
Nell'epoca in cui il discorso di Dio sembra confinato nello spazio delle private beliefes oppure spogliato dalla sua pretesa veritativa la proposta di Richard Schaeffler rivendica la sua sensatezza. La sua appassionata e rigorosa ricerca sul fenomeno religioso dimostra che l'uso del vocabolo Dio non è un abuso semantico, ma designa quella condizione trascendentale da cui dipende l'esistenza dell'essere umano.
II saggio cerca di ricostruire le linee generali del pensiero filosofico di Schaeffler, nel quale la questione dell'esperienza religiosa assume un ruolo decisivo. La sua lunga e variegata ricerca a proposito del confine fra filosofia e teologia offre un 'interessante elaborazione della questione di fondatezza del discorso religioso. La specifica composizione dell'approccio metodologico, elaborato da Schaeffler, permette di leggere l'esperienza del sacro. Il connubio organico tra i tre metodi (trascendentale, analitico e fenomenologico) restituisce alla conoscenza umana l'oggetto religioso nella sua datità originaria e permette di rintracciare una grammatica che struttura il campo dell'esperienza religiosa.
L'indagine schaeffleriana non si chiude nella mera analisi delle strutture aprioristiche che presiedono alla conoscenza, ma si apre a ciò che proviene dal Ding an sich. Per il filosofo tedesco la possibilità di esperienza dipende dalla capacità dell'uomo di accogliere l'appello della realtà in un contesto ordinato di vissuti. Di conseguenza, anche l'esperienza religiosa deve realizzare una forma specifica in cui avviene l'incontro tra la realtà numinosa e l'uomo.
L'impostazione metodologica di Schaeffier permette di far emergere il carattere dialogico tra i due poli di relazione, dimostrando come la libertà divina richieda una mediazione da parte dell'uomo per potersi manifestare. Dall'indagine religiosa di Schaeffier risulta quindi che l'uomo diventa capace di sillabare i suoi vissuti in un modo sensato quando riconosce che questa capacità è un dono conferitogli dalla bontà di Dio.
La teoria dialogica dell'esperienza viene anche applicata alla lettura della tradizione ebraico-cristiana. Quest'operazione serve per verificare l'idoneità di tale teoria nel cogliere la dimensione storica della rivelazione. Il rapporto fra l'universale e il singolare costituisce, infatti, il punto nevralgico di ogni impostazione trascendentale, che spesso fatica a dare una giusta rilevanza al carattere indeducibile della persona di Gesù Cristo. L'approccio metodologico di Schaeffler offre indubbiamente un tentativo valido di risposta a tale problema.
Il presente saggio esamina alcuni aspetti epistemologici fondamentali delle scienze della natura di Aristotele, rilevandone i lati positivi e le debolezze.
Nel mondo dell'Amministrazione globale il tempo calcolatorio pretende di essere tutto il tempo. Tanto che il suo dono, nell'età del dominio dell'Economico, appare impossibile. C'è invece un resto del tempo. Ed è questo a essere seducente per il pensiero. Questo resto è ciò per cui si scrive. Si scrive per sfuggire all'astrattezza del tempo che manca se stesso a causa della sua estrema disciplinarizzazione. È necessario, come fa Agostino, immergere il proprio pennino contemporaneamente nel sangue antico e nel presente. Così s'intravvede un tempo pieno, il miracolo del dono reciproco di tempo e scrittura, di identità e di differenza. Perciò la filosofia e la letteratura, secondo Derrida, hanno da dire qualcosa: per la forma del loro camminare nelle vie della mancanza, del loro affidarsi all'altro. Si scrive per resistere, e resistenza è allevare i sentimenti, dare loro il nome e narrarli . Nel coraggio della scrittura si possono scoprire le chiavi per entrare nelle cripte dell'esistenza, nel destino di segni aperto all'ulteriorità e al portento del tempo.
Cos'è il liberalismo? Difesa della libertà personale, della libertà privata, anti-statalismo, concorrenza, bene comune, tolleranza, sussidiarietà? Niente di tutto questo. Il liberalismo è una ribellione nei confronti della legge naturale, in particolare delle sue declinazioni morali e religiose. Durante la Guerra Fredda l'ideologia liberale e il cattolicesimo hanno avviato un processo di avvicinamento in funzione anti-sovietica. Ora, a trent'anni dalla caduta del muro di Berlino, questa alleanza ha ancora senso? Cattolicesimo e liberalismo sono compatibili? È possibile essere contemporaneamente cattolici e liberali? Quali sono i punti di contatto, e quali le differenze tra queste due filosofie? L'ideologia che ha vinto il confronto con il comunismo e che, dopo la caduta della «cortina di ferro» sembrava destinata a governare il mondo, pare aver perso gran parte del suo fascino. Liberato da quello che sembrava essere il suo antagonista, il comunismo marxista, il liberalismo ha mostrato ai popoli un volto meno amichevole e invitante, sempre più simile a quello dell'antico avversario. Quale, quindi, può essere il giudizio della Chiesa sul liberalismo e sulla sua versione economica, il liberismo? Che rapporto può intercorrere tra i cattolici e il liberalismo? La risposta è nella definizione di liberalismo che lo psicologo Roberto Marchesini fornisce con questo suo lavoro approfondito e documentato, tuttavia semplice e accessibile a chiunque. Una Introduzione di Stefano Fontana, direttore dell'Osservatorio Internazionale Cardinale van Thuân, impreziosisce il volume.
Il presente lavoro intende proporsi come un manuale per affiancare le lezioni di filosofia della religione nell'ambito di una Facoltà teologica. Si presenta con un'articolazione storico-ermeneutica, che comprende: un'introduzione di tipo epistemologico e metodologico; un'ampia rassegna storica delle principali posizioni e opere attinenti alla filosofia della religione, da Spinoza fino ai primi anni del XXI secolo; un capitolo dedicato agli "apporti indiretti" alla filosofia della religione, forniti non solo da filosofi, ma anche da psicologi e antropologi; un'antologia di testi difficilmente reperibili, alcuni dei quali sono presentati nella prima traduzione italiana; alcune schede concettuali su nuclei teoretici che possano avviare ad una sintesi sistematica. La destinazione del testo è eminentemente introduttiva e didattica.
La comunicazione è uno dei grandi temi del nostro tempo perché accompagna ogni tipo di attività umana. La politica, l’economia, la ricerca scientifica, l’educazione, lo sport e il mondo dello spettacolo vivono grazie ai rapporti intersoggettivi che si stabiliscono attraverso la comunicazione. Ma la sua imprescindibilità non la rende “buona” di per sé: solo quando gli uomini decidono di rivolgersi la parola reciprocamente mettono in gioco la loro libertà e il loro essere.
La comunicazione, pertanto, influisce sulla dimensione conoscitiva, affettiva e comportamentale dell’uomo e, con ciò, su quella ontologica.
«Stabilire relazioni, gettare ponti: questo, in realtà, è il compito della filosofia. Essa, se vuole ancora far valere la sua vocazione ermeneutica, si configura come “filosofia di”: come una filosofia rivolta a quel qualcosa d’altro che la stimola a sempre nuovi approfondimenti. Questo “altro”, come accade in questo libro, può essere rappresentato dall’ambito comunicativo. Ecco perché il libro di Mariano Ure – una vera e propria “filosofia della comunicazione” – ha in effetti, nell’implicito, un’ambizione ancora più grande: quella di approfondire filosoficamente, seguendo il filo conduttore della comunicazione, il legame fra essere ed agire, nonché di definire l’ambito d’indagine di quelle discipline che tradizionalmente hanno riflettuto su questi concetti, cioè l’ontologia e l’etica».
Dalla Premessa di Adriano Fabris
Mariano Ure insegna Etica del giornalismo all’Università Cattolica Argentina di Buenos Aires.
La narrazione è un bisogno costitutivo dell'essere umano: da sempre, infatti, gli uomini raccontano e si raccontano. Nell'ambito della filosofia e delle scienze umane trova sempre più seguito l'ipotesi, sostenuta con particolare vigore da Paul Ricoeur, secondo cui l'identità personale si costruisce attraverso il racconto per configurarsi come identità narrativa, in cui si intrecciano le multiformi trasformazioni del soggetto. Il racconto, in sostanza, ci parla della costituzione problematica, mai interamente data, fluttuante, dell'identità personale, del suo senso, dei suoi esiti. Da sempre la psicoanalisi, oggi le stesse scienze mediche, e tra queste soprattutto la psichiatria, presentano una condivisa vocazione narrativa. Il presente volume nasce dall'idea di confrontare tali pratiche terapeutiche con i saperi filosofici, pedagogici e umanistici che hanno contribuito a fornire alla narrazione una valenza etica e trasformativa. Percorrendo le strade del narrare, lasceremo parlare le diverse voci del filosofo, del pedagogista, dello psicologo, dello psichiatra, dello psicoterapeuta, del cinefilo... per coglierne le suggestioni e gli intrecci nella sfida incessante del nostro essere nel mondo.
Paul Ricoeur (1913-2005) è uno dei classici del pensiero novecentesco. La sua riflessione ha attraversato la seconda metà del secolo e ha contribuito alla diffusione presso il grande pubblico della filosofia ermeneutica. Partendo dal problema del peccato e della "volontà impedita", Ricoeur ha costruito una vera e propria mappa simbolica dell'esistenza umana: lo scopo della sua analisi è mostrare in che modo il linguaggio si trasforma e si carica di nuovi significati, quando deve rappresentare esperienze il cui senso immediato appare enigmatico. In questo lavoro, Alberto Martinengo fa un bilancio del percorso filosofico di Paul Ricoeur, mostrando la sua evoluzione e i punti di arrivo.
Quella del commentatore e teologo bizantino Eustrazio di Nicea (ca. 1050-1120) è una figura affascinante e misteriosa al tempo stesso. Assai apprezzato nel Medioevo latino per i suoi commenti all'Etica Nicomachea di Aristotele, Eustrazio è un autore ancora poco noto ai bizantinisti e in generale ai medievisti in virtù di una biografia a tratti oscura e per l'assenza di studi specifici sulla vita e sulla sua opera. Questo volume intende colmare tale lacuna ricostruendo in maniera precisa e dettagliata i dati relativi alla vita di Eustrazio e analizzandone per la prima volta l'opera filosofica nel suo complesso. Il ritratto che emerge da questo studio è quello di un appassionato lettore dell'opera del neoplatonico Proclo. Tuttavia, in Eustrazio i testi di Proclo si trovano ad essere riletti in maniera intrigante attraverso il filtro della letteratura monastica bizantina. Eustrazio ci impone dunque di rivedere le griglie tradizionali con cui si è soliti leggere la storia della cultura e della società bizantina di questo periodo. Da un lato, i toni ascetici nell'opera del metropolita di Nicea lo allontanano non di poco dal modello di intellettuale delineato da Michele Psello nel secolo XI; dall'altro, l'incontenibile predilezione per il neoplatonico Proclo che emerge nei commenti filosofici di questo autore lo rende assai particolare, se non unico, nel panorama degli autori ecclesiastici di questo stesso periodo.
Jay Heinrichs insegna a districarsi tra i trabocchetti della comunicazione non verbale e a fare propri con semplicità i cardini della retorica classica, svelando che politici, autori, personaggi televisivi e star del cinema o della musica se ne sono sempre serviti per ottenere il più antico degli scopi: fare di testa propria. Così si scoprirà che fanno parte degli omerismi (non di Omero ma di Homer Simpson) l'anamnesi, l'antitesi o l'aporia, si imparerà a parlare come Bush, a sedurre in tre minuti un poliziotto per non farsi fare la multa e a litigare con il fidanzato ispirandosi a Cats e Macbeth...
E' quasi due secoli che l'esperienza familiare è oggetto di aspre contestazioni. Esasperando una lettura individualistica e non relazionale dell'uomo, i critici della famiglia giungono frettolosamente a concludere che della famiglia sia doveroso allentare i vincoli costitutivi, per giungere a rimuoverli del tutto. Ma come pensare di poter rinunciare alla famiglia, se è proprio dal fatto che l'uomo è un animale familiare che dipende l'identità del genere umano, cioè l'identità di ciascuno di noi?