
Il presente volume nasce dalla passione per l’uomo e quindi dall’accettazione delle sfide che la «controversia sull’humanum» pone all’inizio del terzo millennio. Proprio nei frangenti storici in cui la dignità, l’integrità, la verità e l’eccellenza dell’uomo vengono posti in questione o, addirittura, a rischio, più forte risplende la sua«santità» (Lévinas), cioè, l’impossibilità di estinguerlo e vanificarlo.
Il pensiero cristiano ha sintetizzato questa dignità incontrovertibile nella nozione di “persona”. I diversi saggi qui pubblicati si preoccupano di reperire le radici dell’essere persona dell’uomo e quindi il realismo dell’essere persona: come nell’essere persona si presenti il punto di massima densità del reale. Una delle tesi di fondo di tutti i lavori è che non sarà possibile affermare la centralità dell’uomo (antropocentrismo) al di fuori di una salda personologia.
Saggi di Karol Wojtyla, Massimo Serretti, Jacques Servais, Christof Betschart, Daniele Serretti, Ricardo Gibu Shimabukuro, Massimiliano Pollini, Aldo Giacchetti Pastor, Gustavo Sánchez Rojas, Jorge Olaechea Catter, Paul Ludwig Landsberg.
Ciò che si propone il libro è questo: dalla tendenza ad ignorare o a colmare o ad esorcizzare il negativo, passare invece a pensare il lavoro che il negativo riesce a fare, come sciogliere legami non liberi, sgombrare la mente da costruzioni inutili, alleggerire la volontà da fardelli insensati. Ci ha orientato una domanda: come possiamo impedire che il negativo che c'è nelle nostre vite "vada a male", si traduca cioè in qualcosa di irrimediabilmente deteriore? Questa domanda viene declinata nel testo in modi diversi. Quando il negativo si lascia introdurre nel discorso, vuol dire che, poco o tanto, è uscito dalla sua assoluta negatività e non pretende di trionfare da solo.
L'applicazione della filosofia del linguaggio di Ludwig Wittgenstein continua a ricevere notevole attenzione in diversi ambiti di sviluppo del pensiero contemporaneo. Un esempio in tal senso concerne, in particolare, il pensiero femminista. Questo libro fornisce un quadro d'insieme del dibattito attualmente in corso sulle possibili interazioni tra la filosofia di Wittgenstein e il femminismo. La trattazione mette in evidenza in che modo il pensiero di Wittgenstein possa continuare ad arricchire il dibattito sviluppatosi nel pensiero femminista e stimolarlo in modo nuovo.
La ricerca della felicità accomuna tutti gli uomini, al di là di ogni differenza. È il motore del mondo, il fine cui tendono tutte le nostre azioni. Raggiungerla è una sorta di "privilegio". Basti pensare che nella tradizione ellenistica era appannaggio pressoché esclusivo degli dèi, a cui - unici tra tutti gli esseri - era riservato l'attributo di makarios (beato). Oggi, più democraticamente, la riteniamo un diritto. A volte bisogna lottare, essa è l'ambìto premio nella lunga gara dell'esistenza, ed è qualcosa di straordinario, non può essere la condizione normale della vita: «La felicità, quella specie di spasimo dell'anima, non può durare che poco: sarebbe insopportabile, sennò» (Carlo Cassola). Talvolta, invece, «la felicità è una ricompensa che arriva a chi non l'ha cercata» (Émile-Auguste Chartier): si tratta solo di saper aspettare. Capita infatti che in un solo istante una gioia inattesa faccia capolino, e rischiari un'esistenza. La felicità, infatti, è composta anche «di emozioni in punta di piedi, di piccole esplosioni che in sordina allargano il cuore», come spiega Richard Bach nel famoso Gabbiano Jonathan Livingston. La felicità è una direzione e non un luogo, per questo abbiamo bisogno di orientamenti per aspirare a una vita felice. Ecco dunque spiegata la funzione di questo libro, che offre 365 letture memorabili per attingere ispirazioni utili ad affrontare la vita di ogni giorno.
Un testo sul tema della passione. Il volume tenta di percorrere al contempo in senso storico e speculativo fino alle soglie del pensiero politico, un ripensamento del tema della passione, riprendendo un filo lasciato in sospeso nel secolo scorso, per posizionarlo nel territorio costituente della filosofia.
La città di Dio e la città dell'uomo per una nuova democrazia. Sono quattro ondate di pensiero che muovono dal profondo della storia e portano a riva per un verso la concezione occidentale dell'essere come diritto-a-essere, per l'altro la concezione francescana dell'essere come dono-di-essere; mentre la prima pone al centro il primato della razionalità e dunque della volontà di potenza o di autoaffermazione, l'altra, invece, il primato della libertà e dunque della volontà oblativa o di servizio. Ciò che il francescano denuncia non riguarda il potere, che il sapere assicura, ma il suo carattere dominatorio; non il primato della normativa, pilastro della convivenza, ma la sua anima rivendicativa; non la razionalità, ma la sua risoluzione nel diritto-a-essere. L'approdo è costituito dalla libertà creativa di segno oblativo, con cui si cerca di fare interagire la tensione dell'età contemporanea verso nuove forme di convivenza con la fonte ispirativa della plurisecolare avventura francescana, costituita dalla conoscenza come riconoscenza, tradotta nella storia attraverso una pastorale di difesa della dignità di tutti, a partire dai più poveri.
Testo di etica filosofica per le facolta' di filosofia.
La novità di ognuno ci guida alla scoperta di questa verità insieme antica e rivoluzionaria, intimamente legata a una delle questioni filosofiche capitali e attualissima, quella del libero arbitrio, oggi messo in discussione dal riduzionismo radicale di molti scienziati. Per fondare la sua riflessione, Roberta De Monticelli intreccia due cammini: da un lato ripercorre i passi dei maestri del pensiero filosofico su questo tema; dall'altro riparte dall'esperienza quotidiana di ciascuno di noi, dai nostri sentimenti, dai nostri atti. Perché non è certo una riflessione astratta volta a definire la natura umana. Al contrario, sono posti al centro dell'attenzione la nostra vita, i nostri sensi, la nostra carne, i nostri affetti. È proprio grazie alle nostre decisioni - attraverso ciascuna delle nostre decisioni, piccole e grandi - che definiamo la nostra unicità. Siamo noi stessi, in ogni istante, a costruire la nostra identità, la nostra persona. Oggi paiono dominare l'indifferenza politica e morale e il suo contrario, il richiamo a principi astratti d'autorità. La novità di ognuno ci dice invece che ciascuno di noi, fedele alla propria natura, è libero di scegliere - e dunque si deve anche assumere la responsabilità morale e politica delle proprie scelte.
Muovendo dalla distinzione aristotelica tra l'"agire" e il "fare" Salvatore Natoli compie un'indagine accurata e densa di suggestioni filosofiche e culturali sul "buon uso del mondo", riflettendo se e quanto siamo effettivamente padroni di noi stessi in quel che abitualmente facciamo. Sulla base di sollecitazioni nicciane ancora valide e illuminanti, Natoli suggerisce un'alternativa: emanciparsi dalla passività per diventare davvero liberi, praticare una "nuova" forma di ascesi, che non è rifiuto del piacere e meno che mai rinuncia alla godibilità delle cose e del mondo, ma è la giusta riserva di coscienza per distinguere ciò che davvero ci serve da ciò che ci "asserve". È una pausa nella frettolosità del fare, per divenire appieno padroni di noi e del nostro stesso agire. Una riflessione autorevole e appassionante sulle complesse leggi che governano la nostra vita quotidiana, nella convinzione di poter penetrare nelle sue pieghe e sciogliere, per quanto possibile, alcune sue ambiguità. Un libro che non da facili soluzioni ma che indica a ognuno di noi, con coraggio e lucidità, una strada da percorrere.
Ritorna in una nuova edizione "Mahler. Una fisiognomica musicale", da un lato uno dei culmini in senso assoluto della produzione saggistica di Adorno, dall'altro libro più ardito, sorprendente e rivelatore che sia mai stato scritto sul compositore boemo. Da quando apparve in tedesco nel 1960, infatti, il Mahler adorniano è considerato un classico dell'interpretazione musicale. In questo saggio, in cui confluiscono temi fondamentali che di lí a poco avrebbero trovato sviluppo e sistemazione nella Dialettica negativa, la musica di Mahler pare offrire alla filosofia adorniana irrinunciabili conferme. Eppure, il saggio non nasce come pretesto di speculazione filosofica, né trasforma l'esegesi in dimostrazione.
Con la liquidazione della cornice e del concetto di bellezza qualunque oggetto rischia di essere considerato, in quanto tale o perché disposto da mano umana, un'opera artistica. La giustificazione di ogni singolarità porta con sé l'imprevisto della banalizzazione e l'arte contemporanea viene interpellata sull'inaridimento delle proprie fonti di ispirazione e sul presunto desiderio di sostituire la religione prendendone il posto. Il volume, che si colloca all'intreccio tra le dimensioni politica, morale e religiosa, si interroga sulla realtà e sulla vitalità delle arti contemporanee senza nulla concedere a inclinazioni pessimistiche, apocalittiche o "declinistiche". L'autore, uno dei maggiori studiosi del pensiero di Nietzsche, si propone di individuare alcune "pagliuzze" nella paccottiglia, memore della reazione di Diderot ai sistematici detrattori dell'arte contemporanea: "Tu rimesti la sabbia di un fiume che trasporta pagliuzze d'oro, e ne ritorni le mani piene di sabbia, lasciando le pagliuzze".