
Che ce ne rendiamo conto o meno, tutti abbiamo una filosofia. Ma siccome la nostra filosofia può avere conseguenze enormi sulla nostra vita e su quella delle persone che ci sono vicine, è bene sapersela costruire con cura. Il modo migliore consiste nel partire dall'alto, da quella che gli esperti chiamano metafisica. La metafisica è un'attività più semplice di quel che solitamente si crede: i bambini la praticano costantemente, sotto forma di domande. Metafisica è chiedersi: «Perché questa cosa è questa cosa?» Purtroppo, gli adulti hanno perso la capacità di farsi queste domande. Quasi sempre sono chiusi in un recinto mentale che li rende conformisti, impauriti, prigionieri. In questo libro troviamo le istruzioni avventurose per superare quel recinto e utilizzare la metafisica nella vita d'ogni giorno, nella scoperta di se stessi. Per accompagnarci in questo viaggio, Sibaldi riprende la più grande storia metafisica mai raccontata: l'Esodo di Mosè verso la Terra Promessa. Usciti, come Mosè, dalla prigionia d'Egitto, e passati al di là del deserto, possiamo riconquistare la possibilità di avere possibilità innumerevoli e il coraggio di lasciar avvenire ciò che desideriamo.
Per tutte le discipline che studiano il cervello umano la coscienza è la grande sfida ancora in corso, il territorio dove il rigore della scienza fa i conti con le pulsioni spirituali dell'uomo. In che modo, e soprattutto per quale motivo, entità fisiche quali siamo noi generano e provano sensazioni così impalpabili, così poco fisiche? Domande sfuggenti, come sfuggente è l'oggetto che si cerca di costringere in una risposta netta e definitiva. Tra le tante voci spicca quella di Nicholas Humphrey, che pone la coscienza in un'ottica darwiniana - si tratterebbe di un vantaggio evolutivo dell'uomo - e per capirne la magia non ha paura di scomodare una parola tabù per scienziati e psicologi: l'anima, il luogo in cui ognuno di noi vive e sperimenta la propria meravigliosa unicità.
Oggi è utile una riflessione significativa sul tema della coscienza con la quale gli esseri umani vivono? Crediamo di si. Esaminare, per notazioni sintetiche e riferimenti testuali, che cosa la Bibbia e la flosofia euro-occidentale dicano sul fondamento trascendentale della coscienza etica e sulle modalità per vivere oggi in modo consapevole: questo e l'obiettivo fondamentale di questo volume a due voci. Esso intende contribuire a valorizzare quanto le epoche precedenti hanno donato alla nostra, a cominciare dall'antichità euro-mediterranea e medio-orientale, in termini educativi e formativi. Queste pagine desiderano delineare una vita umanamente consapevole e sensatamente felice, al di fuori di fondamentalismi e settarismi culturali e religiosi di ogni genere.
Tutti i saggi presenti in questa raccolta hanno a che fare in un modo o in un altro con tre delle maggiori preoccupazioni di Quine: il significato, l'ontologia e l'epistemologia. Su tutti e tre questi temi Quine ha sviluppato idee così originali e rivoluzionarie che si può sostenere a buon diritto che esse segnino un epoca.
Prendere le cose con filosofia è per i napoletani una tradizione, oltre che una necessità. A Napoli la filosofia è dappertutto, come nelle città dell'Antica Grecia, dove si filosofava passeggiando. Non c'è dunque ragione di stupirsi se Luciano De Crescenzo ha scritto una Storia della filosofia - già pubblicata in diversi volumi ora qui raccolti per la prima volta - che da anni aiuta i lettori ad affrontare gli eterni, fondamentali problemi dell'Uomo. Nessuno saprebbe accompagnare il pubblico fino alla soglia severa dei grandi temi del pensiero con la simpatia e con l'irresistibile amabilità dell'ingegnere-filosofo, che in queste pagine ci guida attraverso millenni di storia, dai presocratici a Kant, raccontando vita pubblica e privata di illustri pensatori, spiegando il contenuto delle loro fondamentali intuizioni. E facendo, come sempre, ricorso a quel suo estro affabile, a quell'arte dell'aneddoto e del controcanto ironico che gli sono peculiari.
Uno dei testi più celebri e misteriosi della tradizione filosofica mondiale viene indagato e spiegato da Hans-Georg Moeller in modo semplice ed efficace. L'autore prende in esame le immagini e gli insegnamenti principali del Daodejing (o Laozi, com'era originariamente chiamato, dal nome del suo presunto autore) fornendo al lettore gli strumenti per la comprensione di questo antico classico. Da un lato, attraverso una ricontestualizzazione storica del Daodejing, Moeller chiarisce gli aspetti più oscuri di una filosofia che si discosta dai principi ermeneutici della nostra tradizione; dall'altro, seguendo un approccio "contrastivo", mette in luce parallelismi e differenze tra la visione del mondo e della vita contenuta nel Daodejing e la prospettiva umanistica della filosofia occidentale. A partire dall'analisi di concetti cruciali come Yin e Yang, Qi, Dao e De, Moeller offre interessanti spunti di riflessione su questioni centrali per l'uomo - le emozioni, la sessualità, la morale, il tempo, la morte e la guerra -' rendendo accessibile anche ai profani un testo proverbialmente ermetico.
Sfera pubblica, informale e "spontanea", e procedure della democrazia sembrano oggi destinate a un confronto sempre più diretto e risolutivo. La riflessione di Habermas prende in considerazione le trasformazioni ultime degli stati nazionali e propone di ripartire dal dato ineliminabile della democrazia come valore raggiunto e maturo. Oggi i cittadini possono ancora prendersi a cuore i diritti politici di partecipazione solo integrandosi nella comunicazione pubblica di una politica liberale ed egualitaria. D'altra parte, gli organi deliberativi dovrebbero rimanere permeabili e ricettivi verso temi, valori e programmi che pervengono loro da parte di una sfera pubblica non strutturata dall'alto. Solo se prendesse piede un simile "gioco di scambio" il concetto di cittadinanza politica potrebbe significare qualcosa di piÙ che un semplice aggregarsi di interessi prepolitici e un godimento passivo di diritti paternalisticamente concessi.
Un esercizio della filosofia attraverso l'esposizione e la meditazione di alcune sue grandi parole. Il ripensarle oggi mostra come la loro vita e la loro fecondità sopravvivano all'esaurimento e alla dissoluzione dei sistemi. Nel riproporre alcune grandi parole della filosofia, il libro intende offrire materiali per pensare e soprattutto l'occasione per rielaborare la ricchezza semantica e simbolica della tradizione. Il testo costruito nella forma di un lessico filosofico - per coppie oppositive o complementari lavora sulle parole: è esercizio teorico e insieme recupero e meditazione di parole antiche di cui vale la pena accertare se è possibile usarle ancora, reimpiantandole nel presente e dando luogo a nuove germinazioni di pensiero.
Questo libro polemizza con quanti sostengono che le trasformazioni e i conflitti del mondo contemporaneo nascono da processi di adattamento o opposizione alla modernità occidentale. Così facendo, la prospettiva resta sempre e solo quella dell'Occidente. Lo sguardo va invece spostato sui processi di ibridazione: tra culture, tra passato e presente, tra ideologie. La tesi del libro è che il concetto di globalizzazione metta in luce tutt'al più gli aspetti dell'unificazione economico-finanziaria e tecnica del mondo contemporaneo, ma sfugga alle questioni di fondo: che sono poi quelle dei rapporti tra le diverse culture, della loro coesistenza insieme necessaria e conflittuale.
II libro muove da un'osservazione fulminante: nella nostra vita pubblica e privata l'idea stessa di conflitto è stata bandita. O, più precisamente, tendiamo a essere intolleranti verso qualunque forma di opposizione e conflittualità, rendendoci di fatto ciechi verso gli aspetti positivi, progressivi, di crescita sociale e individuale che il "conflitto" racchiude (come ben sanno, per esempio, gli psicologi). In questo libro Miguel Benasayag e Angélique del Rey esplorano le radici e gli effetti perversi della rimozione del conflitto dallo scenario contemporaneo: rifiutiamo il conflitto e ci lasciamo invadere dall'ideale della trasparenza, decisi a sradicare ogni ombra, ogni opacità nella nostra relazione con l'altro o con gli altri.
Internet ci rende stupidi? Abituati alla velocità con cui accediamo alle informazioni scivolando, come su una tavola da surf, da un sito all'altro, viene meno in noi la pazienza richiesta da un libro o da un articolo lungo e complicato. Dopo una pagina o due ci innervosiamo, perdiamo il filo, avvertiamo l'esigenza di occuparci d'altro, di cambiare attività. La concentrazione nella lettura ci è divenuta estranea. Oggi l'umanità è totalmente connessa. E quindi: che fare con la novità rappresentata dalla rete, e in generale dalla civiltà digitale? Accettarla o rifiutarla? Per rispondere a questa domanda dobbiamo compiere un viaggio di duemila anni. Ermanno Bencivenga ci accompagna lungo questo cammino nella storia del pensiero occidentale: Platone è la nostra guida, Kant la stella polare. È un tragitto di secoli e millenni di idee e scoperte straordinarie e addirittura scandalose, eppure capaci di conquistare la normalità e tradursi in visioni del mondo universali. Così scopriamo che la nostra identità è stata messa in discussione ad ogni rivoluzione tecnologica. Ciascun cambio di paradigma sconvolge e rinnova la radice delle nostre consuetudini e dei nostri desideri. Ogni giudizio di valore è subordinato a una particolare fase del tempo, del mondo e della Storia. Allora, la domanda va riformulata: la rivoluzione digitale non ci rende più stupidi o più intelligenti, ma cambia profondamente la nostra postura nei confronti di noi stessi e del mondo. E ogni cambiamento radicale è un'occasione preziosa e insostituibile per chiederci chi siamo.
"Sta forse giungendo a compimento il senso espresso da più di duemila anni dalla nostra cultura che, come dice il nome, è "occidentale", cioè "serale", avviata a un "tramonto", a una "fine". L'evento occidentale è sempre stato presso la sua fine, ma solo ora, con Nietzsche, e poi con Heidegger e Jaspers, comincia a prenderne coscienza. Ma che cosa davvero finisce proprio oggi quando sembra che tutto il mondo insegua senza esitazione la via occidentale, fino ad annullare la specificità che finora ha reso riconoscibile l'Occidente e soprattutto la sua distanza dall'Oriente? Finisce la fiducia che l'Occidente aveva riposto nel progressivo dominio da parte dell'uomo sugli enti di natura, oggi divenuti, al pari dell'uomo, materiali della tecnica."