
Il volume è destinato a tutti coloro che desiderano utilizzare gli strumenti della logica, della dialettica e della retorica per argomentare correttamente, cioè per sostenere una propria tesi o confutare una tesi avversaria, ma anche per comprendere con capacità critica le posizioni altrui. In un'epoca in cui si è fatti bersaglio di messaggi e tesi di ogni genere, da parte di politici, pubblicitari, giornalisti, intellettuali televisivi, oratori nazionalpopolari, questo testo, qui presentato in una nuova edizione ampliata e approfondita, è un vademecum necessario per chi continua a credere nel valore dell argomentazione razionale.
Gli uomini si sono sempre confrontati sul senso e sulle modalità dell'intervento di Dio a proposito del male, della sofferenza, dei drammi della condizione umana. La teodicea, o discorso sulla giustizia dell'agire divino, formula un pensiero «sensibile alla sofferenza» che si pone come superamento della sua stessa questione di fondo, non mirando a una spiegazione del male ma a una «soluzione», come nella teologia trinitaria della croce di Jürgen Moltmann. Questo volume affianca le antiche risposte dei padri e dei medievali alle riletture moderne e contemporanee di questo lato oscuro dell'universo, umano e non solo, da parte di esperti sul campo. Esso mette a fuoco con chiarezza la questione di un recupero «evangelico» della qualità delle risposte e lo confronta con le acquisizioni classiche e contemporanee della migliore teologia cattolica.
Partendo dal problema della dignità umana e della sua libertà come fondamento del pensiero popperiano, questo saggio approfondisce, attraverso un confronto aperto con alcune significative linee di pensiero, il valore rilevante che la lezione antropoetica di Karl Popper, finalizzata a porre in luce il "carattere speciale" della mente umana, assume nella realtà contemporanea.
Quale atteggiamento deve assumere il cristiano in filosofia? Se la condizione di cristiano è tale da influire sulle modalità della riflessione filosofica, che cosa ne consegue per il rapporto tra la fede e la ricerca della verità? I due autori, entrambi cristiani, hanno approcci diversi al riguardo, sotto il profilo dell'ispirazione intellettuale, degli approfondimenti tematici e dello stile espositivo, ma è comune a entrambi il desiderio di riflettere sull'amore e l'obbedienza come fonti della filosofia del credente. Questo piccolo libro realizza un'eco italiana del dibattito intorno a "una filosofia conforme a Cristo", molto vivo soprattutto nei paesi anglosassoni, qui articolato con un costante riferimento al pensiero di san Tommaso d'Aquino, così centrale nella tradizione religiosa e culturale del nostro Paese.
«Non esiste uomo che, seppur per un attimo, non sia stato seguace di Platone. Chi può dire di non essersi sentito spuntare le ali dell'anima? Chi non l'ha sentita levarsi verso la contemplazione diretta, immediata di ciò che la grigia coltre di nuvole del quotidiano nasconde alla vista? Chi, grazie all'eros, non ha toccato profondità della conoscenza alle quali la ragione non ha accesso? Chi non ha visto svelarsi la realtà altra e luminosa dove colui che ha conosciuto l'ispirazione incontra de visu gli archetipi eterni delle cose? Chi non ha assistito al crollo, alla caduta del muro invalicabile tra soggetto e oggetto, chi non ha visto l'Io abbandonare i limiti della propria introversione egoistica per respirare a pieni polmoni l'aria rarefatta della conoscenza e fondersi con tutto il creato? E quei "sogni d'amore meravigliosi, puri, senza nulla di terreno, intessuti di profumo di fiori e luce lunare, con i quali oggi si ottenebrano i giorni della giovinezza e che sono sulle labbra di tutti i poeti di tutte le nazioni colte" non sono forse figli del platonismo?».
In un'epoca in cui il loro numero è in aumento e quindi anche il loro potenziale politico, i «vecchi» sono lasciati soli da una società che considera la vecchiaia l'età del lutto, un coacervo di ogni tipo di violenze. Quelle sul corpo, preda di malattie; quelle perpetrate da un mondo ossessionato dalla giovinezza, pronto alla sopraffazione di chi è debole; quelle dell'anima, afflitta da lutti, rimpianti e ricordi opprimenti. Abbandoniamo questa immagine di disfatta della vecchiaia, creiamo un movimento «ardente» che riconosca alla terza età, l'età agonica (dal greco agon, combattimento e gioco), di possedere la ricchezza di un patrimonio formato dal tempo vissuto. Alla vecchiaia deve essere restituito il diritto a ricoprire un ruolo di primo piano nella società umana e che sia sinonimo di grande esperienza, di sensibilità e saggezza. Invecchiare non vuol dire vegliare, e l'autore ce lo dimostra offrendoci una galleria di personaggi ai quali la «grande età» ha regalato nuovo vigore e straordinaria creatività, come Freud inventore della psicanalisi, Duchamp inventore dell'arte moderna, il Re Lear di Shakespeare, il Faust di Goethe, Picasso e tanti altri. E anche la Bibbia riconosce alla vecchiaia una posizione di privilegio, prestigiosa e prodigiosamente creativa. Che la «grande età sia un'età combattiva e ludica, nella prospettiva di una nuova epoca sotto il segno anche di un eros eterno!»
In questo volume Paul Ricoeur illustra il problema dell'ermeneutica così com'egli lo intende. Suo intento è di condurre la riflessione sull'ermeneutica fino al punto in cui si approda a un'antinomia: l'opposizione fra distanziazione alienante e appartenenza, dalla quale nasce l'esigenza di un mutamento di direzione. Con l'ermeneutica filosofica l'esegesi biblica intrattiene un rapporto arduo e complesso: come ermeneutica speciale rispetto a un'ermeneutica generale, come ermeneutica cherigmatica rispetto a un'ermeneutica in funzione di canone. Un utile quanto appassionante saggio dell'ermeneutica di Ricoeur è una raccolta di studi in collaborazione con A. LaCocque, edita da Paideia nel 2002: "Come pensa la Bibbia. Studi esegetici ed ermeneutici".
L'orizzonte valoriale dischiuso dalla conoscenza affettiva è un importante ambito di ricerca per l'epistemologia, l'etica, la politica e la teologia. Le emozioni contribuiscono alla definizione del valore dell'oggetto al quale si riferiscono ed esprimono l'orizzonte dí significato all'interno del quale il soggetto che sente, pensa e agisce costituisce la propria identità in relazione con il mondo. Le emozioni svolgono un ruolo centrale nella creazione di giudizi di valore e hanno la capacità di attivare processi motivazionali, in quanto sono inserite in una costellazione di funzioni conoscitive, dall'immaginazione all'aspirazione, dal sentire corporeo alla deliberazione.
Atti del XVII Convegno nazionale dell'A.D.I.F. (Associazione dei Docenti Italiani di Filosofia) sui complessi rapporti tra verità e libertà, esaminati dal punto di vista filosofico, storico e teoretico.
Questo breve saggio si propone di riflettere sui vari temi che fanno parte della tradizione sia filosofica che musicale: il tempo, l’eternità, il suono, il silenzio, il finito, l’infinito, la ragione e i sentimenti, il riso e il pianto…
Misurare il tempo sfuggevole, rendere un’ipostasi sonora dell’eterno, interrogare il suono intimo della voce o quello degli strumenti musicali, capire i significati del silenzio, proporre delle immagini sonore dell’infinito, investigare la ragione dei cieli o comprendere perché si piange ascoltando tale musica sono stati alcuni dei compiti della filosofia della musica nel corso della storia. Nella nostra memoria culturale, dall’Antichità al Rinascimento, la musica ha costituito una chiave per accedere ai misteri divini e un modo per ascoltare il mondo, l’universo e gli esseri. In parte in modo di dialogo, questo saggio offre alcune tracce di riflessione su questa eredità musico-filosofica.
Tutto cade dentro una fuga di sguardo. Quando guardiamo ci lasciamo prendere. E ciò che ci prende ci affascina. In qualche modo ci sentiamo attratti e come trascinati via. È così che nasce la fuga dello sguardo.
Si fissa un punto dal quale nascono come delle linee o fasci che legano la visione. Nell’arte si chiama prospettiva. In filosofia si chiama punto di vista. Nell’uno e nell’altro caso il risultato è un quadro, un disegno, una visione. Le cose che si vedono sono sempre le stesse, ma il modo nel quale le si vede cambia. La filosofia è un continuo esercizio prospettico mirando un punto di fuga. La fuga è il rifugio delle cose che si guardano: il mondo, la vita, l’Occidente e l’Oriente, la musica di Bach, la poesia e la sua logica di immagini, l’anima con la sua sensibilità e i suoi temperamenti. E guardare altrove mentre si vive il presente è un modo per viverlo integralmente. Lo si vede nell’intero, come in un quadro complessivo dove tutto è centrato prospetticamente. Anche Dio cade in questa fuga di sguardo.
Ma allora la filosofia è costretta a un capovolgimento: perché il punto di fuga è lo stesso sguardo di Dio nel quale ci accorgiamo di essere guardati e in cui noi guardiamo il nostro essere visti.
Dopo la caduta delle grandi ideologie è ulteriormente progredita la persuasione che il nichilismo costituisca il carattere dominante della nostra epoca, l'elemento spirituale onnipresente, che tocca in profondità la vita, il costume, l'azione. Ma che cosa è propriamente il nichilismo? Quali le sua più riposte origini? Queste le domande da cui l'Autore prende le mosse, in un serrato confronto con le forme di nichilismo che emergono in Nietzsche, Gentile, Habermas, Heidegger.

