
“Io non ho mai scritto di me, ho in odio l’autobiografia ritenendola il male degli ultimi trent’anni della narrativa italiana, ma sento il bisogno di esternare alcuni ricordi della mia vita di bambino e di adolescente, che per la loro diciamo singolarità sono decisivi per dare il giusto significato alla performance, le incertezze e i fallimenti della mia vita di adulto. Giacché molte cose non tornano nella mia vita, e ciò che pare certo diventa pericolante né impedisce esiti finali indesiderati. Forse il contenuto di quei ricordi ci fornisce qualche luce di chiarimento. Dunque un piccolo breviario laico, da prendere e abbandonare all’occasione, costituito di ricordi autobiografici, giudizi e considerazioni sulla letteratura italiana da metà del secolo scorso a oggi, sulla televisione, sul cinema, sulla politica (che sono i quattro ambiti in cui mi sono impegnato nella mia lunga carriera di lavoro).” Angelo Guglielmi
“Caro Angelo, le tue pagine non hanno nulla di nostalgico (come sempre accade nei memoir), ci sei pienamente con il tuo carattere che tanto mi ti fa sentire prossimo: ironico fino alla autoironia, orgoglioso senza mai essere vanitoso, ma senza mai neppure essere remissivo. Rivendichi errori e intuizioni ‘storiche’, con pari dignità. Leggerti è una ventata di aria di mare in una stanza chiusa. Un piacere autentico.” Elisabetta Sgarbi
"Romeo e Giulietta", "Otello", i "Sonetti"... le più famose opere di Shakespeare dedicate all'amore ci emozionano oggi come quattrocento anni fa. Ogni capitolo di questo libro racconta, intrecciando aneddoti, curiosità e fatti storici, un'idea dell'amore secondo Shakespeare: l'amore a prima vista che si crede eterno, l'amore che si muta in odio e uccide, l'amore che impone di farsi raccontare in una storia che è confessione e denuncia insieme... Una casistica straordinaria, con al centro la domanda di sempre: l'amore è commedia o tragedia? Un percorso che dalla passione tra adolescenti in "Romeo e Giulietta" porta alla tragedia del razzismo e della gelosia in "Otello", fino alla sorpresa dei "Sonetti". Qui Shakespeare è il protagonista, parla in prima persona e si mette crudelmente a nudo in un diario segreto dove confessa due passioni, per un giovane biondo e una dama bruna, che si confondono in un triangolo difficile da districare.
Quale ricchezza apporta alle nostre vite e alla nostra «comune umanità» l'educarci alla lettura della poesia? Quale spazio di verità apre il testo poetico in ciascuno di noi e quale bisogno di utopia sollecita e soddisfa? E come leggere un testo poetico, entrando nella sua logica formale di «gioco normato», senza perciò perderne l'anima? Queste e altre domande costituiscono il filo conduttore del nuovo libro di Giusi Verbaro - quasi un testamento, a tre anni dalla sua scomparsa - dedicato all'esperienza della lettura poetica. Le tracce nel labirinto è un racconto della poesia, insieme suggestivo e rigoroso, rivolto a chiunque voglia avvicinarsi ad essa, e in particolare a quanti - docenti, critici, operatori culturali - siano tramite tra la poesia e il corpo sociale, tra la poesia e le giovani generazioni. Il libro nasce dalla profonda esperienza della scrittura poetica e dalla lunga militanza culturale di Giusi Verbaro, dai suoi laboratori nelle scuole e dalla sua ampia attività di comunicazione della poesia, di cui si sottolinea qui con forza la valenza sociale e la funzione integratrice. Per «educare alla poesia», il discorso è condotto in tre direttrici: una dedicata alle modalità e al senso della lettura e della «seduzione» poetica, una attenta alla tecnica del testo e ai suoi istituti ritmico-prosodici, e un'ultima alla complessa e affascinante vicenda della poesia novecentesca, di cui si delinea un quadro sintetico ed efficace, anche grazie a un prezioso repertorio di testi che compongono quasi un'antologia essenziale della poesia contemporanea. Una felice fluidità espressiva, priva delle asperità dell'approccio scientifico ma insieme rigorosamente ancorata al corpo testuale, fa di questo libro un esempio di alta divulgazione del discorso poetico e un irrinunciabile viatico all'incontro di tutti e di ciascuno con la poesia.
La leggendaria figura di Niccolò Machiavelli, - pensatore, teorico, interprete profondo e appassionato degli avvenimenti politici e statuali del suo tempo, - viene in questo libro ricollocata nella sua dimensione più umana e nel moltiplicarsi senza fine delle sue vocazioni. Ne esce un personaggio a tutto tondo, in cui corpo e cervello, intelligenza e passioni, invece di muoversi su binari paralleli e non comunicanti, convergono e continuamente si fondono fra loro. Il fascino di una ricostruzione condotta con questi criteri consente di cogliere meglio, e con maggiore concretezza, anche lo svolgimento processuale di un momento importante, anzi decisivo, della storia italiana, quello che Asor Rosa definisce la «grande catastrofe»: quando, in un breve volgere di anni (1492-1530), si sarebbero determinati e forgiati i destini della Nazione fino ai nostri giorni. «Il pensiero non è spirito, è materia, al pari del corpo: ed esattamente come il corpo funziona e agisce... Non esiste nella storia operazione più esemplare di quella che Niccolò Machiavelli ha perseguito e realizzato nel senso che ho cercato testé di descrivere. Non esiste: per questo siamo così pieni di ammirazione e d'invidia. Invece di separare e magari di contrapporre le due cose, le ha fuse. Di conseguenza: quando si giudica il suo pensiero, si chiama in causa il suo corpo. Quando si chiama in causa il suo corpo, la sua materialità, - anche quella apparentemente più episodica e transeunte, - se ne ricava l'impressione e la persuasione di un poderoso organismo pensante, che abbraccia tutto senza sforzo (senza sforzo? Sí, è questa l'impressione che se ne ricava) e diventa una cosa sola con il testo o l'episodio storico che sta narrando e descrivendo. Frutto anche questo, oltre che del genio machiavelliano, di quel complesso di ragioni e di forze, che siamo soliti considerare tipiche del cosiddetto grande "Rinascimento italiano"? Sì, non c'è dubbio: ma questo non fa che aumentare l'impressione di globalità che l'esperimento machiavelliano esprime e contiene».
Alla riscoperta di Pirandello al di là degli schemi, delle forzature, dei pregiudizi di tanta critica letteraria, Fighera demolisce lo stereotipo a cui vennero ridotti il suo pensiero e la sua opera e contro cui si scagliò lo stesso Pirandello nell’articolo «Abbasso al pirandellismo!», andando incontro al drammaturgo proprio a partire dalla sua vita privata, dalle numerose lettere (alla famiglia, alla moglie Antonietta Portulano, all’attrice Marta Abba, ai figli, in particolare a Lietta) e dalle ultime testimonianze del nipote Pierluigi. Risponde poi a diverse domande e curiosità: tra le altre, che fine hanno fatto davvero le sue ceneri dopo il funerale? Ma anche: perché gli è stato attribuito il Premio Nobel? Quale discorso pronunciò alla cerimonia? Che rapporto aveva con il più celebrato scrittore della sua epoca, ovvero D’Annunzio? Sotto esame è l’intera produzione di Pirandello, il cui leit motiv è la ricerca dell’autenticità dell’io e della verità: che cosa può davvero riaccendere l’uomo, far sì che l’io viva pienamente e non semplicemente esista «come i molluschi, le farfalle, i ragni»? Esistono delle verità nell’àmbito religioso, politico e artistico? In queste pagine alcune risposte che compaiono nella vastissima produzione pirandelliana.
Quando Leopardi scrive "L'Infinito" ha vent'anni. È un giovane curioso, coltissimo, cresciuto in un mondo di vecchi, in ascolto dell'altro mondo là fuori che pullula di possibilità e tensioni. Un giovane naturalmente aperto ad altre culture e altre lingue, pronto a rinunciare alle consolazioni del cattolicesimo che dà troppe risposte per aprirsi alla sfida delle domande. Un giovane che si è educato da sé pescando nel repertorio caotico e pulsante dell'antichità, che si avvicina agli slanci della nuova politica cercandovi soprattutto una possibilità di amicizia e condivisione. Ma anche nelle ideologie scoprirà ben presto solo poveri tentativi consolatori. E dunque che cosa rimane al giovanissimo Leopardi già deluso dal mondo? La ricchezza di un'immaginazione che gli mostra mondi, là dove la realtà glieli nega o li chiude. Questo piccolo libro incornicia la nascita di una delle poesie italiane più celebri. È un'esortazione a non capire Leopardi, a lasciarlo vivere e parlare, mettendosi in ascolto "del suo sapere reale, sorgivo, che viene al mondo". È un viatico prezioso per ogni giovane lettore e un invito alla rilettura per i lettori più maturi.
«Verga - scrive Gioanola - era stato per me la scoperta, davvero emozionante, della bellezza della letteratura: avevo diciotto anni e mi stavo preparando per l’esame di maturità, seduto sul sentiero della vigna di mio padre, e I malavoglia che mi accingevo svogliatamente a leggere, mi si rivelarono, di colpo, un’autentica meraviglia. In tutti gli anni del liceo, purtroppo, avevo accantonato ogni interesse per le cose letterarie, a causa del pessimo insegnamento della materia. Ritornando, dopo più di sessant’anni, sull’opera dal Verga, in tutta la sua completezza, mi sono accorto che l’autore ha vissuto una stagione creativa molto breve, pochi anni nella sua lunga attività letteraria, al centro dei quali brilla la stella purissima del grande romanzo, accompagnata da sette o otto novelle di altissimo valore poetico. Dopo c’è immediatamente la caduta dei racconti di Per le vie e quindi la ripresa faticosa, allontanata a motivo del successo teatrale di Cavalleria rusticana, del Mastro-don Gesualdo». Il libro, come accenna il titolo, è puntato essenzialmente sulle cose di assoluto rilievo, tutte racchiuse nel tempo brevissimo che va dal ritorno a Catania e la morte della madre alla decisione di risiedere a Milano, prima del lungo rifugio in patria. Quella morte decise l’autore a fare della Sicilia il solo vero epicentro della sua creatività, come se il lutto avesse acceso e spento insieme il suo talento.
Cinque saggi brevi e compatti, che individuano alcuni concetti fondamentali della modernità, per riflettere criticamente sullo sviluppo planetario dell'egemonia culturale americana, accostando Whitman a Baudelaire, il western al film noir, Hemingway a Joyce, Miller a Brecht, oppure Vermeer a Hopper e Rembrandt a Warhol. Riflessioni critiche e puntuali analisi stilistiche evidenziano dissonanze, antitesi e conflitti, e compongono una sorta di breviario di educazione estetica, utile a illustrare le diverse realtà culturali e le metamorfosi delle forme artistiche all'interno di distinti contesti sociali, tra Vecchio e Nuovo mondo. Con una missione: risvegliare in ogni lettore il «senso di meraviglia per quel che la letteratura sa fare», dimostrando soprattutto che «vale la pena studiare la letteratura, e non solo leggerla per piacere».
Il volume raccoglie una serie di conversazioni con voci prestigiose della cultura contemporanea che rileggono le passioni letterarie del Cardinale. «[...] alle mie Avventure, specchio luminoso delle esigenze più profonde dell'umanità, si affiancano gli Inni di sant'Ambrogio, espressione più alta di una fede che diviene canto del Mistero, e ancora: Dante con la sua opera divina e immortale, la genuina schiettezza di Giovannino Guareschi, Riccardo Bacchelli con la sua umanissima pietas, la paradossale arguzia di Gilbert Keith Chesterton e l'atmosfera hobbit della Terra di Mezzo di John Ronald Reuel Tolkien, per arrivare infine alle singolari e drammatiche profezie di Vladimir Sergeevic Solov'ëv. E non finisce qui: c'è anche una gustosa conversazione con Giacomo Poretti sul proverbiale umorismo del Cardinale» (dalla Presentazione di Pinocchio). Conversazioni con: F. Nembrini, I. Biffi, A. Ghisalberti, A. Guareschi, M. Vitale, G. Spirito, P. Gulisano, V. Possenti, Giacomo Poretti. Postfazione di Matteo Maria Zuppi.
Il romanzo in Italia racconta la storia della forma principe della modernità letteraria, affrontando i temi e le questioni che ne hanno accompagnato, in particolare negli ultimi due secoli, l’affermazione nel nostro paese. Prerogativa dell’opera è ragionare non sul “romanzo italiano”, ma sul “romanzo in Italia”, ovvero sulla declinazione di una grande forma internazionale all'interno di una singola cultura. Oltre a ripercorrere la nostra specifica storia letteraria nella sua varietà e complessità, si riflette anche sulle traduzioni e sull'influenza delle letterature straniere, e, ancora, sulla confluenza e ibridazione tra romanzo, teatro, fumetto e arti audiovisive.
Il volume affronta le principali questioni della storia del romanzo nella nostra letteratura. Tecniche della rappresentazione, poetiche, vicissitudini linguistiche, logiche dello spazio: aspetti morfologici che si affiancano a problemi storiografici, quali l’inizio del romanzo italiano e il suo rapporto con la tradizione medievale e quella cavalleresca. Ampio spazio è dedicato inoltre al fondamento materiale della forma romanzesca, dal rapporto con la cultura popolare all'incidenza delle pratiche editoriali.
Il romanzo in Italia racconta la storia della forma principe della modernità letteraria, affrontando i temi e le questioni che ne hanno accompagnato, in particolare negli ultimi due secoli, l’affermazione nel nostro paese. Prerogativa dell’opera è ragionare non sul “romanzo italiano”, ma sul “romanzo in Italia”, ovvero sulla declinazione di una grande forma internazionale all'interno di una singola cultura. Oltre a ripercorrere la nostra specifica storia letteraria nella sua varietà e complessità, si riflette anche sulle traduzioni e sull'influenza delle letterature straniere, e, ancora, sulla confluenza e ibridazione tra romanzo, teatro, fumetto e arti audiovisive.
Nel corso dell’Ottocento si ha il definitivo affermarsi del romanzo in Italia e la sua piena diffusione. Il volume, arricchito da decine di schede di romanzi, racconta il percorso che va dal capolavoro foscoliano e I promessi sposi alle prime prove di Svevo e Pirandello. Una ricchezza e una varietà di soluzioni espressive che mostrano la versatilità della forma, adattabile al racconto dell’interiorità quanto alle ampie narrazioni della vita pubblica.
Il romanzo in Italia racconta la storia della forma principe della modernità letteraria, affrontando i temi e le questioni che ne hanno accompagnato, in particolare negli ultimi due secoli, l’affermazione nel nostro paese. Prerogativa dell’opera è ragionare non sul “romanzo italiano”, ma sul “romanzo in Italia”, ovvero sulla declinazione di una grande forma internazionale all'interno di una singola cultura. Oltre a ripercorrere la nostra specifica storia letteraria nella sua varietà e complessità, si riflette anche sulle traduzioni e sull'influenza delle letterature straniere, e, ancora, sulla confluenza e ibridazione tra romanzo, teatro, fumetto e arti audiovisive.
Il primo Novecento è, anche per il romanzo italiano, tempo di edificare e di sperimentare: da Pirandello a Svevo, dalle avanguardie alle prime prove di Gadda, da Tozzi a Moravia si fa forte il bisogno di aggiornare le tecniche della rappresentazione e di restituire, nelle forme di una letteratura più permeabile alle scienze, le contraddizioni e le nuove domande della modernità. Il volume, corredato di decine di schede di romanzi, racconta questo processo, fino all'indomani della Seconda guerra mondiale.