
È tradizione chiamare moderna l'età della filosofia che si apre con Bacone e Cartesio e si chiude con Kant e Hegel. Due secoli appena, in cui molte partite vengono giocate e in cui si scontrano e riequilibrano tendenze diverse, se non opposte, dando luogo a un campo di forze ove si delineano mutamenti concettuali decisivi per l'intera cultura dell'Occidente. Questo volume mira a gettare nuova luce su quel nodo di problemi, conducendo il lettore a ridefinire in modo più ricco e comprensivo gli stessi confini temporali della modernità. Si prendono le mosse dalle Disputationes di Francisco Suárez per giungere alle Memorie del sottosuolo di Fédor Dostoevskij, passando per i testi straordinari di Bruno, Galilei, Newton, Leibniz, Hume, Voltaire e Marx (per citarne solo alcuni) e penetrando nei più svariati campi del sapere, dalla metafisica alla filosofia naturale, dall'etica alla politica. Uno sguardo ai pensatori e alle idee che hanno plasmato la razionalità moderna e l'hanno consegnata alla posterità.
Per illustrare i temi chiave sui quali la filosofia da sempre si interroga, Ermanno Bencivenga ha scelto un linguaggio insolito: quello delle favole. In questa nuova edizione il filosofo torna a raccontare di un mondo in cui il quattro vuole essere dispari, gli oggetti si ribellano, le scuole insegnano cose false; in cui due gemelli sono costretti a scambiarsi un'unica faccia e uomini con tre gambe non vedono la luna. E adesso vi incontriamo anche Alice che insegue quel che c'è da capire, e Tonino che vuole trovare una mappa... In questo mondo la magia è negli occhi di chi guarda, nella continua meraviglia di chi osserva le cose con l'innocenza di un bambino, di chi gioca a chiedersi "perché" sapendo che ogni risposta cela sempre in sé una nuova domanda. Perché è proprio dal senso di stupore, dall'incantamento con cui i bambini ascoltano le favole che nasce la riflessione filosofica.
Quello di una bimba di due anni che esplora e sovverte il suo ambiente quotidiano è detto gioco, ma che cosa ci autorizza a usare la stessa parola per il calcio o per gli scacchi? E che dire di quanti hanno parlato dell'arte, della letteratura e della filosofia come di sublimi giochi intellettuali? Ermanno Bencivenga si inoltra nel labirinto delle mille accezioni del termine gioco, fra sentieri tortuosi, svolte impreviste e vicoli ciechi.
Questo non è l'ennesimo libro di ricette, bensì un testo di filosofia, ma di una filosofia particolare. Quella che elabora il pensiero come se fosse cibo, lo prepara, lo cucina, lo serve da mangiare. E' un libro sull'analogia tra il nutrimento della mente e il nutrimento del corpo. Filosofare e cucinare, attività antichissime entrambe, sono rimaste sovente estranee l'una all'altra anche per la differenza di genere tra coloro che le svolgono: ambito per eccellenza femminile la cucina, territorio squisitamente maschile la filosofia.
Per illustrarci i temi chiave sui quali la filosofia da sempre s'interroga, Ermanno Bencivenga ha scelto un linguaggio insolito: quelli delle favole. Ne è nato, nel 1991, uno dei libri più originali e di maggior successo della divulgazione filosofica italiana, La filosofia in trentadue favole, poi ampliato in La filosofia in quarantadue favole.
In questa terza edizione Bencivenga aggiunge altri dieci racconti per portarci in un mondo nel quale la magia è negli occhi di chi guarda, di chi gioca a chiedersi «perché» sapendo che ogni risposta cela sempre in sé una nuova domanda.
La filosofia futura mette in questione quella che da sempre è ritenuta una evidenza assoluta, secondo la quale ogni cosa del mondo è soggetta all'eterno flusso del divenire. La filosofia futura mostra che tale evidenza è il perimetro all'interno del quale il pensiero occidentale da sempre si stabilisce, e la civiltà dell'Occidente, ormai planetaria, va manifestandosi. L'uomo va alla ricerca del rimedio contro l'angoscia del divenire perché, innanzitutto, crede che il divenire esista. Quando si inizia a mettere in discussione questa fede, si incomincia a mettere in questione la logica stessa del rimedio.
DESCRIZIONE: Secondo Pinès la filosofia ebraica si può comprendere pienamente solo se la si colloca nel suo contesto culturale: non c’è stato un pensiero ebraico che, nel corso dei secoli, si sia sviluppato in modo costante e autonomo ma ci sono stati pensatori ebrei che, sollecitati dai movimenti culturali che circolavano nella loro epoca negli ambienti non ebraici, hanno voluto confrontare il loro patrimonio culturale con quello degli “altri”. Tale impostazione induce a cercare le fonti del pensiero ebraico in quella che è stata chiamata “la saggezza straniera”.
La via è stata aperta da Filone Alessandrino, il fondatore della filosofia ebraica, che, conoscendo sia il giudaismo sia la filosofia greca, utilizzò metodi e concetti filosofici del mondo classico per mettere a confronto due tipi di sapere, quello ebraico e quello greco, completamente estranei l’uno all’altro. Una via che, secondo l’autore, conduce a Yehudah ha-Levi, Maimonide, Spinoza, Mendelssohn, Cohen, Rosenzweig, Buber.
COMMENTO: Una breve e straordinaria storia della filosofia ebraica, dal libro della Sapienza fino al '900, scritto dal massimo specialista.
Il volume prende in esame le questioni dedicate da uno dei più autorevoli maestri di teologia della seconda metà del XIII secolo, Enrico di Gand, alle problematiche morali e a quella che gli stessi medievali chiamano vita activa. L’indagine del pensiero etico enrichiano viene condotta studiando dapprima le coordinate teoriche che regolano e determinano l’agire pratico (i rapporti tra la volontà e l’intelletto, ovvero delle potenze dell’anima che sovrintendono alla sfera della prassi e ne determinano la libertà, e la dottrina delle virtù morali) e quindi considerando i testi dedicati da Enrico alla sfera economica, a quella politica e alla deontologia del maestro di teologia. Il magister theologiae è, secondo Enrico, l’«architetto» della vita della Chiesa e dell’intera società laica; egli opera e guida in ogni suo aspetto la vita activa, ovvero quella sfera di esistenza in cui gli esseri umani possono realizzare su questa terra la virtù più perfetta, ed aspirare così alla felicità.