
Nella percezione contemporanea del tempo, "ultimo" è ciò che ha le caratteristiche del coming soon, del prodotto in arrivo, tanto prevedibile e annunciato, quanto destinato ad essere superato dai "nuovi arrivi". L'attesa corrispondente è schiacciata sul presente e la preoccupazione è quella di riempire il tempo, non certo di compierlo. Il tema del tempo come discorso antropologico fondamentale mette inesorabilmente allo scoperto la condizione di limite della nostra esistenza. Soltanto una libertà che si misura con la morte è nella condizione di vivere il proprio limite come una possibilità. Che sia questa la porta stretta per prendere sul serio l'umano? Il libro raccoglie gli atti del convengo della Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale del febbraio 2019.
L'uomo comune, "senza qualità", dimostra un'insospettabile capacità di inventare il quotidiano grazie ad arti pratiche e a tattiche di resistenza, mediante le quali elude i vincoli dell'ordine sociale e fa un uso imprevedibile dei prodotti che gli vengono imposti. Solo in apparenza obbediente e passivo, egli si sottrae in realtà alle costrizioni di una razionalità tecnicistica che crede di sapere come organizzare al meglio gli uomini e le cose, assegnando a ciascuno un luogo, un ruolo, dei prodotti da consumare. Dietro il silenzio impenetrabile dell'uomo "ordinario", Michel de Certeau scopre una straordinaria creatività nascosta, che si manifesta attraverso mille astuzie sottili ed efficaci. Le analisi pionieristiche di Michel de Certeau, che risalgono ai primi anni Ottanta, sono divenute la base metodologica di successive importanti ricerche condotte da storici, filosofi e sociologi.
L'esperienza di Auschwitz ha segnato il nostro tempo in modo indelebile, disarmando il pensiero razionale e la sua capacità di interpretare le vicende umane e la Storia. Di fronte a tale crisi quale può essere il compito della filosofia? Essa, proprio perché è fuori dal dominio delle scienze, può tentare un recupero radicale della "dignità del pensare": in un'epoca in cui la coscienza sembra essersi rifugiata e godere della propria irresponsabilità, il pensiero filosofico, al di là della tecnica e delle sue rassicurazioni, è il luogo in cui rilanciare le domande dell'etica, della giustizia e del perché Auschwitz fu possibile.
Non pochi concetti cardinali del pensiero europeo - fra cui quelli di vita, di uomo e di giustizia - discendono dalla tradizione biblica. Il riconoscimento di questo dato di fatto culturale da parte di Walter Benjamin è il cuore del presente libro, nel quale Sigrid Weigel indaga in modo esaustivo soprattutto le conseguenze che tale profonda convinzione ha avuto sulla formazione del pensiero benjaminiano e sul suo specifico declinarsi nei diversi piani della teologia, della letteratura e dell'estetica, fino alla cruciale dimensione teorica della traduzione. L'attenta ricostruzione di questo sfondo, condotta con puntualità filologica, non è però il solo obiettivo del libro di Sigrid Weigel. Il suo maggior contributo innovativo consiste, infatti, nella capacità di far emergere, da questa analisi, una configurazione concettuale destinata a incidere in modo decisivo su tutta l'opera di Benjamin, il cui nocciolo va individuato nella distinzione tra mondo della creazione e mondo della storia. Su queste premesse, il pensiero di Benjamin può essere coerentemente ripercorso e interpretato come pensiero "post-biblico", mosso da una consapevolezza non-confessionale della lingua biblica, dell'ordine sacro e dell'idea di redenzione.
I saggi raccolti in questo volume costituiscono un contributo alla storia dell'averroismo. Di questa complessa tradizione filosofica, che trasmette e sviluppa l'opera di Averroè (1126-1198) all'interno del pensiero ebraico e latino, vengono qui esaminati alcuni momenti salienti, non più circoscritti al Medioevo, ma estesi a pensatori rinascimentali (Elia del Medigo, Agostino Nifo) e moderni (Uriel da Costa, Spinoza e Adriaan Koerbagh). Al tempo stesso, gli studi qui presentati aprono ulteriori orizzonti per indagare l'influenza dell'averroismo nella formazione del pensiero di Spinoza e del movimento libertino europeo. Prefazione di Filippo Mignini.
Profilo dell’opera
Il volume presenta una ricostruzione complessiva della filosofia della natura kantiana, dalle opere giovanili fino agli ultimi manoscritti. Nella prima parte è proposta una ricognizione generale del rapporto tra fisica e metafisica lungo l’intero sviluppo della filosofia di Kant: dagli scritti precedenti alla Critica della ragion pura fino al ruolo fondamentale che la fondazione filosofica della fisica (non soltanto newtoniana) riveste per il compimento del sistema del criticismo. La seconda parte si concentra sulla metafisica della natura corporea esposta nei Principi metafisici della scienza della natura del 1786 e costituisce il primo studio monografico complessivo in lingua italiana su quest’opera. La terza parte è dedicata al rapporto tra fisica e filosofia negli scritti successivi, in particolare nei manoscritti dell’Opus postumum (1796- 1803), di cui viene messa in rilievo la continuità problematica rispetto a tutto il periodo del criticismo.
Autore
Paolo Pecere è Ricercatore di Storia della filosofia presso l’Università degli Studi di Cassino. Ha dedicato i suoi studi ai rapporti tra filosofia, fisica e psicologia in epoca moderna e contemporanea, pubblicando saggi e articoli su Kant, Cassirer, il neokantismo del XX secolo e Ricoeur. Ha curato la traduzione italiana (con introduzione e note) di Kant, Principi metafisici della scienza della natura (2003). È autore del volume Immanuel Kant: dinamica e metafisica. Dai «Principi metafisici della scienza della natura» all’«Opus postumum» (2004). È curatore (assieme a C. Cellucci) della miscellanea Demonstrative and Non-Demonstrative Reasoning in Mathematics and Natural Science (2006).
La teoria della causalità di Avicenna (Ibn Sīnā, m. 1037) è dominata dal concetto neoplatonico di flusso emanativo (in arabo fayd). Tutti i piani del sistema avicenniano ne sono interessati: quello metafisico, quello naturale, e quello intellettuale e quindi gnoseologico ed etico. Sulla base di un’ampia scelta di testi, questo volume analizza la definizione del concetto di ‘flusso’ e le sue diverse applicazioni. Ne risulta uno studio corposo in cui, per la prima volta, le idee essenziali al pensiero avicenniano (possibilità, materia, esistenza, creazione, emanazione, bene, natura, caso) – e le difficoltà cui esse danno luogo – vengono discusse sullo sfondo dei due momenti fondamentali che l’idea di flusso è chiamata a spiegare: quello dell’origine, e perciò dell’esistenza stessa del mondo in relazione al suo Principio, e quello del funzionamento, ossia delle dinamiche che dello stesso mondo spiegano la vita.
Oltre a un’ampia bibliografia, il volume, diviso in cinque capitoli, comprende due appendici, rispettivamente sulla terminologia e sull’opera di Avicenna, e l’indice dei passi tradotti.
Olga Lizzini insegna Philosophy in Islam alla Vrije Universiteit di Amsterdam. È autrice di diversi saggi sul pensiero teologico e filosofico della tradizione medievale araba e arabo-latina, pubblicati su riviste italiane e straniere. Ha curato la prima traduzione italiana della Metafisica di Avicenna (in edizione trilingue, a cura di O. Lizzini e P. Porro, Milano 2002; II ed. 2006) e la sezione di angelologia filosofica islamica del volume Angeli (a cura di G. Agamben e E. Coccia, Vicenza 2009).
Il libro considera le diverse correnti della filosofia della mente e presenta una visione antropologica ispirata a premesse aristoteliche e tomistiche, nelle quali i livelli della persona (neurovegetativo, somato-sensitivo, spirituale) sono fortemente integrati. La filosofia della mente è un'area del pensiero contemporaneo tipicamente interdisciplinare. Nasce, in parte, dalla filosofia analitica, ma soprattutto da problemi epistemologici e antropologici suscitati dalle scienze cognitive, la filosofia computazionale e la psicolinguistica.
Qui si offre una ricerca transdisciplinare che segue il metodo dell’expert meeting. Con “transdisciplinare” non intendiamo l’ambito comune a diverse discipline (l’inter di una ipotetica interdisciplinarietà) che potrebbe essere studiato con metodi e prospettive diverse tra loro; intendiamo invece la realtà al di là della sua formalizzazione nei diversi linguaggi, quella realtà alla quale ogni disciplina è chiamata ad aprirsi per entrare in sinergia con le altre, un’eccedenza che supera ed è al contempo ciò su cui le diverse prospettive si basano. L’esperienza di due anni di lavoro ci permette di affermare che questa realtà previa a qualsiasi tipo di formalizzazione è la relazione. Nel corso di questo lavoro, abbiamo comprovato che il “paradigma relazionale” proposto da Donati, serve da interfaccia ontologico, epistemologico e metodologico meglio di altri paradigmi, permettendo un dialogo fruttifero fra le discipline e consentendo di illuminare aspetti essenziali della realtà spesso trascurati. I risultati del lavoro che il lettore ha tra le mani sono senz’altro parziali e a volte vengono offerti più sotto forma di riflessioni e di domande che di soluzioni vere e proprie. Ciononostante, pensiamo che siano già delle buone indicazioni per una migliore comprensione della differenza uomo-donna in quanto relazione originaria, e per affrontare una serie di fenomeni socio-culturali in cui si osserva la perdita di questa differenza, e la sostituzione di tale relazione con altri tipi di relazione.
La trama logica dell'essere": espressione che può sembrare paradossale se consideriamo che si tratta di un autore noto per la sua radicale critica dell'ontologia. La tesi del presente lavoro intende tuttavia interrogare questa rimessa in questione dell'ontologia o meglio della differenza ontico-ontologica. La radicalità della critica impegna in qualcosa come una contro-ontologia, come una nuova "ontologia fondamentale", legata alle seguenti domande: Su quale "ente esemplare" leggere "il senso dell'essere"? Come definire la relazione dell'esistente, con l'essere, l'ente, gli enti, il mondo, Dio &? I primi capitoli si sforzano di prendere sul serio l'ipotesi di un'altra ontologia, di un'altra "fenomenologia materiale", o ancora dell'abbozzo del motivo della traccia e della diacronia. La seconda parte dell'opera non abbandona del tutto le acque levinassiane. Innanzitutto perché si fa carico del rischio di una esplorazione della dimensione teologica e politica di questo pensiero, e poi perché, anche quando si dirige verso Schelling, Rosenzweig o Benjamin, sono ancora dei temi legati alla temporalità e alle sue stratificazioni che sempre attraggono il nostro proposito.