
Quest’opera di Arnaldo Vidigal Xavier da Silveira rappresenta un importante contributo alla teologia del XX secolo per il rigore intellettuale con cui affronta un tema difficile e mai adeguatamente approfondito: quello della possibilità di un Papa eretico. L’autore non si limita ad offrirci un quadro sintetico ed esaustivo delle diverse posizioni teologiche e canoniche emerse nel corso dei secoli, ma propone una equilibrata soluzione del problema, invitando i teologi a cercare una posizione condivisa. Lo studio venne pubblicato nel 1975 in lingua francese, ma ebbe diffusione solo tra gli specialisti. Oggi viene presentato per la prima volta al grande pubblico offrendo un contributo primario al dibattito, anche per il suo distacco dalla contingenza dell’ora presente.
Di quali argomenti si è servito il papato per giustificare, nei secoli, il proprio esercizio delle armi? Perché la Bibbia e i Vangeli sono divenuti materiale di propaganda per imprese che nulla avevano a che fare con lo spirito? Questo libro ricostruisce tutte le principali guerre scatenate dalla Chiesa di Roma, dalle prime sfide per il potere temporale alla cosiddetta Lotta per le investiture, dai periodi di rivalità con Federico Barbarossa e suo nipote Federico II alla "Cattività avignonese", quando il papato ha affinato la sua strategia, gettando le premesse per il suo "ammodernamento", potenziando allo stesso tempo l'apparato difensivo e militare. Non possono mancare le storie piene di veleni e intrighi delle famiglie più influenti - prime tra tutte i Borgia e i Farnese - che furono capaci di accedere al soglio pontificio, subordinando ai propri interessi la politica militare dello Stato. Tra le figure più rappresentative di questa epopea, che parte da lontano e giunge fino alla seconda metà del XIX secolo con la nascita dello Stato italiano, Giulio II, il papa guerriero per antonomasia. Ma come lui ve ne sono stati molti altri, animati da un desiderio di conquista e di potere simile a quello di imperatori e grandi condottieri.
Papa Benedetto XV visse durante e dopo la I Guerra Mondiale. Egli non solo cercò invano, con tutte le sue forze di fermare l’insensata strage, ma si adoperò anche in tutti i modi per portare sollievo materiale e spirituale alle innumerevoli vittime del terribile conflitto.
Cosa succede alla Santa Sede quando, con la fine del potere temporale, perde le proprie case editrici più prestigiose, attraverso le quali diffondeva i contenuti del suo magistero? Quali le strategie comunicative e i nuovi strumenti editoriali che le consentono di riprendere l'iniziativa e di parlare di nuovo al mondo, sotto i difficili pontificati di Leone XIII e di Pio X? Questo volume, attraverso l'analisi di una ricca documentazione archivistica, dà una risposta a questi interrogativi ricostruendo la storia, finora sconosciuta, di alcune case editrici straniere già largamente affermate nei territori di origine - la belga Desclée, la tedesca Pustet - ed in contatto con potenti esponenti della curia, che divengono le vere protagoniste della revanche cattolica, spesso in aspro conflitto tra loro per la conquista del vasto mercato dei libri liturgici e di pietà. Dopo aver analizzato i rapporti con gli autori accusati di modernismo, da Buonaiuti a Duchesne, prima accolti nei cataloghi poi rifiutati per non offuscare la propria immagine di fedeli esecutori della politica papale, il libro ripercorre le tappe che porteranno alla nascita nel 1926 della Libreria Editrice Vaticana.
Eletto papa il 21 giugno 1963, Paolo vi manifestò sin dall’inizio la sua intenzione di portare a termine il concilio Vaticano II che aveva ricevuto “in eredità” dal suo predecessore Giovanni xxiii. L’idea conciliare era strettamente legata, nella sua mente, a quella di riforma secondo l’adagio Ecclesia semper reformanda. Ma riforma non significava rivoluzione. Di fronte alle derive dottrinali del dopo concilio, egli volle essere il difensore coraggioso dell’integralità della fede cattolica. L’enciclica Humanae vitae (1968) sul controllo delle nascite segnò una svolta e l’immagine positiva del “principe illuminato” cedette il passo a quella, sofferta e tragica, del “papa amletico”. Basata su numerosi archivi inediti, la biografia di Chenaux ricostruisce, da Brescia a Roma passando per Milano, l’itinerario politico, intellettuale e spirituale di questo «grande pontefice» del XX secolo che – secondo le parole di papa Francesco nel giorno della sua beatificazione, il 10 ottobre 2014 – «non ha avuto paura delle novità».
Da quando nel 1540, quasi cinque secoli fa, Paolo III istituì ufficialmente la Compagnia di Gesù, gesuiti e papato sono legati da una relazione speciale che ha attraversato la storia della Chiesa e della modernità. Da subito, con il loro 'quarto voto', i gesuiti dichiarano obbedienza incondizionata verso il pontefice, ponendosi come strumento al servizio dei disegni di Roma dapprima nella strategia missionaria e poi anche nella formazione delle classi dirigenti e nei rapporti con le grandi istituzioni politiche europee. Ma questo rapporto esclusivo e intenso non è stato sempre fluido e in armonia: ha conosciuto, anzi, momenti di grande difficoltà e incomprensione, come nel XVIII secolo, quando la Compagnia fu soppressa da papa Clemente XIV o in tempi più recenti, dopo il Vaticano II, per le acute tensioni con Paolo VI prima e Giovanni Paolo II poi. Con il suo stile consueto, di grande rigore storico abbinato a una capacità di narrare in modo sapido e avvincente le vicende umane dei protagonisti, John O'Malley dipinge in questo libro un colorato affresco nel quale il rapporto singolare, tumultuoso e variegato, tra gesuiti e papato si muove sul palcoscenico ben più ampio delle vicende storiche e politiche, tra svolte clamorose e colpi di scena, tragedie e risalite, polvere e onori, fino ad arrivare all'evento più inatteso: il primo papa gesuita della storia, Francesco.
Un formidabile ed originale viaggio per immagini - anche inedite - alla scoperta delle radici più autentiche della cooperazione, lette attraverso il Magistero e il profilo pastorale e umano dei Pontefici che si sono susseguiti dalla fine dell'800. Primo di tutti è Leone XIII (che attraverso l'enciclica Rerum Novarum diede impulso alla cooperazione di credito nel nostro Paese), proseguendo con i suoi successori, alcuni già assurti agli onori degli altari, come Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II, fino a Papa Francesco, al quale è dedicato un capitolo molto ampio e ricco di immagini, a volte già entrate nella Storia. Una società che voglia rispettare la dignità umana non può essere edificata dal gioco di forze lasciate a se stesse, siano esse la lotta di classe o il mercato. Solo il costante impegno per la giustizia, guidato e completato dall'amore vicendevole, può costruire una società fraterna e solidale. In tale contesto, come hanno riaffermato Papa Benedetto XVI (10 dicembre 2011) e Papa Francesco (28 febbraio 2015), l'azione cooperativa rimane un esempio paradigmatico di un'economia impostata sulla logica della comunione e della fraternità. [...] Il movimento cooperativo può svolgere un ruolo esemplare e paradigmatico: «L'economia cooperativa può svolgere una funzione sociale forte ... essere protagonista del futuro di una nazione e di ciascuna comunità locale ... Può promuovere l'economia dell'onestà! Un'economia risanatrice nel mare insidioso dell'economia globale. Una vera economia promossa da persone che hanno nel cuore e nella mente soltanto il bene comune». [...] Nel ringraziare quanto il movimento cooperativo ha saputo fare, è da augurarsi che possa continuare a svolgere la sua missione, con la forza e l'ampiezza di orizzonti che gli assegna il Santo Padre e continuare ad essere un «segno della misericordia di Dio con gli uomini» (dal testo introduttivo del cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano).
"Dal 13 marzo 2013 siede sull'antica cattedra di Pietro un pontefice che, primo nella storia, ha scelto il nome di Francesco, il santo che ancora oggi tutti associano all'amore nei confronti dell'ancor più antico miracolo della natura creata e dei suoi animali. Certo, i tempi cambiano, e l'enciclica Laudato si' del 2015 è stata debitamente definita 'ecologista' dai media per le novità che contiene. Ma in realtà, papa Francesco si riallaccia a una tradizione, tanto remota quanto ininterrotta, che associa animali e pontefici in un rapporto simbolico e metaforico di stupefacente coerenza, pur nell'estrema varietà dei messaggi. Una storia, anzi un insieme di storie per narrare le quali nessuno strumento ci è parso altrettanto opportuno della più veneranda delle enciclopedie: un bestiario. Nel corso delle pagine che seguiranno, cercheremo di costruirne uno assai particolare, popolato di colombe, draghi, cavalli, asini e cammelli, pappagalli, fenici e pavoni, aquile, leoni, leopardi, corna di ceraste e corni di unicorni, oltre che di orsi ed elefanti, allo scopo di comprendere in qual modo tutti questi animali abbiano contribuito a creare e poi accompagnato - talvolta senza soluzione di continuità e per molti secoli - l'autoaffermazione simbolica del papato nel suo divenire storico e istituzionale; oppure, al contrario, siano stati usati per criticare o delegittimare il pontefice e la Chiesa".
"Le parole usate dai papi sono importanti; tanto più in quanto il loro modo di parlare non è sempre lo stesso. Il linguaggio con cui il pastore della Chiesa di Roma si rivolge all'umanità nei momenti difficili è sempre stato espressione non solo della sua personalità individuale, ma del posto che la parola della Chiesa occupava nel mondo in quella data epoca; ed è un indizio estremamente rivelatore delle diverse modalità, e della diversa autorevolezza con cui di volta in volta i papi si sono proposti come leader mondiali. In queste pagine faremo un viaggio attraverso le parole usate dai papi nei secoli. Ovviamente la Chiesa esiste da duemila anni e nel corso di questi due millenni ha prodotto innumerevoli parole; non si tratta di renderne conto in modo esaustivo o anche solo sistematico, ma piuttosto di proporre uno dei tanti viaggi possibili, cominciando dal Medioevo per arrivare fino alla soglia della nostra epoca."
La vita di Papa Roncalli è stata caratterizzata da un’adesione completa alla Parola, sorgente di pensiero e di azione. La sua spiritualità è stata vissuta nel tenersi “sempre con Dio e con le cose di Dio”, e nella consapevolezza di una fraternità universale che preferisce innalzare ponti piuttosto che barriere. Ma l’adesione a questo nucleo si carica anche di valenze creative perché sostenuta dalla continua attenzione alla Storia, dove il Vangelo deve essere calato. Per questo, quasi a sigillo del suo percorso, resta l’attualità del messaggio lasciatoci dal pontefice sul letto di morte: «Ora più che mai, certo più che nei secoli passati, siamo intesi a servire l’uomo in quanto tale e non solo i cattolici; a difendere anzitutto e dovunque i diritti della persona umana e non solamente quelli della Chiesa cattolica”.
Il volume offre un quadro della committenza artistica a Roma nel corso di tutto il Medioevo attraverso uno studio dettagliato sulle figure dei singoli pontefici che ne furono i principali promotori. I fatti artistici, analizzati dal punto di vista della committenza papale, non solo consentono di capire il significato primario connesso alla loro funzione, ma ricreano anche un'immagine speculare del contesto culturale di appartenenza. L'ambito cronologico, circoscritto fra il pontificato di Silvestro I (314-335) e quello di Martino V (1417-1431), lascia intravedere nel comportamento di molti pontefici la persistenza di una mentalità che, da un atteggiamento iniziale di semplice patronato e protezionismo, si tramuta nel tardo Medioevo in vero e proprio mecenatismo. I saggi raccolti, ricchi di spunti e suggestioni, pongono sotto la giusta luce aspetti meno noti di una città come Roma, quale centro ideale della cristianità e termine imprescindibile di riferimento per le sue valenze storico-artistiche.
Storia di un'amicizia spirituale tra mons. Helder Camara e papa Paolo VI. Paolo VI, persona di profonda sensibilità umana e di intensa vita evangelica, percepiva che mons. Helder gli rivelava alcuni tratti di Gesù Cristo. Per lui, Helder era un dono per la chiesa e per il Brasile, uno dei grandi volti dell'umanità al pari di Gandhi e di Martin Luther King. Un libro che commenta e approfondisce alcuni aspetti di questa amicizia che maturò, crebbe fino a trasformarsi in profonda stima e ammirazione. Tante volte, sapendo che l'amico Helder si trovava a Roma, il futuro papa faceva di tutto per incontrarlo e concelebrare con lui la Messa. E durante il concilio Vaticano II non passò inosservata l'influenza di mons. Helder sul papa.