
Agar, donna la cui storia di maternità viene narrata nel ciclo dei patriarchi, è quasi sempre definita a partire dalle sue relazioni: è la schiava di Sara, la moglie di Abramo, la madre di Ismaele. Eppure, Agar l'egiziana, anteponendo l'esperienza vissuta sul proprio corpo alle gerarchie sociali e ai vincoli del diritto, ridefinisce se stessa, modifica lo sguardo sulla propria condizione, si mette in ascolto di quanto le accade e, con l'aiuto del Dio d'Israele, dà vita a una storia nuova, a un popolo nuovo. Lo studio dei testi di Genesi che ne raccontano la vicenda (16 e 21,1-21) mette in luce diverse stratificazioni e numerosi rimaneggiamenti che testimoniano l'interesse degli autori dell'Antico Testamento per la madre del primo figlio di Abramo. Agar è una donna giovane e ribelle che incontra Dio e dialoga con lui nella terra di confine tra la vita e la morte, lì dove la ricerca di se stessa la conduce.
Nelle Scritture bibliche, e in particolare nella serie di quarantasei libri che chiamiamo Antico Testamento, sono presenti varie sensibilità e sottolineature riguardo lo spirito della preghiera. Le situazioni mutevoli della vita fanno emergere l'esigenza di essenzialità, chiarezza o consolazione e la preghiera si modula con esse nella relazione del tutto della persona con il Signore che è Dio nostro. La preghiera è dunque tensione, mai pienamente realizzata, verso quanto il Signore ricerca dall'essere umano: ascolto e alleanza, fonte di amore. Credere e pregare che Dio è l'Uno porta a unificare cuore, anima e forze per andare - trasformati - incontro al prossimo. Le situazioni della vita con le persone che le animano, le gioie e le speranze, i dolori e le angosce, sono nella preghiera presentate al Signore. Egli si pone accanto a ciascuno nella condizione reale in cui si trova e lo invita a fare dei passi insieme a lui. Attraverso l'approfondimento, la preghiera e la prassi si assume gradualmente lo sguardo di Dio, che di racconto in racconto, di esperienza in esperienza, si mostra più profondo e più vasto di quello che l'essere umano pensa.
Pregare con i Salmi è tradizione antichissima, biblica, patristica e monastica, degli ebrei e dei cristiani. Libro della liturgia ufficiale di Israele, i Salmi sono diventati poi i testi della preghiera cristiana, anche liturgica (si pensi al Salmo responsoriale). Il Salterio è un "microcosmo" di molteplici aspetti: letterario, simbolico, teologico, dell'umanità, della preghiera, della storia, della liturgia. Microcosmo dell'Antico Testamento, microcosmo cristiano, poiché, come scrive Ugo di San Vittore, «tutta la divina Scrittura costituisce un unico libro e quest'unico libro è Cristo». Come l'intera storia di Israele - occasione della fedeltà di Dio al suo alleato - è narrata nei Salmi, così il Salterio contiene il grido, il dolore, la letizia e la tristezza, i timori, i dubbi, le speranze, l'esperienza tutta della vita e della morte umana. Contiene una «anatomia di tutte le parti dell'anima », secondo il famoso aforisma di Calvino. La musica e la poesia della cui materia sono fatti i Salmi è infine capace di rendere i versi di un "io" orante, la voce di tutta l'assemblea, sia quella di Israele che quella della Chiesa.
Sette autori contemporanei si mettono a confronto con sette pagine di Vangelo. L'incontro è sorprendente: Lazzaro, Giuseppe, persino il fico della parabola riprendono vita ed entrano a pieno titolo nell'avventura dell'umanità contemporanea; sì, perché la rilettura che emerge da queste pagine (a volte drammatiche, a volte ironiche, a volte semplicemente curiose) sembra riportare tempi e figure, che sono stati presenti a Cristo nella sua avventura terrena, a una nuova forza narrativa e rivelatrice. In fondo, nei personaggi anche minimi della Parola di Dio siamo un po' tutti simbolizzati; ed essi riescono a restare capaci di provocazione nei confronti della nostra realtà che ha bisogno di una novità e di parole inattese.
Una galleria di giovani personaggi dell'Antico e del Nuovo Testamento schizzati con mano rapida, felice, guidata da non comuni competenze storiche e linguistiche. Figure che fanno parte dell'immaginario di tanti lettori (dall'Isacco offerto in olocausto da Abramo al giovane discepolo Giovanni, amato da Gesù), ma anche fi gure più appartate, nascoste nelle pieghe di un libro smisurato e complesso come la Bibbia; presenze non per questo meno ricche di freschezza, di densità simbolica, di suggestione poetica (per esempio la ragazza che piange per due mesi sui monti la propria verginità sacrifi cata al voto insensato del padre Iefte). Nel cuore del libro Ravasi apre uno spazio adeguato alla giovinezza del personaggio cruciale del cristianesimo, il carpentiere e poi rabbì itinerante originario di Nazaret. Una parola è dedicata agli anni nascosti del Signore, alla sua famiglia, alla sua professione, alla sua conoscenza della scrittura e della lettura, alla cronologia della sua vita.
La birra, nella cultura occidentale, è stata spesso considerata una bevanda rozza e meno dignitosa rispetto al vino. In realtà nel Vicino Oriente Antico aveva un'importanza notevole, a livello sia sociale sia religioso, tanto che in Mesopotamia vi era addirittura una divinità ad essa dedicata. Questo libro traccia una documentata storia del «pane liquido» nelle civiltà mesopotamiche e nell'antico Egitto e mostra come questa bevanda fosse diffusa e tenuta in grande considerazione nel mondo antico, forse già dal Neolitico, quando la coltivazione dell'orzo portò alla produzione non solo del pane ma anche della bevanda ottenuta dalla sua fermentazione. Inoltre, si evidenzia come essa sia menzionata varie volte nell'Antico Testamento, benché la sua comparsa sia oscurata da traduzioni generiche. Infine, si svelano quattro ricette per produrre birra seguendo il metodo usato da assiri, sumeri, babilonesi, egizi e israeliti.
«Non c'è specchio migliore in cui tu possa vedere quello di cui hai bisogno se non i dieci comandamenti nei quali tu trovi ciò che ti manca e ciò che devi cercare» (Martin Lutero). È uno specchio in cui non deve riflettere il suo volto solo l'ebreo o solo il cristiano, ma anche il "laico", ogni uomo che si interroga sul senso dell'esistenza, sul valore del bene e del male, della verità e della menzogna, della giustizia e del crimine, della vita e della morte. Certo, queste "dieci parole" sono moniti, "comandamenti", come siamo soliti definirli. Eppure, se ben compresi, ci si accorge che essi non cancellano la libertà dell'uomo, anzi, la esaltano ponendola al centro delle decisioni personali.
In questo libro, don Francesco Cristofaro ci guida in un percorso spirituale alla scoperta del Volto di Gesù nel Vangelo di Matteo. Dalla nascita a Betlemme fino al Discorso della Montagna, dalle tentazioni nel deserto agli incontri che hanno segnato la vita dei discepoli e delle persone ferite, ogni pagina ci avvicina al Cuore del Maestro e alla sua misericordia. L’autore intreccia il racconto evangelico con esperienze personali, episodi di vita quotidiana, incontri pastorali e testimonianze, creando un dialogo vivo tra Parola di Dio e vita di ogni giorno. A impreziosire il percorso offerto al lettore, numerosi riferimenti alla tradizione della Chiesa, in particolare con ampi riferimenti a sant’Agostino, che con la sua sapienza illumina e approfondisce i temi trattati. Questo testo, nello stile di don Francesco, non è solo un commento al Vangelo, ma un invito alla contemplazione per il lettore: è un viaggio da fare insieme, che sollecita a fermarsi, ad alzare lo sguardo e a lasciarsi trasformare dall’incontro con Cristo. Il Volto di Gesù diventa così specchio in cui riconoscere la nostra umanità e scuola di amore, umiltà e speranza. Un libro da leggere con calma, da meditare e da portare nel cuore, come compagno di preghiera e guida nel quotidiano.
La felicità è il più profondo richiamo del cuore, una forza attrattiva, un desiderio, la spinta che guida le azioni umane. Tuttavia si sperimenta spesso la dialettica tra questa tensione interiore e lo scarto con la crudezza della realtà con cui ci si scontra spesso nella vita di tutti i giorni a tal punto che il linguaggio si percepisce incapace e inadeguato ad esprimersi. Ecco allora il perché della scelta del Salterio e del suo modo di intendere la felicità, non solo per il fatto di essere il libro che più di tutti fra quelli dell'AT abbonda delle espressioni felicitatorie, ma soprattutto perché la rivelazione biblica ha demandato al linguaggio poetico il difficile e arduo compito di raccontare in poesia ciò che per altre forme del linguaggio ordinario risulterebbe un tentativo con esiti fallimentari. Desterà meraviglia, ma non troppo, se alla fine si dovesse scoprire che tra questi componimenti è stato intessuto, un filo unificante col quale il Salterio è stato cucito e ordinato.
Questo libro invita il lettore a compiere un viaggio dentro e oltre la superficie dell'emozione della rabbia, affrontandola non solo come fenomeno sociale, ma come espressione antropologica, clinica e spirituale. La rabbia, infatti, affonda le radici nella storia personale, nel corpo, nella cultura e - non ultima - anche nella complessa relazione con Dio.Il percorso parte da un excursus storico, attraversa una lettura fenomenologico-relazionale della rabbia per approdare all'analisi di alcuni passi dei Vangeli. Attraverso episodi tratti dai Vangeli di Marco e Luca, viene esplorata la rabbia agita e subita da Gesù, fino a giungere alla rabbia fraterna che affonda le sue più profonde radici nel rapporto con Dio.
La Rivelazione scritta è costituita anche dai libri profetici, che possono essere paragonati a un tesoro racchiuso in cassaforte. I lettori che si avvicinano al testo profetico, frequentemente sperimentano qualche difficoltà per cogliere il messaggio trasmesso da Dio. Questo volume è un vademecum semplice e concreto per comprendere il prezioso senso racchiuso nelle pagine profetiche. I libri profetici hanno visto la luce molti secoli addietro, eppure, i loro contenuti sono adeguati anche ai tempi attuali. Il messaggio divino mette in evidenza la necessità di non sottostare supinamente al male e di reagire mediante la conversione, il ravvedimento, la purificazione. Le promesse di benevolenza, protezione e grazia, che il Signore trasmette al popolo ebraico, sono attuali anche per le donne e gli uomini del nostro tempo: sono un invito alla speranza, all'ottimismo e alla gioia.
Elena Álvarez è laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Santiago de Compostela e ha conseguito un dottorato in Teologia presso l'Università della Santa Croce (Roma). Attualmente è docente presso l'Università Internazionale di La Rioja, e indaga le correnti filosofiche che caratterizzano la cultura attuale, nonché le modalità di dialogo tra le diverse interpretazioni dell'essere umano e del mondo.

