
Il presente commento al più antico dei quattro vangeli intende assecondare un'autorevole indicazione dell'esortazione apostolica Verbum Domini di papa Benedetto XVI (n. 34). Di fatto, esso si propone di avviare a una rinnovata lettura "canonica" del testo evangelico, collocandolo nell'orizzonte complessivo dell'unica e molteplice "parola di Dio". Questo genere di lettura viene suggerito mediante due specifiche attenzioni aggiuntive nella spiegazione del testo, che per il resto segue il modello consueto e rodato dei commentari: a) una citazione tratta da un commento dei Padri della Chiesa, la cui funzione è quella di illustrare in modo esemplificativo l'esegesi della grande trazione; b) una esplorazione delle risonanze del testo di Marco nell'insieme delle Scritture: di volta in volta ci si sofferma su di un singolo tema, il più significativo per quella pericope, dando forma a un Excursus dedicato. Se un'esegesi sempre più specialistica rischia di smarrire la ricchezza del testo biblico, sciupandone la fecondità, questo nuovo commento evidenzia come il racconto di Marco appartiene a un discorso unitario che dalla Genesi giunge all'Apocalisse e le cui singole parole acquistano il loro pieno significato se ricondotte a quella parola che è il Verbo fatto carne. Un commento al Vangelo di Marco che conduce alla scoperta di un orizzonte più arioso, suggestivo di molteplici attualizzazioni.
A Gerusalemme e nel suo territorio hanno avuto il dono e il privilegio di vivere molti giovani che si sono preparati, o si preparano, nello studio e nella preghiera, a diventare ministri della chiesa, nel servizio della divina Parola e della celebrazione dei sacramenti cristiani. Gli studi raccolti in questo volume, al quale hanno collaborato docenti sia salesiani che delle istituzioni teologiche dell'area gerosolimitana, documentano l'impegno dello Studentato teologico salesiano in Terra Santa di accostare i giovani studenti alle fonti della rivelazione e di aiutarli ad approfondire il suo messaggio e nello stesso tempo di collegare lo studio della teologia con la missione pastorale alla quale si preparano.
Questo breve commento alle due lettere di san Paolo alla comunità cristiana di Tessalonica si propone di guidare nella lettura del testo biblico secondo il suo senso letterale, ma anche di aiutare il lettore nella lectio divina mediante alcuni spunti di attualizzazione. Poiché il pensiero dell'Apostolo è sostanzialmente coerente, il commento valorizza i testi paralleli delle altre sue lettere. In secondo luogo si presta attenzione alle circostanze storiche e alla situazione delle comunità. Infine, oltre a sottolineare il rapporto tra la dottrina di Paolo e la tradizione apostolica, il commento evidenzia il contesto "canonico" delle lettere, costituito dall'insieme delle Scritture sia dell'A.T. sia del N.T.
Le lettere di Paolo sono i testi più antichi del Nuovo Testamento, così antichi che al momento della loro redazione il cristianesimo non esiste ancora. Ci raccontano di giudei e greci che credono che Gesù di Nazareth, un predicatore galileo morto crocifisso, sia il Messia. La loro non è la fede generica in un dio amorevole che ricompenserà i suoi devoti: il Regno di Dio è il risultato dell'imminente scontro apocalittico in cui Cristo sconfiggerà le forze del male, e il vangelo deve essere annunciato alle nazioni affinché si schierino dalla parte giusta. Se il quadro generale è chiaro, assai meno lo sono i dettagli: Paolo non ha elaborato una teologia coerente e sistematica, né ha fondato un'organizzazione gerarchica dei credenti; l'annuncio del vangelo ha dato vita a una ekklêsia, ma non c'è ancora una chiesa. Questo libro tenta di ricostruire quello che nei testi si trova solo in forma frammentaria e implicita, un "manuale di istruzioni" per prepararsi all'apocalisse: come si fa a vivere in un mondo condannato alla distruzione? come vanno riconfigurati i rapporti sociali? che cosa è lecito e che cosa è proibito? In altre parole: che cosa significa rivestirsi di Cristo e diventare uomini nuovi?
A proposito dell'apostolo Tommaso, tutti sanno che infilò il dito nel costato di Gesù. Ma lo fece davvero? Un'approfondita disamina del Vangelo di Giovanni rivela quanto poco comprendiamo in realtà della più enigmatica delle figure bibliche, e quanto invece potrebbero insegnare le strane metamorfosi che la sua storia ha subito nel tempo. A partire dal Nuovo Testamento, Glenn W. Most ricostruisce le trasformazioni di Tommaso nei secoli: santo gnostico, missionario in India, eroe di scetticismo ed esempio negativo di miscredenza, blasfemia e violenza. Ricche di paradossi e tensioni, queste trasformazioni creative operate da narratori, teologi e artisti rivelano il complesso intreccio di relazioni fra i testi e le loro interpretazioni e i misteriosi meccanismi della fede, dell'amore e dell'identità personale. Partendo dalla decifrazione del ventesimo capitolo del Vangelo giovanneo, messo a confronto con le conclusioni dei Sinottici, il libro termina con un'analisi dettagliata del dipinto dedicato da Caravaggio a Tommaso l'Incredulo, passando per le tradizioni pittoriche della tarda antichità, il Medioevo e il Rinascimento. Lungo questo percorso, l'autore prende in considerazione le reazioni al racconto di Giovanni da parte di interpreti di diversa matrice filosofica e religiosa, e le letture teologico-cristiane dal II secolo alla Controriforma, mostrando come la storia di Tommaso si confronti con le questioni fondamentali della religione, della filosofia, dell'ermeneutica e della vita.
Tra tutti i libri del Nuovo Testamento, l'Apocalisse vanta forse la tradizione più consistente di interpretazioni diverse, contrastanti e creative. Per questo commentario, che si propone lo scopo di fornire un'esposizione meticolosa e aggiornata da un punto di vista scientifico ma anche fedele alla Bibbia considerata come Parola di Dio, ogni approccio interpretativo presenta degli importanti contributi a una corretta comprensione del libro anche se nessuno di essi si rivela sufficiente. Secondo Mounce, il Veggente prese spunto dal suo contesto immediato, per proferire profezie che avrebbero avuto un adempimento storico, ma nello stesso tempo anticipò, per loro mezzo, la fine dei tempi e rivelò i principi soggiacenti al susseguirsi degli eventi nella storia. Al di là degli approcci interpretativi, il commentario di Robert Mounce contribuisce a far godere pienamente il messaggio di speranza che il Veggente ricevette mediante le sue visioni, anche quando il lettore viene a trovarsi nel mezzo delle più grandi difficoltà.
La questione dell'origine della fede nella Risurrezione di Gesu, tratto costante della tradizione esegetica della seconda meta del Novecento, viene affrontata da Muller nell'ottica di continuita tra la predicazione di Cristo e il piu antico credo pasquale. L'ipotesi di questa ricerca i ntende sottolineare la dimensione di continuita tra la predicazione di gesu`e il piu`antico credo pasquale". Il testo si articola attorno ai due temi essenziali: il significato fondamentale dell'agire di gesu`, in cui si fa esperienza della sovrabbondanza salvifica della signoria di dio; l'attesa della risurrezione del martire mediata dalla visione della risurrezione escatologica di gesy. L'autore si colloc a percir nella scia della questione dell'"origine" della fe de nella risurrezione di gesu, che rappresenta un tratto costante della tradizione esegetica della seconda meta del nove"
Con Dio intratteniamo spesso dei rapporti contrattuali. Quando, nella vita, ci capita qualcosa che "non era nel contratto", fatalmente perdiamo ogni fiducia in questo Dio del dare-e-avere cui avevamo affidato tutto perché, da Supremo Garante, ci proteggesse magicamente da tutto. Allora ci abbandoniamo al lamento: perdiamo la voglia di vivere spensierati, perché ci sentiamo minacciati da ogni parte. Intrecciando finemente racconto personale, meditazione teologica e rilettura spirituale del libro di Giobbe, Marion Muller-Colard fa balenare una fede intesa come audacia. Rileggendo la propria esperienza al capezzale del figlio, incita ad andare - oltre i sistemi rassicuranti - alla ricerca di una grazia incarnata nell'esistente. Perché Dio ha un altro volto. È l'Incommensurabile. È esigente. Con noi circoscrive il caos a favore della vita, ma non ci dispensa dalla vulnerabilità. Dio cerca chi lo ama per nulla, non per contratto. «Quel Dio "gonfiato" a cui Giobbe ed io avevamo affidato la nostra vita, nell'entusiasmo di una giovinezza colma di promesse, si era come "sgonfiato". E, con Giobbe, dovevo tenere in mano per molto tempo la pelle morta di quel Dio, come un indizio sulla via di un altro Dio» (Marion Muller-Colard).
Le questioni di etica familiare e sessuale suscitano dibattiti vivaci nelle nostre società, che mostrano di considerare ancora la famiglia come un luogo "sacro": cosa può dirci al riguardo la Bibbia? La lettura dei testi del Primo e del Secondo Testamento segnala che l'interesse della Scrittura è rivolto alla fecondità più che alla famiglia in quanto tale, e che i divieti legali possono e devono essere superati dalla vita. Pubblichiamo qui la traduzione dell'articolo "La fécondité dans la Bible", apparso nella rivista Études 12 (2019), pp. 66-77.
Molte delle differenze che caratterizzano cristianesimo ed ebraismo possono essere colte in maniera particolarmente chiara attraverso l’esame delle rispettive feste. Il calendario ebraico riprende infatti la maggior parte delle feste attestate nella Bibbia e fa memoria di importanti eventi storici del popolo d’Israele, primo fra tutti l’esodo. Il calendario cristiano è invece incentrato sull’evento di Cristo; recepisce due feste ebraiche – Pesach diviene Pasqua; la festa delle Settimane diviene Pentecoste –, ma interpretandole in maniera nuova. Anche la domenica, giorno del Signore, finisce nel tempo col subentrare allo Shabbat.
Ma quale rapporto devono conservare i cristiani con le feste veterotestamentarie? «I valori intrinseci delle feste che il cristianesimo non celebra più fanno parte, anche per il cristianesimo, della storia che è degna d’essere ricordata. Che i cristiani non lo facciano nell’ambito di feste, che questo ricordo non sia scritto nel corso della storia, rimane uno spazio vuoto. Esso indica che il cristianesimo non è in grado di sostituire l’alleanza, mai revocata, di Dio con Israele, né può portare da solo l’eredità dell’Antico Testamento, ma per la realizzazione della direttiva di Dio dipende dall’ebraismo e dalla sua pratica della Torah» (I. Müllner).
Il volume fa parte di una collana che illustra i contenuti dell’Antico e del Nuovo Testamento sui temi fondamentali della fede. Ogni tema è presentato da due autori: uno per l’Antico e uno per il Nuovo Testamento, che poi, in un dialogo conclusivo, discutono come le idee centrali dell’AT vengono filtrate, assunte o modificate nel NT. Il lettore può così percepire la tensione e l’unità esistente tra i due Testamenti.
Ecco il piano completo dell’opera: 1. C. Dohmen - T. Söding, Il Dio uno; 2. K. Koenen - R. Kühschelm, La fine dei tempi (2001); 3. J. Schreiner - R. Kampling, Il prossimo lo straniero il nemico (2002); 4. G. Vanoni - B. Heininger, Il Regno di Dio (2004); 5. H.-J. Fabry - K. Scholtissek, Il Messia (2005); 6. C. Brüning - K. Kertelge, Il problema del male; 7. G. Fischer- K. Backhaus, Espiazione e riconciliazione (2002); 8. G. Steins - M. Theobald, La creazione; 9. I. Müllner - P. Dschulnigg, Feste ebraiche e feste cristiane; 10. U. Berges - R. Hoppe, Povero e ricco; 11. C. Frevel - O. Wischmeyer, L’uomo; 12. F.-L. Hossfeld - K. Berger, Lo Spirito di Dio; 13. P. Deselaers - C.-P. März, Morte e risurrezione.
Sommario
I. Antico Testamento (I. Müllner). 1. Tempo e tempi. 2. Gli spazi. 3. Le feste nel corso dell’anno. 4. Uomini in festa e azioni solenni. II. Nuovo Testamento (P. Dschulnigg). Introduzione. 1. Lo shabbat e la domenica. 2. Pesach e Pasqua.. 3. Feste e stimoli di festa secondo la doppia opera lucana. 4. Le feste nel Vangelo di Giovanni. 5. Cristo, il sommo sacerdote della riconciliazione definitiva (Eb 9,1ss). 6. Retrospettiva e prospettiva. III. Dialogo. Antico Testamento (I. Müllner). Nuovo Testamento (P. Dschulnigg). Bibliografia.
Note sugli autori
Ilse Müllner (1966), dottore in teologia, è docente di Antico Testamento all'Università di Essen.
Peter Dschullnigg (1953), dottore in teologia, è docente di Nuovo Testamento all'Università di Bochum.