
Per l'autore, la società di mercato è l'unica davvero compatibile con la grande eredità umanistica dell'Occidente cristiano. La scelta liberale infatti, contrapposta all'interventismo statale, serve a proteggere la dignità dei singoli poiché la libertà autentica consiste non nell'arbitrio di chi si sente autorizzato a fare qualsiasi cosa ma nell'agire di chi sa innanzitutto riconoscere la libertà (e quindi la proprietà) altrui.
Intendendo offrire un contributo alla riflessione che ha accompagnato la ricorrenza del cinquantesimo anniversario del Concilio Vaticano II, l'Istituto Paolo VI di Brescia ha dedicato il suo XII Colloquio Internazionale di Studio a tracciare un bilancio delle posizioni presenti nella vivace discussione attuale sull'interpretazione del Vaticano II, inteso sia come tornante fondamentale nella storia della Chiesa, sia come impulso a ripensare le forme dell'annuncio cristiano in dialogo con una cultura in profonda trasformazione. In continuità con la linea di ricerca tracciata fin dalle origini dell'Istituto, il Colloquio ha cercato di mettere in luce il significato dell'azione di Paolo VI nel portare a termine il Concilio e nell'attuarne le indicazioni e di mostrarne il rilievo per l'interpretazione storica e teologica del Vaticano II. Insieme a contributi di carattere generale sull'interpretazione del Concilio, nel volume si trovano approfondimenti dedicati a illustrare la relazione tra papa Montini e l'assemblea conciliare e i modi in cui il suo stile personale e pastorale ha influenzato quello del Vaticano II. Lo stile di Paolo VI nel guidare il Concilio e l'avvio della ricezione del suo insegnamento nella stagione postconciliare si rivela infatti con particolare evidenza nelle relazioni da lui stabilite con singoli episcopati nazionali e con gruppi organizzati all'interno dell'assemblea conciliare.
Logica della mediazione o logica della presenza, valori componibili o valori non negoziabili, partito unico o "tensione unitiva", alleanze omogenee o patti con il diavolo: la partecipazione dei cattolici alla vita politica italiana ha attraversato numerose fasi e ha collaudato schemi che oggi risultano superati. Ripercorrere le strade già battute serve a fare il punto, cioè a capire dove si è arrivati e a comprendere le glorie e le miserie delle imprese compiute. È la condizione necessaria, non sufficiente, per intraprendere un nuovo corso. Solo una ricognizione necessariamente sincera e, dunque, impietosa consente di guardare avanti liberi dall'incubo del già vissuto. Sapendo che il confronto è arduo. La posta in gioco è il mutamento della qualità dell'azione politica, il recupero della sua funzione di servizio anziché di pratica del potere. Con un fine di umanizzazione della vita che rigetta la cultura dello scarto insita nella logica mercantile che domina la produzione e gli scambi.
In dialogo con l'enciclica Laudato si' di papa Francesco e con importanti pensatori contemporanei, Vincenzo Rosito ripercorre e ricostruisce il dibattito intorno all'ecologia sociale, anche analizzando movimenti e modelli di conversione ecologica. Come scriveva Alexander Langer, «conversione non è solo un termine spirituale (lo è sicuramente in modo molto forte) ma è anche un termine produttivo, un termine economico». Cosa richiede, allora, la vera conversione ecologica? Quanto è profondo questo cambiamento che investe la nostra spiritualità, le nostre pratiche di tutti i giorni e le scelte più importanti della nostra civiltà? «L'ecologia profonda non è il semplice aggiustamento di alcune abitudini o stili di vita. Essa ha infatti il volto di una trasformazione radicale che invita all'autocritica dei modelli e degli orientamenti culturali di fondo presenti in un determinato contesto sociale. In tal senso l'ecologia profonda non può essere riformista, ma solo rivoluzionaria. È questo un passaggio fondamentale nella ricostruzione dei paradigmi ecologici contemporanei poiché per la prima volta la sensibilità ecologica è molto più di un vago senso di colpa. Per la prima volta la coscienza ecologica va ben oltre la percezione di una "cattiva coscienza ambientale", essa è tutt'uno con la critica dell'attuale modello economico-produttivo».
Dalle comunicazioni di massa alla comunicazioni medianti il computer si può tracciare l'evoluzione storica, analizzare gli aspetti tecnologici e valutare l'impatto sociale ricorrendo a discipline specialistiche, ma ai fini di una prima introduzione alla materia risulta utile la descrizione che l'Autore fa delle diverse fasi di sviluppo dei media alla luce del contesto socio-politico e del clima culturale nel quale queste si realizzano. La presentazione in parallelo di dati e accadimenti salienti, nell'arco di tempo che va dalla prima industrializzazione del sistema dell'informazione fino agli inizi degli anni Duemila, vuole favorire la ricostruzione di un quadro d'insieme, propedeutico ad ogni successivo approfondimento.
Come pensare e agire per la giustizia sociale nell'epoca dell'intelligenza artificiale e della politica populista? Quali soggetti possono ridare un futuro al desiderio di maggiore uguaglianza? Ancora oggi le questioni sociali sono il punto di equilibrio di un paese che vuole affrontare le sfide epocali, senza che nessuno si perda. Nella realtà leggiamo i segni dei tempi e i segnali positivi: serve lavorare sulle connessioni per realizzare un mondo più giusto. I cattolici, in questo, hanno un compito speciale, quello di ritrovare l'universale per salvare l'umano e rinnovare un patto di convivenza a partire da alcuni punti comuni: ricostruire la comunità, ridare centralità al lavoro (e ai lavoratori) e all'ambiente con un'economia civile e sostenibile, lottare contro la povertà investendo in istruzione e formazione, per insegnare il futuro.
«L'imprenditore cristiano è figlio della Chiesa. Della Chiesa è la via attraverso la quale essa costruisce sulla terra, in mezzo alla società degli uomini, il bene comune. Egli è prima di tutto un testimone della carità della Chiesa, un servitore dell'amore di Cristo Gesù. Come testimonia e come serve quest'amore nell'oggi della storia, nelle particolari contingenze della quotidianità? Ponendo l'uomo al centro, facendone il fine del lavoro e non il mezzo. Spostando l'asse della questione: riducendo cioè il lavoro a semplice mezzo. Così operando, si priva il lavoro della sua mostruosità di fine. Se è l'uomo il fine del lavoro, allora tutto deve ruotare intorno all'uomo. L'uomo riacquista la sua signoria, la sua dignità, la sua gloria». (Dalla prefazione di Mons. Antonio Ciliberti).
All’interno della Chiesa l’autorità non si limita alla persona del papa o alla Curia romana. Su questo tema l’insegnamento del concilio Vaticano II è infatti più ricco e più complesso e consente di riflettere sull’aspetto policentrico dell’autorità, inclusivo della Scrittura, della tradizione, del magistero (il papa, il collegio dei vescovi, le conferenze episcopali), dei teologi, del sensus fidelium, della coscienza, dell’esperienza e della pratica. Inoltre, vi è una gerarchia delle autorità, secondo la quale la Scrittura occupa il primo posto.
Sommario
Introduzione. I. Autorità, Scrittura e Tradizione. II. La Tradizione. III. Autorità collegiale ed esercizio del magistero. IV. Conclusione.
Note sull'autore
Gilles Routhier è professore ordinario di Ecclesiologia e decano della Facoltà di Teologia e Scienze religiose dell’Università di Laval, in Canada. Si occupa, in particolare, della storia, della recezione e dell’ermeneutica del concilio Vaticano II e della sua influenza sull’evoluzione del cattolicesimo post-conciliare.
Il Concilio Vaticano II è stato «la grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel XX secolo: in esso ci è offerta una sicura bussola per orientarci nel cammino del secolo che si apre». Così affermava all’alba del nuovo millennio Giovanni Paolo II.
Con il Concilio infatti la Chiesa cattolica aveva assunto nuovi orientamenti per proseguire la sua missione di sempre in un contesto storico fortemente mutato. Come quel «padrone di casa che attinge dal suo tesoro cose nuove e cose antiche», i padri conciliari, nella loro laboriosa opera di aggiornamento, si riferirono alla grande Tradizione ecclesiale, soprattutto dei primi secoli, ponendo in primo piano aspetti che le circostanze storiche avevano messo in disparte. L’evento conciliare generò un clima di grande entusiasmo e di slancio, una sorta di «nuova Pentecoste», in forza della quale la Chiesa rinnovava la sua fedeltà a Dio e pensava di poter parlare al mondo facendosi capire, dopo un lungo periodo di allontanamento.
Come peraltro successe per molti concili, la recezione del Vaticano II incontrò tuttavia gravi difficoltà, che ne resero problematica l’assimilazione nel concreto della vita ecclesiale. Anzitutto il ’68, con il suo portato di sovvertimento dell’ethos tradizionale, delle istituzioni e della politica, segnò la crisi della modernità avviando il processo della destrutturazione sociale postmoderna. Ma anche la Chiesa stessa sperimentò profondi travagli, per la fatica che inevitabilmente comportano i passaggi di crescita, con la formazione di nuove pratiche, mentalità e paradigmi di pensiero, ma soprattutto per i conflitti, talvolta laceranti, tra le diverse interpretazioni del Concilio. Alcune, convergendo da prospettive opposte, identificavano nel Vaticano II una rottura nei confronti della tradizione: da un lato il movimento scismatico di mons. Lefebvre, che condannava nel Concilio un’eresia di matrice liberale e neo-modernista; dall’altro le interpretazioni che salutavano nel Vaticano II un nuovo inizio nella storia della Chiesa, riferendosi, oltre i testi conciliari stessi, a uno ‘spirito’ che avrebbe autorizzato cambiamenti radicali negli assetti della Chiesa.
Quest’opera, rigorosa e documentata, in continuità con «l’ermeneutica della riforma» promossa da Benedetto XVI, mostra come, nonostante la congiuntura storica sfavorevole, importanti acquisizioni sono state compiute nella quotidianità del cammino postconciliare: basti pensare, solo per fare alcuni esempi, alla riforma liturgica, al primato della parola di Dio, alla corresponsabilità dei laici e all’apertura mondiale della cattolicità. Ma, a quarant’anni dal Concilio – afferma Routhier – non abbiamo esaurito la sua linfa né consentito a tutti i suoi fermenti di lavorare il corpo ecclesiale e di rinnovarlo in profondità. «È suonata l’ora della seconda scelta: l’ora di un bilancio, ma anche, dopo un momento di perplessità, di fluttuazioni e di grandi interrogativi, l’ora dell’approfondimento, l’ora del nuovo slancio sapendo che non si acquisisce nulla senza spendervi tempo e perseveranza, e senza acconsentire a un impegno nella durata e nella quotidianità».
Gilles Routhier (1953) è professore di Ecclesiologia e Teologia pratica all’Université Laval (Québec) e all’Institut Catholique di Parigi. Ha conseguito un dottorato in teologia, antropologia religiosa e storia delle religioni alla Sorbona di Parigi. Si occupa in particolare del Concilio Vaticano II, della sua storia, recezione ed ermeneutica, nonché della sua influenza sull’evoluzione del cattolicesimo post-conciliare.
Il cinquantesimo anniversario dell'apertura del Vaticano II (11 ottobre 2012) segna una tappa importante nel processo di ricezione del Concilio. Costituisce infatti una sorta di spartiacque tra la generazione che il Concilio lo ha 'fatto' (vescovi e teologi) e quella che ora lo eredita. Non si tratta di un passaggio facile. Infatti, le giovani generazioni conoscono poco del Vaticano II o non ne sono comunque particolarmente interessate. La distanza temporale comporta inevitabilmente uno scarto culturale e quindi anche un senso di estraneità rispetto all'epoca in cui il Concilio fu celebrato, così aperta al futuro e propensa all'ottimismo antropologico. E tuttavia il mutare dei tempi non rende obsoleto il Vaticano II, non pregiudica il suo essere realmente "la bussola sicura per orientarci nel cammino" di questo secolo, secondo una famosa espressione di Giovanni Paolo II. Al contrario, la tradizionalissima 'operazione' di ritorno alle fonti bibliche e patristiche, che costituisce l'anima più propria del Concilio, ha portato la Chiesa a una percezione maggiormente nitida della sua identità: quella di un popolo profondamente radicato nella storia umana, che va ascoltata e accompagnata con cordialità per poter proclamare fedelmente oggi il Vangelo di sempre. Come proporre il cristianesimo a questo tempo? È la domanda alla quale ci invita qui Gilles Routhier, uno dei massimi studiosi del Vaticano II. E che è stata, egli ci ricorda, proprio l'appassionato assillo dei Padri conciliari.
Studio teologico del Diario" di Santa Faustina Kowalska sul tema del Culto della Divina Misericordia. " Questo libro e la traduzione di una parte dello studio del defunto Padre Prof. Ignazio Rozycki. Il testo fu presentato alla Congregazione per le Cause dei Santi e accettato come atto in funzione della causa per Sr. Faustina. Questo e il primo studio approfondito sul Culto", grazie al quale furono superati i primi dubbi relativi al suo contenuto teologico, il che ha reso possibile la sua diffusione nella Chiesa. Questo preziosissimo studio aiuta a capire il legame del Culto con la pubblica Rivelazione Divina e spiega le condizioni per un'autentica devozione alla Divina Misericordia. "
Il volume propone la rivisitazione di alcune parole chiave del discorso economico attraverso la prospettiva etica maturata nel contesto di The Economy of Francesco, a partire dal suo sviluppo nel 2020. Le riflessioni di giovani ricercatrici e ricercatori che partecipano al movimento internazionale EoF invitano i lettori a confrontarsi con gli strumenti concettuali alla base del pensiero economico dominante, ripensandoli in forme etiche, inclusive e pluraliste ispirate dall'esortazione mistica ricevuta da Francesco d'Assisi - va' e ripara la mia casa.

