
Dalla pietà del popolo e precipuamente da quella del popolo aragonese muove questa ricerca a carattere storico- teologico che cerca di rinvenire nei luoghi, nell'economia, nelle sonorità, nei riti e financo negli usi culinari, la «fondatezza delle pratiche religiose che da Aragona abbracciano tutta la vita cristiana ed in special modo quella del Meridione, legata sin dai primi secoli di storia a quel sensus fidei popolare che unisce ogni ceto e ogni rango». Se molte delle forme di pietà del passato sono ormai reminiscenza, la Settimana Santa e la Pasqua Aragonese sono ancora vive perché le realtà che significano sono costituenti l'identità di popolo. Nel piccolo centro dell'agrigentino, Settimana Santa e Pasqua, hanno avuto e continuano ad avere la funzione di nesso nel processo di formazione popolare. La complessa Settimana Santa e Pasqua Aragonese è una concrezione nella quale si stratificano e amalgamano elementi liturgici, catechetici e della pietà popolare. Si intrecciano nelle ricche tessiture del volume memoria storica, intelligenza teologica, demologia e saggezza popolare: elementi di una crasi vera e propria che tende a rendere il lettore partecipe protagonista e mai freddo spettatore.
L'autore analizza alcuni passi di Luca e in particolare le parabole dell'arco narrativo de "Il viaggio" (Luca 9,51-19,44), i cantici del vangelo dell'infanzia (Luca 1,5-2,52) e i discorsi presenti nel libro degli Atti degli Apostoli. Le parabole presenti nell'arco narrativo de "Il viaggio" offrono delle storie allegoriche che contengono insegnamenti morali e spirituali. I cantici presenti nel vangelo dell'infanzia, come il Magnificat di Maria, esprimono lode e gratitudine a Dio e riflettono la fede dei personaggi coinvolti nella storia. Infine, i discorsi nel libro degli Atti degli Apostoli possono includere predicazioni, insegnamenti o difese della fede cristiana. Tutti questi elementi letterari contribuiscono a trasmettere un messaggio specifico e a formare l'identità cristiana del lettore, invitandolo a riflettere sui valori e gli insegnamenti del cristianesimo.
Faville di Favella! Una sinestesia suggestiva per presentare questo lavoro. Se la Scrittura è paragonabile al roveto ardente, la figura retorica fa all'uopo. La Parola sfavilla a chi la "percuote" nella lettura, nello studio, nella preghiera e il bagliore che ne scaturisce rivela l'invisibile forma (temûnâh) di Dio a nessuno concessa se non a Mosè (Nm 12,8). E se Mosè è l'altro modo - nobile, solenne, ipostatico - di dire la Tôrâh, significa che grazie ad essa, nei cui precetti s'impara a camminare, non è negata a nessuno l'immagine di Dio, perché nella Tôrâh Dio si rivela quale fiamma di fuoco (labbat-'ës?). Pur brulicando di scintille, non si consuma e, nella notte dell'esistenza, lascia intravedere il Misericordioso ('Ël-rah?ûm). Mosè ne ha fatto esperienza all'inizio della sua parabola di vita (Es 3) e anche dopo l'apostasia di Israele, quando il Signore scese nella nube e gli manifestò in un privilegio senza pari la sua essenza (Es 34,6). Riconsiderare le faville misericordiose dell'eterna Favella non può che far bene, favorendo la maturazione di una testimonianza ancor più generosa e incisiva in tempi complicati e difficili quali quelli che stiamo vivendo.
La Parola di Dio è "fatta" di cultura e Spirito Santo. Nell'auto-rivelarsi di Dio nella storia essa si è fatta "libro", nella sua attestazione in Legge, Profeti e Sapienza, e "carne", in Cristo Gesù che assume pienamente la cultura del suo tempo. Così, chiunque desideri studiare la Bibbia, non può fare a meno di una lettura storico-antropologica delle Scritture, come ha compreso l'importante documento della Pontificia Commissione Biblica, L'interpretazione della Bibbia nella Chiesa. Il lavoro presenta i tentativi di lettura più apprezzati dagli studiosi: quello del Context Group e di Bruce Malina, l'interpretazione attraverso modelli culturali; quello di Destro-Pesce, un'antropologia di testi; e quello di Bellia, un'interpretazione integrata delle Scritture. Infine si offrono due saggi esemplificativi: il primo sul sistema di cura e salute al tempo di Gesù; il secondo sulla prima lettera di san Paolo ai Tessalonicesi, attraverso un metodo che cerca di rendere ragione del rapporto tra fede e cultura.
Papa Benedetto XVI aveva detto: «A differenza di quanto avviene nel campo tecnico o economico, dove i progressi di oggi possono sommarsi a quelli del passato, nel campo spirituale non esiste una simile possibilità di accumulazione, perché la libertà dell'uomo è sempre nuova e ogni generazione deve prendere di nuovo, in proprio, le sue decisioni. Anche i più grandi valori del passato non possono semplicemente essere ereditati, vanno fatti nostri e rinnovati». Oggi non si accetta più, senza porsi domande, qualunque insegnamento ufficiale solo in quanto viene dall'autorità, perché vale il principio di argomentazione. Perciò sembrano ormai maturi i tempi per ripensare e soprattutto ridiscutere gli elementi della fede, senza paura di criticare ciò che non convince. Ogni discorso sulla dottrina deve essere accompagnato da concetti diametralmente opposti a quelli tradizionali di verità assoluta e obbedienza: oggi prevalgono dubbio e libertà. Con questi parametri si affronterà il dogma "Gesù vero Dio e vero uomo" e alcuni dogmi mariani.
Frutto del Colloquio che ha inaugurato un progetto di ricerca pluriennale sui testi del Nuovo Testamento "within Judaism" (ovvero come letteratura giudaica), il volume discute i cambiamenti di paradigma in atto nell'esegesi neotestamentaria e nella storiografia delle origini cristiane e del giudaismo del Secondo Tempio. Se, da un lato, mette in discussione l'efficacia euristica della metafora della "separazione delle vie" per rappresentare il complesso processo di identificazione e differenziazione dei credenti in Gesù nell'arco temporale che vede la genesi dei testi neotestamentari, dall'altro suggerisce l'opportunità di guardare alla storia della relazione tra giudei e seguaci di Gesù (giudei o meno sul piano genealogico), nel mondo greco-romano, come storia intrecciata e condivisa che meglio può essere rappresentata attraverso il ricorso a una molteplicità di metafore (ad es. quella delle "reti", come nella network perspective) e a modellizzazioni flessibili e complesse. Esamina criticamente l'uso di classificazioni anacronistiche o di nozioni essenzialiste di identità e di etnicità, considerando i testi del NT espressione di uno dei possibili diversi modi di "negoziare" l'identità giudaica e i suoi confini in epoca romana, quello appunto dei seguaci di Gesù. Emerge il potenziale culturale e teologico di un processo di ricezione dei testi del Nuovo Testamento inversamente proporzionale a quello che, a partire dalla tarda antichità, ne ha interpretato il messaggio in termini sostitutivi.
Fino a che punto è possibile l'unità fra gli uomini e nel popolo di Dio? Ognuno di noi fa esperienze che ci confermano la difficoltà della condivisione di idee, di progetti, di intenti. Leggendo le storie delle origini d'Israele nelle vicende dei Patriarchi si rimane colpiti dal fatto che conflitti e conseguenti separazioni hanno accompagnato in maniera costante la trasmissione della promessa ad Abramo. Le divisioni sono una sorta di "principio di selezione" su cui si è costruita l'identità del popolo eletto ed elemento necessario alla composizione della fraternità tra i dodici figli di Giacobbe. Perché il tema dell'unità non diventi una visione idealistica e utopica vale la pena rileggere, attraverso un'esegesi attenta ma accessibile a tutti, quei racconti dei cicli patriarcali in cui le divisioni sono state necessarie.
Roma, seconda metà del I secolo d. C. Un anziano Vescovo narra alla sua comunità il suo incontro personale con Gesù, il crocifisso risorto. Quel Vescovo è Pietro, il pescatore di Galilea chiamato da Gesù a diventare "pescatore di uomini" (cf. Mc 1,14-20). Il suo segretario, Marco (At 12,12), autore del più antico dei Vangeli, conserva con cura la memoria di Pietro, il pescatore diventato pastore del gregge di Cristo.
Dopo la morte e risurrezione di Gesù, Pietro viene nuovamente chiamato dal risorto, questa volta a diventare pastore: "Mi ami? Pasci le mie pecorelle" (cf. Gu 21,15-22). Pescatore e Pastore, due chiamate che trasformano radicalmente la vita di Pietro: da mile pescatore di Galilea a pescatore di uomini e pastore del gregge che Cristo ha riscattato a prezzo del suo sangue.
Una favola per ogni domenica. Quale modo migliore per riecheggiare la Parola di Dio se non attraverso i linguaggi delle favole? Delle vere e proprie storie per approfondire il Vangelo di ogni domenica. Il genere della favola, afferrando mente e cuore, è in grado di condurre alla riflessione personale.
Per conoscere da vicino l'evento che ha diviso la storia e ha cambiato il destino dell'intera umanità. Tutto ciò che è accaduto dal Getsemani alla sepoltura di Gesù. Un libro rigoroso sul piano scientifico, storico, esegetico, ma al tempo stesso di alta divulgazione, da poter leggere con piacere per conoscere meglio "cosa è realmente successo". Un'indagine condotta con gli strumenti propri dell'investigazione. Inevitabilmente nel far questo si fa riferimento alla Sindone, anche se questo non è un libro sulla Sindone e tale reperto è qui utilizzato solo per il suo valore testimoniale. L'indagine si ferma alla soglia del sepolcro perché è questo l'obiettivo specifico che si è proposto l'Autore. Il volume, allora, affronta sia da un punto di vista medico-scientifico sia da quello teologico la passione e la crocifissione, dei suoi effetti sul corpo e sulla morte del condannato, degli strumenti e delle fasi della passione, nonché di alcune ipotesi su alcuni "reperti", oggetto di questa indagine.
L'universo femminile nella Bibbia è elemento fondamentale nelle corso della storia della salvezza. Le donne nella Bibbia hanno un ruolo essenziale nella manifestazione della volontà di Dio. A tutti i livelli e in ogni aspetto: la donna nelle Sacra Scrittura è madre, regina, serva, discepola... e corredentrice. Grandi studiosi biblisti raccontano, in questo volume, il ruolo significativo di alcune figure di donne presenti nella sacra Scrittura. Tra questi menzioniamo Gianfranco Ravasi, Mimmo Battaglia e Gaetano Castelli.
Un canto d'amore tra il cielo e la terra, tra il sole e l'ombra dei cedri e dei ginepri, tra la polposità della carne e la sospensione della preghiera, tra l'abisso umano e la grazia di Dio. Un inno umile e regale all'ebrezza del vino che si mesce nelle coppe d'oro, all'attrazione che sfrena la passione degli amanti, alla Sapienza che guida i saggi e gli spiriti puri, alle cime d'erbe odorose nelle vigne in cui si raccolgono i frutti succosi. Il Cantico dei Cantici, attribuito a re Salomone, è testo di impareggiabile bellezza, idillio rarefatto e drammatico la cui potenza l'ha fatto ascendere alla santità delle Sacre Scritture, testimonianza profana di amore assoluto tra gli esseri umani e voce ammaliante dal significato ancora oggi misterioso. Da millenni mistici ed esegeti tentano di risolverne l'enigma, consegnandoci letture spesso contraddittorie e richiamando storie e personaggi che la tradizione biblica ha scolpito nell'immaginario. Ma leggere questo canto modula ogni volta suggestioni diverse, evocazioni sublimi e indecifrabili, dimentiche del loro contesto storico, destinate a esistere al di là del tempo e dello spazio. In questa nuova edizione, curata e tradotta dal poeta e studioso Andrea Ponso, si aprono inaudite e sorprendenti possibilità di lettura. Recuperando le sfumature e gli accenti spirituali dei versi originari, Ponso scava tra le parole per discostarsi dalla vulgata. Non recide il significato dal corpo del significante, dando così vita a un'esperienza del testo che è pratica meditativa in atto; e porta a nuova luce, nel suo splendore, la grazia del più grande canto d'amore di tutte le letterature.