietante, che l'élite occidentale ha deciso di non vedere. Rivelo il gioco dei corsi e ricorsi, tra due superpotenze che si studiano e si copiano a vicenda. E spiego il Nuovo Grande Esperimento Americano, che tenta di invertire il corso della storia prima che sia troppo tardi». Federico Rampini racconta una sfida fatta anche di contaminazione reciproca, perché alcuni problemi sono simili: dalle diseguaglianze sociali allo strapotere di Big Tech, dalla crisi ambientale e climatica alla corsa per dominare le energie rinnovabili. Rampini mette a nudo gli aspetti meno noti della Cina di Xi Jinping, con un viaggio insolito nella cultura etnocentrica e razzista degli Han, le abitudini di vita dei Millennial, l'imperialismo culturale nella saga cinematografica del Guerriero Lupo, la letteratura di fantascienza come stratagemma per aggirare la censura, la riscoperta di Mao, le mire aggressive, il militarismo. Senza sottovalutare il groviglio di sospetti che ancora circondano le origini del Covid. L'Esperimento Biden vuole opporre all'espansionismo aggressivo di Pechino un modello socialdemocratico ispirato a Roosevelt e Kennedy. Si scontra però con le divisioni interne all'America. Il capitalismo americano dei Trenta Tiranni ha stretto un patto diabolico con Pechino. Mezza società americana, inclusa «la meglio gioventù», denuncia il proprio paese come l'Impero del Male, vede nell'Uomo Bianco un persecutore da processare per tutte le ingiustizie della storia. Per fermare Pechino le democrazie occidentali non possono contare sulla coesione, sul nazionalismo e sull'autostima che animano i cinesi. Il rischio che la competizione degeneri fino allo scontro militare è più alto di quanto crediamo. L'Europa è un terreno di conquista per le due superpotenze, perché questa è un'altra sorpresa: sia l'America che la Cina sono uscite rafforzate dalla pandemia. La resa dei conti diventa ancora più affascinante, inquietante, drammatica. Una grande inchiesta nel cuore delle due nazioni che hanno in mano il nostro futuro, firmata da un giornalista e scrittore «nomade globale», con una vita condivisa tra Oriente e Occidente.
Questo libro è stato scritto mentre imperversava la disumana 'chiusura dei porti' imposta dal governo italiano allora in carica a danno di profughi in fuga dall'inferno libico. Quella pagina vergognosa della nostra storia recente, che ha macchiato l'onore del nostro paese, è stata anche rivelatrice di un male antico e sempre latente: il lauto consenso che premia la demagogia xenofoba. Drammatica conferma, nell'ottantesimo anniversario delle leggi razziali italiane, della vitalità, anche da noi, di quello che Umberto Eco definì efficacemente il «fascismo eterno».
Matteo Salvini ha reinventato la Lega, portandola dal 3% al 30% in pochi anni. La sua ascesa, da consigliere comunale a figura di punta del governo e dell'area sovranista europea, ha a che fare con diversi fattori. La personalità e lo stile di comunicazione diretto e disintermediato; una strategia mediatica costruita con cura, che tiene insieme social network, televisione e presenza sul territorio; l'insistenza su pochi temi-chiave molto sentiti dagli elettori italiani al tempo del populismo, come immigrazione, Europa, pensioni. Ma chi è, davvero, Matteo Salvini? Come funziona la sua macchina della comunicazione? Qual è il profilo del "nuovo elettore" leghista? Con interviste a Marco Damilano, Matthew Goodwin e Luca Morisi.
Abbiamo bisogno di un femminismo che dia la priorità alle vite delle persone. Davvero la massima realizzazione per le donne è quella di arrivare a occupare posti di potere nelle gerarchie delle grandi aziende capitaliste? È quel che ci dice il femminismo liberale, che aspira a rompere il soffitto di cristallo, mentre non si preoccupa affatto delle esigenze della stragrande maggioranza delle donne. Esigenze come la lotta contro lo sfruttamento sul lavoro e i diritti sindacali; il riconoscimento della loro fondamentale funzione di cura dei figli, caricata sulle donne in favore della massimizzazione dei profitti; il diritto alla salute e a un ambiente non inquinato; la lotta contro ogni forma di razzismo e guerra. Oggi che il sistema di valori liberisti è in crisi e stiamo vivendo una nuova ondata femminista internazionale, abbiamo lo spazio per creare un altro femminismo: anticapitalista, antirazzista ed ecosocialista. Cinzia Arruzza, Tithi Bhattacharya e Nancy Fraser sono state tra le principali organizzatrici dello sciopero internazionale delle donne negli Stati Uniti.
Negli anni '70 il femminismo fu in Italia una pratica politica diffusa, che trasformò la coscienza e la vita di migliaia di donne; i suoi caratteri variarono molto da una città all'altra rispecchiandone le differenze di storia sociale, politica e culturale. Generazioni e memorie diverse analizzano i percorsi che hanno caratterizzato il vissuto di quella stagione: dal corpo e dalla sessualità al rapporto tra personale e politico, alla reinvenzione della vita quotidiana, ai nessi con i temi sociali e i soggetti politici. Ne emerge la proposta di una 'rilettura' del femminismo che pone domande sulla sua difficile trasmissione, sul suo carattere di storia incompiuta, sulle prospettive dei nuovi femminismi in una scena contemporanea mutata.
Saggio di grande attualità: intende recuperare l'idea di federalismo per l'Italia, superando la contraffazione che ne ha fatto il partito della Lega lombarda. Introduzione di Marco Vitale.
Un volume tematico costruito a mo' di dizionario con una breve bibliografia ragionata. Una panoramica storica e geografica dell'esperienza federale, dalla convenzione di Filadelfia del 1787 alla bozza di Costituzione europea del 2003, raccontata in centocinquantasette voci.
Nello affronta in questo studio la parte più consistente della carriera politica di Dino Grandi, seguendola fino all'epilogo della seduta del Gran Consiglio del 25 luglio 1943, che determinò la caduta di Mussolini. Negli anni Trenta Grandi fu successivamente ministro degli esteri (1929-32), ambasciatore a Londra (1932-39), ministro guardasigilli e presidente della Camera dei fasci e delle corporazioni (1939-43). Nello ricostruisce le posizioni di Grandi nell'articolarsi della politica estera italiana del decennio, in particolare il suo deciso atteggiamento filoinglese, per concludere con l'analisi dei progetti di Grandi per risolvere la crisi politico-militare italiana del 1943, fino all'ordine del giorno (25 luglio 1943) contro Mussolini.