
"La mia missione - scrive Franco Cagnasso, da anni operante in Bangladesh - è anche questa: aprire il cuore, farvi spazio per coloro che incontro con le loro pene, gioie, peccati, paure. Poi, quando prego, apro il cuore a Dio e loro sono tutti lì: cristiani, musulmani, buddhisti, lontani, vicini". Il libro, più che una riflessione teologica sulla missione della Chiesa nel postconcilio, è una testimonianza di vangelo annunciato e vissuto in contesti diversi dall'Occidente europeo e offre uno spaccato sulle contraddizioni che i missionari incontrano, sulla fatica del dialogo con religioni e culture, sulla difficoltà di amare e di aiutare i poveri senza idealizzarli o umiliarli. Il volume raccoglie scritti inediti e altri diffusi in rete o "pro manoscritto" tra gli amici. Il tema conduttore è l'amore appassionato nei confronti dell'uomo e di Cristo e lo "stupore" di vedere lo Spirito all'opera, anche quando umanamente non si vede che disperazione. È questo che dà la forza all'autore di "sporcarsi i sandali" con i mille problemi della sua gente, senza confini confessionali e culturali.
Don Tonino Bello, vescovo degli ultimi, introduce con questa raccolta antologica delle sue prediche ai cristiani impegnati nel sociale e in politica il seme evangelico della bontà e dell'amore intelligente e creativo nel difficile campo dei rapporti sociali. Quello dell'operatore sociale e del politico è un mestiere difficile, cristianamente molto impegnativo, una scelta coraggiosa, una vera vocazione. Il Vangelo, secondo don Tonino, richiede di fare delle scelte radicali, trovare nuove convergenze tra ideali ed esigenze concrete, «portare la veste battesimale nei quartieri e la tuta da lavoro in chiesa», «liberare l'uomo dall'intrigo della miseria, dalle grinfie rapaci del potere, dalle seduzioni del falso benessere». Un programma ambizioso e complesso che non deve mai scoraggiare: «La speranza è in agguato», rassicura don Tonino, «anche se è buio intorno. Non tiratevi indietro, anche se avete la percezione di camminare nelle tenebre».
L'essere umano vive costantemente un'inquietudine che è propria della sua costituzione più profonda. Da una parte resiste al cambiamento rimanendo nella zona di massimo conforto che il contesto e le condizioni di vita gli permettono; dall'altra, sente dentro di sé l'ineliminabile impulso ad andare sempre oltre, a uscire, esplorare, innovare e ricominciare. Gli scenari e i suggerimenti esposti in questo libro possono essere letti come l'occasione, per le imprenditrici, gli imprenditori e quanti lavorano in organizzazioni profit e no profit, di esplorare e gestire al meglio questa inquietudine. Con l'aiuto di alcune parole del Vangelo è possibile conoscere come vivere la tensione - Change management - verso il "nuovo" e modificare il proprio modello di business, affinché sia in grado di generare un progresso verso l'inclusione sociale: un modello sostenibile e solidale, capace di rispettare l'ambiente e di promuovere la giustizia e la pace.
Per parlare ai vinti, agli sconfitti, la tradizione in passato aveva elaborato un linguaggio semplice e steso un elenco di riferimento: i poveri, gli storpi, gli zoppi, i ciechi... la vedova e l'orfano. Figure simboliche pensate per annoverare qualsiasi situazione di povertà. D'altro canto lo stesso Cristo non ha avuto successo! La croce ha fatto di lui il primogenito dei suoi figli sconfitti. Ma il Vangelo non è un testo che invita al sacrificio per imitazione del sacrificio del Cristo ma è innanzitutto parola di salvezza, interpretazione della salvezza di Cristo, chiamata alla vita vera, sprone ad amare a dispetto di tutto. Questo libro si propone di ricordare a chi è rassegnato al dolore e alla sconfitta che Dio rivolge lo sguardo verso coloro il cui cuore è infranto per salvarlo.
Il succo di una vita vissuta da prete di strada. Ecco il senso di questo libro e della profonda consapevolezza di don Antonio: un libro sfolgorante, tanto semplice nelle parole quanto potente nella passione umana con la quale l'autore rilegge la Parola di Dio dal basso e in tarda età. A partire da un brano della Bibbia, don Antonio ci offre un commento essenziale, sapienziale e popolare al tempo stesso. Ma fortissimo nel suo valore evangelico, nel senso della sorpresa, della notizia buona e inaspettata che sorge come acqua dal terreno e bagna i piedi di tutti quelli che camminano. «Non aspettatevi qualcosa di coerente, qualcosa che assomiglia alle prediche. Sono partito dai piedi perché il Vangelo è cammino. Ragionando dai piedi sono sicuro che una piccola somiglianza con Cristo ce l'abbiamo tutti e, alla fine, quella lavanda del Giovedì, da sola, può raccontarci tutta la storia dell'uomo» (dall'Introduzione dell'autore).
Il succo di una vita vissuta da prete di strada sui passi del Vangelo. Un libro folgorante, tanto semplice nelle parole quanto potente nella passione umana con la quale il sacerdote rilegge la Parola di Dio dal basso e alla vigilia dei suoi 95 anni. A partire alcune pagine memorabili del Vangelo, un commento essenziale, sapienziale e popolare al tempo stesso, ma fortissimo nel suo insegnamento.
"Nell'esortazione di Francesco sulla santità Gaudete et exsultate, il papa invita i cristiani, soprattutto in famiglia e in comunità, a fare attenzione - come faceva Gesù con i discepoli - ai «piccoli particolari dell'amore». Partendo da sette riferimenti evangelici (il vino di Cana, la casa di Giairo, il gregge del pastore, le monetine della vedova, l'olio delle vergini, il pane condiviso e la «piccola colazione» sul lago di Tiberiade) l'autore, aprendo il cuore anche con esperienze personali, ci conduce alla riscoperta di quei «dettagli» che possono essere un «di più» nella vita familiare e comunitaria. Dopo la pandemia, è ancor più importante cogliere queste «piccole cose» che possono rendere più felice il prossimo, ricordando che Dio privilegia i piccoli e ama rivelarsi nella semplicità. Ricordiamo come Gesù invitava i suoi discepoli a fare attenzione ai particolari. Il piccolo particolare che si stava esaurendo il vino in una festa; [...] che mancava una pecora; [...] della vedova che offrì le sue due monetine; [...] di avere olio di riserva per le lampade se lo sposo ritarda; [...] di chiedere ai discepoli di vedere quanti pani avevano; [...] di avere un fuocherello pronto e del pesce sulla griglia mentre aspettava i discepoli all'alba". (Papa Francesco)
"Gesù che siede a tavola e che parla del Regno dei Cieli come una mensa imbandita è solo l'inizio, il pretesto per poi passare ad una carrellata di umanità che si pone di fronte alla grande domanda su Dio: chi è Dio veramente? E cosa significa nella sua essenza ultima: 'Prendete e mangiate, questo è il mio Corpo'? Dio si comunica non solo con le parole, ma con i fatti. E ogni incontro chiede una risposta. Si legge per nutrirsi, dal momento che noi abbiamo non soltanto un corpo biologicamente affamato, ma anche un'anima affamata. E poi, non solo l'uomo ha 'fame' di Dio, ma anche Dio ha 'fame' dell'uomo, dal momento che Dio è amore e il suo desiderio di donarsi è letteralmente infinito. Basterebbe questo per impazzire. È la follia dei santi" (dalla Prefazione di padre Serafino Tognetti).
"Che lettore di Vangelo sia don Fabrizio è subito chiaro. Per lui Gesù è il liberatore, colui che scioglie l'uomo dai vincoli di ogni sovrastruttura superflua, di ogni convenienza e connivenza mondana. Un Gesù povero tra i poveri, la cui incarnazione si compie ancora, ogni giorno, nelle ferite e nelle lacrime di ogni sofferente. A questo Cristo don Fabrizio dà del tu, perché al più umano fra gli uomini non ci si può rivolgere altrimenti. Si impara molto, leggendo questo libro. Più che altro, però, si ritrova una prospettiva che sembrerebbe altrimenti perduta: quella per cui ogni racconto è il racconto di un ritorno, e cioè di una perdita e di una salvezza. A riassumere le storie di tutti, in quella che diventa la storia di ognuno, è la vicenda irripetibile di Gesù di Nazareth. Crediamo di conoscerla, come se fosse una favola. Invece ci sorprende sempre, come se fosse il resoconto di una vita che ancora dobbiamo incontrare". (Dalla Prefazione di Alessandro Zaccuri).
Raccoglie le omelie alla città di Vercelli ogni 1° agosto, nella festa di Sant’Eusebio, patrono della città, dell’arcidiocesi e – per volontà del beato Giovanni XXIII – della Regione conciliare piemontese. L’omelia è caratterizzata dalla riflessione pastorale in duplice modo: da una parte, essa ha come destinataria la città, la comunità dei credenti, fedeli al dies Domini e i cristiani saltuari, e in particolare i rappresentanti delle Istituzioni civili; dall’altra, la proposta, attesa e ascoltata con palese interesse, è attenta ai problemi della città e del contesto culturale odierno, con un evidente sviluppo del rapporto tra fede e storia, Chiesa e mondo.
Il libro offre la possibilità di un intelligente approfondimento dei fenomeni culturali nei quali viviamo la gioiosa fatica della fede. E in particolare richiede attenzione agli uomini e alle donne impegnati sulle frontiere della politica e della vita sociale; propone una lettura dei fenomeni delle giovani generazioni per incoraggiare e motivare un rinnovato impegno educativo. Sottintende la tesi secondo cui la fede di oggi deve ripartire e calarsi nei contesti complessi e problematici che abitano la città; non è più la parrocchia di campagna con il suo rarefatto tessuto omogeneo.
Come uscire dal grigiore della nostra epoca, per far ringiovanire la Chiesa d’oggi e rinnovare anche la società?
«Questo volume, che scandisce i venticinque anni di episcopato, vuole disegnare proprio l’itinerario comune che vescovo e fedeli hanno insieme percorso a partire da quel giorno, un itinerario emblematico che può essere un programma di indole generale per altre Chiese e altre esperienze pastorali». (Gianfranco Ravasi)
Autore
Enrico Masseroni, nato a Borgomanero (NO) nel 1939, ordinato sacerdote nel 1963, è licenziato in teologia e laureato in filosofia. Già vescovo di Mondovì dal 1987 al 1995, è attualmente nella sede arcivescovile di Vercelli. È stato presidente della Commissione esecutiva del Congresso europeo sulle vocazioni (1997) e presidente della Commissione episcopale per il clero. Collabora a riviste di carattere pastorale. Fra le sue opere, con Paoline ha pubblicato: Insegnaci a pregare. Un cammino alla scuola del vangelo (1988, 19903); Agape. Un cammino sulla carità alla scuola del Nuovo Testamento (1991); Le frontiere della profezia (1994); Laici cristiani. Tra identità e nuove sfide (2004); Vi ho dato l’esempio. Lectio divina sulla «giornata del prete» (2006, 2007); Capire e vivere la Messa. Un percorso biblico-liturgico (2009); Ti benedico, Signore. Preghiere alla scuola della Parola (20102); Osare la missione. Spiritualità e profezia in padre Francesco Pianzola (2011).
"Non so come, stiamo parlando di deserto e comincio a raccontare la storia di Lawrence d'Arabia e del suo bellissimo turbante azzurro e scivolo discretamente nel discorso, buttando lì che probabilmente dovrò sottopormi a una cura che mi farà perdere i capelli. Ricordo come una lama affilata il commento di mio figlio: 'Allora, mamma, vuol dire che hai avuto un tumore; anche un bambino a scuola è senza capelli perché ha avuto un tumore quelli che perdono tutti i capelli hanno un tumore'". Un duetto sul tempo della malattia dove la scrittura diventa indagine, scavo, consolazione. E dove "stare" è un verbo attivo. Nota di lettura di Silvano Petrosino.
Il tuono del silenzio, come da titolo, è una trama intessuta con due fili: il tuono, che è suono e frastuono, e il silenzio, la parola taciuta, misteriosa, da decifrare. Costruito intorno a un ossimoro, che ingloba cielo e terra, è specchio della nostra umanità, con tutte le sue ferite e contraddizioni (i personaggi fittizi ne sono un fedele riflesso), o di chi ci plasma e ci lavora (la Vita, la Natura, Dio). In una nota preliminare al testo, l'autore avverte: "In ebraico, il sostantivo 'voce' può essere tradotto anche con 'suono' e con 'tuono', soprattutto in contesti teofanici".

