
Questo volume raccoglie le cinque Lettere Pastorali che Mons. Vecerrica ha scritto sin dal primo anno del suo insediamento come Vescovo della Diocesi di Fabriano-Matelica. Ogni lettera propone una tematica diversa: la prima, del 2004, prende in esame la funzione educativa della Chiesa, la seconda, del 2006, si incentra sulla Bellezza dell'incontro con la Fede cristiana, la terza, del 2007, richiama l'attenzione sulla dimensione missionaria della Chiesa, la quarta pone l'accento sulla testimonianza vista come punto focale dell'educazione.
Il Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionli raccoglie in questo volume i testi riguardanti la propria attività. Nella prima parte del volume viene pubblicato il nuovo Statuto del Comitato Congressi Eucaristici, approvato da Benedetto XVI nel dicembre 2009; segue poi un breve cenno storico sui Congressi degli ultimi 130 anni. Infine viene proposto un vademecum di suggerimenti e riflessioni da utilizzare come strumento di lavoro per le Chiese che vogliono celebrare un Congresso Eucaristico locale o nazionale al fine di riscoprire il vero valore della Santissima Eucaristia.
Quanto hanno contato i cattolici nella vita italiana? Quanto contano? Domande semplici, risposte difficili, ma con un’unica certezza: il loro ruolo nella vita del Paese non è mai venuto meno.
Hanno dato al Paese il senso di una coerenza di valori sociali e politici ispirati alla dottrina sociale della Chiesa e confluiti, prima, nel programma del Partito popolare italiano e, nel secondo dopoguerra, in quello della Democrazia cristiana.Valori che hanno alimentato una strenua opposizione al Fascismo, sia pure nelle forme moderate di processi pedagogici e culturali orientati ai giovani, e la Resistenza.
Del Colle e Pellegrini ci regalano un libro utile e di grande attualità per riflettere – in tempi bui e concitati come il nostro – sul ruolo e la funzione storica svolta dei cattolici italiani in politica e sul loro futuro.
Destinatari
Un libro destinato a un ampio pubblico.
Punti forti
L’editorialista di Famiglia Cristiana cura un argomento di grande attualità, in tema con il 150o anniversario dell’Unità d’Italia.
Gli autori
Beppe del Colle, giornalista, ha cominciato a scrivere su «Il nostro tempo», settimanale cattolico della sua città, Torino. Professionista dal 1956, è stato redattore del «Popolo Nuovo», quotidiano piemontese della Democrazia cristiana, e della «Gazzetta del Popolo», dove è rimasto fino al 1961, quando è entrato a «Stampa Sera». Nel 1970 è stato invitato a fare il redattore capo a «Famiglia Cristiana», di cui è diventato vicedirettore nel 1982, quando ha cominciato a firmarne gli Editoriali, funzione che esercita tuttora. Fra il 1982 e il 2002 ha collaborato assiduamente ad «Avvenire» come opinionista soprattutto in politica estera. Nel 1988 ha pubblicato per le Edizioni paoline il libro Olga e Gorbaciov, vincitore del Premio Anghiari Storia.
Pasquale Pellegrini, laureato in Scienze geologiche, ha conseguito un master in Comunicazione di servizio e di pubblica utilità,è giornalista e dipendente ministeriale, opera nel campo dell’informazione pubblica. Nel 1979 ha iniziato l’attività giornalistica con «La voce del popolo» di Torino, ha collaborato con varie testate, tra cui «Nigrizia», «In/oltre», «La Repubblica» edizione di Bari e «Airone».Attualmente scrive per «Il nostro tempo», il mensile pugliese «Artventuno magazine» e la rivista di letteratura «Incroci». Si occupa, in particolare, di cultura, informazione religiosa e scientifica. Ha pubblicato il romanzo per ragazzi Il mistero dei cavalieri del rombo (2009) e Ogni giorno l’amore (San Paolo, 2010).
l L’editorialista di Famiglia Cristiana al centro della bagarre mediatica.
l Un argomento di grande attualità, in tema con il 150o anniversario dell’Unità d’Italia. l L’attenzione prestata dai media al rapporto
cattolici/politica. l Il momento di crisi politica che riaccende l’at-
tenzione sulle scelte dell’elettorato cattolico.
Trenta voci per raccontare il cammino della Chiesa italiana. Trenta voci per testimoniare una storia che continua, ricca di tradizione e valori e da sempre patrimonio di crescita per il Paese, mai come adesso al centro di una stagione delicata e inquieta. Trenta voci autorevoli, in grado di guardare con profondità ai tesori racchiusi dentro le nostre comunità cristiane, per decifrarne limiti e possibilità. Trenta voci pronte a ridire, con fiducia, il proprio "credo la Chiesa", un'invocazione che è una professione di fede e insieme un dono di grazia.
Interviste a Carlo Maria Martini, Camillo Ruini, Enzo Bianchi, Luciano Caimi, Giorgio Campanini, Mauro Magatti, Arrigo Miglio, Luigi Accattoli, Agostino Superbo, Andrea Olivero, Marco Tarquinio, Gianfranco Brunelli, Alberto Monticone, Franco Cardini, Sergio Zavoli, Franco Miano, Giuseppe Notarstefano, Francesca Zabotti, Claudia Biondi, Giuseppe Savagnone, Fulvio De Giorgi, Domenico Sigalini, Vittorino Andreoli, Paola Dal Toso, Andrea Manto, Paolo Ramonda, Flaminia Giovanelli, Maria Voce, Fouad Twal, Gianbattista Zanchi.
Il "martirio laico" di Vittorio Bachelet non è certamente stato vano. Il seme buono porta sempre frutto, passando per i tempi della storia. Egli è stato testimone di una fede che è tutt'uno con la vita. Una fedeltà al Vangelo vissuta nell'accoglienza del mistero insondabile del vivere. Una fede che si fa anche esercizio operoso di responsabilità. Dobbiamo non solo fare memoria dell'eredità intellettuale e morale di Bachelet, ma anche provare a leggere la sua straordinaria lezione umana e spirituale per trarne ancora una volta buone indicazioni per il nostro tempo e per questa difficile fase della vita del Paese.
Parlare d’emergenza educativa è di moda. Paventarne le conseguenze drammatiche è semplice, basta appellarsi ad evidenze già disponibili di disagio pubblico e privato che di là provengono. Tutto questo non nutre però le ragioni di un ravvedimento collettivo. Così, nella quotidiana prossimità educativa, errori ed opzioni fallimentari si perpetuano, con allegra disinvoltura, se non con aggressiva ostentazione. Non potrebbe accendere qualche rinnovata speranza la revoca di quella idolatria della criticità che porta la nostra cultura a confondere la testimonianza con l’ideologia e a bandire significati e profezia dal gesto educativo?
Paolo Zini (1966) è religioso tra i Salesiani di Don Bosco. Laureato in Filosofia e Teologia è docente di Filosofia morale e Filosofia della religione presso il Centro Salesiano di Studio «Paolo VI» di Nave (BS) affiliato all’Università Pontificia Salesiana di Roma. Ha pubblicato presso l’editrice Glossa i volumi Semantica dell’onnipotenza. Hegel e Barth: Volto della storia, volto di Dio (2003) e Libertà e compimento. Saggio di filosofia della religione (2008). Con Fede & Cultura ha pubblicato anche "Sapere di credere" (2010).
Frutto della collaborazione di quattro importanti realta' internazionali (Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuƒn sulla Dottrina sociale della Chiesa; Centro de Pensamiento Social Cat¢lico dell'Universita' San Pablo di Arequipa - Peru'; Fundaci¢n Pablo VI di Madrid; Fondation de Service Politique di Parigi) la pubblicazione di questo Secondo Rapporto rappresenta un ulteriore e significativo passo avanti per una sistematica osservazione ragionata sulla Dottrina sociale della Chiesa nel mondo.Il Rapporto e' un documento di respiro internazionale, uno strumento necessario che prende in esame la produzione, la diffusione, la ricerca e la pratica concretizzazione della Dottrina sociale della Chiesa; compiendo una valutazione sul suo grado di accoglimento; aprendo un confronto che porti ad un fecondo e costruttivo superamento dei problemi.
Denaro e paradiso è il dialogo lucido e appassionato tra un intellettuale curioso e un economista non accademico sulle possibilità di applicazione in economia della morale cattolica. Questa, lungi dall’essere contro il capitalismo o le leggi di mercato, rappresenta un potenziale vantaggio competitivo, da esaltare piuttosto che da reprimere, perché permette all’uomo di realizzare integralmente se stesso secondo la propria libertà.
Attraverso una riflessione che spazia dai grandi principî alle forme concrete assunte dai rapporti economici nel corso della storia umana, i due autori tentano una riconciliazione, in un periodo di globalizzazione e di crisi mondiale, tra morale e mercato, mostrando i benefici che ne possono derivare: la morale può rendere più efficace il mercato, senza che l’economia e la ricchezza ostacolino una vita pienamente cristiana.
GLI AUTORI
Ettore Gotti Tedeschi è stato nominato dal card. Tarcisio Bertone, nel settembre 2009, Presidente dello IOR. È anche consigliere economico del ministro del Tesoro, consigliere della Cassa Depositi e Prestiti, presidente del Fondo italiano per le infrastrutture F2i, presidente di Santander Consumer Bank e docente all’Università Cattolica. È inoltre editorialista dell’«Osservatore Romano» e del «Sole 24 Ore».
Rino Cammilleri è autore, presso i maggiori editori nazionali, di una trentina di libri, alcuni dei quali tradotti in più lingue. La sua produzione spazia dalla narrativa alla saggistica. In quest’ultimo ambito ricordiamo Gli occhi di Maria, scritto con Vittorio Messori, e, editi da Lindau, Dio è cattolico? e Antidoti. Tiene rubriche su «Il Giornale» e sul mensile «Il Timone». Il suo sito Internet è: www.rinocammilleri.com.
DAL LIBRO
Che cosa è questa globalizzazione di cui si parla tanto?
Globalizzazione vuol dire innanzitutto liberalizzazione. Questa può riguardare i mercati, riferendosi perciò alla libera circolazione delle merci, dei capitali e degli uomini, implicando in tal modo la caduta di ogni barriera. In quanto tale è figlia del capitalismo. Ma la liberalizzazione potrebbe anche riguardare la cultura e i costumi, e ciò provocherebbe un'omogeneizzazione fra i popoli, la nascita di una vera «società aperta». In quanto tale essa influenzerà il capitalismo stesso. Caduta di ogni barriera e «società aperta» sono i due sintomi del mondo globale. Dopo la scoperta del Nuovo Mondo e la rivoluzione industriale, la globalizzazione è la più grande trasformazione economica e sociale mai avvenuta, le cui implicazioni ancora sfuggono, sono contraddittorie e non sufficientemente comprese.
Da un punto di vista più politico essa è stata una conseguenza della fine della guerra fredda; da un punto di vista economico essa è stata accelerata dai grandi investimenti tecnologici che si sono trasferiti dalla difesa al mercato. In sintesi, la fine della contrapposizione USA-URSS ha reso inutili i muri-barriere reali e virtuali e ha reso disponibili le risorse finanziarie e tecnologiche per una pacifica guerra di mercato.
E le sue radici culturali?
Per alcuni dette radici stanno nei principi di fratellanza universale, uguaglianza e libertà (di spirito illuministico); per altri stanno invece nello spirito di progresso insito nell’uomo, che è orientato all’universalizzazione. Io credo che le radici stiano nella capacità dell’uomo di agire quando è libero di farlo.
Quali sono i meccanismi della globalizzazione?
I meccanismi sono politico-economici. La caduta del muro di Berlino (o, meglio, la fine del comunismo) sancisce il trionfo di un modello economico e sociale che, senza più ostacoli, confini e barriere, cerca di imporre un modello liberista che promette benessere e quindi pace a tutto il mondo, Paesi poveri per primi, grazie alle capacità tecnologico-produttive disponibili (che sono frutto, anche, delle ricerche per la difesa, in particolare il cosiddetto «scudo stellare»). Per realizzarlo si chiede l’apertura dei mercati, la fine delle regolamentazioni, dei protezionismi, degli Stati imprenditori. Garanzia implicita che si fa sul serio è la logica dell’economia di massa che vuole tutti provvisti di potere d’acquisto omogeneo: in pratica, lo sfruttamento è finito, la tecnologia permette di farne a meno; apriamo le porte alla globalizzazione e tutti staranno meglio.
In Europa questo processo è stato avviato (curiosamente, proprio da governi di centro-sinistra) ridimensionando il ruolo degli Stati in economia (privatizzazioni, fine dello Stato sociale…) e sottraendo loro molte funzioni, poi accentrate in organismi europei dopo aver varato la moneta unica.
I Paesi poveri per ora ottengono, mancando le risorse finanziare nei Paesi ricchi, molte promesse. Ma devono accontentarsi di molte visite di delegazioni e di sapere che staranno meglio solo se ridurranno la loro natalità. In compenso i Paesi ricchi cominciano ad assorbire la loro manodopera onde equilibrare gli scompensi di popolazione prodottisi negli ultimi trent’anni.
L’auspicato processo di globalizzazione ha subito una battuta d’arresto con l’attentato alle Torri gemelle di New York nel settembre 2001, un evento che ha peggiorato la crisi economica già in atto e ha creato lo spettro del terrorismo globale. A seguito di questo attentato gli USA hanno fatto la guerra all’Iraq, guerra che li ha divisi da gran parte dell’Europa, rischiando di creare problemi allo stesso processo di unione europea. Gli USA sembrano voler decidere (come sempre è accaduto dopo crisi con gli europei) nuove alleanze con Russia e Cina per accelerare il processo di globalizzazione in queste aree. Nel vertice di Cancún del settembre 2003, USA ed Europa si sono ritrovate unanimi, questa volta contro i Paesi poveri che vorrebbero poter esportare i loro prodotti agricoli dove ci sono i soldi per comprarli, cioè da noi, mentre noi, per proteggere i nostri agricoltori, imponiamo dazi. Sempre nel settembre 2003 noi europei ci siamo ritrovati d’accordo con i cugini americani nel lamentarci della competizione cinese che mette in difficoltà le imprese occidentali, dimenticando che molti prodotti importati dalla Cina sono fatti da imprese occidentali là operanti. Ma il principio della globalizzazione non doveva essere l’apertura dei mercati, la fine di barriere e protezioni? Il beneficio della globalizzazione non doveva risiedere nel vantaggio di più bassi costi grazie alle importazioni di beni da chi può vendere a minor prezzo? Bene, da questo paradosso si comprende che i principi sono una cosa e le attuazioni un’altra.
Tutta l'attività della Santa Sede nel 2009, quarto anno di pontificato di Papa Benedetto XVI.
Raccolta degli Atti del I Congresso Apostolico Mondiale della Divina Misericordia (Roma, Basilica Lateranense 2-6 aprile 2008), in occasione del III anniversario della morte di Giovanni Paolo II. L'intento di questo convegno, presieduto da Benedetto XVI, è stato approfondire il magistero del papa polacco sul tema della Divina Misericordia.

