
La parola responsabilità sembra conoscere oggi una straordinaria (e un po' sospetta) fortuna, a quasi un secolo da Weber e grazie ad autori come Jonas e Apel. Si tratta tuttavia di fare i conti, da una parte, con la povertà semantica con cui essa ricorre a buon mercato nel linguaggio politico e dei media; dall'altra, con la pretesa di definirne una volta per tutte presunti "usi legittimi", in una sorta di delirio di analisi che nasconde una non meno scoraggiante vuotezza di senso. Sottraendo la nozione di responsabilità all'ambito della cosiddetta "etica applicata", questo libro cerca di ricostruire alcune fasi di una vicenda che si rivela paradossalmente legata, piuttosto, al destino dell'estetica moderna.
Fulcro e incipit di una serie di riflessioni socratiche concepite nell'arco del decennio 1940-50, il presente saggio è incentrato sulla tesi - prettamente socratica - ma comune al modo di pensare di tutti gli antichi greci, secondo la quale l'etica sarebbe in ultima analisi fondata sulla conoscenza e, per questo motivo, scevra da ogni volontarismo. Con eruditi esempi si dimostra come sin dall'epoca omerica il greco non "vuole" ma "conosce" il bene etico, contemplandolo alla luce delle fattezze delle divinità che a lui si rivelano. Per Socrate ogni vera virtù è conoscenza e conoscere la virtù equivale ad essere virtuosi. Secondo Otto, l'etica socratica sarebbe quindi un' "etica del sapere", in cui agire dipende unicamente dalla conoscenza del "bene" morale.
Le "Vite dei filosofi" di Diogene Laerzio, compilate in base a fonti piuttosto eterogenee, e sunteggiate ancora in età bizantina e rinascimentale, comprendono dieci libri, di cui il III e il X dedicati interamente a un solo filosofo (rispettivamente Platone ed Epicuro). In genere espongono un resoconto biografico, le opere e le linee principali del pensiero di ciascun filosofo.
Racconta Tacito nelle sue Storie che Pompeo, entrato a Gerusalemme con la forza del vincitore, ne profanasse il Tempio trovandolo vuoto e senza misteri di sorta. Ma è proprio intorno a questo vuoto che la tradizione di pensiero ebraica ha sviluppato - nel corso dei secoli - una riflessione che non smette di inquietare e interrogare chiunque si avvicini ai rotoli che compongono la Torah. Vuoto o assenza massimamente generativi, dunque, perché scaturiti da un'Origine imbrigliata in una scrittura che reclama un'interpretazione inesauribile.
Da Cartesio a Kant, prosegue la storia della filosofia moderna secondo Luciano De Crescenzo. Da Hobbes a Hume, da Pascal a Spinoza, da Voltaire a Smith, una selezione commentata del pensiero dei maggiori filosofi moderni in una serie di cammei arguti che - come dice l'autore - "sono come la scaletta di una biblioteca: servono a raggiungere gli scaffali più alti".
Minkowski, psichiatra e psicopatologo vissuto tra il 1885 e il 1972, ha elaborato questo testo nel 1936, prima e dopo la redazione delle sue due opere principali, "La schizofrenia" e "Il tempo vissuto". Nel libro sono raggruppati ventiquattro brevi testi fisolofici su vari temi, nei quali il grande psichiatra esprime la sua opposizione allo scientismo e al dominio della tecnica; trattando anche delle funzioni cerebrali, o della visione del mondo implicita nelle società moderne. Con questo titolo l'autore intendeva ampliare i limiti della psichiatria e della psicopatologia in una direzione filosofico-antropologica.
"Una rilettura del testo di Modugno su Förster e la crisi dell'anima contemporanea appare opportuna e indicativa alla luce delle diverse sollecitazioni e affinità che nell'attuale situazione socio-culturale e pedagogica si vanno proponendo. Credo sia importante far emergere il rapporto stretto e fecondo che ha legato Modugno al prussiano-tedesco Förster, soprattutto cogliendo una certa affinità all'interno delle diverse esperienze di vita che hanno attraversato e che li conduce verso lo stesso approdo: la scoperta del Cristianesimo come soluzione del problema della vita e risposta alla crisi dell'anima contemporanea."(dall'introduzione di Giuseppe Elia)
Emanuele Severino ripropone le pagine più significative dei pensatori della filosofia occidentale in un'ampia ed esauriente antologia, ripartita cronologicamente in tre sezioni. L'antologia si snoda attraverso i brani dei filosofi antichi, moderni e contemporanei, dai presocratici a Bacone a Heidegger, con un aggiornamento dedicato a pensatori "atipici", come Leopardi, e alla filosofia moderna, in particolare di Hobbes, Bacone, Galilei, Spinoza, Vico e dell'Illuminismo.
Due scienziati e due scrittori, a partire da diverse esperienze, hanno conversato con giovani universitari sul significato del termine "ragione" e sull'esperienza della conoscenza come apertura appassionata al reale. Interventi di: Marco Bersanelli, docente di Astrofisica all'Università degli Studi di Milano Davide Rondoni, poeta Massimo Caprara, giornalista e scrittore Pierluigi Strippoli, docente di Biologia e Genetica all'Università di Bologna Presentazione di Luigi Caimi
Cristo e Buddha, Socrate e Platone, Spinoza e Kant, Fichte e Schopenhauer. Poi i maestri in persona e in libro della Torino di fine Ottocento e della filosofia accademica tedesca. E ancora, la sofferenza viva e partecipata per il dolore del mondo e il desiderio di giustizia, di liberazione e di felicità. Queste le profonde radici dell’avventura spirituale e intellettuale del filosofo Piero Martinetti (1872-1943). Di Martinetti colpisce la sorprendente influenza esercitata, come professore e come maestro, con l’insegnamento e l’esempio di vita (fu tra i pochissimi docenti universitari che non giurarono fedeltà al fascismo), su molti illustri intellettuali che variamente hanno contribuito a ‘fare’ l’Italia di oggi: Bontadini, Gadda, Del Noce, Geymonat, Bobbio...
La sua proposta filosofica appare di sconcertante attualità: la filosofia come soteriologia, cioè come strumento di salvezza, che si identifica con il «relativismo religioso» facendo dello stesso Martinetti una sorta di «Socrate cristiano». Il cristianesimo, «dogmatico» e «intollerante» della Chiesa cattolica, viene svuotato e ridotto a una sorta di stoicismo (sono eliminati il Cristo-Dio e le dottrine della creazione, del peccato e della redenzione); quindi viene ‘sposato’ con l’indeterminismo teologico indiano e con l’immanentismo idealista. Ogni uomo si crea così una religione personale e, in modo autoerotico e gnostico, tenta di procurarsi la salvezza, ben sapendo però di rimanere un amante inappagato da quel Dio nascosto, conoscibile soltanto in modo simbolico, irraggiungibile e, soprattutto, inoperante, perché non conosce e non ama gli uomini.
Giuseppe Colombo (Milano 1950) è professore associato nella Facoltà di Scienze della formazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e, nella sede di Brescia, insegna Filosofia morale e Teoria della persona e della comunità. Da oltre quindici anni, inoltre, collabora stabilmente con un’importante casa editrice nel campo dell’editoria scolastica. I suoi studi e le sue pubblicazioni spaziano dalla metafisica e dall’antropologia (Conoscenza di Dio e antropologia, Milano 1988) alla teologia e filosofia cristiane (Invito al pensiero di sant’Anselmo, Milano 1990) e alle tematiche morali e bioetiche (Salute e salvezza dell’uomo: il male e la sofferenza una sfida per la ragione e per la fede, in AA.VV., Il dolore e la medicina: alla ricerca di senso e di cure, Firenze 2005).
Il presente volume viene ad aggiungersi agli studi sulla storia della filosofia italiana, e in particolare alle opere Della Volpe premarxista: l’attualismo e l’estetica (Roma 1979) e Scienza e morale nel marxismo di Galvano Della Volpe (Milano 1983).