
Il potere è di per sè un male? E' utopico immaginare che l'uomo di governo possa agire onestamente? Il sogno erasmiano di un principe cristiano in un classico della riflessione politica europea del Cinquecento. (a cura di Davide Canfora)
Una esposizione generale, piana e aggiornata, del pensiero di Scoto, che ne rileva l'importanza per lo sviluppo della filosofia occidentale.
L’avventura spirituale della preghiera incessante:
il Nome di Gesù trasfigura l’universo
“Per misericordia di Dio sono uomo e cristiano, per opere gran peccatore, per vocazione pellegrino senza dimora, del ceto più umile, che va forestiero di luogo in luogo. I miei averi sono una bisaccia di pan biscotto sulle spalle, e in seno la sacra Bibbia, ecco tutto”. Con queste parole inizia un libro, pubblicato nel 1881 a Kazan’, che è stato uno dei maggiori successi editoriali del secolo appena trascorso, gli oramai celebri Racconti di un pellegrino russo. Il protagonista incarna una figura familiare sulle strade che traversano le sconfinate distese della Russia medievale e moderna e ricorrente nelle pagine di narratori e di poeti: è come se il lettore fosse accompagnato per mano in un pellegrinaggio interiore nelle profondità dell’orazione.
Proponiamo qui – assieme a una ricostruzione delle complesse vicende che hanno accompagnato la pubblicazione dell’opera e a una pista di identificazione dell’anonimo autore – il testo della prima edizione di questo capolavoro della spiritualità russa: l’inedita traduzione consente di ritrovare la naturalezza dello stile e l’integrità della narrazione delle redazioni più antiche.
I testi qui raccolti per tematiche hanno lo scopo di offrire ai cristiani del nostro tempo uno sguardo d’insieme sulla profondissima produzione teologica di Massimo il Confessore, uno tra i più grandi teologi del cristianesimo antico, capace di “confessare” la fede nel suo Signore fino al dono estremo del martirio. La sua opera, vasta e complessa, abbraccia i campi più diversi – esegetico, ascetico, dogmatico, teologico, liturgico – ed è affidata a un imponente corpo di testi, dispute, opuscoli e all’epistolario stesso del Confessore, in dialogo con le autorità politiche ed ecclesiali, con monaci e teologi del suo tempo. È in questo corpo che è possibile rinvenire i cardini essenziali del pensiero di un padre della chiesa in dialogo fecondo con la tradizione (da Dionigi l’Areopagita a Gregorio di Nazianzo), all’insegna di una riflessione e di una scrittura fortemente radicate nell’ascolto, nella meditazione e nella conoscenza della Parola di Dio.
Massimo il Confessore († 662), monaco, funzionario di corte dell’impero bizantino, visse una vita errabonda, che lo condusse dalle rive del Bosforo all’Africa e a Roma, dove partecipò alla preparazione del concilio lateranense del 649, fino all’arresto, ai processi, alla deportazione e all’esilio sulle montagne del Caucaso. Sarà canonizzato dalla chiesa ortodossa nel 680. In un tempo segnato da grandi controversie teologiche e rivolgimenti politici, nella sua vita e nei suoi scritti Massimo contrastò la diffusione delle dottrine miafisite e monotelite, opponendosi a ogni intromissione del potere politico in materia dottrinale e scorgendo nell’invasione araba un estremo appello alla conversione lanciato ai cristiani del suo tempo.
Risultato delle lezioni della Cattedra Cardinal Mercier, tenute da Gilson all'Università di Lovanio nel 1952, Le metamorfosi della città di Dio è un brillante excursus del concetto di "città di Dio" da Agostino a Comte, passando attraverso Ruggero Bacone, Dante, Cusano, Campanella, l'abate di Saint-Pierre, Leibniz. Il filo rosso è la trasformazione del concetto agostiniano di civitas Dei nella Cristianità medievale, e , successivamente, nella società universale degli uomini che sta al centro del pensiero moderno. La metamorfosi è il risultato della secolarizzazione dell'ideale originario. L'ultima sua forma è l'Occidente europeo, la cui costruzione ideale, come si ricava da molti passi del volume, è, tra approvazione e riserve, il vero tema del testo di Gilson.
Questo libro inizia con uno sguardo generale sulla vita e sull'opera di Cassiano il quale visse in diversi paesi ricoprendo svariate mansioni, ma la costante nella sua vita straordinaria è stata una vocazione monastica vissuta a servizio della Chiesa.
Questo libro è stato scritto per due tipi di lettori che in parte si sovrappongono: da una parte, monaci e monache e coloro che sono attratti dalla spiritualità monastica; dall'altra gli studiosi della prima era cristiana. L'autore ha sempre avuto presente coloro che guardano a Cassiano come ad un maestro della vita monastica.
L'obiettivo di Cassiano è quello di raggiungere la purezza del cuore; questo significava porsi in una posizione contemplativa nei riguardi di tutta l'esperienza umana, inclusa l'esperienza di Dio. Il suo insegnamento sull'interazione fra contemplazione e azione ci conduce ad una sfida perenne insita nella vita monastica.
Il volume nasce dal corso di teologia per laici sui Padri della Chiesa tenuto presso l'Istituto Superiore di Studi Religiosi di Villa Cagnola, a Gazzada. Cesare Pasini ripercorre le radici della religione Cattolica, attraverso lo studio dei Padri, in una trattazione agile che inizia con il sorgere e il primo svilupparsi della Chiesa a Milano. I capitoli si snodano a partire dagli scritti e autori del del I secolo, di epoca apostolica o subapostolica, sino a raggiungere la metà del V secolo, tradizionalmente considerato come epoca d'oro della patristica, con uno sguardo anche ai secoli successivi.
Le Lettere di Caterina da Siena costituiscono una presenza precoce e costante nella vita e nelle opere di Federigo Tozzi, quasi un ideale livre de chevet che ne accompagna lo stesso passaggio dal giovanile laicismo anarco-socialista al contraddittorio cattolicesimo, aspro e problematico, della maturità. Modernamente, nella grande conterranea lo scrittore riverbera soprattutto la propria insaziata ansia di conoscenza. «Santa Caterina - scrive Tozzi - ci sbarazza di tutto ciò che ci impedisce di giungere al nostro io più profondo». Ed è proprio nell'ottica di una riproposizione senza schemi eruditi o facili ideologismi del Medioevo cristiano e 'primitivo', che nel 1918 Tozzi sintetizza in un esile, straordinario libretto il monumentale corpus delle lettere cateriniane «per chi non ha tempo né voglia di leggerlo da cima a fondo». Le cose più belle di Santa Caterina da Siena è così un documento indispensabile per comprendere appieno la potenza di intuizione e la colta complessità novecentesca dello scrittore senese. Ma è anche un modo per avvicinarsi con un percorso originale a una delle esperienze più radicali e affascinanti della letteratura mistico-religiosa occidentale. Introduzione di Marco Marchi.
Quella che qui si presenta è la versione rinnovata e aggiornata di un volume che si è da tempo imposto come un "classico" nell'ambito della bibliografia su Iacopone da Todi, una figura complessa della nostra storia letteraria e spirituale, la cui fama di poeta si presenta, fin dall'inizio, intrecciata strettamente a quella del mistico e dell'asceta. Sulla scorta di una grande varietà di fonti, mettendo a frutto anche i progressi registrati dalla più recente storiografia sul periodo, il volume ricostruisce la vicenda biografica di Iacopone sullo sfondo del complesso contesto storico. Quello che emerge è un quadro mosso e vivace, per vari aspetti nuovo, in cui le vicende del poeta di Todi si intrecciano con quelle dei movimenti penitenziali, con le vicissitudini della contestazione all'interno dell'ordine dei Minori, l'inaspettata ascesa al papato di Celestino V e la rivolta contro il successore Bonifacio VIII. L'autore illustra molti passi delle Laude, offrendo anche al lettore un panorama rappresentativo dell'attività del poeta. Condotto in modo chiaro e scorrevole, ma insieme scientificamente rigoroso, il libro ci restituisce l'immagine di un mondo suggestivo e di una personalità eminente, a cavallo tra mistica, poesia e impegno politico-religioso.
Questo libro riprende esplicitamente anche nel titolo il De vera religione di Agostino, con le sue due tesi essenziali. La prima è che da sempre all'interno dell'uomo abita la Verità - luce visibile non con gli occhi del corpo, ma con quelli della mente, oltre lo spazio e il tempo. La seconda è che fede cristiana e filosofia sono la medesima cosa, in quanto l'appello evangelico alla sequela di Cristo con la rinuncia a sé stessi coincide con la filosofia, nel suo senso originario di distacco, «esercizio di morte», come la definisce Platone, e come fu ben chiaro ai primi Padri della Chiesa. Mentre le teologie fondate sulle Scritture non superano l'esame della filologia e della critica storica contemporanea e il cristianesimo sembra così avviarsi al tramonto, la religione vera si mantiene nella mistica, che è la forma di vita che prosegue quella filosofica del mondo classico: Meister Eckhart, san Giovanni della Croce, Henri Le Saux-Abhishiktananda ne sono alcuni degli esempi, antichi e moderni. A essi, e innanzitutto ad Augustinus magister, occorre perciò fare riferimento, oggi più che mai.
Questo volume offre una ricognizione approfondita sul senso della teologia secondo san Tommaso d'Aquino. Partendo dall'analisi e dal commento della prima questione della Summa Theologiae, vengono esaminati i passi in cui Tommaso si riferisce alla teologia, il rapporto di quest'ultima con la sacra dottrina e la rivelazione, le caratteristiche che la definiscono come disciplina, il senso del suo darsi e il metodo del suo configurarsi. Sebbene radicata in un contesto storico e in un orizzonte categoriale molto distante dalla contemporaneità, la complessa e affascinante riflessione di Tommaso - considerata direttamente alla luce dei suoi testi più che attraverso le interpretazioni - si rivela sorprendentemente attuale. Essa offre strumenti preziosi per comprendere la realtà della teologia, affrontando temi centrali come il rapporto tra fede e ragione, la natura speculativa e argomentativa del sapere teologico, la dimensione soprattutto esistenziale e salvifica della rivelazione, e il valore di una teologia il cui contenuto è Dio stesso, a partire da ciò che Egli ha rivelato di sé.
La divinizzazione dell'uomo è una delle tematiche che suscitano interesse nel panorama teologico odierno. I Padri Cappadoci ne parlarono già diffusamente arricchendo lo sfondo culturale, storico e teologico del IV secolo. Basilio di Cesarea, concludendo la presentazione della storia della salvezza dal punto di vista divino, nelle sue Regulae fusius tractatae afferma: «[a Dio] non è bastato restituire semplicemente alla vita quanti erano morti, ma ha anche fatto loro dono della dignità divina».

