
Tornato il papa da Avignone a Roma, ricomposto il Grande Scisma, nel Quattrocento e fino al traumatico sacco di Roma nel 1527 il papato vive un secolo di trionfo, di rafforzamento dello Stato della Chiesa, nella prospettiva di un’autentica monarchia papale.
Le crociate sono abitualmente associate all'idea di Medioevo: l'elenco ufficiale ne conta otto fra il 1098 e il 1270. Ma anche dopo questa data per lungo tempo la crociata restò un obiettivo capace di mobilitare emozioni e risorse dell'Europa cristiana. Queste "crociate tardive" non ebbero più come oggetto la lotta per la Terrasanta ma la difesa dello spazio europeo dall'avanzata dell'Impero ottomano. Furono molte: se ne annoverano più di dieci fino alla battaglia di Lepanto (1571) e altre ne seguirono in età moderna. Durante questo periodo gli eserciti della cristianità colsero più insuccessi che vittorie. Il volume racconta i diversi progetti di offensiva antiottomana promossi dal papato e i loro esiti, a cominciare dal disastro di Nicopoli nel 1396, la più sanguinosa sconfitta mai toccata a una spedizione crociata, per terminare con la fortunosa vittoria di Belgrado del 1456, per la quale si parlò addirittura di miracolo.
Al cuore della storia del potere temporale della Chiesa. Ritornato da Avignone a Roma dopo la chiusura del Grande Scisma d'Occidente (1378-1417), il papato attraversa un periodo di consolidamento, vissuto all'insegna del trionfalismo. Il recupero dell'autorità, il radicamento definitivo in Italia e l'edificazione di un apparato centrale di governo della Chiesa vennero celebrati dagli apologeti dell'ideologia papalista non meno che dagli artisti e dai letterati della curia. I controversi mezzi di cui fece uso la Chiesa romana nell'ampliamento del suo dominio temporale, come il bellicismo e il «grande nepotismo», sollevarono proteste e imbarazzi ma nessun ostacolo serio. Eppure, l'ascesa dei papi a fastosi sovrani del più forte e rispettato Stato italico, dopo aver toccato il culmine entro i primi due decenni del Cinquecento, conobbe la più dolorosa delle interruzioni con il Sacco di Roma del 1527, evento che conclude l'appassionante ricostruzione di questo libro.
Ancora oggi, nel linguaggio comune, tutto quanto è «medievale» è soggetto a percezioni diametralmente opposte: da un lato l'idea di un Medioevo ridente, una sorta di tenera infanzia dell'Occidente, con l'aura mitica che avvolge cavalieri e santi, trovatori e monaci copisti, e che fa il successo di grandi monumenti (da Castel del Monte al cammino di Santiago); dall'altro la perdurante idea di un Medioevo oscurantista e feroce, con la barbarie delle crociate, le fiamme dei roghi inquisitoriali, la misoginia del potere soprattutto ecclesiastico. Questi modi opposti di pensare il Medioevo si riferiscono soprattutto a fenomeni propri della storia della Chiesa, di cui si esalta la provvidenzialità della funzione salvifica e «unificatrice» o, al contrario, si biasima la prepotente violenza. Il volume attraversa e precisa i fattori che hanno generato questi luoghi comuni per raccontare il Medioevo ecclesiastico con il passo della storia. Sarà facile vedere che non esistono né leggende nere né leggende auree, interpretazioni che vanno anch'esse storicizzate, essendo imposte, rispetto al Medioevo, rispettivamente dalla cultura illuministica e da quella romantica. Il volume si colloca in una collana di testi rigorosi e agili a un tempo, rivolti soprattutto al pubblico di università, facoltà teologiche, istituti di scienze religiose e seminari.
Attraverso l'esame di un corpus di manoscritti di matrice domenicana si indaga su due aspetti interdipendenti della mentalità e della cultura dei secoli XIII-XIV: la cultura del libro prodotta in ambito mendicante e la realtà della predicazione bassomedievale che appare strettamente vincolata a molteplici usi della scrittura e che resta un fenomeno senza la piena comprensione del quale risulterebbe oscura tanta parte delle vicende, culturali e non solo, che caratterizzarono i secoli in esame.
In questo libro Margherita Pelaja e Lucetta Scaraffia rivelano come il tentativo di unire lo spirito alla carne, e quindi valorizzare spiritualmente la sessualità, segni potentemente periodi e figure della storia della chiesa basti pensare al Cantico dei Cantici - mentre una politica della sessualità che alterna repressione e clemenza scorre parallela e agisce da efficace sistema di governo delle anime dei fedeli. La soluzione è sofisticata e funziona per secoli, finché non viene erosa dal primato della scienza che sembra dominare la modernità. Si accende così una lotta per l'egemonia in cui laici e cattolici competono ancora oggi.
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Normalmente, parole come «silenzio» e «solitudine» evocano assenza, abbandono, morte. Per i Certosini, invece, la solitudine e il silenzio costituiscono un ideale di vita. Rifacendosi all’antica tradizione dei Padri del deserto, questi monaci conducono una vita di totale silenzio, di completa solitudine, di preghiera e contemplazione, di ascesi e perseveranza.
Sulla scia di un film di successo, Il grande silenzio (2006), del regista tedesco Philip Gröning, questo libro presenta la via spirituale dei Certosini, sia attingendo alle fonti (le lettere di san Bruno, il libro delle Consuetudini dei Certosini, gli Statuti attuali dell’Ordine) sia riportando testimonianze di monaci certosini del XXI secolo.
Oltre a essere riuscito a oltrepassare le mura delle Certose, l’Autore è riuscito soprattutto a penetrare nel cuore dei monaci, scoprendo che è proprio nel grande silenzio che si ascolta Dio.
«Questo libro non tratta di uomini strani che sono lontani da te e che conducono una vita che forse vorresti mettere in discussione, ma riguarda te e la possibilità che ti viene offerta di conoscere l’avventura dell’uomo interiore e ti invita a trovare un po’ di tempo libero
nella tua vita indaffarata per approfondirla»
Dalla Prefazione di un Certosino.
Destinatari
Vasto pubblico, molto sensibile sull’argomento.
Autore
Tim Peeters è un sacerdote dell’arcidiocesi di Malines-Bruxelles (Belgio). Ha conseguito la Licenza in Scienze religiose (Università Cattolica di Lovanio) e in Diritto canonico (Pontificia Università Gregoriana di Roma). Insegna religione all’Istituto Lemmens di Lovanio ed è giudice presso il tribunale ecclesiastico dell’arcidiocesi. Nel 2008, a Lovanio, ha ricevuto il «Premio del Libro Religioso» per quest’opera.
Un gruppo di cattolici laici e impegnati nella loro Chiesa sente il bisogno di ricostruire una memoria "di base" di quel lungo e complesso processo di eventi che ha attraversato il cattolicesimo tra il 1959 e il 1965 con il Concilio Vaticano II. Ha così inizio un intenso scambio epistolare di riflessioni, testimonianze, letture: documenti che viaggiano, mese dopo mese, via rete e sono raccolti in questo volume. E' il primo di una serie intesa a rivivere le varie fasi del Concilio ed è il frutto di un anno di lavoro, dall'ottobre 2008 al settembre 2009, scandito dalle ricorrenze del cinquantenario dell'elezione di papa Roncalli e dell'annuncio del Vaticano II. Il libro ripropone con forza l'attualità del Concilio e mette a confronto l'idea di Chiesa che esso delineò con la realtà ecclesiale di oggi, senza tacere gli inciampi sul cammino ecumenico di questi ultimi anni. Anche per questo la formula della coedizione Claudiana-Mulino e il dialogo intrecciato nell'introduzione con la Moderatora della Tavola valdese, Maria Bonafede, acquistano un significato ecumenico preciso.
Luigi Pedrazzi, tra i fondatori e principali animatori dell'Associazione il Mulino, di cui è attualmente presidente, è stato vicesindaco della città di Bologna dal 1995 al 1999. Con il Mulino ha pubblicato recentemente "Resistenza cattolica" (2006).
Poteva un evento epocale come il Concilio Vaticano II limitarsi a difendere la tradizione cristiana contro gli assalti della società moderna e quelli, ancor più insidiosi, del tempo post-moderno? La risposta di questo libro è no, questo non poteva bastare. Quando i vescovi di tutto il mondo si riunirono a San Pietro, infatti, alla condanna degli errori osservati nel mondo preferirono un'esposizione positiva e convincente delle verità da accogliere e testimoniare, perseguendo quel rinnovamento spirituale e pastorale che era stato il grande insegnamento di papa Roncalli. Questo secondo volume della serie "Vaticano II in rete" ripercorre l'interessante fase preparatoria che precede il Concilio, nella quale le due anime - quella rigidamente difensiva e quella aperta all'ascolto - sono entrambe presenti e all'opera. Un contesto rispetto al quale la scelta decisiva compiuta successivamente dai Padri conciliari acquista maggior valore.
Luigi Pedrazzi, tra i fondatori e i principali animatori dell'Associazione il Mulino, di cui è attualmente presidente, è stato vicesindaco della città di Bologna. Con il Mulino ha pubblicato anche "Resistenza cattolica" (2006).
In questo terzo volume della serie dedicata a ripercorrere le varie fasi del Concilio Vatieano II, il periodo preso in considerazione va dal gennaio 1961 al settembre 1962, alle soglie dell'evento conciliare. La formula è quella consueta dello scambio epistolare: riflessioni, testimonianze e letture con le quali un gruppo di cattolici laici e impegnati nella loro Chiesa intende testimoniare l'attualità del Concilio. Il racconto della lunga e complessa Fase preparatoria giunge così al suo sorprendente atto finale: della settantina di "schemi" elaborati dalle Commissioni solo uno fu poi utilizzato dai Padri conciliari, quello dedicato alla riforma liturgica. Ma quali erano gli indirizzi teologici e pastorali seguiti negli "schemi" poi respinti o lasciati cadere? In base a quali preferenze i Padri conciliari hanno ritenuto opportuno porvi di nuovo mano, orientando la discussione e il lavoro sinodale verso quello che sarà il grande magistero del Vaticano II?

