
I termini "sinodo" e "sinodalità", che si propongono come categorie ecclesiologiche oggi imprescindibili, nel Nuovo Testamento semplicemente non compaiono. Eppure, anche se non nominate in modo esplicito, sono dimensioni autenticamente presenti nelle comunità delle origini e affiorano in molti testi fondanti. Il saggio del biblista Aldo Martin ha il merito di metterle in luce, raccogliendole attorno ai momenti storico-narrativi del dispiegarsi ecclesiale, così come si presentano nella fonte biblica. Le diverse scansioni - una chiesa che è convocata, che è attuata, che è strutturata, che è inviata e che è orientata all'éschaton - costituiscono l'ossatura di una ecclesiologia biblica sinodale, elaborata in dialogo con il documento della Commissione teologica internazionale La sinodalità nella vita e nella missione della chiesa e in vista del Sinodo ordinario dei vescovi previsto per il 2023. «Quello delle sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla chiesa del terzo millennio» Papa Francesco, 17 ottobre 2015.
Il falegname di Nazaret occupa un posto marginale all'interno del discorso teologico, a differenza di Maria. Eppure, anche Giuseppe riflette importanti istanze del nostro tempo, collegate sia al dibattito su identità, relazioni e funzioni dello stare al mondo come uomini e donne, sia al tema dell'abitare una chiesa composta di uomini e donne. Liberato da stereotipi agiografici e da finalità strettamente apologetiche, Giuseppe diviene emblema di una maschilità oggi più che mai in questione: cosa significa per un maschio sentirsi soggetto, persona? Cosa significa per lui condividere un cammino di relazioni sostanziali e generare insieme la vita? Cosa significa prendersi cura del mondo, nella pluralità delle possibili espressioni (politica, professione, impegno civile)? Questo libro avvia un percorso inedito, espressione del fecondo intreccio che la teologia intende stabilire con altri approcci culturali. Dischiude un insieme di "sguardi" - storico, biblico, sociologico, teologico, pastorale... - rivolti a san Giuseppe, figura di una maschilità che ci interroga. E propone un dialogo ideale tra studiose e studiosi che hanno accolto l'invito del papa: Ite ad Ioseph, «Andate da Giuseppe». Le loro risposte possono essere sorprendenti.
Solo a torto Hans Küng (1928-2021) potrebbe essere ridotto a "teologo ribelle" oppure a "contestatore del papa". Perché è stato precursore e visionario, ottenendo ascolto in settori come l'economia e la politica. È stato prete e pastore, abituato a porgere orecchio alle preoccupazioni di chi gli si rivolgeva in cerca d'aiuto. È stato uno dei pochi teologi conosciuti e rispettati anche da un pubblico laico e da rappresentanti di altre fedi religiose, in tutto il mondo. La sua emozionante biografia intellettuale non solo è stata plasmata da temi diversissimi, ma ha anche mostrato tante sfaccettature differenti. Lo spettro di argomenti coperti dalla sua opera teologica è semplicemente impressionante, così come il suo impegno indefesso per un rinnovamento della teologia, per la riforma della chiesa, per l'ecumenismo, per il dialogo interreligioso e per un'etica globale. Nei contributi di questo libro, amici, teologhe e teologi rendono omaggio dalle più diverse prospettive all'opera multiforme di Küng e mostrano l'importanza duratura del pensiero di questo autore d'eccezione. «Ho ricevuto in dono una vita ricca sotto tutti i punti di vista. Non sono "stanco della vita", bensì "pago della vita": così come, secondo la Bibbia, sono morti "sazi di giorni" sia Abramo e il re Davide, sia Giobbe» Hans Küng.
Gerald O'Collins assume la persona e l'opera salvifica di Cristo come chiave per organizzare i temi che comunemente vengono trattati dalle teologie della religione. Il gesuita australiano, inforcando la lente della cristologia, in questo suo ultimo libro esamina questioni che, proprio perché decisive, non devono passare in secondo piano: l'importanza della teologia della croce per pensare gli "altri"; l'impatto del sacerdozio di Cristo sugli uomini e le donne di tutti i luoghi e di tutti i tempi; l'efficacia di una preghiera per gli "altri", ispirata dall'amore; la natura della fede, disponibile per questi "altri" non-cristiani. Per O'Collins una cristologia delle religioni così impostata produce una visione allargata del potere salvifico di Cristo per tutti i popoli del mondo. In più, aiuta a sbloccare l'attuale fase di stallo che frena la teologia delle religioni, incanalandola su promettenti direttrici di ricerca e contribuendo a dare nuova linfa al pensiero su soggetti religiosi "altri" da noi.
Fratelli tutti è un'enciclica visionaria. Nella situazione attuale dell'umanità, così difficile e confusa, si rivolge a tutte le persone di buona volontà, cristiane e non, per invitarle al dialogo e all'impegno comune, all'insegna dell'amicizia sociale. Papa Francesco parte dal presupposto che il messaggio sociale della fratellanza (e sororità) universale, fondamentale per il vangelo, sia stato inscritto dal Creatore nel cuore di ogni persona. Ed esorta a non arrendersi mai nella ricerca del bene comune, collaborando alla costruzione di un mondo più umano e fraterno. Questa collezione di saggi, curata dal card. Walter Kasper e dal prof. George Augustin, chiama a raccolta svariate voci autorevoli e prestigiose del panorama internazionale per illustrare e commentare con competenza l'enciclica papale che propugna un ordine mondiale fraterno. Ne esce un'analisi fine e articolata, che svela le chiavi concettuali e illustra le sfide teologiche, etiche e sociopolitiche lanciate dalle proposte del pontefice.
Si deve riconoscere alla filosofia contemporanea il merito di un rinnovato interesse per la figura e l'opera di Paolo. Tuttavia non può sfuggire che l'attenzione è per lo più circoscritta all'ambito degli studi filosofico-politici: da Schmitt a Taubes il punto è la crucialità di Paolo per il destino politico della Modernità. A monte di questi autori, più radicale è Nietzsche: la questione paolina abbraccia l'intero dell'esistenza, ne problematizza modalità e fondamento. Così Paolo campeggia come filosofo simpliciter. In linea con questa intuizione, il saggio di Scilironi rivendica la legittimità dell'interpretazione di Paolo quale filosofo a pieno titolo: «Si ritiene», scrive l'autore, «che non solo vi siano tutti gli elementi per proporne una lettura in quanto filosofo, ma che soltanto accedendo a tale profilo si rende ragione in toto della sua figura e della sua assoluta centralità nel determinare i destini del mondo e della storia». Ne consegue una ricaduta rilevantissima sulla filosofia stessa, che si rideclina come filosofia della rivelazione.
Perché chiedere, e perché chiedere a Dio? Tra l'atto della fede e il contenuto della fede esiste una imprescindibile reciprocità. Le questioni che ne emergono vengono qui dibattute focalizzandosi sulla preghiera di domanda. Il libro evidenzia le obiezioni della filosofia, delle scienze naturali e della teologia alle preghiere che esprimono richiesta o supplica, intercessione o invocazione, e cerca di trovare una loro legittimazione razionale. Nel far diventare la supplica a Dio un tema del pensiero, il teologo Böttigheimer tratta altresì questioni fondamentali della fede nel Dio cristiano e - alternando domande e tentativi di risposta - offre in chiave critica una chiarificazione di alcuni concetti correnti sulla natura del divino. A conferma che nella preghiera si acquista consapevolezza delle sfide e degli interrogativi del credere. Fino ad esclamare, con Karl Rahner: «Credo perché prego!».
E se la metafisica fosse il più grande beneficio della storia dell'umanità? La metafisica si basa su un'esperienza semplicissima e sconcertante: quella dell'infinita bellezza del mondo che si impone alla nostra intelligenza, malgrado il male, la sofferenza e l'assurdo in cui ci imbattiamo di continuo e che suscitano la nostra indignazione solo perché l'aspettativa metafisica è predominante. L'idea alla base della metafisica è che questa bellezza ha una ragione. Scoprendo la bellezza delle cose, la cui contemplazione fa la nostra felicità, e riconoscendo una dignità all'umano, che a quella bellezza partecipa nella sua capacità di trascendenza, la metafisica ci procura delle ragioni per vivere e sperare, realizzando quindi la finalità della filosofia stessa. Ogni filosofia o è metafisica, o è triste poiché non lo è.
A tanti la risurrezione risulta qualcosa di esotico: i racconti pasquali, con i loro tratti favolistici, sembrano poco credibili. Ma i vangeli che tipo di testi sono e di che cosa trattano? Che cosa affermano davvero di quel Gesù che, dopo aver annunciato un messaggio imperituro di giustizia e libertà, finì appeso a una croce? Perché dovette morire? Che cosa si esprime dietro le esperienze pasquali delle sue discepole e dei suoi discepoli? Che cosa può voler dire "risorgere dalla morte"? In cosa consiste oggi la forza di provocazione di questo messaggio? Il presente lavoro esamina le fonti della fede nella risurrezione e le riporta alla questione fondamentale della comprensione cristiana di Dio: chi è questo Dio che, confessato come il Padre di Gesù, aspira a essere vita piena e illimitata per tutti gli esseri umani? «Per rispondere, cercherò di interrogare le testimonianze bibliche, attenendomi con cautela ai soli fatti riconoscibili» (Hans Kessler). «Ultima magistrale opera di Hans Kessler, questo libro concentra in sé decenni di ricerche sull'argomento e non ha eguali per densità di informazione, accuratezza di argomentazione, comprensibilità di linguaggio» (Gotthard Fuchs).
La Chiesa, che tanto spesso invoca un Dio di amore e di giustizia, ha servito veramente la libertà delle persone nel corso della storia? Sesboüé non teme di affrontare qui l'argomento spinoso, con franchezza e coraggio, facendo entrare in risonanza prospettiva teologica e prospettiva storica. La libertà è una rivelazione fondamentale della Scrittura. Appartiene alla vocazione degli esseri umani, in virtù della creazione ricevuta in dono dalle mani di Dio. Dunque è perfettamente legittimo interrogare la responsabilità della Chiesa in quest'ambito: come spiegare certe tragiche zone d'ombra? Quelle, per esempio, costituite dalla schiavitù e dalla tratta dei neri o dalla persecuzione degli "eretici" nell'Inquisizione, le cui procedure furono spesso ingiuste, crudeli e per nulla rispettose della dignità delle persone. Perché uno scarto di tale portata rispetto all'ideale evangelico? Un passato scomodo, con gli abusi che la storia ha registrato, continua a interpellare noi e la nostra fede, esigendo una seria rilettura. «Finché continuerà il nostro tempo, dovremo sempre convertirci di nuovo al vangelo. La presenza dello Spirito nella chiesa esiste proprio a questo scopo: darle i mezzi per convertirsi» (Bernard Sesboüé). Una sana e onesta riflessione, in chiave storico-teologica, sulle responsabilità della chiesa.
Qual è lo spazio di manovra per avviare delle riforme dentro la Chiesa? Come concepire il gioco fra identità e cambiamento? Che cosa è, eventualmente, immodificabile e chi lo decide? In tanti e tante oggi fanno pressione sulla Chiesa cattolica perché qualche cambiamento abbia luogo. La lista dei temi sul tavolo è lunga: corresponsabilità dei laici, ruolo delle donne, ripensamento del ministero ordinato, riconoscimento delle coppie dello stesso sesso... In genere, però, il dibattito sulle riforme si muove entro una cornice dogmatica (e giuridica) assai angusta: si sostiene che non vi siano alternative percorribili. Michael Seewald spiega con lucidità e schiettezza che la Chiesa potrebbe mostrarsi, invece, molto più aperta al cambiamento di quanto non faccia ultimamente. Egli dimostra come alla Chiesa sia possibile riformarsi in profondità e, al medesimo tempo, restare se stessa. Perché l'attuale forma di "Chiesa cattolica", anche a uno sguardo storico, rappresenta solo una delle molte possibilità praticabili dal punto di vista teologico. Un testo per ripensare il modo in cui la chiesa si comprende (e si è compresa in passato) e il modo in cui può cambiare (ed è cambiata in passato).
«Esisterà ancora la parrocchia?»: questo interrogativo, che apre la serie dei contributi raccolti nel volume, interpreta una preoccupazione comune sul destino delle comunità cristiane e delle prassi pastorali legate al cristianesimo sociale. Nella Chiesa italiana (e non solo) si stanno delineando nuovi scenari, che vanno criticamente pensati: è in atto una trasformazione della parrocchia classica, che ne chiama in causa la forma, i tempi e gli spazi di azione. Non si tratta di avviare un'operazione di "ingegneria pastorale", quanto di disporsi a un'autentica "ecclesiogenesi", a partire da alcune coordinate fondamentali: la pastoralità come tensione all'ascolto di Dio e dell'umano, la sinodalità, il dinamismo di riforma, la vocazione alla fraternità e sororità, l'ospitalità e il servizio, il dialogo con la realtà contemporanea. Queste e altre dimensioni, consapevolmente assunte, strutturano una pastorale in conversione missionaria, capace di misurarsi con le sfide della città e di rimodularsi valorizzando una ministerialità plurale - maschile e femminile, individuale e familiare - attraverso cui dare forma a una nuova presenza della Chiesa sul territorio, più corrispondente al sogno di Dio.