
l volume raccoglie tutta una serie di liberi articoli apparsi su Style Magazine, rivista mensile del Corriere della Sera, a firma dalla giornalista Alessandra Borghese. Con umorismo, sagacia e ironia la Principessa romana descrive un Vaticano particolare e capace perfino di far sorridere.
Sono trascorsi nove anni dal 13 marzo 2013, allorché il cardinale Jorge Mario Bergoglio è divenuto papa con il nome di Francesco. Il pontefice latinoamericano ha raccolto una difficile eredità: quella di una Chiesa piegata dallo scandalo mondiale della pedofilia del clero, dai disastri delle finanze vaticane, dai traffici di Vatileaks. In pochi anni il Papa è riuscito nel miracolo e ha modificato, agli occhi del mondo, l'immagine di una Chiesa inaffidabile e corrotta. Nondimeno questo non gli ha risparmiato critiche ed incomprensioni di consistenti settori del mondo cattolico. Le accuse, soprattutto da parte di componenti della Chiesa nordamericana e di gruppi tradizionalisti e conservatori, indirizzate al Papa "modernista", "progressista", "peronista", "socialista", hanno accompagnato la storia del pontificato. Dato il loro peso mediatico hanno contribuito a deformare, agli occhi di molti, il senso vero ed autentico delle parole dei gesti di Francesco. Per questo appare importante restituire a quelle parole il loro vero significato. Papa Francesco non è un progressista che abbandona la dottrina della Chiesa, né tanto meno un conservatore che dimentica i passi compiuti dal Concilio Vaticano II. È un Papa missionario e sociale che ha come desiderio di rilanciare la tensione polare tra evangelizzazione e promozione umana, la stessa che era al centro della Evangelii nuntiandi del "grande" Paolo VI. I contributi del volume, ad opera di specialisti sull'argomento, aiutano a comprendere il pensiero ricco e «polifonico» del Papa e a situare correttamente la sua prospettiva nella vita della Chiesa.
«A partire dal lavoro del 1861 di J.J. Bachofen sul matriarcato, non si contano i tentativi di ricostruire sulle sue orme il volto di una Grande Madre preistorica o protostorica, archetipo e, nel contempo, fonte delle innumerevoli Grandi Madri che popolano le religioni dell'antichità, divinità primordiale capace di contrastare, quasi icona di un monoteismo primordiale al femminile, lo strapotere patriarcale del monoteismo maschile, la posta in gioco non era di poco conto: la Vergine Maria ? una figura materna che aveva finito per recitare una parte fondamentale nella tradizione cristiana ? assurgendo a quel ruolo che una volta era stato delle antiche Grandi Madri, non era forse la loro vera e definitiva erede? Questo affascinante percorso della storia intellettuale europea conosce, grazie al lavoro di Philippe Borgeaud, una nuova e significativa tappa, quella di un'analisi storico-religiosa, per un verso, sottratta alle alee di comparatismo pericolosamente privo di confini, per un altro, tesa a ricostruire, attraverso una attenta contestualizzazione e una adeguata messa in luce di interscambi e interferenze, le "avventure della differenza" conosciute dalle pratiche e dalle idee che accompagnano le vicende millenarie della Grande Madre nel mondo greco-romano, da quando essa compare nel corso del V sec. a.e.v. sull'Agorà di Atene fino al momento in cui si impone, dopo il concilio di Calcedonia del 451, la devozione della Vergine Maria come theotokos». (Dalla prefazione di Giovanni Filoramo).
Fede, ragione, umanesimo, spiritualità, coppie di concetti, di valori che hanno tracciato strade divergenti nella storia della Chiesa cristiana e della cultura laica. Soprattutto per impulso di Papa Francesco, il tempo di questa incomprensione sembra finalmente terminato. La Chiesa del Papa della gente torna a parlare di sentimento, ma anche di razionale confronto con la società e con la storia. Questo libro getta un ponte per il confronto più delicato, ma più proficuo. Un documento possibile per una nuova alleanza che abbia come obiettivo l'uomo. Un inizio di dialogo senza sconti da parte del razionalismo libero e maturo della cultura muratoria, ma anche senza preclusioni.
Tra la metà del XVI e la fine del XVIII secolo, quando furono espulsi da tutte le colonie spagnole e portoghesi delle Americhe, i Gesuiti posero le basi di un sistema culturale ed economico autosufficiente, fondato sulla religione e sulla convivenza tra indigeni ed europei. Attorno alle chiese e alle scuole delle missioni, la vita e il lavoro si svolgevano secondo un regime quasi collettivista, mentre la Compagnia di Gesù era ormai un pericoloso concorrente per gli affari dei latifondisti. Per questo e per la ferma opposizione allo schiavismo, dopo due secoli di lotte con le autorità laiche e le gerarchie cattoliche, le missioni vennero attaccate e distrutte una dopo l'altra, i Gesuiti espulsi, i nativi uccisi o ridotti in schiavitù. Robert Cunninghame Graham - attivista politico, scrittore e avventuriero - racconta la storia delle missioni gesuitiche in Paraguay servendosi dei numerosi e discordanti documenti dell'epoca. La sua cronaca è precisa, ma non nasconde la passione per un'epopea che anticipa per molti versi le idee del cristianesimo sociale del Novecento, per un'utopia - nobile nonostante i limiti posti dal proselitismo cristiano - cancellata quando era sul punto di realizzarsi.
Il volume, di 574 pagine, edito da Kappadue arti grafiche di Ramon di Loria, è articolato nello studio e nella riproduzione di un centinaio di ritratti di papa Pio X, che, durante la sua vita (1835-1914), lo hanno raffigurato come sacerdote, vescovo, patriarca e papa e che furono eseguiti sia da artisti famosi e sia da umili operatori che lo effigiarono in tele a olio, in busti in marmo, in miniature, in monumenti nei quali ne espressero il volto e le sembianze e vennero eseguiti in molti casi con pose appositamente concesse, in altri casi ripresi da semplici fotografie, che in quel periodo si andavano diffondendo in tanti ambienti ecclesiastici e civili dell'Europa, degli Stati Uniti e, anche, del Sud America. La ricerca, durata una dozzina d'anni, ha fornito utile e interessante documentazione non solo sugli artisti e sulla loro creatività espressa in opere che si ammirano in tanti musei pubblici e collezioni private, ma particolarmente sul loro incontro personale e professionale con Pio X e del quale narrarono in riviste o giornali del tempo, le sensazioni vissute, le espressioni scambiate, i risultati della propria opera artistica, contribuendo in tal modo a propagare l'immagine del Papa connotata di soavità, di dolcezza, di melanconia, di propensione all'osservatore e veicolando così la figura di un Pontefice-Pastore che entrò nel cuore dei fedeli ancor prima dell’onore che la Chiesa gli concesse degli altari.
Le quattro grandi fasi di vita di Pio X entro cui si collocano e si espongono i ritratti rinvenuti, sono preceduti da documentati profili del relativo periodo biografico del personaggio, attinti soprattutto dalle testimonianze di quanti lo frequentarono e deposero nel Processo super virtutibus svoltosi a Treviso fra il 1923 e il 1924, a neppure un decennio dalla morte del santo papa trevigiano.
L'opera analizza un aspetto fondamentale della storia italiana ed europea del XVI secolo: la trasformazione della Chiesa di Roma in conseguenza della sfida luterana. Il volume è diviso in tre sezioni: la prima, cronologica, focalizza il processo di trasformazione a partire dal clima religioso e politico del primo Cinquecento; la seconda verte su diversi soggetti istituzionali e centri decisionali (papato, Inquisizione, Concilio di Trento, ordini religiosi) che operarono nella Chiesa della Controriforma; la terza indaga sui rapporti tra Chiesa della Controriforma e società.
"Questo libro nasce dall'esigenza di raccontare la storia di un gruppo di uomini che alla fine del 1564 tentarono di assassinare il papa. Il mio intento è quello di dare loro carne e ossa, rendendone meno astratte le fisionomie: non solo le loro, ma anche quella della città fisica - la Roma di metà Cinquecento - sullo sfondo della quale si muovevano come attori, proferivano discorsi, si arrabattavano per vivere. Una storia di individui, di luoghi e di cose, insomma, attraverso la quale volevo capire cosa significasse, per questi uomini del Cinquecento, uccidere il papa". La congiura fallisce, gli uomini sono processati, torturati e infine condannati a una morte atroce. Sullo sfondo c'è Roma. Non la Roma sancta et renovata capitale della Controriforma, ma la città fisica in trasformazione che si sviluppa disordinatamente sui resti di quella antica; la città magica e superstiziosa popolata da frati esorcisti, astrologi e cercatori di tesori; la città dove, nei palazzi cardinalizi e nelle piazze, si parla del papa con allarmante irriverenza. La capitale di un sovrano, insomma, che in età postridentina è ancora lontano dell'assumere i caratteri sacrali spettanti a un monarca assoluto, e al tempo stesso è vicario di Cristo sulla terra. La congiura contro Pio IV può sembrare un'impresa sgangherata, poco più che il tentativo velleitario di un gruppo di folli esaltati. In realtà quel papa, il cui pontificato dura dal 1560 al 1565, è un papa scomodo...
L'opera analizza un aspetto fondamentale della storia italiana ed europea del XVI secolo: la trasformazione della Chiesa di Roma in conseguenza della sfida luterana. Il volume è diviso in tre sezioni: la prima, cronologica, focalizza il processo di trasformazione a partire dal clima religioso e politico del primo Cinquecento; la seconda verte su diversi soggetti istituzionali e centri decisionali (papato, Inquisizione, Concilio di Trento, ordini religiosi) che operarono nella Chiesa della Controriforma; la terza indaga sui rapporti tra Chiesa della Controriforma e società.
Il volume presenta 25 lettere inedite, inviate dal gennaio 1884 al luglio 1890, dal vescovo di Cremona, Geremia Bonomelli (1831-1914), al gesuita Giovanni M. Cornoldi, redattore della "Civiltà Cattolica", e conservate nell'Archivio dei Gesuiti dell'Italia Settentrionale in Gallarate. Si tratta di documenti importanti per comprendere le accese discussioni e le infuocate polemiche che scuotevano il mondo cattolico italiano.
Sulla scena del tragico conflitto religioso scatenato dalla dottrina catara, fondata su una dualità, respinta da Roma come corrotta, all’inizio del XIV secolo, nell’estremo Sud francese, un piccolo gruppo di uomini e donne coraggiosi testimoniava di villaggio in villaggio in una pericolosa clandestinità la forza della «Eglesia de Deu», come essi la chiamavano.
Convinti della validità della propria fede, quei cristiani dissidenti affronteranno processi, prigioni, roghi stabiliti da autorità civili ed ecclesiastiche decise a eliminare definitivamente il credo eretico da tutta l’Occitania. Qual era la loro dottrina, la loro fede, la loro esperienza?
Il processo agli ultimi catari ripercorre, attraverso i testi degli interrogatori, inediti in italiano, tratti con rigore dai documenti giacenti negli archivi vaticani, la difficile e aspra quotidianità di quegli uomini e quelle donne facendola rivivere non attraverso la stilizzazione del racconto storico o letterario, bensì attraverso le loro stesse parole, quelle che i protagonisti di questa strana e originale stagione della cristianità europea hanno lasciato alla storia in forma di confessioni.
Dal materiale emerge, oltre che la profonda fede rivoluzionaria di quegli uomini e quelle donne, pronti a sacrificare se stessi, l’essenza stessa delle loro vite, a qualsiasi strato sociale appartenessero. Essi, pur abitando in una regione sottoposta a Parigi, conservavano con fierezza l’originalità della cultura occitanica, capace di trasformare il diritto romano in funzione del carattere della propria gente, nonché di rappresentare, come poche altre terre nell’Europa di quei tempi, un esempio di convivenza religiosa e di libertà di pensiero uniche e all’avanguardia.
Nel XVI esplose il contrasto tra una raffinata civiltà rinascimentale e l'estrema efferatezza di roghi, torture e violenze perpetrate in nome della fede. Similmente a quanto accade ai nostri giorni, l'intolleranza religiosa, come una lebbra che attacca gli Stati, aveva trascinato la Francia in una serie di lotte fratricide, seminando migliaia di morti in nome del Cattolicesimo o della Riforma. In un panorama così cruento tre donne, nate dalla stirpe dei Valois, spinte da profonde convinzioni, mostrarono una tenace volontà verso la Riforma, certe che essa potesse ricondurre alla sincerità del vero credo iniziale. Legate fra loro da vincoli di parentela, non furono tacite spettatrici, ma esponenti di un femminismo ante litteram. Determinate, pur con differenti modi di esprimere i loro ideali, misero una tenace volontà per raggiungere quei fini che sentivano come una missione.