
Dicendo chiesa ci si può riferire alla sua dimensione gerarchica e istituzionale, privilegiare la dimensione "mistero", o intenderla in senso storico politico. L'autore parla di chiesa partendo dal concetto di assemblea liturgica e usandolo come categoria germinante e complessiva della definizione della chiesa. Muovendo dal raduno fisico costruisce un'immagine di chiesa nella quale i fedeli non vengono solo a trovarsi "nella" chiesa, ma sono "la" chiesa. Il concetto dell'assemblea, cioè, porta a valorizzare idee fondamentali come il senso comunitario, la partecipazione responsabile, la comunicazione. Favorisce ispirazioni di carattere pneumatologico e antropologico, attenzioni al vissuto dei fedeli, superamento della distanza che talora si crea tra i fedeli e l'esperienza religiosa; esso permette di valorizzare il raduno in atto come momento generatore di vita cristiana, fondato teologicamente sul fatto che le principali tappe della storia salvifica hanno avuto luogo nel contesto di una comunità convocata. L'assemblea radunata si configura con la stessa sostanza della chiesa. Per questo la riflessione sul tema non è marginale nell'universo teologico, né deriva da motivi pratici: è indagine sulla stessa identità ecclesiale. Nato da un interesse ecclesiologico, il volume, proprio per la centralità dell'assemblea liturgica nella vita cristiana, è ricco di riferimenti pastorali e spirituali, alla storia e all'attualità.
Alla corte celeste va in scena un processo. Satana e i suoi siedono beffardi sul banco degli accusatori ed elencano tutti gli errori, le incongruenze, le differenze e le oscurità che emergono nei singoli Vangeli e nel confronto tra i quattro testi. La disputa si svolge davanti al Padre eterno, con il Figlio e lo Spirito Santo come assistenti, Maria e Giuseppe come testimoni. Il processo altro non è che l'esame degli aspetti e dei brani più problematici dei racconti evangelici, presentati e discussi come prove a carico dei quattro autori. L'accusa: hanno scritto in modo così pasticciato e contraddittorio che la lettura dei Vangeli fa perdere la fede. Satana e i suoi chiedono pertanto al Dio di condannare i quattro e di proibire la lettura dei testi. Il tono del narratore è burlesco e divertito, ma la sostanza è una risposta argomentata alle domande e alle obiezioni che nascono in chi prende il racconto evangelico come mera cronaca di fatti accaduti.
Non c'è mai stato un solo modo di celebrare l'Eucaristia, anche se tutte le Chiese hanno posto l'Ultima cena come fondamento della loro celebrazione. L'autore si propone di cogliere proprio il nesso tra i dati rituali della cena del Signore e i più antichi testi eucaristici illustrando come quelli arcaici si siano trasformati nelle anafore delle varie Chiese. La ricerca si svolge soprattutto sulla struttura delle differenti paleoanafore e anafore, che consente di stabilire nessi precisi che arrivano fino ai riti odierni, come se si trattasse di un albero genealogico vero e proprio. Interessante è l'origine alessandrina del Canone Romano, qui puntualmente documentata, così come l'antica concezione tipologica dell'Eucaristia che spiega il fenomeno delle anafore senza il racconto dell'Ultima cena, fatto comune a tutte le tradizioni liturgiche.
Il saggio offre un’ampia visione di sintesi su alcuni articoli decisivi del Credo, con un taglio tematico-monografico che attraversa da cima a fondo la professione di fede e la teologia. La buona accoglienza ricevuta dalla comunità scientifica ha indotto a riproporlo, arricchito da alcune variazioni significative nell’esposizione delle tematiche, tenendo conto di pubblicazioni che in quest’ultimo decennio hanno contribuito al dibattito teologico. Ne hanno tratto vantaggio anche l’apparato di note che corredano il volume, le bibliografie ragionate e quella generale.
Note sugli autori
Marcello Bordoni, sacerdote diocesano, è professore emerito nella Facoltà di teologia della Pontificia Università Lateranense, dove dal 1970 è stato titolare della cattedra di cristologia. Consultore della Congregazione per la dottrina della fede e della Congregazione per le cause dei santi, è presidente della Pontificia accademia di teologia. Ha pubblicato: Il tempo. Valore filosofico – mistero teologico, Roma 1965; Dimensioni antropologiche della morte. Saggio sulle ultime realtà cristiane, Roma 1969; Questioni attuali di cristologia, Roma 1973; Gesù di Nazaret Signore e Cristo. Saggio di cristologia sistematica, 3 voll., Roma 1982-1986; Gesù di Nazaret. Presenza – memoria – attesa, Brescia 1988; La cristologia nell’orizzonte dello Spirito, Brescia 1995.
Nicola Ciola, sacerdote diocesano, è professore ordinario di teologia trinitaria alla Facoltà di teologia della Pontificia Università Lateranense, di cui è attualmente vice-decano. Ha pubblicato: Paradosso e mistero in Henri de Lubac, Roma 1980; Studio bibliografico sulla cristologia in Italia, Roma 1984; Il dibattito ecclesiologico in Italia. Uno studio bibliografico, Roma 1986; Introduzione alla cristologia, Brescia 1986, 21991; La crisi del teocentrismo trinitario nel novecento teologico, Roma 1993; Credo la vita nel mondo che verrà. Il cristiano e la vita eterna, Cinisello Balsamo 1995; Teologia trinitaria. Storia – metodo – prospettive, Bologna 1996, 22000. Ha inoltre curato: Temi di pastorale e catechesi, Roma 1984; La parrocchia in una ecclesiologia di comunione, Bologna 1995; La Dei verbum trent'anni dopo. Miscellanea in onore di Padre Umberto Betti, Roma-Casale Monferrato 1995; Servire Ecclesiae. Miscellanea in onore di Mons. Pino Scabini, Bologna 1998.
Nella riconciliazione si esprime il nucleo germinale della vita cristiana. Sulla base di tale consapevolezza l'autore elabora un'articolata riflessione sulla riconciliazione e la penitenza, sviluppandone la dimensione biblica, storica, liturgica, giuridica e morale.
Il volume analizza il rapporto, fondamentale per il cristiano, fra verita di fede, vita morale e carita interiore. La vita quotidiana del cristiano, specialmente oggi, rischia continuamente la dissociazione fra la fede e la condotta morale, fra coscienza e spiritualita. Tali dissociazioni sono facilitate dalla complessita e dal pluralismo delle idee e degli orientamenti pratici. Grazie al presente volume si scopre che la circolazione tra la fede, il comandamento morale e il dinamismo spirituale e un segreto da riscoprire da parte di ogni credente, da rinsaldare e attivare continuamente per creare l'unita e la coerenza di vita e per offrire una testimonianza persuasiva.
Questo volume, ripercorrendo l’intera Costituzione Lumen Gentium del Concilio Vaticano II, unisce meravigliosamente teologia e spiritualità in risposta alla domanda: che cos’è la Chiesa? Come ha detto Paolo VI: «sapere che cos’è la Chiesa diventa decisivo in ordine a tante questioni vitali... Bisogna ben sapere che cosa sia la Chiesa, la vera Chiesa, quella verso cui abbiamo doveri inderogabili, quella in cui vogliamo trovare la verità e la salvezza, senza incertezze. Per ben conoscere la Chiesa bisogna amarla e poi studiarla» (Udienza generale, 27 aprile 1966). La grande costituzione dogmatica Lumen Gentium ci illumina sulla vera sua identità e missione. Lasciamoci attrarre dalla luce che risplende sulla Chiesa, specchio e segno sacro in cui dobbiamo vedere Cristo e, in lui, Dio. Riscopriamo la “voce del Concilio” in questo percorso meditativo che ci fa essere tutti discepoli di questa meravigliosa scuola, che è lo studio della santa Chiesa.
L'Autore
Giuseppe Militello, dottore in ecclesiologia e docente in teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose della diocesi di Albenga Imperia, è parroco nella diocesi di Savona Noli. Relatore in trasmissioni radiofoniche e televisive, ha già al suo attivo diverse pubblicazioni, tra le quali si ricorda: Signore, perché? Via crucis (Paoline 2009); Chi legge le letture? Introduzione al ministero del lettore (Effatà 2009); Nel tuo forte abbraccio. Il Mese di san Giuseppe (Effatà 2010); Alla scoperta del Concilio Vaticano II (Sugarco 2010); I salmi. Una preghiera giovane (Il Messaggero 2010); Nostra Signora di Misericordia di Savona (San Paolo 2010); Ha innalzato gli umili (Paoline 2011). Dal 2011 è collaboratore e ricercatore del "Centro studi e ricerche del Concilio Vaticano II" presso la Pontificia Università Lateranense (Roma).
Un'approfondita riflessione sul rapporto tra il tempo misurato dagli orologi e dai calendari e il tempo celebrato dal rito. Il tempo sempre manca. Al suo difetto non si rimedia aggiungendo ore al giorno, o anni alla vita. Scarso negli anni della vita attiva, esso invece appare lungo, inutile e quasi insopportabile negli anni della vecchiaia; alla sua scarsita nei giorni di lavoro corrisponde un sentimento della sua prolissita nei giorni di vacanza. Scarso e sempre mancante e il tempo vuoto, misurato dagli orologi e dai calendari. Pieno puo essere soltanto il tempo celebrato dal rito. Non e forse da riconoscere un nesso tra difetto del tempo e difetto del rito? Il rito appare infatti incompreso e selvaggio nella societa secolare. La riflessione su di esso qui proposta intende ritrovare il senso del tempo, e della vita tutta, appunto attraverso una rinnovata considerazione del rito. La traccia e offerta dalle Scritture di Mose, dei profeti e dei saggi; soprattutto dal vangelo del Signore nostro Gesu Cristo.
Gli atti di natura religiosa, nei quali ha luogo l'incontro dell'uomo con Dio - dall'azione liturgica e culturale alla preghiera personale fino alle forme di pietà popolare -, hanno un immediato riflesso sulla vita della persona, in quanto determinano il senso e gli indirizzi concreti del suo impegno storico. La morale della religiosità riflette su tali atti, evidenziandone il nesso con i vari momenti della quotidianità e suggerendo orientamenti positivi per lo sviluppo di stili di vita improntati alla logica evangelica.
Un breve itinerario sul "dispositivo di blocco", che mira a proteggere la Chiesa da ogni possibile dinamica. Tale "dispositivo" ha indotto la Chiesa ad una progressiva autoreferenzialità, cui ha reagito prima il Vaticano II e ora papa Francesco, con il suo magistero "in uscita". Presentazione di Humberto Miguel Yáñez.
Nella storia dei concili la ricezione del loro magistero è una fase oggi considerata attentamente. Essa trova nei libri liturgici una delle sue espressioni più significative. Anche l’insegnamento del Vaticano II sul ministero ordinato vive, nella riforma dei riti di ordinazioni, un importante momento della sua ricezione. Per individuarne i criteri ispiratori e quindi la teologia, questo saggio analizza, in modo diacronico e sincronico, l’iter di revisione dei riti di ordinazioni, iniziato negli ultimi mesi del Concilio, e conclusosi (editio typica) nell’agosto 1968. Il rapporto esistente tra lex orandi e lex credendi trova qui un interessante equilibrio tra la liturgia come fonte e la liturgia come frutto dell’insegnamento della Chiesa. Le scelte operate dal gruppo di lavoro sui riti di ordinazione (Coetus XX), in sinergia con il Consilium ad exsequendam Constitutionem de Sacra Liturgia e nel costante dialogo con la Sede Apostolica, sono un importante contributo per la teologia del ministero: esso è interpretato come servizio alla Chiesa, nella comunione tra vescovo, presbiteri e diaconi. Questo affinché la Chiesa possa essere apostolica anche grazie al carisma della successione, trasmesso sacramentalmente al vescovo unito al presbiterio e con i diaconi. Sarà così possibile, anche alla luce della editio altera (1989), trovare indicazioni preziose per interpretare il ministero oggi.
In appendice vengono riportati gli Schemi, curati dal Coetus XX, che precedono i nuovi riti di ordinazione e costituiscono una importante testimonianza della riflessione teologica postconciliare.
Va di moda sostenere che oggi in Occidente, allontanatasi l'ondata secolarizzatrice, siamo pacificamente immersi in una nuova epoca religiosa post-secolare. Ma questa lettura semplicistica dice solo una parte della verità. Dalferth ci mette sull'avviso: la fede dei cristiani sin dalle origini ha inteso rendere profano il mondo, operare una critica della religione e delle religioni, dare nuova forma alla vita umana alla presenza di Dio. Per il cristiano ciò che conta è rendere presente e attuale il Padre di Gesù Cristo in tutti gli atti vitali, lasciandosi alle spalle la semplicistica alternativa tra vita religiosa e vita non-religiosa. Decisiva non è dunque la differenza tra sacro e profano nel mondo, ma la distinzione - nello spazio mondano - tra una vita che al Dio trascendente si orienta (fede) o non che invece non lo fa (incredulità). Vivere religiosamente non è buono in sé e per se; dipende da come si è ciò che si è e da come si fa ciò che si fa. In estrema sintesi: la vita cristiana, immersa in un mondo profano, si vuole radicalmente orientata alla Trascendenza: Dalferth approfondisce criticamente questa consapevolezza, in chiave sia filosofica sia teologica.