
Nella prima parte: La polarità antropologica individuo-comunità, che raccoglie i contributi dei professori Belardinelli, Botturi e Lanza, abbiamo voluto presentare una riflessione articolata a più voci sulla polarità antropologica individuo-comunità. Il tema delle polarità antropologiche, che si rifà al pensiero del teologo svizzero Hans Urs von Balthasar.
Nella seconda parte - riflessioni sul buon governo. In essa si raccolgono sei contributi provenienti da diversi ambiti disciplinari: il diritto, la filosofia politica, la sociologia, la psicologia e l'economia. Gli autori non affrontano, come nella prima parte, un tema comune, ma sviluppano i loro argomenti a partire dal proprio ambito disciplinare e secondo accenti diversi.
Quale importanza può avere oggi la preghiera? L'uomo del secondo millennio, padrone del proprio tempo, e ormai in grado di gestire la natura attraverso la tecnologia e la storia attraverso la pianificazione politica, ha ancora bisogno di pregare? Quale sarebbe il senso di tale preghiera se non l'espressione di un desiderio destinato alla frustrazione o di una richiesta di aiuto alienante e pericolosamente tendente a una deresponsabilizzazione? Questi interrogativi possono essere riassunti in un'ultima radicale questione: colui che prega aggiunge o toglie elementi essenziali alla definizione dell'idea di persona? Partendo da una prospettiva antropologica e filosofica, il presente saggio risponde a questa domanda sostenendo che l'uomo è un essere orante non per scelta, ma per natura. La sua preghiera non è frutto di un desiderio soggettivo, bensì è iscritta nel suo squilibrio ontologico che lo rende consapevole della sua finitezza e dei suoi limiti, ma al contempo lo informa delle sue aspirazioni. Questa tesi è argomentata a partire dalla preghiera di richiesta e da quella di ringraziamento, due tra le forme più comuni e significative di preghiera, già al centro delle critiche filosofiche. Lo spostamento di attenzione dalla preghiera intesa come oggetto all'atto orante colto nel suo dinamismo, permette di cogliere il nesso con altre dimensioni umane, quali la libertà, il tempo, la conoscenza e la relazionalità.
"Sulle spalle dei giganti" rappresenta per i lettori di Eco un evento festoso. Lontano dalle aule universitarie, dai congressi accademici, dalle cerimonie onorarie, Eco scrive questi testi, nel corso di tre lustri, per intrattenere gli spettatori (che ogni volta per lui accorrono a frotte) della Milanesiana, il festival ideato e diretto da Elisabetta Sgarbi. Testi che il più delle volte traggono spunto dal tema stesso che ogni anno la Milanesiana si dà, per poi scorrere lungo rivoli di un repertorio che attinge alla filosofia quanto alla letteratura, all'estetica, all'etica e ai mass media. Come dire: la quintessenza dell'universo echiano, raccontato con un linguaggio affabile, intriso di ironia, talora giocoso, affilato quando necessario. Le radici della nostra civiltà, i canoni mutevoli della bellezza, il falso che si invera e modifica il corso della storia, l'ossessione del complotto, gli eroi emblematici della grande narrativa, le forme dell'arte, aforismi e parodie sono alcuni degli spunti di attrazione di un libro arricchito dalle immagini che l'autore usava proiettare nel corso del suo dire.
L'utilizzazione della logica, nell'ambito della Letteratura cristiana antica, trova una diffusa e fondamentale presenza non solo nella produzione di opere filosofiche ma anche di quelle a sfondo apologetico, esegetico, morale o di quelle a carattere prevalentemente antropologico o teologico-filosofico. Il presente volume, nei quattro rapidi capitoli che lo compongono, enuclea gli elementi di fondo che caratterizzano l'applicazione della logica in due autori del tardo-antico: Gaio Mario Vittorino e Agostino d'Ippona. Delle loro opere, qui trattate, ne viene fuori un quadro significativamente modificato, rispetto a quello tradizionalmente delineato dal vaglio critico della ricerca specializzata.
Addentrarsi ad esplorare oggi il tema della vocazione alla propria identità è più che mai appassionante e delicato. Si tratta infatti di attraversare un territorio in cui si incrociano in modo misterioso, e ogni volta unico, natura e cultura, auto-trascendenza e condizionamenti, biologia e simboliche, relazioni e solitudini esistenziali, molteplicità e unità. Con questo volume il gruppo di Ricerche di Ontologia Relazionale (ROR) ha voluto aprire uno spazio affinché speculativi ed educatori, insieme a terapeuti e sociologi, potessero condividere l'indagine di questo territorio mettendo in comune le mappe delle proprie esplorazioni, tracciate con molto lavoro e in tanti anni nell'ambito delle rispettive aree di competenza. Come sappiamo una mappa non può rappresentare esaustivamente la realtà che rappresenta, ma permette di orientarsi nel pensiero, senza il cui apporto riflessivo non è possibile trarre dalla vita una esperienza e tanto meno trasformare il vissuto in cultura. Abbiamo perciò titolato il volume Identità relazionale e formazione perché crediamo che il farsi delle identità - siano esse professionali, sociali o spirituali - non sia osservabile senza una stabile attenzione al farsi e al moltiplicarsi delle relazioni.
Il volume ricostruisce la storia dell'etica da Kant sino alle tendenze attuali della metaetica. Un percorso ambizioso, percorrendo il quale l'autore si cimenta con i grandi della filosofia mondiale degli ultimi due secoli e mezzo, da Kant a Marx e Bentham; da Kierkegaard a Nietzsche; da Croce a Bergson; da Sartre a Freud; da Piaget a Moore.
Sono solo le azioni irrazionali, sostiene Searle, a essere causate da credenze e desideri: per esempio le azioni di una persona determinate dall'uso di sostanze stupefacenti. In genere, nelle azioni razionali c'è un divario tra il desiderio motivante e l'effettiva decisione presa. Il nome tradizionalmente attribuito a questo divario è "libero arbitrio". Secondo Searle, qualsiasi attività razionale presuppone il libero arbitrio, per cui la razionalità è possibile solo dove è possibile una scelta tra diverse opzioni, sia razionali sia irrazionali.
Il tema del dimenticare e del suo contrario è più che mai un tema d'attualità in una civiltà smemorata e pur avida di memoria come la nostra. La storia degli individui come delle società procede in un intreccio di memoria e oblio dove l'una non sta senza l'altro. Ma se la memoria è oggetto di riflessioni e studi, lo stesso non può dirsi dell'oblio. Con questo libro Weinrich ha inteso presentare una storia culturale dell'oblio, un'ambiziosa panoramica dall'alba della civiltà, ai giorni nostri.
"Non rubare", "non superare il limite dei 90 chilometri l'ora", "vietato fumare", "non parlare con la bocca piena". La nostra esistenza è intessuta da una fitta trama di regole, di modelli di comportamento più o meno coercitivi. Ma che cos'è una regola? E in che modo le regole determinano le nostre decisioni? La tesi dell'autore consiste in una difesa di principio delle decisioni basate su regole in opposizione ai tradizionali richiami a morale, giustizia e equità.