
"Ne ammazza più la penna" è la storia dei giornalisti italiani dai tempi della caduta di Napoleone - e precisamente dal primo possibile scoop, il misero fallimento dell'impresa di Gioacchino Murat fermato dalla plebe calabrese nel 1814 mentre tentava di tornare sul trono di Napoli - fino agli anni Sessanta del Novecento. Storia di giornalisti, più che del giornalismo, da Ugo Foscolo (messo a libro paga dagli austriaci) alla rivoluzione editoriale di Enrico Mattei. Giornalisti avventurieri, giornalisti scandalosi, giornalisti venduti e comprati, giornalisti eroici, disvelatori di luminose verità o occultatori di vergogne nazionali: dai grandi ai meno noti, ognuno con la precisa cifra della propria personalità. Mentre le loro carriere si adeguano alle innovazioni tecnologiche, politiche, culturali, sociali e finanziarie del mondo che cambia, sullo sfondo della vita in redazione scorre la storia d'Italia nei suoi momenti cruciali, colti nella realtà quotidiana. Così il rapporto tra i due versanti del racconto - i giornalisti e la storia d'Italia - è tessuto in modo tale che i giornalisti sembrano quello che in realtà furono: l'ombra della storia d'Italia, il suo lato meno noto, ma parte integrante, e a volte determinante, dell'intero. Patriottismi e scandali, ideali e corruzione, coraggio innovativo e conflitti d'interesse, servitù culturale e ardimento d'avanguardia, fanno da refrain a un racconto che diventa, pagina dopo pagina, una storia culturale minuziosissima di notizie...
Il volume ripercorre la storia italiana degli ultimi trent'anni seguendone le dinamiche sociali, demografiche, migratorie e di genere. Vengono così presi in considerazione i diversi aspetti di una realtà che è stata profondamente cambiata dalla televisione, e nella quale emergono i nuovi problemi della cittadinanza legati all'immigrazione, quelli del progressivo invecchiamento della popolazione, dell'indebolimento delle istituzioni della rappresentanza, della chiusura alle donne. Un paese, infine, nel quale le nuove identità generate dai consumi stanno contribuendo a ridefinire la stessa immagine e auto-percezione degli italiani.
Dubbi, angosce, perplessità; o, invece, cieca fiducia nel progresso inevitabile? Sono tanti i sentimenti che proviamo di fronte alla facilità con cui i nostri ragazzi, "i nativi digitali", maneggiano chat, social network, navigano in Internet, si scambiano post e foto. Un modo di comunicare e relazionarsi agli altri che fa loro bene o male? Quali problemi educativi apre? E l'adulto-educatore che ruolo deve svolgere? Interrogativi da prendere sul serio, a casa come a scuola. Ecco allora un prezioso aiuto. Un manuale formato "smart", con situazioni concrete, piste di lavoro, testi di approfondimento per orientarsi nel complesso mondo dei nuovi media e delle sue molteplici sfaccettature. Con l'obiettivo di non fare un passo indietro ma accompagnare le nuove generazioni in un uso consapevole della rete. Perché non basta conoscere lo strumento da un punto di vista tecnico: i "buoni navigatori" sanno ascoltare, interrogarsi e, quando serve, fermarsi a riflettere.
Ogni tre giorni, in Italia, un uomo uccide una donna. La uccide nonostante sia sua moglie, sua figlia o la sua ex. La uccide perché è sua moglie, sua figlia o la sua ex. Le vittime del femminicidio muoiono per la rabbia, la gelosia, l'orgoglio degli uomini. Ma soprattutto muoiono perché sono donne, ancora troppo spesso silenziose, educate a una folle rassegnazione che non le spinge a denunciare chi abusa di loro. Nel 2007 Matilde D'Errico ha cominciato a far emergere il dramma della violenza sulle donne nella trasmissione televisiva Amore criminale, di cui è autrice e regista. In sette anni ha portato sullo schermo centinaia di storie vere, storie di vittime soprattutto, ma anche di chi, nonostante gli abusi, ce l'ha fatta, sempre senza morbosità, senza retorica. Ed è cosi, con la stessa misura, che ce ne racconta alcune in questo libro, dove a parlare, nella loro drammaticità, sono semplicemente i fatti.
Che le tecnologie digitali stiano cambiando il nostro cervello, i nostri gusti e i nostri comportamenti è un dato acquisito. Se questo però ci renda più stupidi o più intelligenti, resta un problema aperto. Pietro Montani lo affronta qui in chiave estetica, interrogando da filosofo gli effetti delle nuove tecnologie sulla sensibilità e sulla percezione, l'immaginazione e l'interattività. Il saggio esplora questi effetti dal punto di vista del consumo e della produzione di immagini e li esemplifica riferendosi alle prospettive aperte dalla "realtà aumentata" e dalle "tecnologie indossabili" (per esempio i Google Glass). L'approccio originale adottato da Montani mette l'accento sull'importanza dei processi interattivi e prospetta la possibilità di un innalzamento della loro capacità di dar luogo a fenomeni in senso ampio creativi. È in questo quadro che l'autore propone, da ultimo, un'interpretazione innovativa della sperimentazione artistica.
Nel mondo contemporaneo la pubblicità è ormai onnipresente. Ha imposto una sorta di dittatura, agevolata dall'affermarsi dell'iconic turn e delle nuove tecnologie, e occupato uno spazio sempre più significativo, a tratti ingombrante, nell'attuale panorama comunicativo. Emerge l'urgenza di una rinnovata riflessione sull'etica pubblicitaria attorno a tre aspetti, tra loro strettamente intrecciati. Il primo riguarda il senso della pubblicità in relazione alla sua evoluzione storica; il secondo concerne, più specificamente, i codici deontologici e l'approccio normativo; il terzo aspetto, più squisitamente etico, si interroga sul senso della pubblicità alla luce dell'epifania delle nuove tecnologie e del rinnovato iconismo elettronico. Numerose le proposte che emergono dai più recenti studi sulle conseguenze dell'attuale overdose pubblicitaria: dalla visione catastrofista, che dichiara la morte dell'advertising, ai movimenti contro-pubblicitari, fino a un possibile (e radicale) nuovo paradigma, basato sul rispetto del proprio interlocutore e sul rifiuto di inganni e ambiguità.
Il libro presenta 14 conversazioni con persone altamente qualificate in diversi settori della società odierna che riflettono sull'impatto che la rivoluzione digitale sta avendo nel loro campo specifico. Attraverso queste conversazioni, si cerca di offrire ai lettori esperienze concrete del fenomeno digitale e non soltanto idee astratte. In ogni conversazione, vengono presentate riflessioni maturate professionalmente che possono aiutare ad esplicitare il significato profondo di quello che tutti stiamo vivendo.
Chi scrive, produce, vende, legge e fa leggere libri oggi si pone mille domande: l'accelerazione tecnologica sta rendendo obsoleto il libro di carta? Uccide l'idea stessa di libro? E cosa accade nella scuola? Ad esempio, bisogna far acquistare alla propria scuola un tablet per ogni alunno? Le discussioni sono concitate, intervengono ministri affrettati e coloni digitali zelanti pronti a sostenere qualsiasi novità tecnologica. Fioccano le immagini di una nuova generazione a suo agio con lo schermo tattile e l'indice sfiorante, che se pur sarà refrattaria alla lettura avrebbe nuove competenze digitali, tra le quali la capacità di navigare distribuendo l'attenzione su molti schermi. Questo libro sostiene alcune tesi controverse (ma anche di buon senso): che i cosiddetti nativi digitali non esistono e che se veramente esistessero la scuola farebbe meglio ad aiutarli a guardare fuori degli schermi; che non c'è un sostituto elettronico dell'insegnante; e soprattutto che il libro di carta sarà pure a rischio commerciale a causa del suo cugino elettronico, ma è assolutamente insostituibile dal punto di vista cognitivo, perché protegge e non aggredisce la nostra risorsa mentale più preziosa: l'attenzione.
Quando i computer non erano ancora in tutte le case e in tutte le tasche, la rete muoveva i primi passi e ben pochi sapevano cosa fosse un hacker, Kevin D. Mitnick era nella lista dei criminali più ricercati dall'Fbi, ma non aveva mai usato un'arma, non aveva ucciso nessuno, non aveva rubato: era semplicemente il più bravo del mondo a intrufolarsi nei sistemi informatici più protetti del pianeta. Per anni Mitnick ha vissuto un'esistenza al limite, braccato da polizia e servizi segreti, continuamente alla ricerca di una sfida più eccitante e pericolosa della precedente, inventando sistemi sempre più ingegnosi per eludere le protezioni dei sistemi informatici più inviolabili e intanto riuscire a sfuggire alla cattura nel mondo reale. In questo libro, che è la sua autobiografia, Mitnick racconta le sue innumerevoli avventure, fuori e dentro la rete: quelle di un artista della truffa, capace di ingannare uomini e macchine con la stessa bravura, ma anche quelle di un precursore e di un visionario, il primo a riconoscere nell'hacking una strada alternativa per la comprensione del mondo digitale. Prefazione di Steve Wozniak.
Questo libro si occupa della crisi della parola e del trionfo dell'immagine. La parola è essenziale per il discorso razionale, intersoggettivo, analitico. L'immagine è seducente, sintetica, a volte ipnotica. Esalta l'emotività. I mezzi di comunicazione elettronica odierni vivono di immagini, sono fondamentali per il predominio dell'audiovisivo e per l'obsolescenza della lettura. L'autore non è un neo-luddista. Non si schiera contro l'innovazione tecnica in quanto tale. Semplicemente prende buona nota che i media non mediano, che adolescenti, giovani e giovani adulti, così appassionatamente devoti ai loro gadget elettronici, spesso non sono in grado di padroneggiare razionalmente il flusso torrentizio delle informazioni indiscriminate e di costruirsi una loro tavola delle priorità. La tentazione, per i genitori indaffarati fuori casa, per insegnanti demotivati e per chiese deserte, è forte: si tende ad affidare ai media, eticamente irresponsabili, il difficile compito della socializzazione primaria.
Nel tracciare la storia del giornalismo italiano il libro prende le mosse dalla nascita delle prime gazzette secentesche; segue le vicende della stampa registrandone il ruolo via via crescente nella società; si chiude quando il giornalismo stampato, già affiancato da quello radiofonico e televisivo, entra in un futuro contrassegnato dai nuovi media elettronici. Criterio ispiratore è quello di coniugare le vicende salienti del giornalismo con gli eventi politici, sociali ed economici più rilevanti della storia italiana nell'arco degli ultimi quattro secoli. La nuova edizione, si arricchisce di un saggio dedicato alle profonde trasformazioni del giornalismo in atto negli ultimi anni. Con un saggio di Massimiliano Panari.
Eric Schmidt, Executive Chairman ed ex CEO di Google, e Jonathan Rosenberg, già Senior VP per i Prodotti, entrarono in Google più di dieci anni fa, come manager di esperienza nel settore tecnologico. A quel tempo, la società era già nota per "fare le cose in modo diverso", riflettendo i principi visionari - e spesso in controtendenza - dei fondatori Larry Page e Sergey Brin; così non ci misero molto a capire che per avere successo avrebbero dovuto imparare da capo tutto quello che pensavano di sapere sul management e sul business. Oggi Google è un'icona globale che sposta continuamente in avanti i confini dell'innovazione in molteplici campi e "Come funziona Google" è un testo brillante e coinvolgente con le lezioni che Eric e Jonathan hanno appreso mentre contribuivano a costruire la società. Gli autori spiegano come la tecnologia ha spostato la bilancia del potere dalle imprese ai consumatori e che il solo modo per avere successo in questo ambiente in continuo mutamento è creare prodotti superiori e attirare una nuova razza di collaboratori poliedrici, i "creativi smart". Affrontando temi quali cultura aziendale, strategia, decision making, comunicazione e innovazione, essi illustrano le loro massime di gestione con numerosi aneddoti interni dalla storia di Google. Prefazione di Larry Page.