
Come spiegare l'esistenza di due affermazioni così contrapposte come quella di Gal 3,28 ("Non c'è né uomo né donna: tutti voi siete una sola persona in Cristo Gesù") e quella di 1Tm 2,9-15, che prescrive la sottomissione della donna nella società e nelle comunità cristiane stesse ("La donna impari in silenzio, con perfetta sottomissione")? Come spiegare una simile evoluzione a partire dall'atteggiamento straordinariamente aperto di Gesù? È giusto ripetere che Paolo fu il principale artefice di questo indurimento della teologia cristiana nei confronti della donna? Analizzando i testi in modo semplice e chiaro, l'autore dimostra che ci si trova di fronte a un effetto perverso della legittima inculturazione della fede. L'adeguamento delle prime generazioni cristiane alle strutture e pratiche sociali del loro tempo avrebbe attenuato in loro la coscienza e l'affermazione concreta della novità evangelica rispetto alla dignità e la partecipazione ugualitaria della donna alla salvezza e alla vita delle comunità. Una rilettura del ruolo della donna nel cristianesimo che le restituisce piena dignità.
Dopo la caduta di Costantinopoli e la sottomissione dell'antico Oriente cristiano alla dominazione turca, lo sviluppo della spiritualità bizantina, fino a quel momento molto fecondo, sembra arrestarsi, creando la convinzione erronea di una stagnante immobilità.
Tuttavia, quasi per provvidenziale disposizione, nel momento in cui la vita della Bisanzio cristiana sta per cristallizzarsi a causa dell'opposizione dell'Islam vittorioso, i popoli slavi giungono alla loro «adolescenza spirituale». L'arresto momentaneo dello sviluppo della spiritualità bizantina coincide così col fiorire di quella russa, che, ereditata la tradizione di Bisanzio, ne rivela possibilità fino ad allora insospettate. Quando poi, nella seconda metà del Seicento, anch'essa giunge a una fase di presunto esaurimento, rinasce la spiritualità greca, che recupera le proprie sorgenti aprendosi contemporaneamente a nuove influenze.
Sommario
Prefazione. I. La spiritualità bizantina. Bisanzio e la sua spiritualità. L'eredità di san Massimo. L'eredità di san Giovanni Climaco. Il monachesimo sinaitico e quello studita. Elia l'Ecdikos. San Simeone, il Nuovo Teologo. La dottrina di Simeone. La liturgia di Bisanzio e le iconi. Le origini dell'esicasmo e della «Preghiera di Gesù». L'esicasmo Athonita. San Gregorio Palamas e la controversia esicasta. Le centurie di Callisto e di Ignazio Xantopulo. Nicola Cabasilas. II. La spiritualità ortodossa. 1. La spiritualità russa antica. Le vite dei santi principi. Gli antichi santi monaci: Antonio e Teodoro di Petchersk. Abramo di Smolensk e l'escatologia. La spiritualità laica e l'ammonizione di Vladimiro Monomaco. San Sergio di Radoniegi e san Cirillo di Bielozersk. 2. La spiritualità russa dal XV al XVII secolo. San Nilo Sorsky. San Giuseppe di Volokolamsk. Il conflitto tra san Nilo e san Giuseppe di Volokolamsk. San Cornelio di Komel. Nikon e il Raskol. I «pazzi per Cristo». San Dimitri di Rostov e san Tikhon di Zadonsk. 3. La rinascita ortodossa in Grecia e in Russia. San Nicodemo l'agiorita e la rinascita ortodossa. Paissi Velitchkhovsky e il rinnovamento spirituale in Russia e in Romania. Teofano il recluso. San Serafino di Sarov. I racconti del pellegrino. Indice degli autori antichi, personalità menzionate e opere anonime. Indice degli autori moderni. Indice dei temi svolti.
Note sull'autore
Louis Bouyer (1913-2004), teologo, è stato professore all'Institut Catholique di Parigi fino al 1963 e ha insegnato anche in Inghilterra, Spagna e Stati Uniti. Al concilio Vaticano II è stato consultore per la liturgia e ha successivamente collaborato con la Congregazione per il culto divino e il Segretariato per l'unità dei cristiani. Nel 1999 l'Académie française lo ha premiato per l'insieme della sua opera. La collana «Storia della spiritualità» accoglie anche il suo volume dedicato ai Padri della Chiesa.
"Nella vita e nella morte di Moro, Pellico, letterato 'impegnato', rivede la sua stessa vita, la vita di un uomo imprigionato per aver lottato per ideali di libertà e per essersi opposto ad una tirannia politica e, come lui, per aver trovato nella fede un forte sostegno ai suoi ideali. Come egli stesso riconosce nella dedica della sua nuova opera, Pellico era affascinato dalla possibilità di rendere in una tragedia la morte di Tommaso Moro, il contrasto tra 'la tirannia del re apostata' e 'la rettitudine del fido cattolico suo oppositore'". (Dalla Prefazione di Luca Poggi)
"La biografia, 'più antica, più intima e più bella su Tommaso Moro', fu scritta in esilio, nel 1556, dal genero di More, William Roper. La prima edizione fu stampata a Parigi nel 1626. Si potrebbe pensare che, trattandosi del genero, ci troviamo di fronte ad una biografia di parte. Eppure, ciò che avviene è che essa ci pare narrata quasi asetticamente, in modo scarno e sobrio, cosa che - di solito - non avviene nelle operette di glorificazione dell'eroe, dove gli amici dell'eroe fanno sempre un'eccellente figura. Ciò che qui colpisce è proprio la spontaneità e la freschezza ingenua del racconto di chi era giovane, quando si svolsero i fatti narrati. Benché Roper abbia scritto solo quest'opera, non di meno pare che questa costituisca uno dei più attraenti esempi di biografie cinquecentesche, in lingua inglese." (Dalla Introduzione di Giorgio Faro)
L'esegesi letterale e spirituale del libro biblico, un invito al pentimento. Girolamo compone i commenti a libri biblici di Naum e Sofonia tra il 389 e il 392 dedicando entrambi a Paola, nobile matrona romana, e la figlia Eustochio delle quali era guida spirituale. Il commento a Naum è costituito da un unico libro, introdotto da un breve prologo e privo di conclusione. Com'è abitudine di Girolamo, il libro profetico è analizzato versetto per versetto con una doppia interpretazione, prima secondo un livello storico-letterale e poi spirituale. Quale il messaggio di Girolamo? Ninive è intesa come figura del mondo in cui viviamo e i veri Assiri di cui bisogna avere timore sono i persecutori dei credenti, cioè degli uomini di Chiesa, autentico Israele.Così procede per il commento a Sofonia. Tema dominante del libro è l'annuncio del giorno del Signore, "giorno della collera, giorno del castigo, giorno del giudizio" che si traduce nel testo di Girolamo in un invito al pentimento.
Ireneo fu vescovo di Lione tra la fine del II secolo e l'inizio del III. Egli è considerato il primo teologo cristiano per essersi opposto con stringente forza speculativa e argomentativa alle suggestioni del dilagante gnosticismo. Nell'autunno del 2003, in occasione del XVIII centenario della morte di Ireneo, la Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale gli ha dedicato a Napoli un convegno internazionale. Alcune delle principali relazioni (tra le quali quelle di Silvia Barbaglia, Ysabel De Andia, Giuseppe Laiti, Enrico Norelli, Eugenio Romero Pose, Real Tremblay) sono qui raccolte in un volume che, partendo dagli studi dedicati ad Ireneo dall'insigne maestro Antonio Orbe, rilancia la ricerca teologica, patristica e storica sul grande vescovo di Lione.
Nella "Confessione di fede" e negli "Articoli di fede" Gioacchino da Fiore si presenta non tanto nelle consuete vesti di esegeta biblico, specialista dell'Apocalisse, né di teologo della storia che annuncia "profeticamente" l'imminente terza età dello Spirito, quanto come teologo a confronto con altri teologi e nei panni del teologo-abate, maestro dei suoi monaci. Nella "Confessione di fede" Gioacchino esprime una cultura teologica assimilata anche attraverso i testi della scolastica, in particolare le "Sentenze" di Pietro Lombardo. I destinatari del breve scritto sono teologi dotti, cui l'abate si rivolge probabilmente dall'abbazia di Casamari tra 1182 e 1184. Di altro genere è l'impostazione degli "Articoli di fede". I temi trattati sono comunque teologici, ma sono i toni e il lessico a essere diversi e a indicare che i destinatari sono i monaci della sua comunità, rappresentati dal filius Giovanni. L'abate di Corazzo non evita di toccare problematiche dibattute a quel tempo negli ambienti scolastici, ma il largo spazio riservato alle questioni monastiche e ai concreti problemi della gestione dei differenti carismi e ruoli, presenti all'interno di un'unica comunità religiosa, fa risaltare il suo volto di abate, impegnato a istruire i monaci a lui affidati.
La storia è quella di papa Giulio II che, una volta morto, cerca di varcare le porte del paradiso ma viene respinto da san Pietro. Furibondo, cerca di convincere il più antico collega che la sua idea di Chiesa è vecchia e superata, cerca di "convertirlo" agli ideali della forza, del denaro, del potere. Ma, nonostante lo minacci con le sue armate, dal paradiso rimarrà fuori. Al di là della caricatura personale, un Giulio II ubriacone, omosessuale e sifilitico ricavato in parte dalla vox populi del tempo, l'aspetto più sovversivo del dialogo è lo svelamento della degradazione del papato come istituzione. È ovvio che un uomo prudente in termini di ortodossia come Erasmo poteva essere orgoglioso del suo pamphlet in comunicazioni private ma non poteva permettersi di firmarlo, e che quando i suoi ex amici luterani prendono lo Iulius come un libro-bandiera per le proprie battaglie si impegnerà a fondo per negarne la paternità. Ma i moderni filologi, tra i quali eccelle Silvana Seidel Menchi, glielo riattribuiscono a distanza di circa cinque secoli in maniera inoppugnabile. La storia di questo libello, che la curatrice ripercorre nel saggio introduttivo, attraversa gli anni cruciali della Riforma e incrocia tutti i protagonisti della grande battaglia teologico-culturale che ha forgiato l'Europa all'inizio della modernità.
Charles de Foucauld (1858-1916) fu ordinato sacerdote nel 1901, anno in cui si trasferì a Beni-Abbés, in Algeria, dove visse una vita basata su preghiera, silenzio, lavoro e assistenza ai poveri. Fondò un eremo a Tamanrasset, dove venne trucidato dai predoni nel 1916. È stato proclamato beato il 13 novembre 2005 da Benedetto XVI. Durante la cerimonia il pontefice ha affermato che la sua vita è «un invito ad aspirare alla fraternità universale».
Professore presso l’università Jean Moulin Lyon 3, Hugues Didier è specialista di storia e letteratura religiosa.
Una benedettina di oggi scrive a una grande figura del monachesimo carmelitano del passato recente, alla ricerca di una radice comune e della comprensione del "mistero del male e dell'iniquità nei nostri giorni". Come dice monsignor Corti nell'Introduzione, si tratta di pagine nate da una lunga frequentazione, quasi fraterna, da leggere con calma e nel silenzio orante: "Chi prende in mano queste pagine indirizzate a Edith Stein non deve avere fretta nel leggerle. Non solo perché nascono dal silenzio e dalla veglia notturna, ma anche perché sono suggerite da una lunga amicizia e da una sintonia spirituale che rende veramente sorelle due monache, anche se non si sono fisicamente incontrate". E ancora: "Questa lettera è un grande atto di amore per il popolo ebraico: "Se anche tutte le parole fossero da cancellare, ecco, vorrei che ne rimanesse almeno una, ed è questa: che nel cuore di Gesù Cristo e della Chiesa sento di amare immensamente, a nome di tutti i cristiani e di tutti gli uomini, il popolo che Dio ha scelto come suo primogenito, così come tu, Edith, lo hai amato appassionatamente, fino all'olocausto". Un amore ispirato certamente dai dolori patiti dal popolo ebraico, ma anche dall'esperienza di conversione di Edith al Cristianesimo".
La Chiesa sta riflettendo sulla Nuova Evangelizzazione e celebrando l'Anno della Fede. Sulla scorta di queste sollecitazioni, l'autore ha voluto scoprire il significato della fede in Charles de Foucauld, una fede nutrita dalla preghiera che porta alla contemplazione. E dalla contemplazione nasce poi l'evangelizzazione: come Gesù a Nazaret, egli sarà evangelizzatore non con la predicazione, ma vivendo in silenzio le virtù cristiane, pregando, adorando, facendo del bene e tessendo legami di amicizia. Ma soprattutto diventando lui stesso Vangelo vivente, affinché tutti potessero scoprire nel suo volto il volto trasfigurato del "Fratello beneamato e Signore Gesù".
Con gli indici si conclude l'edizione critica delle Opere di Gregorio Magno. Figlio di una ricca famiglia romana, Gregorio Magno abbracciò la vita monastica trasformando la sua villa al Celio nel monastero di sant'Andrea, per dedicarsi alla preghiera e alla contemplazione. Asceso poi al soglio pontificio, ha condotto la Chiesa con sapienza in un tempo drammatico. Instancabile predicatore, sensibile pastore di anime, ha riformato la liturgia e il canto sacro. Il presente volume presenta gli Indici all'Opera Omnia di san Gregorio Magno.