
La scena più recente dell’etica filosofica ha rimesso al centro il ruolo dell’io e il lessico delle virtù; in questa luce sono stati rivisti i modi tradizionali di pensare i rapporti tra ragione, psicologia ed etica. I saggi che compongono il volume trattano questa svolta della ricerca filosofica da un punto di vista teorico e storico. Tornano a rileggere gli autori classici, come Aristotele, gli scettici e gli epicurei, Plotino, Leibniz e Hume, ma insieme intrecciano la storia della filosofia con l’elaborazione contemporanea, il dialogo con Foucault, Cavell, Murdoch, Diamond, con la psicologia morale e la critica letteraria. Il risultato è fertile e ricco. Rispetto ai modelli fondati sulla ragione e sui doveri, affiora l’importanza della varietà di modi in cui siamo educati e ci educhiamo alla virtù e agli scrupoli morali e, in modo più vasto, cerchiamo di dare una forma a noi stessi, con un’attenzione alla dimensione complessiva dell’individualità di cui sono nemici i riduzionismi metafisici e razionalistici.
Le barzellette sull’Aldilà
che spiegano l’Aldiqua
Un uomo cade in un burrone e si aggrappa per un pelo a
una radice sporgente. Disperato, grida con le forze che
gli restano: “C’è nessuno lassù che possa salvarmi?”.
Il cielo si apre e in un raggio di luce gli parla una voce
di tuono: “Sono il Signore Dio tuo. Lascia la radice e
ti salverò”. L’uomo ci pensa un attimo poi grida: “C’è
qualcun altro?”.
I cani vanno in Cielo? È possibile che il fantasma di mia zia infesti il mio frigorifero? Perché l’ippopotamo morto lo stesso giorno di Heidegger è stato fortunato? Dalla natura dell’Inferno all’immortalità dell’anima (e dei dolci natalizi) Cathcart e Klein si cimentano con i nostri millenari interrogativi sulla vita e sulla morte e dimostrano che la filosofia non è poi così incomprensibile. E l’Aldilà nemmeno.
Heidegger e Jaspers, due giganti della filosofia del Novecento, si conobbero nella primavera del 1920 a casa di Husserl. Tennero poi uno scambio epistolare che ha il valore di un documento biografico, culturale e storico insostituibile.
La corrispondenza dei primi anni testimonia la comune speranza nutrita dai due pensatori di trovare nell’altro un amico e un alleato che partecipasse al rinnovamento del pensiero. Quanto più si rende chiaro però il contenuto della loro riflessione tanto più chiaramente si manifestano le differenze tra le loro distinte concezioni filosofiche. Di tale progressiva lontananza raccontano le lettere del dopoguerra, anche se permane da parte di entrambi la consapevolezza di essere l’un per l’altro il più degno interlocutore teorico.
Intesa da Omero e dai lirici greci come potere d'incanto della poesia, la grazia predomina nel medioevo nell'accezione religiosa del termine, per poi divenire nella stagione rinascimentale e, ancor di più, nel Settecento l'oggetto di una riflessione molto più ampia. Con la svolta del modernismo e del postmodernismo la nozione di grazia perde rilevanza, pur restando uno dei fondamenti del nostro modo di sentire e di conoscere. Alla grazia si può pensare lungo la storia come a un sorprendente congegno dell'immaginazione e dell'arte, un insieme di dispositivi retorici, compositivi, concettuali, mentali, sentimentali, emozionali, un apparato di iconologie e di atteggiamenti culturali. Muovendosi tra mito, filosofia e genio delle arti, questo libro illustra una fra le più importanti categorie estetiche ricomponendone i molteplici volti in un disegno grande e armonioso.
Raffaele Milani insegna Estetica nell'Università di Bologna. Tra i suoi libri ricordiamo "Il pittoresco" (Laterza, 1996) e "Il paesaggio è un'avventura" (Feltrinelli, 2005). Con il Mulino ha già pubblicato "L'arte del paesaggio" (2001), tradotto in inglese, francese e spagnolo.
Anthropologica è un annuario di filosofia legato alle attività di ricerca del Centro Studi Veneto Jacques Maritain che si propone due obiettivi: la comprensione dei molteplici aspetti che caratterizzano la "questione antropologica" e una riflessione teorica che, al di sopra delle singole discipline, metta in luce il significato dell'umanesimo occidentale e delle radici culturali che lo sostengono. In questo volume si analizza il naturalismo contemporaneo e si esplora la possibilità di parlare di una "differenza umana".
Questo libro offre la prima guida ragionata ai testi della filosofia. Le opere fondamentali di ciascun pensatore vengono presentate con una scheda bibliografica iniziale (che ne indica il titolo originale e la traduzione italiana, la data di stesura, il luogo e l'anno della prima edizione), una descrizione del contenuto, le informazioni utili per comprendere il contesto nel quale ogni opera fu concepita e la sua eventuale fortuna. Infine viene suggerita la migliore edizione italiana disponibile. Uno strumento innovativo e indispensabile per tutti coloro che si interessano di filosofia. Un dizionario che fornisce la chiave per un approccio al pensiero filosofico partendo dalla tanto auspicata analisi dei testi.
L’Illuminismo è la capacità di coltivare insieme sentimento e ragione, sorriso e rigore, natura e civiltà, in un quadro enciclopedico, in cui cioè i saperi e i modi di vita possano confrontarsi non per opporsi, bensì per dialogare, per insegnare che senza questo dialogo, questa capacità di unire il diverso, non c’è autentica conoscenza. Il sapere non può essere chiuso nell’intimità di un soggetto orgoglioso, bensì deve nascere nella conversazione.
L’Illuminismo non è stato un movimento unitario, ma il primo momento dell’autocoscienza storica del pensiero europeo, un esprit che ha attraversato il continente, originando entusiasmi e feroci anatemi.
L’Illuminismo ha mostrato squarci di vita, di letteratura e di filosofia, svelando un linguaggio che non è sterile ripetizione dell’identico, ma un mezzo critico capace di penetrare nelle pieghe del sentire e delle sue rappresentazioni concettuali, per svelarne non solo la complessità, ma anche la forza creativa. Elogiarlo non significa farne un’apologia, bensì cercare di comprendere, attraverso la ricostruzione storica e teorica di alcuni momenti essenziali della cultura settecentesca, il presente, il potere e i limiti della ragione e del sentimento, i valori, forse dimenticati o umiliati, di una contemporaneità non più in grado di assumere uno sguardo ironico e penetrante sul mondo.
Quest’opera sui Sofisti curata da Mario Untersteiner - uno dei più significativi studiosi italiani del pensiero antico (1899-1981) - raccoglie in volume unico i quattro originariamente editi nella collana "Biblioteca di Studi Superiori" della editrice "La Nuova Italia", da tempo non più in circolazione. Untersteiner ha curato personalmente tutti gli autori e tutti i testi anonimi, a eccezione di Crizia, curato dal suo allievo Antonio Battegazzore. Si tratta della più ricca e completa raccolta di tutto quanto ci è pervenuto dei e sui Sofisti, pensatori che Untersteiner considera espressione di un determinato clima storico, il cui tono è dato dai fatti sociali che sono tipici di quell’epoca. Lo studioso sostiene inoltre la tesi assai originale e stimolante secondo cui la sofistica è in realtà una trasposizione su un piano filosofico della tragedia e delle contraddizioni della vita umana che essa esprime. Nella Introduzione Giovanni Reale illustra l’originalità e l’importanza dell’interpretazione di Untersteiner, che nei suoi lavori sui Sofisti ha lasciato il meglio di sé.
A cura di Francesco Paparella
Il Liber sex principiorum, presentato per la prima volta in traduzione italiana, è un’opera breve di scuola abelardiana, attribuita inizialmente a Gilberto Porretano e oggi generalmente considerata spuria dalla critica moderna; lo scritto risale con ogni probabilità alla prima metà del XII secolo e, nonostante lo stile oscuro e la complessità dei temi trattati, ha goduto di una certa fortuna nel Medioevo, giacché colmava una lacuna nelle auctoritates per lo studio della logica; divenne infatti parte integrante dei curricula di logica, alla pari dell’Isagoge di Porfirio e degli scritti di Boezio, tanto da essere commentato da Alberto Magno e discusso da Dante Alighieri. Ancora nel XVII secolo, il commentario conimbricense alla logica aristotelica lo considera testo importante e persino Leibniz ne riprende alcune dottrine nella sua Monadologia. I sei princìpi di cui tratta il libello sono le sei categorie aristoteliche “minori” che determinano la forma, che Aristotele aveva lasciato pressoché non analizzate nelle sue Categorie: azione, patire, quando, dove, posizione e avere (le tre “maggiori”, non prese in esame dal libello, sono naturalmente la quantità, la qualità e la relazione). Una volta terminata l’analisi intorno alle suddette categorie “minori”, viene proposta un’articolata riflessione sui concetti di più o meno, ovvero di maggiore e minore, collegati alla crescita e alla diminuzione.
L’opera è curata da Francesco Paparella, docente allo IULM di Milano e studioso attento del pensiero alto-medievale, che per Bompiani nel 2004 ha già tradotto i Tria opuscula di Proclo; il testo latino a fronte è ripreso dall’edizione critica di Lorenzo Minio-Paluello.
DESCRIZIONE: Il tema della nuova definizione della morte su base neurologica, e in connessione a ciò quello del trapianto di organi da soggetti in stato di morte cerebrale dichiarati cadaveri, è tornato negli ultimi tempi all’attenzione anche in Italia. Quantunque – a quarant’anni dall’introduzione, con il Rapporto di Harvard, di quella nuova definizione – le voci di dissenso stiano crescendo anche in ambito medico, vogliamo qui riproporre la prima grande critica fatta a quella definizione da un classico del pensiero filosofico del Novecento, nonché uno dei protagonisti dell’attuale dibattito bioetico: Hans Jonas. Quella critica, infatti, contiene in nuce tutti i problemi che sono ancora in discussione e li affronta con un linguaggio rigoroso, ma accessibile anche al pubblico di non specialisti, ed è significativo che essa stia al centro dell’attenzione nel recente documento del Council on Bioethics americano che riapre ufficialmente il dibattito sulla morte cerebrale.
COMMENTO: Il celebre saggio di Hans Jonas che contesta la definizione di morte cerebrale decisa dal Protocollo di Harvard del 1968. Un saggio toccante, profondo, di un maestro dell'etica contemporanea.
HANS JONAS (1903-1993), allievo di Heidegger e Bultmann all’Università di Marburgo, è stato tra i maggiori filosofi della seconda metà del Novecento. Tra le sue opere in italiano: Lo gnosticismo; Dalla fede antica all’uomo tecnologico; Il principio responsabilità; Il concetto di Dio dopo Auschwitz. Presso la Morcelliana: Scienza come esperienza personale. Autobiografia intellettuale (1992); Agostino e il problema paolino della libertà. Studio filosofico sulla disputa pelagiana (2007).
Nel nostro tempo è sempre più dominante la convinzione che la verità, qualsiasi forma di verità, abbia un carattere storico e pragmatico. Ne deriva una concezione della filosofia, oggi oltremodo diffusa, che nega ogni verità e riconosce la propria stessa controvertibilità, storicità, pragmaticità.
A partire da questo sfondo Emanuele Severino discute le posizioni di alcuni filosofi italiani che hanno rivolto critiche e obiezioni al suo pensiero: da Massimo Cacciari a Vincenzo Vitiello, da Carlo Arata a Umberto Galimberti, da Massimo Donà a Vero Tarca, solo per citarne alcuni. Per Severino non solo c'è una dimensione comune sia alla concezione tradizionale della verità, sia alla distruzione di tale concezione – quella operata appunto dal pensiero filosofico del nostro tempo.
Ben oltre questa dimensione, anzi, la verità stessa è destinata a un senso che non appartiene alla storia dell'Occidente. E come tale già da sempre appare in ciò che vi è di più profondo in ciascuno di noi.
Emanuele Severino (Brescia, 1929) è uno dei più importanti filosofi contemporanei. Ha pubblicato numerose opere soprattutto con Adelphi e Rizzoli. Accademico dei Lincei, è da molti anni editorialista del "Corriere della sera".
Crisi della ragione, perdita del centro, decadenza dei valori: il nichilismo si è presentato a volte con il proprio nome, a volte sotto altre sembianze. Ma che cos'è propriamente il nichilismo? Da dove viene quest'"ospite inquietante" - come Nietzsche lo definisce - che si aggira ormai ovunque in casa nostra e che nessuno può mettere alla porta? Attraverso un'analisi storico-concettuale, Volpi risale alle radici del fenomeno, ne illustra il manifestarsi nel pensiero del Novecento e prepara una prospettiva "oltre il nichilismo".