
Atti del 9° Congresso internazionale di studi gioachimiti San Giovanni in Fiore - 19-21 settembre 2019. Per Gioacchino da Fiore (morto nel 1202) il problema dell'ordo e della sua intelligibilità costituisce un tema centrale e quasi ossessivo. Lo ritroviamo nella sua opera in molte declinazioni: nel suo metodo di interpretazione delle Scritture secondo la «concordia» fra Antico e Nuovo Testamento; nei suoi diagrammi; nell'organizzazione concreta o ideale delle forme di vita religiosa da lui immaginate; nelle sue osservazioni sul suo tempo e i suoi conflitti, ritenuti segni della prossima fine dei tempi. I contributi raccolti nel volume esplorano questi diversi aspetti, ponendo una particolare attenzione al contesto: il tema dell'ordo percorre tutto il XII secolo; attraverso il punto di vista di Gioacchino - a tratti sconcertante, ma ben radicato nella cultura di quegli anni - possiamo comprendere meglio il suo tempo.
Con questo volume Charles H. Kahn mette radicalmente in discussione una serie di 'luoghi comuni' molto diffusi nell'ermeneutica dei testi platonici. Il primo è la lettura evolutiva dei dialoghi. Kahn mostra come la filosofia platonica presenti alcuni elementi teorici di fondo cui Platone resta fedele nel corso di tutta la sua vita. Quanto alla successione delle opere, egli conferma la validità del metodo dell'analisi stilistica, ma denuncia l'impossibilità di identificare la posizione dei singoli dialoghi. L'unica cosa certa è l'identificazione di tre gruppi separati di dialoghi, che egli designa come gruppo stilistico I, II e III. L'attenta e ricca analisi dei testi permette comunque a Kahn di individuare numerosi collegamenti tra i primi dialoghi e quelli del periodo centrale, Simposio, Fedone, Repubblica, che soli permettono di capire adeguatamente gli spunti, i problemi, le 'stranezze' delle opere del primo gruppo.
Evitando gli scogli della lettura ideologica dei filosofi, o, all'opposto, della mera riproduzione fotografica di alcune tesi di ciascuno di essi, questa Storia della filosofia si caratterizza per tre ragioni. Essa fa sorgere il pensiero dei singoli filosofi dal dialogo con le altre voci culturali, ivi comprese molte minori, non sempre adeguatamente considerate da opere analoghe; espone in modo serrato, eliminando decisamente ogni inessenzialità; si pone così, ad un tempo, come rigorosa esposizione ed interpretazione.
Pubblicato nel 1960, Finitudine e colpa è con Verità e metodo di Gadamer il testo che inaugura l'"âge herméneutique", un'età che ha fatto dello statuto dell'interpretazione una questione dirimente per la filosofia. L'ermeneutica in quest'opera si presenta come decifrazione dei simboli e dei miti attraverso i quali è stata fatta esperienza, nelle tradizioni greca e biblica, dell'enigma del male. Simboli primari (impurità, peccato, colpevolezza) declinati nei miti del "principio e della "fine" e caratterizzati da una duplicità di senso. Di qui la definizione della ermeneutica come dialettica tra senso letterale e senso profondo dei simboli. Un modello posto sotto il motto «il simbolo dà a pensare». Sta in ciò la classicità di Finitudine e colpa: Ricoeur ha fatto del male - delle sue condizioni simboliche di possibilità - la cosa stessa della filosofia. E ha giustificato - come fosse una «seconda rivoluzione copernicana» - la legittimità dell'ermeneutica: essa è il cammino della ragione, attraverso il conflitto delle interpretazioni, per render conto del male che è già lì, e resta opaco al rischiaramento. Un compito «mai finito di distruggere gli idoli, al fine di lasciare parlare i simboli».
«Questo libro imponente - la cui imponenza proviene dalla precisione della mira: studiare il rapporto di Pascal alla filosofia e riflettere sullo statuto che essa assume - resta un riferimento imprescindibile per chi voglia accostarsi, da filosofo, a Pascal. Non è possibile, infatti, non interrogarsi sulla filosofia che egli utilizza, critica, sollecita, smaschera, rivela e sul punto di sguardo a partire dal quale sembra persino abbandonarla, senza abbandonarla mai di fatto. Per questo ordine di ragioni, Pascal e la filosofia resta a tutt'oggi, per i filosofi interessati a Pascal, un libro da leggere, direi quasi da consultare obbligatoriamente ed in via preliminare. Fra le mire che lo caratterizzano c'è anche quella di misurare, a seguito della determinazione dello statuto che la filosofia ricopre per Pascal, l'entità del suo contributo all'interno della storia della filosofia, questione che ha sullo sfondo quella della "uscita dalla metafisica", additata dall'"ordine della carità", e della possibilità di intendere in senso non cronologico la "fine della metafisica", come Vincent Carraud scrive nella Prefazione. Pur non presentandosi come un saggio interpretativo ma come una ricognizione delle accezioni di filosofia in Pascal, questo libro fa molto di più che limitarsi a una recensione di significati, anche se ricchissima, come di fatto è possibile osservare. Si tratta, infatti, di un lavoro che educa pazientemente lo sguardo del lettore a guardare la filosofia con gli occhi di Pascal». Dalla Prefazione di Rosaria Caldarone.
Il recupero di una visione unitaria su un essere così complesso e multiforme qual è l'uomo - soggetto dotato di inalienabile dignità e responsabilità morale ed esistenziale verso se stesso, gli altri uomini e il mondo naturale - avviene qui attraverso una riproposta della visione classica della philosophia perennis secondo la tradizione tomistica, che non elude però il confronto con alcuni settori di ricerca e di riflessione che segnano e condizionano l'epoca contemporanea. Trovano quindi spazio le riflessioni critiche provocate da altri campi d'indagine e da diverse prospettive: dalla tecnologia all'intelligenza artificiale, dall'ecologia alla dialettica natura/cultura, dalla socialità alla corporeità.
Andrea Emo, discendente di una nobile famiglia veneta, è stato un pensatore solitario, che ha scelto la via della clausura e dell'autoesclusione dal mondo accademico. Il filosofo, per Emo, è mezzo scienziato, mezzo artista e interamente, visto che non può esservi una terza metà, sacerdote, poiché per lui la filosofia è un modo per sopportare l'atroce assurdità della vita.
Con testo tedesco a fronte, il testo costituisce l'opera principale del filosofo e scienziato tedesco Johannes Nikolaus Tetens (1736-1807), e si articolano in quattordici indagini filosofico-psicologiche sull'anima umana e le sue funzioni.
Questa edizione riunisce per la prima volta in un unico volume tutti i principali scritti di Rainer Maria Rilke sull'arte e la letteratura. Con testo tedesco a fronte.
È legittimo interpretare la filosofia, la scienza e la politica moderne come "religioni secolari", a dispetto della loro dichiarata tendenza anti-teologica? È legittimo interpretare la fiducia nel progresso come una fede religiosa? In questo suo ultimo libro, pubblicato postumo, Hans Kelsen muove una dura critica contro le teorie della cultura del XX secolo che tentano di individuare implicazioni religiose e teologiche nelle dottrine sociali e nelle ideologie politiche del nostro tempo, riconducendole sotto il dominio della teologia e della speculazione metafisica. Kelsen denuncia il carattere contraddittorio del concetto stesso di religione secolare (di religione senza Dio) e costruisce un'appassionata difesa dello spirito scientifico della modernità attraverso la rilettura di alcune tra le principali opere del pensiero occidentale, da Hobbes ai filosofi dell'Illuminismo fino a Marx e a Nietzsche.
La trilogia "Sfere", opera maggiore di Peter Sloterdijk, propone una storia filosofica delle culture umane attraverso una figura, la sfera, che rappresenta il cuore del progetto di razionalizzazione dell'immagine del mondo e dell'uomo nella filosofia classica. Le sfere al centro del progetto indicano più di semplici figure geometriche. La capacità di creare forme sferiche implica sin dalle origini della civiltà umana la possibilità di accedere a costruzioni di senso capaci di orientare l'intera esperienza dell'uomo, nella dimensione dell'intimità e in quella definita dagli orizzonti della civilizzazione. In tale prospettiva, "Sfere" esprime il tentativo di definire una visione della storia umana e della condizione contemporanea a partire da una teoria dello spazio animato. Il primo volume, "Bolle", elabora una filosofia dell'intimità, contrapponendo all'immagine autosufficiente dell'individuo il concetto di diade originaria. Si presenta, in questo modo, come un esperimento "micro-sferologico", teso a decifrare i piccoli mondi del vincolo di coppia o della partecipazione simbiotica, ovvero a disegnare figure di animazione che, pur non potendo avere forma sferica in termini geometrici, sono assimilate a sfere metaforiche, cioè appunto a bolle. Con un saggio introduttivo di Bruno Accarino.

