
Che cosa cerchiamo quando investighiamo le origini di ciò che chiamiamo mondo? Il desiderio di ricostruire la genealogia dell'universo, il passato da cui proveniamo, è sospinto da un interrogativo che sorge nel presente dell'esistenza personale e investe il destino solidale dell'umanità con il cosmo. Il volume raccoglie gli atti del convegno della Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale del febbraio 2020, con il contributo di scienziati, filosofi e teologi.
Il fenomeno della pandemia ha contribuito tragicamente ad evidenziare anche alla coscienza comune che l'interdipendenza è un dato reale. Non è retorico parlare di destini comuni e della necessità di superare la miopia dei particolarismi. Si tratta di una responsabilità che non è legata soltanto a una ragione di convenienza, perché scaturisce da un'esigenza più profonda di verità e di giustizia. La categoria antropologica capace di intercettare la radice di questo compito è la fratellanza. Il volume raccoglie gli atti del convegno della Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale del febbraio 2021, con il contributo di giuristi, filosofi e teologi.
La riflessione sullo Spirito santo, autore e maestro della vita nuova, richiama il vivo ricordo della figura, della testimonianza e del magistero di mons. Renato Cortinella chiesa novarese. Nella prima parte, di taglio meditativo, sono descritte le diverse forme in cui lo Spirito agisce sui credenti nel conformarli a Cristo e santificarli. Nella seconda parte, di taglio esegetico, si dà voce a due testi di Paolo sulla vita nuova secondo lo Spirito: la sezione di Ef 4,17- 5,20, e il ricco passo di 1Cor 2,6-16. Questo libro nasce come un omaggio alla memoria di mons. Renato Corti, vescovo di Novara dal 1991 al 2011.
Gli interrogativi suscitati dall’antropologia culturale, con lo studio delle culture, sono ancor più evidenti in un mondo globalizzato. Come la teologia morale può rispondere alla domanda posta dalla molteplicità delle culture? Si tratta solo di aggiornare il lessico della natura oppure il nuovo contesto chiede di pensare insieme l’istanza posta dalla specificità umana e dalla pluralità delle culture, che sono le forme storiche di un umano che non esiste se non nella forma di un universale concreto?
Pubblicato nel 1935, "Il pozzo e le pozzanghere" è una raccolta di brevi saggi polemici che, come scrive Chesterton, "si prefiggono di contrariare coloro che si trovano in disaccordo con noi e di annoiare gli indifferenti". Se il tema del libro è quello più caro allo scrittore inglese - la difesa del cattolicesimo e della sua tradizione culturale (il "pozzo" del titolo) dagli attacchi provenienti dalla società secolarizzata e dal protestantesimo anglicano (le "pozzanghere") -, la sua ragione più profonda è la difesa del "vero significato delle parole". Per Chesterton questo compito, niente affatto accademico, richiede di prendere di petto i fatti della storia, per metterli nella loro vera luce e trarne il corretto insegnamento, ma anche di rispondere alle tante critiche di cui era fatto regolarmente bersaglio. Lo scrittore replica ai suoi avversari mettendone in luce il pregiudizio e si sofferma sulla storia moderna d'Europa, denunciando il materialismo del modello capitalista e il nichilismo di matrice comunista e nazista, mettendo in ridicolo la libertà sessuale dei connazionali e il conformismo degli intellettuali. Apologeta cattolico arguto e fuori dagli schemi, Chesterton non si rinchiuse mai in una sterile condanna delle cose del mondo, ma ricercò sempre il confronto aperto e ad armi pari con un interlocutore che non fu mai un nemico da odiare, quanto piuttosto un avversario al gioco, di cui vedere le carte per capire se bluffa.
In che modo e secondo quali percorsi è possibile porre nuovamente l'inesauribile questione del rapporto tra ragione e fede? Oggi meno che mai esse si contrappongono, nonostante una larga parte del dibattito pubblico non cessi di affermarne la rivalità. Si può forse perdere la fede, ma non certo perché la ragione riesca a mostrarne l'illusorietà. D'altra parte può accadere che la ragione si scopra incapace di comprendere una parte - e una parte essenziale - delle esperienze che facciamo nel corso della vita, e questo porta frettolosamente a concludere che la ragione non può abbracciare tutto e che bisogna perciò abbandonare all'incomprensibilità spazi immensi della nostra esistenza. Sorge così il regno della credenza e dell'opinione, che molto presto saranno espulse dal campo del pensabile. Da questo sonno della ragione nascono gli incubi dell'ideologia e dell'idolatria. La separazione tra fede e ragione, che tanti sembrano ritenere ovvia e del tutto naturale, si origina innanzitutto proprio da una mancanza di razionalità, dalla resa a tavolino della ragione dinanzi al supposto impensabile. Se non si perde la fede per eccesso di pratica della razionalità, può accadere al contrario che si perda in razionalità allorché si esclude troppo in fretta la fede e l'ambito che essa dice di aprire, cioè quello della Rivelazione. Come già sant'Agostino scriveva, "l'intelligenza è il frutto della fede.
Che cosa possiamo intendere per "vedere" e che cosa questa funzione apporta, nel bene o nel male, all'uomo nel suo essere "intero"? Il tema si sviluppa con un approccio interdisciplinare: dalla scienza alla filosofia, dalla neuroscienza alla teologia, dall'estetica alla spiritualità, dal mondo della comunicazione alla diversa abilità visiva. Comprendere appieno tutti i processi che riguardano questa facoltà umana, significa anche avere un rapporto più consapevole con gli "oggetti" della vista, quelli che "vediamo" (il creato e il prossimo) e Quello che "vogliamo vedere" (Dio).
La spiritualità ha bisogno della Chiesa? È il titolo provocatorio che raccoglie gli Atti della 61 a 62 a Settimana di Spiritualità tenuta al "Teresianum" il 14-18 marzo 2021: cinque giornate dedicate a un aspetto particolare della presente tematica, su cui hanno riflettuto Silvano Giordano ocd, professore in Storia della Chiesa, Lukasz Strzyz-Steinert ocd, direttore della rivista Teresianum e curatore di "Fiamma viva", Yvonne Dohna Schlobitten, professoressa della Pontificia Università Gregoriana, Adrian Attard ocd, vicerettore del "Teresianum", Francesco Romano ocd, professore in Diritto Canonico, Giacomo Pavanello, parroco romano e uno dei responsabili della Comunità Nuovi Orizzonti, Fulvio Ferrario, pastore valdese e docente alla Facoltà Valdese,Emmanuel Mugiraneza, dottorando alla Facoltà del "Teresianum", Antonio Maria Sicari ocd, fondatore del Movimento Ecclesiale Carmelitano, Anabela Carneiro hsc, in rappresentanza della Unione Internazionale Superiore Generali. Un caleidoscopio colorato di molte voci, espressioni di tanti ideali, ma anche di disagi e soprattutto di speranze.
Il volume indaga un tipico plesso di temi epistemologici: la teoria della conoscenza scientifica, la sua natura, le sue condizioni, i suoi metodi, nonché i rapporti tra le scienze e tra queste ultime e la fede. Tale indagine viene condotta al di fuori del genere letterario deputato all'analisi di tali temi, ossia la tradizione dell'Organon aristotelico; essa viene piuttosto rivolta verso l'ambito teologico, con l'intento di studiare la teoria della scienza. Il volume si apre con l'analisi dei fondamenti greco-arabi, prosegue prendendo in considerazione le posizioni di numerosi maestri scolastici (da Tommaso d'Aquino ed Enrico di Gand fino a Guglielmo di Ockham e Giovanni di Mirecourt), per chiudersi con un lungo capitolo che sintetizza i risultati dell'indagine mettendoli in prospettiva con la rivoluzione scientifica. Il volume getta così una luce diversa sui rapporti, nel Tardo Medioevo, tra la teologia e la riflessione epistemologica, mostrando l'interazione e la sinergia tra i due ambiti più che l'antitesi o i possibili contrasti.
L'indagine cerca di sintetizzare i canoni iconografici delle visioni contenute in Dn 2-6, verificando se essi possano confluire in uno schema immaginifico regolare. In particolare, l'analisi si sofferma su cinque immagini tratte da Dn 2-6: la roccia staccata «senza mani d'uomo» (2,34.45), il quarto uomo apparso nella fornace (3,25), il ceppo incatenato del sogno di Nabucodonosor (4,12.20), la lampada con la scritta nella visione di Baldassàr (5, 24-25) e l'angelo che serra le fauci dei leoni (6,23). Letteratura onirocritica, miti e leggende vicinorientali, testimonianze di pratiche licnomantiche greche e culti pirolatrici persiani, rilievi numismatici, questi e molti altri dati si trovano raccolti in questa ricerca, il cui obiettivo è la ricostruzione di un immaginario finora considerato frammentario, ma che presenterebbe nella sua iconogenesi e nell'evoluzione figurativa evidenti tratti di coesione.
Quali opzioni filosofiche contrassegnano il realismo? La questione della conoscenza del reale appartiene al pensiero filosofico di ogni tempo: nei dibattiti filosofici contemporanei essa si accende di varie tonalità, per il moltiplicarsi di forme di realismo e antirealismo. Il problema di fondo è se, conoscendo il reale, siamo consapevoli di ciò che comporti affermarsi conoscenti in termini personali e culturali. Quali concezioni della cultura possono accompagnare il sapere? Come affrontare i problemi attinenti al dialogo tra discipline? Il sapere, contrassegnato da rivoluzioni scientifiche e da trasformazioni storico-culturali, può ancora ricomporsi attorno a un metodo? Quali attenzioni richiede il pluralismo delle culture? Domande e risposte di carattere epistemologico e metodologico s'intrecciano nel presente volume: esse sono state elaborate scavando soprattutto in alcuni contesti culturali contemporanei e attingendo alle proposte provenienti dal pensiero di B. Lonergan. Le esplorazioni presenti in ciascun capitolo appartengono a una ricerca interdisciplinare, criticamente affrontata da docenti universitari che hanno selezionato peculiari nuclei problematici, rappresentativi di alcune sfide attuali sui versanti del sapere. Contributi di: Carlo Cirotto, Valter Danna, Rosanna Finamore, Pasquale Giustiniani, Paolo Gherri, Giuseppe Guglielmi, Pierpaolo Triani.