
Cofanetto adatto per le edizioni della Bibbia Tob con copertina in soften e cartonata.
Questo volume si propone come manuale introduttivo per l'insegnamento nel II e III ciclo accademico di studi biblici, infatti introduce e orienta gli studenti alle problematiche di base, all'impostazione epistemologica e alla bibliografia essenziale in un campo di studi che, per natura sua, è necessariamente e decisamente interdisciplinare. Il volume offre quindi nozioni introduttive sul contributo dell'orientalistica e della teoria della storiografia per l'esegesi e la teologia biblica, nonché per la storiografia israelitica. La parte centrale del volume, articolata in quattro capitoli, affronta la Bibbia come collezione di testi di vario tipo e genere, prodotti da autori diversi, in epoche, luoghi, contesti storici e geografico-politico-culturali differenti. La prospettiva è naturalmente letteraria prima che teologica. L'Autore spiega, infine, come nel mondo occidentale si sia arrivati a considerare e utilizzare la Bibbia come "ossatura" della storia universale, e come questa impostazione sia poi entrata in crisi per effetto delle scoperte archeologiche e orientalistiche, del progresso delle scienze naturali e dello sviluppo teorico della metodologia stessa dell'esegesi biblica.
Ogni traduzione, anche la migliore, è necessariamente soggettiva e finisce con l’interpretare; ogni lingua è al tempo stesso rivelazione e nascondimento. Il problema si fa particolarmente serio di fronte al testo della Scrittura, che giunge a noi attraverso molteplici passaggi: dalla tradizione orale a quella scritta della lingua d’origine (nei vari codici in cui la possediamo), da quest’ultima attraverso le altre lingue antiche (greco e latino) fino alle lingue moderne. Si tratta di un meccanismo che in concreto ha prodotto una progressiva de-ebraicizzazione dei testi, anche di quelli del Nuovo Testamento i quali, pur tramandati in greco, lasciano chiaramente trasparire tra le righe la loro matrice ebraica. Di fronte a questo costante allontanamento dell’interpretazione teologica dal significato più proprio delle espressioni utilizzate dagli autori sacri, Lapide si domanda provocatoriamente se anche gli errori di traduzione vadano considerati sacri. Evidenziando quelli più abituali, spesso motivo di gravi fraintendimenti e malintesi, egli invita a spingersi con tutti gli strumenti offerti dalla linguistica, dalla ricerca storica e dalle scienze bibliche oltre il testo greco dei Vangeli, per avvicinarsi alla fede della prima comunità cristiana e recuperare il Gesù ebreo. Ne deriverebbero benefiche ricadute anche sul fronte del dialogo ecumenico.
Sommario. I. Questioni generali. Traduzione è sostituzione. Due diversi approcci alla Bibbia. Parola e rivestimenti letterari. La lotta di Lutero con la Scrittura. Si può tradurre la Bibbia? L’ebraicità dei Vangeli. I sei livelli delle lingue semitiche. Gli errori di traduzione sono sacri? II. Antico Testamento. Traduzioni errate e intraducibilità della Bibbia ebraica. Necessità di correzioni nelle versioni della Bibbia ebraica. III. Nuovo Testamento. Necessità di correzioni nel Nuovo Testamento. Non una conclusione ma una prefazione per il domani.
Autore. Pinchas Lapide, nato nel 1922 e residente a Frankfurt am Main (Germania), è teologo ebreo e studioso delle religioni. È stato direttore di Istituto all’Università Bar-Ilan (Israele) e visiting professor in diverse facoltà teologiche in Germania e Svizzera. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni sulle tematiche relative al Nuovo Testamento e al dialogo ebraico-cristiano. Dello stesso autore le EDB hanno pubblicato Leggere la Bibbia con un ebreo (1985), testo complementare a quello qui presentato.
I "libri storici", che rappresentano la prima sezione della Bibbia cristiana, contengono la rielaborazione in chiave narrativa della memoria storica di un popolo che, dopo la dura prova dell'esilio babilonese, ricercava una sua identità etnica e religiosa nel rapporto con JHWH, il Dio alleato. Storiografia e racconto sono due modi di rapportarsi al reale, diversi e non omologabili: mentre la storia "ricostruisce" dei fatti nella loro vera o presunta oggettività, il racconto li "rielabora" simbolicamente, rilevandone così la perenne attualità nel tempo. La verità delle Scritture deve essere quindi intesa in senso dinamico, cioè come capacità di creare. I libri storici, densi di significati simbolici, non ci aiutano quindi a ricostruire in modo esatto un periodo storico, ma piuttosto a "guardare dietro ai fatti" per scoprire il senso che essi avevano per gli esuli rimpatriati e hanno per noi, nella nostra vita di oggi.