
«In Occidente non esiste la cultura del perdente, solo l'esaltazione del vincitore. Ma è nella sconfitta che si manifesta la gloria dell'uomo». Parola di Leonard Cohen. A sua volta don Antonio Mazzi, sempre in pista 24 ore su 24, sfida i giovani a evadere da un mondo appiattito sul presente, del "tutto e subito" e per di più del "senza fatica" per ritrovare la voglia di vivere, partendo dal "desiderio". È ora di ritornare ad essere educati al principio della realtà, alla capacità di superare sconfitte, di accettare limiti, regole e doveri.
Don Antonio Mazzi è certamente uno dei più giovani novantenni in circolazione. La sua lunga esperienza di educatore e accompagnatore di giovani alle prese con tutte le difficoltà dell'epoca presente ne fa uno degli osservatori più attenti e profondi del mondo giovanile. In questo volume don Antonio offre insegnamenti preziosi e concrete regole di vita per percorrere un viaggio completo attorno al mondo giovanile. Tra i temi trattati con la solita verve, ironia e profondità: il disagio giovanile, i problemi di identità e di salute psichica, le difficoltà nell'orientamento e nelle scelte di vita, il bullismo social e non social, la scuola che fatica a riaffermare il suo ruolo e a svolgerlo al meglio e la minaccia della droga che incombe ancora e con nuove tentazioni.
Che uomo era Gesù? Come si è formato nell'infanzia e nella giovinezza? Come è nata in lui una certa idea di Dio e del mondo? Come è diventato maestro e predicatore? Come ha iniziato a fare miracoli? Come è arrivato a essere rifiutato e crocifisso? Quale fu l'effetto del suo modo di vivere sulla società in cui viveva? Cosa capirono davvero i contemporanei di lui (e cosa noi, oggi, capiamo di lui)? Cosa rimane, insomma, del suo personalissimo Vangelo? Rispondere a tutte queste domande significa riscoprire la figura di Gesù e comprendere perché ancora oggi affascini credenti e non credenti. È quello che si propone don Antonio Mazzi in questa biografia del figlio di Maria di Nazareth, del figlio di Dio, del «Cristo incontrato sulla strada». Ogni capitolo contiene una tappa del percorso dell'uomo e una provocazione rivolta al pensiero e al cuore del lettore. Senza preoccuparsi dell'appartenenza o meno di chi legge alla confessione cristiana, l'autore fa rivivere l'avventura di Gesù come «credente», per cui la fede è tutto, ritrovando la sua carica rivoluzionaria insieme alla sua straordinaria attualità.
«Questo libro è nato così. Scompaginato come il suo padrone, ma infinitamente terapeutico. Non so se in questo modo mi sono spiegato. Da trentacinque anni a questa parte, mi diverto a sintetizzare tutte le mie "chiacchierate" con i ragazzi e gli educatori nel modo strano che voi leggerete. Li ho chiamati "Cantici", perché, quando parlo con i miei (ragazzi e educatori), non faccio conferenze, lezioni, formazione. Mi esprimo con parole-simbolo, emozioni, urla, decaloghi, canti. E magicamente, inaspettatamente, si crea ogni volta un'atmosfera indescrivibile e tutto quello che dico non si può esaurire nel verbo "parlare". Le parole non sono niente rispetto a ciò che accade dentro ciascuno di loro. È per questo che, quando ho deciso di lasciare qualcosa di scritto, l'unico modo è stato tradurre in "Cantico" quello che abbiamo vissuto insieme. Voglio che accada qualcosa di simile anche a voi che leggerete. Non dovete capire, dovete emozionarvi.» Impegnato, appassionato, sempre schierato in difesa degli ultimi e spesso controcorrente, don Mazzi spiega così il senso di questo libro. Il pensiero forte, cristiano, di un sacerdote, che in questo ruolo si è lanciato in mille dibattiti, manifestando dissenso o sintonia, ma ricordando ogni volta lo spazio e il rispetto da riservare alle idee altrui. Un invito a voltare le spalle all'aggressività dei nostri tempi, allo spettacolo della prepotenza e allo schema della prevaricazione e ad abbracciare il «dialogo del sorriso», il confronto aperto, lo scambio nel quale è meraviglioso ascoltare e dal quale si può anche imparare. Perché, ci ripete con forza, urlare le proprie certezze è una sconfitta della capacità umana di comunicare.
«Questo è per me, oggi, la fede: dar credito a una promessa di vita infinita, perché ho finalmente capito che non posso fare a meno di sperare in essa. E la speranza è presente in me non per obbedienza al mio credo o alla mia Chiesa, ma perché sono uomo, ho dentro l'infinito e voglio la vita.», Nella lunga confessione contenuta in queste pagine, don Antonio Mazzi dà molto spazio alla speranza, un sentimento che non invecchia, che accomuna persone di fede e non credenti, che ci aiuta a guardare a noi stessi e agli altri fiduciosi di ricevere amore e salvezza e di poterne dare a nostra volta. Rivolgendosi idealmente a un giovane interlocutore, il sacerdote che ha dedicato la vita ai "ragazzi cattivi" ripercorre alcune sue esperienze per consegnarci, in un amorevole testamento spirituale, i pensieri che più gli stanno a cuore: la dimensione vitale, corporea, universale del Vangelo; il senso di essere prete e padre; l'importanza dell'ascolto e dell'accoglienza; il ruolo del perdono; la bellezza della preghiera; la necessità di aprirsi agli insegnamenti paradossali di Gesù per vivere in pienezza. Con la passione, la schiettezza e l'energia che lo caratterizzano, don Mazzi ci trascina a scandagliare, insieme a lui, il mistero che riguarda tutti e ciascuno di noi.
Don Mazzi ha spesso diviso l’opinione pubblica e i molti suoi interventi hanno fatto storcere il naso ai “benpensanti”. Il 30 novembre Don Antonio compie 90 anni, e queste pagine sono il bilancio di una vita “contro”. Meglio dunque lasciare a lui la presentazione del libro: «Da più di 50 anni vivo con i ragazzi problematici che ho accolto. Nel libro ho raccolto tante storie (ogni storia sarebbe molto più avvincente dei gialli in commercio): sono tutte autentiche, molte scritte proprio da chi le ha compiute. Non solo storie di “cattivi”, ma anche storie “esemplari” e affascinanti. E vi sfido a capire quali sono le prime e quali le seconde, perché, quando un cattivo cambia, non sa accontentarsi di diventare buono, ma vuole compensare i suoi errori, e diventa ottimo. Come al solito, direte che il don se l’è detta e cantata alla sua maniera, a cominciare dal titolo. Invece è vero, non è provocatorio, e tanto meno ecclesiastico. E arrivo a dirvi che non ho voluto mettermi al posto di teologi, psicologi ed educatori – personaggi ben più bravi e credibili di me – ma che questa volta, in queste storie, è il Padreterno a darmi ragione».
Il succo di una vita vissuta da prete di strada. Ecco il senso di questo libro e della profonda consapevolezza di don Antonio: un libro sfolgorante, tanto semplice nelle parole quanto potente nella passione umana con la quale l'autore rilegge la Parola di Dio dal basso e in tarda età. A partire da un brano della Bibbia, don Antonio ci offre un commento essenziale, sapienziale e popolare al tempo stesso. Ma fortissimo nel suo valore evangelico, nel senso della sorpresa, della notizia buona e inaspettata che sorge come acqua dal terreno e bagna i piedi di tutti quelli che camminano. «Non aspettatevi qualcosa di coerente, qualcosa che assomiglia alle prediche. Sono partito dai piedi perché il Vangelo è cammino. Ragionando dai piedi sono sicuro che una piccola somiglianza con Cristo ce l'abbiamo tutti e, alla fine, quella lavanda del Giovedì, da sola, può raccontarci tutta la storia dell'uomo» (dall'Introduzione dell'autore).
Ancora un libro di don Antonio Mazzi!?! Sì, ma questa volta è la sua autobiografia: finalmente si può capire cosa ha in quella testa così bacata da proporre idee e pensieri che fanno impazzire alcuni e incazzare altri, tanti altri. Soprattutto però mette a nudo il suo cuore, un cuore grande, così grande da riempirsi di tutte le debolezze, le fragilità, le schifezze che gli altri volentieri schivano o fanno finta di non vedere. «In questo libro non esiste la logica e, tanto meno, la continuità. Esiste la mia anima, perforata dalle vicende che la vita e il Padreterno mi hanno elargito con generosità. Un'anima che va avanti e indietro tra episodi, preghiere, riflessioni, dubbi, domande, gioie, tragedie. Ho raccontato perciò, alla mia maniera, la mia vita. Ripeto: non c'è logica, ma solo la mia anima sgangherata, la mia spiritualità grossolana, sparpagliata tra notti insonni, piccole vittorie, disfatte oceaniche e preghiere dislessiche. Perché in tutto questo ci sta il mio Dio. Non lo dico "mio" perché lo possiedo. Lo dico mio perché non so se sia anche quello degli altri, dei cosiddetti normali».
«Quattro anni di Bergoglio basterebbero per cambiare le cose.» Così, nel marzo 2013, un anonimo cardinale confidava a un amico giornalista le sue speranze per l'imminente conclave. Ora, a quattro anni di distanza, le parole di quel cardinale suonano più che mai profetiche. Dall'elezione al soglio pontificio, Bergoglio, Papa rivoluzionario, sta cambiando il volto della Chiesa. Una rivoluzione fatta di parole spiazzanti e controcorrente che spesso hanno fatto storcere il naso ai cosiddetti "benpensanti" e alle alte sfere ecclesiali, ma che hanno conquistato fedeli e non fedeli di tutto il mondo. E se di rivoluzionario si tratta, chi meglio di don Antonio Mazzi, da sempre "prete contro", può farsi portavoce di questo gesuita "venuto dalla fine del mondo", schierato dalla parte dei diseredati? Così, come ha già fatto ne Le parole di Papa Francesco che stanno cambiando il mondo, don Antonio ha messo uno accanto all'altro i discorsi del pontefice, e ne ha ricavato un nuovo dizionario - dalla A di allattamento alla V di visita a Milano, passando per voci importanti come famiglia, divorzio, figli -per raccontare insieme la visione dell'Uomo e della società d'oggi. Un linguaggio, quello di Francesco, che ha rimesso al centro della vita del cristiano gli esclusi, anche peccatori e non credenti. Come al centro della vita di don Mazzi, paladino degli emarginati, c'è sempre stata la difesa degli ultimi. Discorsi a braccio, dal profondo del cuore, quelli del Papa e quelli di don Mazzi, come due padri che parlano ai figli, due pastori che parlano ai fedeli. Due voci per l'annuncio del Vangelo di Cristo.
Ancora un libro sull'adolescenza!!! E poiché diverso non sarà, allora don Antonio Mazzi fa diverso il titolo. Per lui SPINOCCHIO non è un dispregiativo. SPINOCCHIO sarebbe un po' tutto quello che è stato Pinocchio, però alla rovescia: Bambino, non burattino. Pieno di libri e di zainetti, per cui venderne uno o cento, non fa differenza. A scuola basta il telefonino. Con un papà, o due, e quattro nonni (perché Geppetto è più un nonno che un papà). Con tanti amici, non amici, più lepri che gatti, più oche che volpi. Il paese dei balocchi ha infiniti nomi, pur essendo senza balocchi. Anzi l'Italia è tutta un paese dei balocchi. Tutto questo preambolo perché don Mazzi prende da Pinocchio le amicizie, le avventure, gli sbagli e le caratteristiche; infatti, se la storia di Pinocchio è la storia di un adolescente, ci sta dentro tutto e, per don Antonio, ci dovrebbe star dentro anche un finale positivo, bello: l'ultimo capitolo di SPINOCCHIO dovrebbe coincidere col capitolo dell'incontro con il padre, non nella pancia della balena, ma attorno ad un tavolo, per cenare insieme.