
E' questo non solo l'ultimo libro di Hannah Arendt ma anche il coronamento finale della sua "vita activa". Rimasto incompiuto, si sarebbe dovuto comporre di tre parti: restano le prime due e un abbozzo della terza. La prima, dedicata al Pensare, si domanda dove si trovi l'io che pensa, quali siano il suo spazio e il suo tempo, concludendo che esso si pone tra passato e futuro, tra la memoria del non più e l'attesa del non ancora. Qui, nel presente del pensare, l'angelo della storia ferma talvolta il suo volo e ci fa essere liberi. Ed è proprio alla libertà che è dedicata la seconda parte, quella che studia una nozione sconosciuta ai greci antichi: il Volere. Solo il cristianesimo si pose infatti il problema di come conciliare la fede in un Dio onnipotente con le esigenze del libero arbitrio. E dal cristianesimo tale questione arriva sino all'epoca moderna, allorché la volontà si scontra con la legge di causalità, o quando ci si sforza di farla convivere con le leggi della storia. In appendice gli appunti della terza parte, dedicata al Giudicare.
Una sintesi dettagliata e una valutazione critica del pensiero filosofico di Michel Henry (1922-2002). L'opera fornisce una sintesi dettagliata e una valutazione critica del pensiero filosofico di Michel Henry (1922-2002), fenomenologo francese che apre una nuova via di indagine attorno all'io e al suo rapporto con il mondo e l'assoluto.
Il motore potente e implacabile della società contemporanea è il principio di prestazione. Oggi l'inazione, la contemplazione, l'ascolto sono considerati forme passive, debolezze, carenze: non sembrano avere alcun valore in un sistema che concepisce la vita esclusivamente in termini di lavoro e produzione. Eppure, secondo Byung-Chul Han l'inazione è una delle attitudini più preziose dell'esistenza: nella contemplazione, infatti, l'essere umano vive davvero - al di là della mera sopravvivenza, in cui ogni agire è mosso da stimoli e mirato all'appagamento dei propri bisogni, alla risoluzione di problemi determinati, al raggiungimento di obiettivi spesso eterodiretti. Solo il silenzio permette di tendere l'orecchio al mondo, e solo l'ascolto può condurre all'esperienza vera, alla comprensione profonda dell'essere. L'inazione, dunque, non è né negazione né semplice assenza d'azione, ma va intesa come ciò che "dà forma all'ambito dell'humanum", rendendo genuinamente umano l'agire. In questo libro lucido e ispirato Han celebra le infinite potenzialità, l'incanto e la ricchezza del non agire e, in uno stimolante confronto con Vita activa di Hannah Arendt, progetta un nuovo modo di vivere: la vita contemplativa che la natura e la nostra società sull'orlo del collasso oggi chiedono a gran voce. Perché "il futuro dell'umanità", scrive il filosofo, "non dipende dal potere di chi agisce, bensì dal rilancio della capacità contemplativa".
Solo noi siamo responsabili di questa vita, nessun altro se ne assumerà la responsabilità, tanto meno nel suo momento finale. Proprio per questo, "arte della vita" significa il tentativo fatto sul serio di prendere nelle proprie mani la vita finché si è in tempo, riuscendo magari a renderla anche "bella".
COEDIZIONE PUL/MURSIA. I CONTRIBUTI PRESENTI NEL LIBRO TRATTANO LA VITA E IL VIVENTE. LA POSIZIONE ORIGINARIA DELL UOMO DI FRONTE ALLA VITA, ALLE SUE FORME E AL SUO SIGNIFICATO. L'argomento centrale di quest o volume e`la vita", in particolare l'autore puo`lasciando al lettore l'approfondimento in tutte le direzioni dei contributi presenti nel volume con la consapevolezza dell'impo rtanza, attualita e complessita della tematica affrontata, propone una risposta con una chiave nuova, qual e`l'approcci o storico-speculativo. Si tratta di ripercorrere la storia del pensiero filosofico con la tensione puntata verso il futuro, nella misura in cui le filosofie del passato restano aperte a reinterpretazioni moderne. I vari contributi come articoli, che cercano di suggerire il sofferto cammino tentato dall'essere umano per la compr ensione della sua vita nell'o rizzonte in cui abbiamo la vita, il movimento e l'essere, e nella tensione verso quel fine ultimo che e`anche principio. Contributi: a. Ales bello, e. Berti, n. Bosco, f. Bosio, f. Chiereghin, g. Cottier, f. Jacques, j.m. Malmadi, j. Marlas, s. Nicolosi, g. Penzo, a. Pieretti, p. Prini, a. Rigobello, c. Ruini, m. Sanchez sorondo, h. Seidl, a.t. Tymieniecka, c. Vinti. "
La vita è per sua stessa natura indefinibile, perché la nostra prospettiva è falsata dalla soggettività alla quale non possiamo sfuggire. L’unica via resta quella di descriverne i caratteri, qualche denominatore comune che renda possibile un’immagine della vita. Che è vuoi opera divina vuoi conseguenza di uno scarto chimico che ha procurato al mondo un principio diverso da quello che comanda il cosmo inanimato. Nascita, riproduzione, morte: questo il ciclo che determina la vita. Entità fragile e tenace al tempo stesso e carica di contraddizioni. La vita è vulnerabile, eppure la sua prima legge è l’autoconservazione. La vita è casuale, e va scelta in ogni momento, per non precipitare nella fine. La vita è, nella sua indefinibilità, plurale, anche se l’italiano la esprime con un singolare femminile. Sulla scorta di queste riflessioni, si traccia qui un percorso nelle contraddizioni della vita, centrato intorno ad alcuni passi biblici e a suggestioni che arrivano dal cinema, dalla poesia e dalla letteratura, da Leopardi a Calvino a Orhan Pamuk.
L'autore
Elena Loewenthal insegna Cultura ebraica presso la facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Studiosa e narratrice, lavora da anni sui testi della tradizione ebraica. Tra le sue numerose pubblicazioni, Lettera agli amici non ebrei (Milano 2003) e Scrivere di sé (Torino 2007).
L'opera più rappresentativa della fenomenologia di Edmund Husserl, viene qui analizzata e approfondita nel primo commentario completo realizzato in Italia.
Questo volume di Silvano Petrosino, a quasi vent'anni dalla sua prima edizione, è ormai un classico degli studi sull'esperienza della luce e sul fenomeno ad essa connessa dell'invidia. All'origine di questo studio vi è la convinzione che interrogarsi sull'esperienza visiva è altra cosa dall'indagare la propagazione e la ricezione della luce a partire dalle scienze, ad esempio dall'ottica o dalla psicologia della percezione. Il tema dell'esperienza è infatti essenzialmente connesso alla figura del soggetto, e quest'ultimo è drammaticamente in scena non solo come corpo senziente e come coscienza riflessiva e riflettente, ma anche e soprattutto come soggetto al/del desiderio.
Ultima, grande e incompiuta opera filosofica di Merleau Ponty, "Il visibile e l'invisibile" uscì postuma nel 1964. Le "note di lavoro" che lo arricchiscono (e che in questa edizione italiana si avvalgono di un utile indice tematico) consentono di congliere un orizzonte filosofico che, con il passare degli anni, ha sempre più richiamato l'interesse degli studiosi, non solo del mondo filosofico ma anche di coloro che hanno a che fare con la visibilità e l'immagine.
La Rivelazione di Cristo si dà come evento che appare con ogni diritto e come fenomeno per eccellenza. La Rivelazione rivela ogni fenomeno a se stesso a partire dal principio; questo annuncio della Rivelazione risuona quasi a suggerire una fenomenologia del rivelato. Viceversa la fenomenologia, per diventare ciò che pretende di essere, deve ampliare il più possibile possibile la sua capcaità di mettere in scena ciò che appare.
Un quadro suggestivo dell'evento epocale che ha già segnato il ventunesimo secolo. Dalla questione ecologica al governo degli esperti, dallo stato d'eccezione alla democrazia immunitaria, dal dominio della paura al contagio del complotto, dalla distanza imposta al controllo digitale: come sta già cambiando l'esistenza, quali potranno essere gli effetti politici nel futuro. Il coronavirus è un virus sovrano che aggira i muri patriottici, le boriose frontiere dei sovranisti. E rivela in tutta la sua terribile crudezza la logica immunitaria che esclude i più deboli. La disparità tra protetti e indifesi, che sfida ogni idea di giustizia, non è mai stata così sfrontata. Il virus ha messo allo scoperto la spietatezza del capitalismo e mostra l'impossibilità di salvarsi, se non con l'aiuto reciproco, costringendo a pensare un nuovo modo di coabitare.