
"La città di Dapur, protetta da una doppia muraglia in cima a una collina, appare inespugnabile. Ma né frecce né macigni, che gli ittiti scagliano dall'alto, possono fermare l'assalto degli egiziani guidati dal loro faraone. Senza nessuna protezione, armato solo del suo coraggio, è Ramses a portare i suoi soldati alla vittoria". Ramses sapeva cosa fa di un faraone un grande faraone. Sapeva che doveva essere un guerriero indomito, un sontuoso costruttore, un padre prolifico, e una divinità in terra. Solo così il suo nome sarebbe stato conosciuto, rispettato e temuto in tutto il mondo antico e per i secoli a venire. Ramses ha fatto tutto questo. Ha condotto battaglie vittoriose e disseminato l'Egitto di monumenti e statue celebrative. Si è trasformato in un modello per i suoi successori, molti dei quali hanno adottato il suo nome per vantare una seppur inesistente discendenza. Ha fatto di sé stesso l'archetipo del faraone. Discernendo tra mito e verità e raccogliendo nuove prove archeologiche, l'egittologa Joyce Tyldesley ricostruisce la vita e i tempi di Ramses II, dagli sfarzi delle corti ai rapporti con i popoli confinanti, alla costruzione della propria leggenda.
Per un quarto di secolo (1929-1953) Iosif Stalin è stato il padrone assoluto dell'Unione Sovietica. Dall'ufficio al Cremlino, o dalle dacie fuori Mosca dove spesso risiedeva, il dittatore gestiva con pugno di ferro ogni aspetto della vita sociale, sulla base di un'interpretazione estremistica e ultrasemplificata del marxismo. Ossessionato dall'idea di "nemici interni" pronti a tradirlo, Stalin instaurò un regime di terrore che non permise mai a nessuno dei suoi sudditi di sentirsi al sicuro. Si calcola che ben 60 milioni di persone incolpevoli abbiano subito i tragici effetti della discriminazione e repressione, fino alla pena capitale. Eppure, oggi in Russia sembra rifiorire il mito di Stalin quale figura storicamente "necessaria", che ha avuto quantomeno il merito di trasformare un paese arretrato in una superpotenza industriale in grado di affrontare e sconfiggere Hitler. Oleg Chlevnjuk, considerato il maggior esperto mondiale di Stalin e del suo tempo, si oppone a tale tendenza "giustificazionista" sfatando vari miti sul despota sovietico, da quelli celebrativi che lo dipingono come "amministratore eccelso", "stratega militare lungimirante", "vittima di ambiziosi e avidi collaboratori" agli altri, opposti, che lo vorrebbero "traditore del lascito di Lenin", o addirittura, e unicamente, "belva assetata di sangue" e "criminale sadico e paranoico".
Per i detrattori è "Elisabetta la Lunga", la sovrana senza qualità particolari, dotata della sola virtù della longevità. Per la grande maggioranza degli inglesi, e anche per qualche convinto repubblicano, è l'amato e indiscusso simbolo della nazione e della grandezza del Paese. Per i media è un'icona mondiale. Chi è dunque, e chi è stata, nei novant'anni della sua vita, Elizabeth Alexandra Mary Windsor? Per rispondere a questa curiosità Antonio Caprarica, che ha avuto più occasioni d'incontrarla, ne ha esplorato la storia a partire dalla nascita nella casa londinese di Bruton Street, il 21 aprile 1926, e dall'infanzia trascorsa a Buckingham Palace insieme ai nonni, dai quali ha ereditato la parsimonia fino alla tirchieria e il maniacale rispetto della forma e dei ranghi che ancora oggi le vengono rimproverati. Ha seguito Elisabetta nei viaggi giovanili con Filippo e nelle stanze dove, ad appena ventisei anni, ha imparato l'arte di regnare. L'ha osservata nelle occasioni ufficiali e nelle crisi famigliari ricostruite attraverso le indiscrezioni di corte... Una biografia che ripercorre le cadute e i trionfi di oltre sessant'anni di regno, indaga sulla magia che circonda la monarchia britannica e narra, al tempo stesso, una favola d'altri tempi.
Annibale, come Alessandro Magno e Napoleone, è tra i pochi comandanti che hanno allargato il concetto di civiltà. Baker, oltre a raccontare la vita e le battaglie di uno dei più straordinari condottieri della storia, colloca la sua figura nel contesto socioeconomico del periodo, restituendo a Cartagine il suo ruolo mercantile e il suo interesse primario nei commerci del Mediterraneo, non nell'arte della guerra. Figlio di Amilcare Barca, che gli fece giurare in tenera età odio eterno nei confronti dei Romani, e cresciuto in Spagna, da dove partì per la conquista della penisola italica e di Roma, Annibale era un cosmopolita, cittadino della grande civiltà mediterranea, che vedeva rigorosamente identica nella sua essenza, nonostante le varietà e le differenze locali. Il suo genio di stratega e lo spirito dei suoi discorsi infiammarono l'animo delle sue turbolente truppe mercenarie, che tanto avevano fatto penare Amilcare alla fine della Prima guerra punica, e suscitarono vivo terrore e ammirazione nei suoi avversari, tra cui il celebre Scipione "l'Africano" che, secondo Baker, fu una vera e propria "creazione diretta, per quanto involontaria" del cartaginese. Il racconto della straordinaria vita di Annibale è nel contempo la narrazione della lotta epica tra Roma e Cartagine, una vera battaglia disperata, piena di casi imprevedibili e di ingannevoli capovolgimenti di fortuna; un duello terribile che contrapponeva due avversari risoluti e determinati, e che non poteva finire se non con la distruzione.
Quest'opera di Bruner è qualcosa di più di un'autobiografia. Alla ricerca della mente va infatti letto come un cammino intellettuale lungo il quale è possibile rintracciare la storia stessa della psicologia di questi ultimi cinquanta anni: gli incontri, in veste di studente prima e di collega poi, coi più celebrati maestri, i congressi internazionali che hanno segnato delle svolte, incrinato miti o aperto nuove prospettive e il costante obbiettivo di dare al proprio impegno il senso di un contributo che superasse i confini della fredda indagine scientifica per tradursi in conquista umana e sociale.
Maestro di spiritualità per la beat generation, osannato da Evola e pubblicato da Pavese. La vita di Mircea Eliade (Bucarest, 1907 - Chicago, 1986), che ha conosciuto fortune e destini imprevisti e mai convenzionali, è qui raccontata nella più aggiornata biografia italiana: i viaggi giovanili in Italia e il rapporto precoce con la cultura del nostro Paese, la lunga permanenza in India e lo studio della religiosità indù, i numerosi legami intellettuali e di amicizia con i maggiori protagonisti del Novecento come Jung, Pettazzoni, Dumézil, Ortega y Gasset, Schmitt e Scholem, l'adesione alla Guardia di Ferro rumena e le relazioni intessute con i suoi principali ideologi e sostenitori (Codreanu, lonescu, Cioran, ecc.), il lavoro diplomatico svolto in Portogallo e, infine, la consacrazione del periodo francese e la lunga docenza all'Università di Chicago.
Fin da piccolo, Peter Gabriel si è mostrato aperto a tutte le meraviglie della natura, dell'arte e della tecnologia. Dei Genesis ha rappresentato l'anima più curiosa e pronta a sfidare l'ignoto oltre che, ovviamente, l'immagine da palco, l'autore di molti testi e lo splendido cantante. La sua carriera solista è partita in sordina ma ha avuto uno spettacolare boom creativo nel biennio 1980/82. L'enorme successo di Solo ha reso una delle più grandi rockstar del pianeta. Le maschere, i videoclip, la world music, le colonne sonore. Gli amori, l'impegno civile, la tecnologia. E ancora: la rockstar, il guru, lo strenuo difensore dei diritti umani, il genio della multimedialità, il libero pensatore, il visionario... Quanti Peter Gabriel ci sono? Aspettando un nuovo album di canzoni che si fa attendere, ormai, da 14 anni, questo libro prova a individuarli tutti.
Quando hai dodici anni, il tuo sembra un mondo perfetto. Ma quando quello stesso mondo condanna tuo padre a morte, obbliga i parenti più stretti a scappare e ti allontana dalla tua famiglia, tutto si infrange. È ciò che è successo a Gulwali, ragazzino afgano che ha provato sulla propria pelle che cos'è la guerra. Testimone del conflitto tra talebani e americani, dopo l'uccisione del padre Gulwali è costretto, insieme con il fratello Hazrat, a scegliere se arruolarsi tra le file dei combattenti religiosi come bambino-kamikaze o essere usato come spia dai soldati a stelle e strisce. Non c'è via d'uscita, non in Afghanistan. Per questo sua madre, decisa a salvare i propri figli a tutti i costi, obbliga Gulwali e Hazrat a lasciare il Paese, senza la certezza che arriveranno sani e salvi in Europa o che rimarranno insieme. Quando i ragazzini vengono separati, la loro sorte è sempre più a rischio e Gulwali, ormai solo, si ritrova dodicenne ad attraversare otto Stati, dalle montagne dell'Afghanistan all'Iran, dalla Grecia all'Italia. Sul suo cammino conoscerà la crudeltà umana e la solidarietà, la brutalità e la fame, fino al terrore delle acque imperscrutabili del mar Mediterraneo. Lottando contro ogni avversità, Gulwali riuscirà ad arrivare in Inghilterra e a ricominciare a vivere. Il viaggio straordinario di un bambino che, aggrappandosi solo alla speranza di una vita migliore, ha sfidato la morte.
Uno dei motivi dominanti della moderna storia della scienza consiste nel tentar di chiarire gli elementi di continuità che legano fra loro le varie epoche del pensiero scientifico. È altrettanto vero che esistono personalità eccezionali, capaci di dominare con la loro intelligenza e il loro talento intere epoche. Ma queste personalità non nascono dal nulla. Ricostruire la formazione di un genio significa spesso abbassare il piedistallo su cui lo hanno collocato le generazioni successive e render giustizia a numerose figure minori che hanno contribuito al progresso della scienza. Quello degli ingegneri del Rinascimento è un mondo affascinante e ricchissimo in cui, se da un lato si raccolgono certe eredità del mondo antico e medievale, dall'altro si vengono organizzando e consolidando certe nozioni di statica e dinamica che contribuiranno al sorgere della scienza moderna. Nei taccuini di Leonardo abbiamo un quadro vivo di un'epoca in cui, nel lavoro degli ingegneri, comincia a infiltrarsi una preoccupazione nuova: quella di una base scientifica su cui costruire. Le prodigiose "macchine di Leonardo", che hanno meravigliato e stupito generazioni, hanno spesso antecedenti precisi, individuabili nelle scoperte di Kyeser, Villard de Honnecourt, Guido da Vigevano, Taccola, Valturio, Francesco di Giorgio Martini.
La notte del 24 marzo 1945, la contessa Margit Batthyamy-Thyssen e il marito, ricchi eredi di una tra le dinastie più in vista della Germania nazista, danno una festa principesca per le SS del distaccamento locale nel loro castello di Rechnitz, al confine tra Austria e Ungheria. Intorno alla mezzanotte, la furia dei nazisti - e forse di tutti gli ospiti - si abbatte su un gruppo di ebrei ungheresi rinchiusi vicino alla proprietà in attesa di essere deportati. Vengono uccisi in centottanta, dopo aver scavato lo propria fossa, mentre al castello il ricevimento continua, si balla e ci si ubriaca. Ma uno dei peggiori crimini nazisti della fine della Seconda guerra mondiale è per l'autore una questione personale: la "padrona di casa dell'inferno" è Margit, una zia di cui in famiglia non si parla mai. Era presente all'eccidio? Vi ha partecipato? Che cosa è veramente accaduto quella notte? Per rispondere a queste domande Sacha Batthyany, guidato dal diario della nonna che a sua volta nasconde un segreto inconfessabile, intraprende un viaggio alla ricerca della verità, dalla Svizzera in cui è cresciuto all'Ungheria delle origini della sua famiglia, dall'Austria del dopoguerra alla Siberia dei Gulag, fino a Buenos Aires, nel salotto di una sopravvissuta di Auschwitz, dove scopre il segreto che cambierà lo sua vita e il suo destino. "È il patto segreto di noi discendenti, nipoti dei carnefici o delle vittime. Tutti noi andiamo a prenderci qualcosa, un pezzo di esistenza."
Da uno dei massimi esperti in Italia di storia americana un libro controcorrente su Barack Obama, il "grande presidente" che ha rinnovato la politica estera degli Stati Uniti e ha affrontato le diseguaglianze tra ricchi e poveri. Mentre Obama si appresta a lasciare la Casa Bianca, Massimo Teodori traccia un primo bilancio del suo operato, rispondendo ad alcuni interrogativi: ha portato l'America alla decadenza o ha rinnovato il Paese più ricco e potente del mondo? Ha combattuto il terrorismo o ha favorito, con l'isolazionismo, l'avanzata dell'Isis? Ha affrontato il razzismo o non è riuscito a ridurre le tensioni che agitano la società americana? È stato dalla parte dei ricchi di Wall Street o del ceto medio di Main Street? In breve: la sua presidenza è stata un successo o un fallimento? La seconda parte del volume contiene una guida per tutti coloro che vogliono comprendere la macchina della democrazia statunitense e farsi un'idea di come si svolgeranno le presidenziali del 2016, dalle primarie alle convenzioni nazionali, fino all'elezione popolare dell'8 novembre.
Nel marzo del 1972, un pomeriggio di sabato, Giuseppe Tavecchio, milanese, sessant'anni, pensionato, se ne esce a fare una commissione. A Milano è una giornata di scontri violentissimi tra i manifestanti dell'ultrasinistra e la polizia, con disordini che si protraggono per ore e devastazioni diffuse, incluso l'incendio di alcuni locali della sede del "Corriere della Sera" in via Solferino. Tavecchio passa dal centro durante una pausa dei tumulti; quando, alle cinque e dieci, insieme ad altri pedoni attraversa piazza della Scala, pare un momento di calma. Se non fosse che all'improvviso, senza alcuna ragione comprensibile, da una camionetta della polizia partono alcuni lacrimogeni verso quel gruppetto di persone inermi. Un candelotto, sparato ad altezza d'uomo, raggiunge al collo Tavecchio, che morirà tre giorni dopo senza aver ripreso conoscenza. È una vicenda tragica, che tutti dovremmo conoscere e ricordare. E invece no; perché uno che muore in questo modo non trova nessuno che abbia interesse a perpetuarne la memoria: ovviamente non lo Stato, che, per averne causato la morte, vuole soprattutto farlo dimenticare; non la politica, perché - se i militanti caduti negli scontri si onorano continuamente nel ricordo - sui passanti ammazzati per sbaglio, inutili alla causa, si sorvola con elegante indifferenza; e non i media, visto che un morto così fa ben poca notizia. Sicché ancora oggi il nome di Tavecchio è pressoché assente nelle cronache di quei giorni, comprese quelle in rete...