
La storia della danzatrice che sale al soglio imperiale ha stimolato, nei secoli, la fantasia del popolo e ha consegnato Teodora di Bisanzio a una dubbia immortalità. Una vita sospesa tra diceria e leggenda, basata soprattutto sul libello di Procopio contro la famiglia imperiale, che non rende giustizia alla complessità di questa protagonista del mondo tardoantico. Pubblicata nel 1904, la biografia di Charles Diehl racconta una Teodora diversa. Autocrate e mistica, astuta seduttrice e paladina della religione, solidale con le altre donne e pronta all'intrigo, la sposa di Giustiniano ebbe un ruolo decisivo nella politica dell'Impero Romano d'Oriente. Dall'intreccio delle fonti, bilanciando aneddoto e rigorosa ricostruzione sociale, emerge una donna misteriosa, "strano miscuglio di bene e di male", che dopo aver segnato la sua epoca continua a esercitare il suo fascino ambiguo.
Milano dal 1950 ai nostri giorni attraverso l'urbanistica, il design, la moda, il cinema, la famiglia, l'immigrazione vecchia e nuova, la televisione, il calcio. Negli ultimi cinquant'anni, Milano ha cambiato pelle più volte. Negli anni del boom economico è stata la "capitale del miracolo": centinaia di migliaia d'immigrati vi sono approdati dal resto d'Italia trasformandola nella capitale industriale e finanziaria del paese, insediandosi in un'immensa periferia che non solo è stata per anni, col suo grigiore, l'immagine stessa della città ma è diventata "la città". Poi il Sessantotto e gli anni di piombo. Improvvisamente com'era scoppiato, il boom ha avuto termine e Milano ha attraversato anni di feroce deindustrializzazione: una dopo l'altra, hanno chiuso la Breda, la Falck, l'Alfa Romeo, l'Innocenti, la Pirelli. Al governo della città fin dal dopoguerra, i socialisti la pilotano verso quella "Milano da bere" che è sfociata in Tangentopoli e Mani pulite. Milano capitale della Resistenza, epicentro del rinnovamento culturale, sede della prima televisione e dell'impero di Berlusconi. Milano dove si coagula in partito la Lega e dove nasce Forza Italia. Questo libro è un tentativo di capire la storia di questi processi. Ma non è un libro di storia tradizionale. Prende in esame alcuni quartieri, luoghi, spazi, eventi, film, programmi televisivi, strade, immigrati, oggetti del design. Questi micromomenti e microentità servono a spiegare i macrocambiamenti. Con una nuova prefazione dell'autore.
L'autobiografia di uno dei più noti, e certamente il più singolare, fra gli intellettuali italiani e, insieme, l'attraversamento di settant'anni di vita del nostro Paese nei suoi mutamenti antropologici, sociologici, sociali, culturali più che politici, e di un quarantennio di giornalismo. Ma anche un racconto personale, di amori, di passioni, di amicizie, di tradimenti, di illusioni e disillusioni, esperienze che sono di tutti in cui il lettore potrà facilmente riconoscersi. Un libro crudo, com'è nello stile dell'autore, dall'andamento narrativo giocato sulla memoria, a volte celiniano o proustiano, senza autoindulgenze ma nemmeno indulgenze verso i personaggi, noti o meno noti, che Fini ha incontrato nella sua vita, eppure venato, oltre che da una nostalgia quasi feroce per il Tempo Perduto, da tenerezza e pietas per quell'animale tragico che è l'essere umano.
Fahim, 11 anni, racconta la sua storia, un'autentica favola moderna: immigrato clandestino dal Bangladesh in Francia insieme al padre Nura, Fahim si riscatterà dalla condizione di sans papiers grazie al suo innato e straordinario talento, non prima di aver affrontato difficoltà e patimenti. Una storia bella e commovente di emigrazione e redenzione, coraggio e fede, che tocca i temi universali dell'amicizia, dello spaesamento, della lotta per la vita, della ricerca dell'identità, ma che incrocia anche l'attualità più stringente: le condizioni di vita degli immigrati, la clandestinità, le politiche di integrazione. Dal libro verrà tratto un film che vedrà Daniel Auteuil come regista e nel ruolo di Xavier Parmentier, maestro di scacchi di Fahim.
Bernard Maris è una delle vittime dell'attacco terroristico alla redazione di "Charlie Hebdo" del 7 gennaio 2015. "Houellebecq economista" è il suo ultimo libro, un omaggio a Houellebecq e alla sua analisi del mondo. Per capire a fondo l'essenza di un'economia basata sul libero mercato non c'è niente di meglio che leggere "Estensione del dominio della lotta" di Michel Houellebecq. Dalla devastazione post-capitalistica di "La possibilità di un'isola" alla lucida analisi della divisione del lavoro in "La carta e il territorio", dalla questione sull'utile e l'inutile in "Piattaforma" all'orrore per il liberalismo economico nelle sue poesie, nessun altro scrittore contemporaneo ha mostrato una pari capacità di comprensione di un mondo così impregnato di economia. Questo libro non vuol fare a Houellebecq il torto di definirlo un economista, ma rendere omaggio alla sua acutezza visionaria.
"Confidarsi in pubblico è come perdere l'anima. Qualcosa bisogna pur tenere per sé" ha detto Wislawa Szymborska. E ha detto anche: "Cerco di non pensare troppo a me, e non lo dico per smanceria o per ingraziarmi il lettore. È la verità: non sono al centro dei miei interessi". Scavare nella vita di chi tanto detestava mettersi pubblicamente a nudo e ha fatto della riservatezza la propria insegna potrebbe dunque sembrare un'indebita intromissione. Peggio: un tradimento. Anna Bikont e Joanna Szczesna sono riuscite a evitare questo scoglio. "Cianfrusaglie del passato" (espressione tratta dalla poesia "Scrivere il curriculum") è una biografia non solo rigorosa e documentata, frutto di ricerche e di conversazioni con la Szymborska stessa e con quanti l'hanno frequentata, ma soprattutto discreta. Giacché a risuonare, in ogni pagina, non è la loro voce, ma quella, irresistibilmente ironica, di una donna che - ha scritto Adam Zagajewski - "sembrava appena uscita da uno dei salotti parigini del Settecento". Scopriremo così il suo ambiente familiare, le letture, i giochi dell'infanzia, la vita nel "kolchoz dei letterati" di Cracovia e la giovanile adesione all'idea comunista, la rapida disillusione, e poi la simpatia per Solidarnosc negli anni Ottanta, infine lo spartiacque del Nobel. E scopriremo, alla fine, la sua gravità, la sua profondità, puntigliosamente celate dietro lo schermo della leggerezza giocosa e della impenetrabile discrezione.
"L'ultima immagine che conservo di Giuseppe De Carli è del marzo 2010. Vulcanico, entusiasta come sempre, una raffica di idee. Non riusciva a stare fermo un attimo su quella poltrona. Ci aveva convocato nel suo studio di Borgo Sant'Angelo, voleva coinvolgere i colleghi del Tg2 nel progetto di uno speciale su Papa Wojtyla che fu trasmesso poi il 18 maggio 2010. Fu l'ultima sua produzione, morì due mesi dopo. Era già malato, un segreto che per pudore conservava per sé. Anche noi ignoravamo la gravità del male, e nulla nei suoi modi e nel suo volto lo faceva presagire. Lo intricava come tutte le cose nuove e un po' audaci l'idea di ollaborare con giornalisti di una testata diversa e storicamente 'competitiva' rispetto al suo Tg1, in cui aveva profuso tante energie prima di impegnarsi come responsabile della struttura Rai Vaticano. Collaborazione inedita, già sperimentata giusto un anno prima, in occasione del viaggio di Benedetto XVI in Terra Santa (maggio 2009). Indimenticabile la telecronaca che facemmo insieme della preghiera del Papa sul Monte Nebo in Giordania. E la Messa a Nazareth, sul Monte del precipizio, sveglia alle tre e mezza della notte. Lui felice come un bambino, mai un lamento per i disagi (...). E poi il commento in diretta dell'evento, la solita professionalità, pagine e pagine di appunti preparati con pignoleria su ogni aspetto storico e liturgico della Messa in Galilea."
"Tempo fa feci una promessa a Emilio Riva, dare voce al suo silenzio. Ma non ho fatto in tempo a mantenerla, è morto prima che potessi leggergli questo libro." Giovanna du Lac Capet è stata accanto a Emilio Riva, proprietario dell'ILVA, azienda siderurgica che comprende le acciaierie di Taranto, per più di quarant'anni. E per più di quarant'anni ha avuto la consapevolezza di vivere con un uomo tutto d'un pezzo, una persona a cui la vita non ha fatto sconti, e che doveva unicamente a se stessa, al proprio rigore e alla dedizione al lavoro l'"impero" che porta il suo nome. Nato a Milano da una famiglia non agiata. Inizia un'attività di compravendita di rottami e nel 1954 apre il suo primo stabilimento a Caronno Pertusella. Da quel momento, la sua attività conosce una continua espansione, con stabilimenti in Italia e all'estero. Incontra Giovanna in Eritrea, dove lei è cresciuta: quando l'opera di modernizzazione dell'Etiopia prevede che si avvii anche un imponente progetto siderurgico, Hailé Selassié sceglie di rivolgersi proprio a Emilio Riva, che per l'occasione si reca in Africa. Quello che leggiamo è il racconto di una donna innamorata e fiera del proprio compagno, ma anche di una persona che, a un certo punto della propria esistenza, è costretta a porsi una serie di difficili domande, tutte tese a tentare di dare una risposta all'unico vero dubbio: ha passato la sua vita accanto a un mostro da sbattere in prima pagina? Prefazione di Vittorio Feltri.
Fu uno dei sacerdoti più amati e seguiti dai giovani. Con il suo carisma affascinò credenti e laici, lasciando un'impronta indelebile e originale nella Chiesa e nella società del suo tempo. A dieci anni dalla scomparsa, Renato Farina, che lo frequentò fin da liceale e realizzò con lui numerose interviste lungo tre decenni, ne ricostruisce la straordinaria parabola esistenziale.
Una delle più amate protagoniste della lirica internazionale si racconta a cuore aperto, fra sorrisi, lacrime e abbondanti spruzzate di genuina autoironia. Katia Ricciarelli ha scelto dieci memorabili figure femminili dell'opera lirica per ripercorrere la sua straordinaria parabola esistenziale, gli amori appassionati, la sfolgorante carriera. In questa vita, che sembra un melodramma, ci sono il ricordo di una famiglia poverissima e di un padre che l'abbandona appena nata, le difficoltà degli inizi e la passione per il canto che giustifica qualunque sacrificio per pagarsi il conservatorio. E poi i teatri e i registi, i direttori d'orchestra e i corteggiatori famosi, ma anche i desideri normali di una donna, che oggi si prodiga per trasmettere alle giovani generazioni la cultura del bel canto. Se la lirica è il "demone" che l'ha condotta a calcare i palcoscenici di tutto il mondo, l'ostinata fiducia nel domani e in Dio è stata l'"angelo custode" nei momenti difficili. Nel racconto - che intreccia vicende personali alle avventure delle grandi interpretazioni di Traviata, Tosca, Desdemona, Mimì e molte altre - la cantante parla della sua vita di ieri e di oggi, e si rivolge non solo alle donne, ma a tutte quelle persone che, nella fatica del quotidiano, cercano quella serenità che, come lei stessa scrive, "ti permette di trascorrere le giornate con il 'sole nel cuore'".
In soli ventinove anni di vita, prima di essere inghiottita come Anna Frank dal buio del lager, Etty Hillesum (1914-1943) ci ha lasciato un eccezionale tesoro di pensiero sulla vita offesa, su Dio, sul male e sulla bellezza, sulla speranza che non si rassegna.
Emanuela Miconi, germanista di formazione, rilegge Etty da una prospettiva inedita, sottolineando per esempio i fili che la legano al grande poeta Rainer Maria Rilke, in tre capitoli appassionanti e rivelativi: «Un'anima di fuoco e di cristallo», «I costruttori di Dio», «Sulla soglia: le lettere da Westerbork».
Racconto della sua vita breve ma intensissima, e del suo pensiero folgorante, il libro è una chiave che ci apre i segreti di Etty, quasi inesauribile fonte di illuminazioni e di interrogativi sul Novecento degli orrori e sul nostro presente.
"Le Beau Chàteau" è la villa più costosa di tutto il Connecticut. Nove camere da letto, undici caminetti, un ascensore e persino un locale dove asciugare i tendaggi, per un totale di 1300 metri quadrati. A cui si aggiungono 21 ettari di bosco, con tanto di cervi, tacchini selvatici e fiume privato con cascata. Valore: 24 milioni di dollari. Questo paradiso terrestre, però, ha altre due caratteristiche ancora più eccezionali: è disabitato dal 1951 ed è solo una delle numerose dimore di lusso che la proprietaria, Huguette Clark -possiede in giro per gli Stati Uniti. Il giornalista Premio Pulitzer Bill Dedman non può di certo permettersi una casa del genere. Se ha risposto all'annuncio è stato per pura curiosità. Ma quando, dopo aver parlato con il custode del "Beau Chàteau, scopre che Huguette Clark ha quadri di Renoir appesi in salotto, Stradivari originali, e ancora una casa per le vacanze a Santa Barbara a picco sull'oceano Pacifico e ben tre appartamenti al 907 della Quinta Strada di New York ("l'indirizzo più esclusivo nella città più cara d'America"), non può fare a meno di scavare più a fondo in quel mistero. Chi è quella donna che possiede dimore la cui superficie complessiva equivale a quella della Casa Bianca? Come può permettersi di sprecare tanto denaro lasciandole sfitte? È vero, come dicono certe voci, che sia morta a 104 anni, dopo aver trascorso gli ultimi venti in un ospedale, nonostante le sue buone condizioni di salute?