
Credere ricorda, con parole incisive, la gioia degli amici di Cristo nel vangelo: la samaritana, il buon ladrone, san Pietro ma anche i portatori della barella di un paralitico che faranno passare attraverso il tetto. Con questi personaggi padre Carré invita ad approfondire venti aspetti della fede: la preghiera, la carità, la volontà, la speranza, il coraggio, l'audacia, la generosità.
Il detto giapponese, che dà il titolo al libro, è come una finestra aperta sul mondo: le parole di Christiane Singer hanno il tono libero di una conversazione intima. Profonda, senza mai essere inaccessibile. Ella tocca tematiche che ci riguardano tutti da vicino e che possono dare salute, gioia all'esistenza, o, altrimenti, tristezze infinite. Ci invita a riflettere e a condividere, parlando sul filo di una meditazione luminosa quanto sensibile, il mondo che viviamo, all'incrocio delle nostre emozioni e delle nostre attese.
Con strumenti diversi (la lectio evangelica, la letteratura cristiana e femminile, lo yoga, l'arte), l'autrice ridisegna i contorni di una possibile sequela di Gesù fatta di stabilità e movimento. L'esortazione evangelica a "rimanere" viene coniugata con la sfida a camminare senza avere "dove posare il capo". Gesù è il punto fisso dell'attenzione del discepolo, ma il punto fisso da seguire, nel rischio di lasciarsi portare su sentieri ignoti. In termini yogici, infine, Gesù viene accostato alla forma dell'asana, tra immobilità e sottile movimento. Ed è qui che l'autrice rintraccia la possibilità, anche per noi, della trasformazione, perché rimanendo in lui, facendo di lui la nostra asana, possiamo prendere la sua forma e divenire, come lui, permanentemente protesi, direzionati, "verso il seno del Padre".
Ogni mattino a testa vuota e lenta accolgo le parole sacre. Capirle per me non è afferrarle, ma essere raggiunto da loro, essere così quieto da farsi agitare da loro, così privo d' intenzione da ricevere la loro e così insipido da farsene salare. Così sono diventato ospite a casa delle parole della Scrittura sacra.
Dio è buono!
Nessun sospetto ci colga che il nostro padre Adamo
abbia peccato per volere di lui.
Piuttosto pensiamo rettamente del Signore
e cerchiamolo con cuore semplice.
La volontà di Dio e L’onnipotenza di Dio sono due brevi scritti sul male, il peccato e la redenzione che segnano gli albori della riflessione di Ruperto, abate del monastero benedettino di Deutz all’inizio del xii secolo. Intervenendo per confutare l’idea di una volontà di male presente nel Creatore, Ruperto difende appassionatamente la bontà e l’amore di Dio: il male è solo la persistente deviazione verso la morte da parte di una creatura mutevole e fragile che fatica ad aderire nella fede a un Dio d’amore. Ma la disputa teologica è in realtà il riflesso di un’esperienza umana di rara profondità e modernità: è dal confronto tra i moti del cuore umano e l’unica e ultima autorità infallibile, la parola di Dio, che si schiude davanti a ogni uomo un autentico cammino di speranza. Sì, poiché “Dio è buono”, è lecito continuare a sperare per tutti!
La speranza cristiana trasfigura l'attesa e promette un Regno alla comunità dei testimoni. Ci sono molti modi di incontrarsi sulla via della speranza. Il libro ne suggerisce alcuni, sulla base di tre approcci, dentro i quali affiorano tracce di un futuro diverso: l'analisi culturale, l'impegno pastorale, il racconto di esperienze di vita quotidiana. Sperare è riconoscere che il cielo e la terra si toccano; e il cielo è credibile quando illumina, promuove e riscatta la terra, non quando la demonizza, la dimentica o l'abbandona a se stessa.
Visto che oggi ci affanniamo tanto nel programmare continuamente iniziative su iniziative nei minimi dettagli, perché non impegnarci altrettanto nel 'management' del patrimonio interiore?Questa e altre domande si pone l'autore, quasi sentinella del mattino, nelle pagine di un libro che intende scuotere gli animi contrapponendo a una sempre più invadente logica aziendale un'alternativa gestione spirituale, come via autentica verso la felicità e la pienezza della vita. In un incalzare di domande e di risposte con un ideale interlocutore si delinea una spiritualità alla portata di tutti. Una spiritualità 'sotto il cielo' che non vuole insegnarci a diventare angeli, ma semplicemente e totalmente creature umane, in un fiducioso e sereno abbandono nelle mani di Dio Padre che, come artista fantasioso, dirige la sinfonia della danza del creato sulle note sempre imprevedibili del suo Spirito di Amore.
Abbiamo perso i sensi. Li abbiamo persi, quasi senza accorgercene, quando tutto attorno a noi sembrava indicare il loro trionfo: culto del corpo, esaltazione della sensualità, in una frenesia di consumi, di viaggi e di esperienze parossistiche.
Abbiamo perso i sensi. E una generazione incerta tra bio e Dio, tra salutismo e spiritualità, trova rifugio nel sex appeal dell'inorganico, dei mondi immaginari abitati da fredde creature, androidi dallo sguardo vitreo e dal cuore di silicio.
Ritrovare i sensi: anche oggi è questo, forse, il miglior antidoto al cattolicesimo light, decaffeinato, servito in molte chiese. Perché tutta la Bibbia brulica di personaggi e di scene sensuali, come un "giardino delle delizie" in cui la vista, l'udito, il tatto, il gusto e l'odorato celebrano il loro festino.
Che cosa significa vivere una vita virtuosa? Nel continuo compito di dare forma alla vita per orientarla al bello, al bene, al giusto, al vero l'uomo di oggi si sente in bilico tra virtualità e virtuosità. Vivere è la virtù. Siamo invitati ad assumere la nostra condizione umana adulta in un mondo in continuo movimento, in cui al camminare lento del pellegrino si sta sostituendo la bramosia del correre, dell'"essere al corrente". Virtù significa vita piena, vita dialogica, capace di recuperare quest'esercizio quotidiano, a portata di tutti, ordinario e non straordinario, vita bella, capace di cogliere sinfonicamente la propria esistenza assieme a quella degli altri, vita con abiti virtuosi, che occorrono per agire e per pensare. Prendere sul serio la vita quindi, ritrovare lo spazio dell'interiorità, ascoltare le ragioni che muovono ogni nostro fare, pensare, volere. Esercizio e strumento fondamentale per il rinnovamento delle comunità è il discernimento personale, radicato nel primato della coscienza, e comunitario. Le virtù, così come noi oggi le pensiamo, ci piacciono. Non sono regole da imparare a memoria. Sono belle e qualche volta ci fanno soffrire. Ma sono anche lo specchio della nostra laicità a confronto con un mondo che non può dimenticare lo sguardo sorridente di Dio.