
Gli strumenti indispensabili da mettere nello zaino per intraprendere il viaggio d'esplorazione della Bibbia.
Nell'imponente mole di studi riguardano gli scritti giovannei, manca una specifica monografica sul "dono". L'Autore, con cura ed esemplare chiarezza, prende in esame il Vangelo e la Prima Lettera di Giovanni. In realtà, per Giovanni, "tutto è dono" perché Gesù Cristo è il dono di Dio al mondo, dalla cui "pienezza abbiamo ricevuto dono su dono". Poiché ogni dono nasce dall'amore, allo sguardo stupito e acuto di Giovanni si pare un orizzonte di relazioni tutte intessute d'amore.
Dentro le pagine bibliche vi è una continua oscillazione tra la sete di libertà e la legittimazione dell'autorità, tra la necessità del potere e la denuncia dei mali da esso prodotti. Attraverso un'indagine incentrata sia sulla scrittura sia sulla storia, il testo esamina queste irrisolte tensioni.
In questo studio vengono messe a fuoco cinque tematiche giovannee essenziali: la figura di Cristo-agnello, la dinamica dello Spirito, la venuta di Cristo, la maternità di Maria come modello della maternità della Chiesa e il concetto di santità. Ne scaturisce un percorso trasversale lungo l’intero «corpo giovanneo» nel quale si legge, quasi in trasparenza, la portata della crescita e dello sviluppo della comunità. Ed è proprio questo l’insegnamento più bello, quasi commovente, raccolto nella testimonianza di Giovanni e attraverso la mediazione materna di Maria: la comunità si lascia formare gradualmente nella fede, nel contatto vivo con il Risorto, scandito dalle celebrazioni domenicali della Pasqua. Essa cresce alla scuola dello Spirito: lo stesso Spirito che permea le pagine giovannee, lasciandovi impresse le orme di un’esperienza spirituale e di fede condotta autenticamente, in prima persona.
Ugo Vanni ha dedicato tutta la vita allo studio e all’insegnamento della Scrittura, in particolare presso la Pontificia Università Gregoriana e il Pontificio Istituto Biblico. È uno dei massimi esperti dell’Apocalisse e dal 2000 è membro della Pontificia Commissione Biblica.
Mediante un'attenta analisi esegetica della Lettera ai Romani, il presente volume cerca di far emergere l'immagine di Dio descritta dall'Apostolo Paolo.
Unico fra gli evangelisti, Luca fa seguire al suo vangelo la storia della prima chiesa: gli Atti degli Apostoli. Vangelo e Atti costituiscono, in un certo senso, un'opera sola. Naturalmente anche in questo caso Luca fa opera più da evangelista che da storico semplicemente. Utilizza il materiale che ha, in parte frammentario e in parte lacunoso, e ne fa un racconto che ha almeno due scopi precisi. Il primo è di mostrare che la storia di Gesù continua nella storia della Chiesa: la stessa Parola, le stesse vicende, lo stesso Spirito, la stessa passione per la salvezza degli uomini. Il secondo scopo che guida il modo con cui Luca racconta la storia è quello di offrire un modello di comunità e di missione ai credenti di ogni tempo.
Addentrarsi oggi nelle "storie" della Bibbia è come intraprendere un viaggio d'esplorazione. Percorrere terreni sconosciuti, attraversare regioni completamente nuove, non è possibile senza un certo "gusto dell'avventura". Alcune certezze comuni potranno anche essere scosse, ma nulla si perderà durante il viaggio, se non ciò che è diventato inutile o lo era da tempo. A una condizione: porre domande giuste per ottenere risposte giuste. Jean Louis Ska, attraverso l'analisi di "storie" bibliche veterotestamentarie, suggerisce gli strumenti da "infilare nello zaino".
Si riparte con l'anno A, quindi -credevamo- con il più istituzionale dei Vangeli. E invece scopriamo che camminando con il Gesù di Matteo siamo nel margine.Un autentico spiazzamento, in linea con gli instancabili richiami alle periferie e all'uscita di papa Francesco. Insieme con le parole per dirlo questo margine, i passaggi meditativi, intessono fili molteplici: autrici e autori anonimi o ben noti, credenti o laici, esperti di Bibbia o di scienze umane, padri della Chiesa e teologhe femministe. Un tessuto di voci ed esperienze recenti a dire che davvero il regno si è terribilmente avvicinato alla vita. Non abbiamo scuse per restare separati tipo i farisei di Matteo.
L'opera segue la struttura dell'anno liturgico e raccoglie, in un unico volume, gli interventi settimanali distribuiti nei tre anni del ciclo festivo. Si tratta di interventi brevissimi, essenziali che hanno come obiettivo una sintesi del messaggio di ogni domenica. Come lo stesso autore sottolinea, in qualche caso si tratta di un commento che riesce a rispondere alle domande che la Parola suscita; in qualche caso invece il commento ha solo lo scopo di provocare, di aprire a domande ulteriori. Un commento utile a chi desidera entrare nel tesoro della Bibbia con uno spirito di semplicità e libertà, ma per questo risulta molto utile anche a chi è preposto, nella comunità, a spiegare la parola di Dio e a renderla parola incarnata.
Percorrendo il Vangelo di Giovanni l'autore affronta, in ciascuno dei 12 capitoli, un incontro con una o più persone, che Gesù provoca per introdurre i suoi interlocutori dentro il mistero di una relazione che è relazione di amore. Una serie di meditazioni che mettono a confronto con la Parola per comprendere il senso della storia della salvezza dentro cui si decide di vivere: sollecitano a mettersi in ascolto, ad accogliere la sua proposta, con le antenne tese per interrogarsi e interrogare la propria vita e quindi rispondere alla sua chiamata. In questo il lettore è aiutato dalle domande che gli sono poste per una riflessione personale alla fine di ogni capitolo. Tematiche: chi è stato il "mediatore" del mio incontro con Gesù; con chi mi confronto per crescere nella fede; quali desideri stanno a fondamento della mia vita, ecc. Tutti interrogativi esistenziali per verificare l'autenticità della nostra vita di fede e quindi della nostra relazione con il Signore.
È la comune esperienza della conversione ad avvicinare John Henry Newman a Paolo di Tarso, a cui il religioso anglicano dedica i quattro sermoni qui raccolti. La conversione di san Paolo risale al 1831, quando Newman è ancora attivo nel Movimento di
Oxford; lo schema su san Paolo missionario è del 1851, mentre Il dono caratteristico di san Paolo e Il dono della simpatia di san Paolo sono tenuti a Dublino nel 1857. L’appassionata riflessione di Newman sul rapporto fra la natura umana e la grazia divina che alimenta la santità è ancora più significativa oggi, quando egli stesso è destinato ad essere proclamato Santo.
John Henry Newman
(Londra, 1801 – Birmingham, 1890) Scrittore molto prolifico in teologia, filosofia, storia, ma anche predicatore affascinante, poeta e romanziere raffinato, polemista arguto, Newman fu figura prestigiosa dell’Università di Oxford e della Chiesa Anglicana, prima di essere ricevuto nella Chiesa Cattolica (1845), all’interno della quale sarà sacerdote (1847) e cardinale (1879), oltre che padre invisibile del Concilio Vaticano II. Tra le sue opere vanno ricordati gli studi sulle origini del Cristianesimo; i Sermoni Universitari (1843); i discorsi e le conferenze che accompagnarono la nascita dell’Università Cattolica in Irlanda; l’autobiografia spirituale Apologia pro vita sua (1864); e soprattutto la Grammatica dell’assenso (1870), vera e propria fenomenologia dell’atto di fede come esercizio della ragione, e la Lettera al Duca di Norfolk (1875), che fa di Newman il “Dottore della coscienza”.
Una delle figure più raccontate dalla storia del cinema è quella di Gesù di Nazareth. Dalla nascita della Settima Arte, infatti, fino alla nostra contemporaneità, il volto e la vita di Gesù sono stati rappresentati infinite volte sul grande schermo, sempre attraverso sguardi inediti e con estetiche differenti. Dai fratelli Lumière in poi è stato tutto un susseguirsi di autori che hanno deciso di accostarsi alla figura di Gesù e al suo mistero per cercare di renderla in immagini, ognuno secondo il proprio punto di vista e la propria sensibilità. Si è assistito alle grandi ricostruzioni da kolossal del cinema americano della classicità, strabordanti di colori, musiche, ricostruzioni scenografiche; si è poi passati ad un modello di riproposizione più scarno, depotenziato di ogni retorica ed artificiosità, attraverso le rivisitazioni dei grandi autori della modernità europea, come Pasolini o Rossellini; per arrivare alle versioni attualizzate postmoderne, come il Cristo "hippie" di Jesus Christ Superstar o il Cristo troppo umano di Scorsese, fino al Cristo completamente sfigurato dal sangue e nel sangue nell'ultima versione di Mel Gibson. In poco più di cento anni di storia del cinema, più di trenta sono state le pellicole dedicate direttamente a Gesù e alla sua figura, e dalle prime Passioni mute fino a quelle contemporanee il volto e la figura di Gesù sono stati completamente modificati e hanno assunto sempre nuove visualizzazioni estetiche. La lettura di questi film "cristologici" permette di osservare, in filigrana, come sia cambiata la sensibilità religiosa, e non solo, della nostra società. Se è vero, infatti, che il cinema è uno specchio della società, o perlomeno è un mezzo che mette in scena la società e il suo "visibile", attraverso la lettura dei film dedicati a Cristo si può analizzare come la nostra realtà si sia evoluta e quali cambiamenti di mentalità l'abbiano caratterizzata, soprattutto per quel che riguarda le tematiche attinenti al sacro e alla fede.