
Ogni uomo viene al mondo segnato dal peccato originale e porta in sé le radici dei sette vizi capitali. Il vizio fa l'uomo schiavo, gli sottrae la libertà e lo rende dipendente e impotente. Riflettere sui vizi capitali ci porta a conoscere meglio noi stessi e i nostri nemici interiori, onde imparare a non scaricare troppo frettolosamente colpe e responsabilità sugli altri, ma a essere e sentirci responsabili dei nostri pensieri e delle nostre azioni e a cominciare un cammino di liberazione e guarigione. L'uomo è libero: può dirigere la sua vita verso il bene o verso il male. Costruttore di se stesso, può contare sull'aiuto onnipotente della grazia di Dio, che è sua forza e sua gioia, e può intuire già l'esito della battaglia che deve affrontare fidandosi della parola di Gesù. Con la forza del Signore, infatti, si possono sconfiggere tutti i nemici e si possono vivere in pienezza le virtù cristiane.
"L'iradiddìo" è un viaggio attraverso le quattro stagioni della natura, abbinate alle quattro stagioni della vita di Cristo: l'inverno delle tre ore sul Golgota, la primavera dei trent'anni a Nazareth, l'estate dei tre anni in Galilea, l'autunno dei tre giorni a Gerusalemme. Un'intera stagione della salvezza che mai si è riusciti a misurare completamente: «Di uno come Cristo, il mondo è ancora lì a scervellarsi: "Quanto costa amare così?" L'iradiddìo». L'opera è un ritratto personale di Cristo colto nella sua allegrezza: la lotta tra Lucifero e il Creatore, la bellezza e la menzogna. È la stagione della Chiesa, l'antica storia della Salvezza ridisegnata dal passaggio di Cristo: «La partita è tutt'ora in corso: vite esagerate da una parte, vite senza aggettivi dall'altra». Sullo sfondo, impalpabile, sta all'erta Maria: un'iradiddidìo di tenerezza.
Questo libro vuole essere innanzi tutto un invito ad avere il coraggio di interrogare la fede e di interrogarsi sulla fede. Partendo dal famoso racconto di Nietzsche nella Gaia scienza dell'uomo folle che va in cerca di Dio, l'autore pone la questione di Dio con «la forza del forse», come una sfida sia per chi crede di non credere sia per chi crede di credere. Queste pagine però non vogliono dare risposte preconcette. Vogliono essere un cammino di iniziazione al duplice mistero dell'uomo e di Dio, a partire dal «forse». Come guida per questo cammino ci viene presentata la figura di Mosè, particolarmente attuale, perché rappresenta l'uomo che discute con Dio, che dubita, che rifiuta, ma che poi scopre che il suo bene è presso Dio. Come Mosè, ognuno di noi è chiamato a trovare Dio a partire da alcune esperienze fondamentali: quella del desiderio, del pensiero e soprattutto dell'amore. Non c'è comandamento più grande di questo: amare Dio con tutto il cuore (desiderio), tutta la mente (pensiero) e tutte le forze (amore concreto). Solo così è possibile andare «oltre la morte di Dio» e dell'uomo.
L'amore attraversa ogni cosa, ogni realtà umana e divina; questa è la sua specificità, questa la sua forza, che lo rende - come afferma il Cantico dei Cantici - forte alla stregua della morte stessa. L'amore è la cosa più umana e insieme la più divina; è la caratteristica che attraversa ogni vicenda terrena e celeste. A partire da questo assunto indiscutibile, Bruno Forte veleggia nei recessi più profondi dell'amore e della carità, che ne è la pienezza: amore fraterno, filiale, matrimoniale; amore di Dio per i suoi figli e ricerca di amore dei figli che alzano gli occhi al cielo... Un breve libro che declina le note di questo sentimento che abbraccia tutte le nostre passioni - dalla sofferenza all'estasi - e, nello stesso modo, tutte le passioni di Dio.
In Evangelii Gaudium, papa Francesco ha posto l'attenzione in maniera forte e decisiva sul tema dell'evangelizzazione in un mondo che non solo è cambiato, ma si trova ormai a distanze siderali dalla società in cui l'annuncio cristiano aveva trovato terra feconda. La novità sociale, le prospettive globali dell'economia e un'etica divenuta fragile pongono il credente di oggi di fronte a un domanda interna ed esterna: chi sono io, come cristiano? E in quale mondo posso annunciare il vangelo? Don Antonio Ruccia prende questa domanda con tutta la serietà che a essa è dovuta, spostando l'accento dalla singolarità alla comunità: non più "chi sono io", ma "chi siamo noi, come comunità cristiana" di fronte al vangelo e di fronte al mondo postmoderno. La risposta va verso una profonda immersione nel contesto nuovo che al credente è offerto, affinché la risposta sia "incarnata" come indicato da Gesù. Catechesi, liturgia, carità devono essere il trinomio di ogni parrocchia evangelizzatrice: pensate in comune, tra clero e popolo, per l'annuncio visibile e coerente di una comunità della presenza sul territorio.
Il volume raccoglie gli Atti della Tre Giorni di studio promossa dall'Associazione Chiesa del Gesù di Roma Onlus dal titolo «Il Re delle schiere» e si colloca in un programma che vuole affrontare i temi che scandiscono gli Esercizi spirituali di sant'Ignazio. In questo itinerario il cristiano è invitato, come gli apostoli, a seguire il Signore unendosi alla sua impresa, senza badare al proprio interesse. L'esercizio vuole portare l'esercitante a comprendere la prospettiva e il progetto di Gesù e a liberare la mente e il cuore dalle illusioni indirizzando il suo impegno al servizio di Dio e della Chiesa sua Sposa. La ricerca della Tre Giorni si è concentrata sulla ricerca biblica per approfondire l'annuncio del «regno di Dio», che è il cuore della predicazione di Gesù e costituisce per ogni cristiano l'oggetto su cui deve decidersi: è la grande impresa per la quale egli cerca «amici» che gli siano compagni nella vita e nella sorte.
L'aldilà ha molti volti: non tanto perché il passaggio si verifica in modi diversi per ciascuno, ma soprattutto perché esso è stato pensato in modi diversi. Uno studio sull'immortalità non può quindi limitarsi alle Sacre Scritture ebraiche e cristiane. Il tema infatti ha una portata interculturale e interreligiosa, e proprio questo lo rende un campo insidioso e insieme avvincente. Vale la pena percorrerlo, anche perché paradossalmente il pensiero della morte aiuta a vivere meglio, almeno con più coscienza, l'attuale esistenza storica. Esplorando le varie tipologie di sopravvivenza ci si renderà conto che il pensiero di un'immortalità futura non è un motivo onirico per fuggire dal realismo di un presente impegnativo. Serve invece a coltivare la certezza che tutto comincia qui adesso: l'immortalità parte dalla convivenza con le cose più piccole e le relazioni più disparate di ogni giorno. Per il cristiano l'eternità e, quindi, l'immortalità comincia, non dopo la morte fisica, ma qui e ora, nel pur precario presente storico.
Nel panorama degli studi paolini manca una trattazione globale della categoria della figliolanza in Paolo. Presente in ognuna delle lettere autentiche dell'Apostolo, essa è trattata su tre livelli: il primo concerne il Figlio di Dio, Gesù Cristo; il secondo, i credenti in lui e gli Israeliti; il terzo, il rapporto tra l'Apostolo e i destinatari delle sue lettere, insieme ai collaboratori più stretti. Analizzando le diverse applicazioni del vocabolario della figliolanza, emerge come sia possibile prospettare un itinerario argomentativo e teologico tra le diverse lettere: rispetto al resto del Nuovo Testamento, Paolo approfondisce la tematica della figliolanza divina dei credenti, legandola saldamente a quella del Figlio, motivandola a partire dal dono dello Spirito e aprendola in chiave escatologica alla risurrezione finale dai morti. Così l'Apostolo si serve di questa categoria per indicare la salvezza mediante Cristo dei credenti, per manifestare la prima e positiva conseguenza della giustificazione dalla fede e per raffigurare la chiesa come comunità dei figli e delle figlie di Dio.
Riportare Giovanni sulla terra: è quanto si cerca di fare con questo libro, invitando il lettore a entrare in un testo nato per alcune comunità rimaste fedeli alla tradizione del discepolo che Gesù amava, voluto dalla chiesa per tutti i credenti e riconosciuto come patrimonio universale dalla successiva storia del pensiero. Come ogni altro strumento simile, anche questa Guida al vangelo di Giovanni persegue una ben precisa finalità: essere in qualche modo utile a entrare nel testo del quarto vangelo rispettandone l'originalità e riconoscendone il carattere teologico. Entrare nel quarto vangelo significa anche familiarizzare con studiosi che, sia pure molto diversi tra loro per estrazione culturale e per formazione scientifica, hanno intessuto intorno a questo scritto una trama investigativa fatta di questioni e di problemi, di ricerca e di tentativi di soluzione. Depositato nell'alveo della tradizione come lievito che fa fermentare la massa, il vangelo di Giovanni continua del resto a interpellare tutti quelli che, pur non avendo visto, vogliono credere. Un vangelo che, da quasi duemila anni, non finisce di appassionare gli studiosi per la sua problematicità e di interpellare i credenti con la sua intensità.
«La storia della salvezza è una storia di liberazione. Cade davanti agli occhi dell'uomo il miraggio e nello stesso tempo l'incertezza del futuro, mentre gli rimane l'angoscia del presente. Lì, fra la consumazione quotidiana delle cose, Cristo verrà ancora, nell'irripetibile vicenda di ogni creatura umana». A partire da questo tema, dell'attesa di Dio e della liberazione dell'umano, pressante per il cristiano di ogni tempo e, ancor più per quello che vive l'oggi, Lino Prenna conduce il lettore in una rimeditazione tanto profonda quanto evocativa del percorso evangelico e cristiano, ben sapendo che il paradosso dell'esistenza credente sta proprio in quella croce che «leva le sue braccia al cielo, perché piantata nella terra». Sono dunque offerte al lettore 42 brevi meditazioni, che accompagnano i grandi temi cristiani (dai giorni del parto della Vergine, alla fatica della comprensione e dello scandalo nel mistero della Passione - splendide sono le intuizioni sulla figura di Giuda -, alla sempre rinnovata invocazione della Parusia finale, con il ritorno del "Figlio dell'Uomo" che viene a rendere giustizia), coniugati con le domande e le incertezze dell'oggi. Un libro per chi non smette di sperare anche in tempi difficili.
Un medico, un missionario, un uomo coraggioso e mite, sostenuto da una fede incrollabile. Padre Giuseppe Ambrosoli aveva deciso da ragazzo che avrebbe vissuto da comboniano al servizio dei poveri e che per questo avrebbe lasciato il suo paese, Ronago (CO), gli affetti e l'azienda familiare. Destinazione: Uganda. Partito nel 1956 con la nave Africa, dopo un avventuroso percorso su una jeep in mezzo alla savana, trovò a Kalongo, ai piedi di quella che è chiamata la Montagna del Vento, un dispensario per la maternità, una piccola capanna con il tetto di paglia. Nel giro di pochi anni, grazie alla sua caparbietà, alla grande capacità di medico e sacerdote, allo spirito manageriale ereditato dalla famiglia, quel piccolo centro divenne un grande ospedale. Ma la guerra civile irrompe nella vita dell'ospedale, stravolgendola. L'ordine di evacuazione è perentorio e padre Giuseppe, costretto in sole 24 ore ad organizzare la carovana di pazienti, medici e infermieri, lascia Kalongo senza tornarvi mai più. Lui, medico al servizio dei più poveri, muore a Lira, isolata dalla guerra, senza la possibilità di essere curato. Tutto finito? No. L'ospedale di Kalongo, protetto dai suoi abitanti, dopo tre anni rinasce e prosegue la sua opera di cura dei più vulnerabili. Quella storia di dedizione al prossimo e caparbietà umana continua ancora oggi con la Fondazione voluta dalla famiglia Ambrosoli e dai missionari comboniani, che hanno raccolto l'eredità di padre Giuseppe per dare sostegno e continuità ad un miracolo d'amore. Como, Milano, Kalongo. Migliaia di chilometri di distanza, rumori e odori diversi, ricchezza e povertà. Ma padre Giuseppe e la sua opera hanno ridotto le distanze, unito l'Ospedale e la Fondazione, i medici ugandesi e i volontari italiani, il bisogno di ricevere e la voglia di dare. Premessa di Mario Calabresi. Prefazione del card. Gianfranco Ravasi.
Ha ancora senso fare teologia oggi? E quale sarebbe tale senso? Possiede ancora uno spazio di risonanza pubblica, la teologia oggi? Il presente volume vuole rispondere proprio a questi interrogativi, nella consapevolezza che nella vita della Chiesa il lavoro teologico è un ingrediente essenziale. Non basta, infatti, all'annuncio del Vangelo nel nostro tempo né l'opera del magistero, per quanto illuminato e profetico, né il semplice agire pastorale, per quanto impegnato e generoso. Serve la teologia, serve il lavoro del teologo, inteso come lo sforzo continuo di pensare e dire ciò che è capitato con Gesù - l'evento Gesù - in modo che tale novità sia sempre più a disposizione della generazione cui appartiene il teologo stesso. La teologia, nota il nostro autore, che su questo aspetto riprende e approfondisce le felici intuizioni del teologo benedettino Elmar Salmann, deve tornare a navigare in mare aperto, costruendo ponti tra il Vangelo e la storia, e viceversa. Solo così potrà affrontare di petto il suo specifico compito: quello di dire Dio nel tempo della postmodernità, di coglierne le tracce, di lasciarne emergere la mite e feconda presenza in mezzo al travaglio di un mondo sempre più frastornato dalle sue stesse conquiste e dalla sua stessa potenza.