
DESCRIZIONE: La filosofia, fin dalle sue origini greche, s’è articolata come una riflessione sulla vita. Riflettere su di essa, andando oltre le credenze immediate, per illuminarne i significati e orientare lo stare degli uomini nel mondo. Questo era il significato della parola filo\sofo: amico della sapienza.
Può la filosofia dimenticare questa sua origine? Intendendo per origine un nucleo di significati da interrogare, sempre di nuovo, per comprendere il presente? Partendo da queste domande l’autore disegna le tappe di una ideale formazione del carattere, di costruzione e cura del sé: l’essere al mondo come corpo e mente, il desiderio e la nascita del soggetto morale, la relazione con l’altro\gli altri, l’intrecciarsi delle esperienze vissute nella storia tra etica e politica.
Un cammino, appunto, di formazione, dove in gioco è il carattere, quell’ethos che Eraclito designava come il destino proprio dell’uomo. Un modello di pratica filosofica che invita il lettore a ripercorrere i sensi possibili della propria esistenza.
L'Autore è ordinario di filosofia teoretica all'Università degli studi di Milano-Bicocca. Presso la Morcelliana ha pubblicato: Dio e il divino. Confronto con il cristianesimo; Libertà e destino nella tragedia greca.
Persona è un termine che ha fatto il suo ingresso nella storia culturale dell'Occidente grazie alla tradizione teologica del cristianesimo, nel contesto degli sforzi compiuti, fin dai primi secoli, per chiarificare razionalmente il mistero della Trinità e la dottrina cristologica. Le pagine di questo volume, attraverso un'analisi delle tematiche fondamentali che hanno segnato la formazione del concetto "persona" nella patristica e nell'età medievale, mostrano tuttavia come queste riflessioni non solo hanno messo capo a una pluralità di modelli - "sostanza individuale di natura razionale" (Boezio), "ultima solitudo" (Duns Scoto), "ex-sistentia" (Riccardo di San Vittore) -, ma affondano le loro radici nelle riflessioni di Platone e Aristotele sull'etica e l'amicizia. Radici che, correttamente interpretate e smentendo consolidate letture, svelano come fin dal pensiero greco l'identità dell'uomo, in quanto distinta dall'autosufficienza del divino, fosse determinata solo grazie alla relazione con l'altro. Una relazione di sé con gli altri - del proprio con l'estraneo - che interpella, oggi più che mai, il nostro definirci persone.
Costante, nella tradizione filosofica, è stata l'argomentazione della teodicea: discolpare Dio dei mali del mondo, per giustificarne la bontà. Il Novecento - accanto a un ritorno di quell'argomento trasformato in domanda sull'assenza di Dio ad Auschwitz - sembra consegnare al pensiero un'altra sfida: demitizzare il concetto di male assoluto, per far fronte agli orrori che gli uomini procurano a se stessi e ai propri consimili. Quelle sofferenze causate dalle ideologie protese alla realizzazione nella storia di un valore assoluto. E la filosofia, distanziandosi criticamente dalle tentazioni idolatriche, è invitata a trasformarsi in "etica del finito", "cura di sé": un sapere dove gli uomini trovino, a partire dalle tradizioni anche religiose dalle quali provengono, le parole per gli enigmi del male - quelle parole che offrano loro disincanto, responsabilità e amore del prossimo. Amore che è insieme custodia e pietas degli altri e di sé.
DESCRIZIONE: Secondo Pinès la filosofia ebraica si può comprendere pienamente solo se la si colloca nel suo contesto culturale: non c’è stato un pensiero ebraico che, nel corso dei secoli, si sia sviluppato in modo costante e autonomo ma ci sono stati pensatori ebrei che, sollecitati dai movimenti culturali che circolavano nella loro epoca negli ambienti non ebraici, hanno voluto confrontare il loro patrimonio culturale con quello degli “altri”. Tale impostazione induce a cercare le fonti del pensiero ebraico in quella che è stata chiamata “la saggezza straniera”.
La via è stata aperta da Filone Alessandrino, il fondatore della filosofia ebraica, che, conoscendo sia il giudaismo sia la filosofia greca, utilizzò metodi e concetti filosofici del mondo classico per mettere a confronto due tipi di sapere, quello ebraico e quello greco, completamente estranei l’uno all’altro. Una via che, secondo l’autore, conduce a Yehudah ha-Levi, Maimonide, Spinoza, Mendelssohn, Cohen, Rosenzweig, Buber.
COMMENTO: Una breve e straordinaria storia della filosofia ebraica, dal libro della Sapienza fino al '900, scritto dal massimo specialista.
Le opere fondamentali del pensiero filosofico di tutti i tempi. In edizione economica, con testo a fronte e nuovi apparati didattici. Testo originale nell'edizione di John Burnet, traduzione e note di Manara Valgimigli, introduzione e note aggiornate di Bruno Centrone.
Le storie di Sir Arthur Conan Doyle parlano del detective Sherlock Holmes, e II signore degli anelli di Tolkien parla di Gandalf. Naturalmente, Doyle e Tolkien non ci dicono mai che Holmes e Gandalf non esistono e, nelle storie che li descrivono, il detective e lo stregone hanno l'aria di essere molto, molto esistenti: affrontano avventure, rischiano la propria vita e alla fine hanno successo sui malvagi avversari; tutte cose che difficilmente un oggetto inesistente potrebbe fare, visto che, appunto, non esiste. Ma a non esistere non sono solo le cose che popolano il mondo letterario. Molte altre cose, pur essendo esistite in passato, ora non esistono più: Giulio Cesare, Leonardo da Vinci, Napoleone, George Washington, Michael Jackson, tutti i nostri cari estinti. E tutti loro, pur non esistendo più alla data di oggi, conservano ancora la qualifica di oggetti: sono, oggi che non esistono, portatori di proprietà, e rendono vere certe affermazioni. Il problema delle cose che non esistono è strettamente intrecciato col problema del senso del verbo "esiste", e di altre espressioni connesse con la questione di cosa stiamo dicendo quando facciamo affermazioni come: "Vulcano non esiste", "Nettuno esiste", o di cosa voglia dire l'espressione "c'è" in frasi come: "C'è un cerchio quadrato sulla mia t-shirt" o "Laura non c'è". Questo libro vuole mostrare che l'esistenza non è affatto una faccenda puramente logica
Il libro
Il sonno non ha mai interessato il pensiero se non come antitesi alla veglia. Jean-Luc Nancy rivolge invece lo sguardo e la riflessione al sonno e al dormiente a partire proprio dal “cadere nel sonno”, da quell’entrare nella notte che ci immerge nel respiro comune del mondo.
Ma le pagine filosofiche che si interrogano sull’”io che dorme” lasciano spesso il posto a splendide pagine poetiche: sulla notte, sulla ninnananna e il cullare, sul dormire insieme degli amanti.
L'autore
Jean-Luc Nancy, uno dei filosofi più innovativi nel panorama internazionale, ha insegnato Filosofia all’Università di Strasburgo. Nelle nostre edizioni ha pubblicato, tra gli altri, Il ritratto e il suo sguardo (2002).

