
Zygmunt Bauman, maestro del pensiero contemporaneo, teorico della "modernità liquida", incontra Stanislaw Obirek, teologo, storico, antropologo, ex gesuita. Due grandi intellettuali si confrontano per la prima volta sui temi del rapporto tra Dio e l'uomo, sull' esperienza religiosa nel mondoo di oggi, sulla tolleranza nella ricerca della verità, su cosa significa credere in Dio. sul ruolo del caso nella vita, sulla ricerca personale, sulla speranza. "Non sapremo mai se Dio c'è o meno, ma il nostro essere uomini consiste proprio nell'impossibilità di giungere a quel sapere e nella necessità di vivere senza di esso, e per di più con la consapevolezza della sua assenza. La differenza è che tu, Stanislaw, sei tormentato dal desiderio di giustificarli di quella imperfezione e io invece la tratto non solo come inevitabile, ma anche come la condizione più decorosa per un uomo onesto." (Zygmunt Bauman)
Non esiste ancora un'ipotesi capace di comprendere in modo unificato l'elementare "copia" di un gesto o di un suono e la potente tendenza mimetica manifesta in tutte le forme della vita sociale. Gianfranco Mormino propone un modello volto a spiegare sia gli aspetti più semplici sia quelli più complessi dell'imitazione, istituendo un legame tra le dinamiche fisiologiche, oggetto della ricerca sperimentale, e quelle culturali. La tesi fondamentale è che il vivente imiti innanzitutto se stesso e solo successivamente altri modelli. Se l'autoimitazione spiega il fissarsi di schemi comportamentali dettati dalle possibilità fisiologiche del soggetto, l'imitazione di modelli esterni, negli organismi dotati di cervelli più complessi, apre la strada a contaminazioni, spesso evolutivamente vantaggiose, con modalità d'azione differenti.
L' angoscia assale l'individuo, lasciandolo solo con sè stesso, nelle situazioni più disparate : quando deve decidere del proprio futuro scegliendo tra molteplici possibilità, ma anche quando è costretto a fare i conti con i suoi limiti e le sue colpe, con le insidie della vita, con i momenti di solitudine, con la coscienza del proprio destino caduco. Il presente volume scandaglia il ruolo centrale che questa "parola-chiave" della filosofia ha avuto non solo nei grandi rappresentanti della tradizione esistenzialistica ma anche in ambito psicoanalitico e teologico, nonché nella discussione sulla aggressività umana e sulle potenzialità distruttive della tecnocrazia.
"Nihil in intellectu quod non fuerit in opere et in dogmatica", così Rothacker sintetizza una teoria volta a dissociare il pluralismo relativistico. Infatti, se la verità e la significatività di una certa visione del mondo sono relative, scientifica e quindi oggettiva può invece essere la sua esplicitazione dogmatica. Tutt'altro che sinonimo di acriticità e intolleranza, la dogmatica illustra coerenza e sistematicità di una determinata prospettiva originaria, divenuta poi magari stile di vita e quindi cultura. Mostrando però la parzialità prospettica di ogni contenuto umano, essa rivela tanto il carattere solo ipotetico di ciò che si spaccia per assoluto, quanto ineludibile coinvolgimento del pensiero e dell'azione in una ragione che è sempre storica e concreta.
Il Mediterraneo sottolinea il valore della pluralità: nessuna forma di vita è più vicina delle altre alla perfezione. Nessuna tradizione può imporsi alle altre. Il primo comandamento mediterraneo è: tradurre le tradizioni, far sì che gli uomini diventino amici non nonostante le differenze, ma anche grazie ad esse. Franco Cassano
Tre motivi per leggerlo: Perché è un libro che non ti aspetti: una meditazione sul dissenso, che parla però molto di consenso e propone una collocazione costituzionale dei gruppi di protesta. Perché Hannah Arendt racconta di Socrate, Thoreau e della rivoluzione americana per tracciare la differenza che corre tra disobbedienza civile e obiezione di coscienza. Perché è un piccolo, prezioso manifesto sulla partecipazione attiva, contro la dittatura dei politici e le prepotenze dei governi.
Siamo un'umanità che per un verso è in trappola e per l'altro in fuga. Un'umanità che, nella condizione più agiata, conosce al massimo il turismo, ma che ha perso la cognizione del viaggio e certamente, almeno in larga parte, anche la percezione del valore del pellegrinaggio, della ricerca, dell'incontro, dell'attesa di una svolta. Un pellegrinaggio non è un viaggio qualsiasi, non è esperienza di pura conoscenza di luoghi particolarmente importanti per la loro storia religiosa o il loro valore artistico. Esso ha, paradossalmente, le caratteristiche che lo inseriscono nella prospettiva di un'esperienza di ritorno. Non si tratta di un ritorno al passato. Non bisogna pensare a una dinamica regressiva di rifiuto della vita e della storia. "Tornare" non significa "tornare indietro", bensì risalire all'essenziale, a ciò che ci riguarda profondamente e ci invita a una condizione più vera.
Dopo uno sguardo sulla fenomenologia dell'istante mortale e l'elaborazione di una fenomenologia della morte dell'altro in generale, osservata o utilizzata, l'analisi si sofferma sull'esperienza della morte dell'altro che, in quanto amato, è presenza che ci costituisce. La sua morte non è solo perdita di possibilità, ma perdita del "noi", ci coinvolge e trasforma estraniandoci, in quanto si configura come perdita di sé e del mondo. Il nulla del rapporto ci precipita nell'isolamento e nello spaesamento. Prima di passare a considerare successivamente le esperienze anticipatrici e quindi la fenomenologia del "come se", la prefigurazione della propria morte, l'indagine si interrompe perché l'autore si trova inaspettatamente ad esperire nell'intimo quanto si era preteso, con giovane spavalderia, di indagare da fuori. Avvicinandosi al cuore del problema il testo non poteva non farsi silenzio e preparazione a questa unica esperienza veramente nostra, nel bisogno di ricapitolare tutto l'essere sul palmo della mano con l'intento di trovarsi pronti al dono nell'attimo supremo. Che senso avrebbe possedersi senza donarsi?
L'umanizzazione del lavoro, che è il grande tema dell'età moderna, si è riproposto nel mondo globale di oggi, caratterizzato dalle nuove schiavitù. Se ne è occupata soprattutto Simone Weil, filosofa, mistica francese, militante sindacale e politica, che alla riflessione sul suo lavoro ha affiancato l'esperienza personale di una non trascorso in fabbrica. Entrando in contatto con il lavoro sventura, inteso come oppressione che rende muto il pensare, la ricerca di Simone Weil è volta al possibile riscatto dei lavoratori dallo sradicamento.
Si vive in un mondo fatto di regole e molte nemmeno conosciute. Comunemente si parla di regole religiose, morali, etiche, giuridiche per giungere a quelle di quotidiano uso come le regole di educazione. Ma quale ne sia la fonte e lo scopo e soprattutto se sia ipotizzabile una loro comune origine, è questione complessa e poco affrontata. In questo libro, con linguaggio asciutto si cerca di dare una risposta al quesito giungendo alla conclusione che la tradizionale suddivisione delle regole è frutto più di una superficiale qualificazione che di una sostanziale diversità della loro natura. Forse tale impostazione serve a renderle meglio comprensibili ai più, ma diviene elevato il rischio che molte di esse vengano o non comprese o respinte solo perché erroneamente considerate appartenenti ad un mondo estraneo. Invece, da una attenta analisi si nota che le regole prive di etichetta sono concatenate da una rigorosa logica riconducibile ad una visione unitaria della realtà a sua volta ben governata da princìpi. Questi ultimi, contenuti nelle regole che li sintetizzano donando loro esecutività, sono tutti finalizzati al raggiungimento di un unico ed onnicomprensivo scopo finale.
Il mare sa ispirare sempre riflessioni e pensieri che si fanno meditazione, sui grandi temi, sui massimi sistemi, su Dio Creatore di tanta sublime bellezza, sulla vita terrena e sul destino dell’uomo dopo il passaggio in questo mondo. Dunque, come scrisse Hermann Melville nel suo celeberrimo romanzo Moby Dick, acqua e meditazione sono sposate per sempre, magari partendo da un buon caffè sorseggiato in riva al mare infinito.