
"La volontà di potenza", l'opera a cui Nietzsche avrebbe consegnato la forma ultima del suo pensiero, è in realtà il risultato di un'estrazione dal lascito del filosofo di alcuni scritti arbitrariamente accorpati in un volume. Essi hanno ritrovato la loro originale collocazione grazie al lavoro filologico svolto da Giorgio Colli e Mazzino Montinari che giunsero alla pubblicazione integrale e in sequenza cronologica di quelli che oggi si presentano come "Frammenti postumi". Questa nuova edizione, prevista in venti volumi, mette a disposizione i testi stabiliti da Colli e Montinari, che vengono presentati nella loro autonomia, interamente riveduti e aggiornati ai recenti risultati della ricerca e con alcuni inediti venuti successivamente alla luce.
I frammenti postumi del periodo compreso in questo volume mostrano come l'ostilità che gli ambienti accademici e la filologia ufficiale riservarono alla Nascita della tragedia, lungi dal confinare Nietzsche nel cerchio magico del mondo wagneriano, lo spingessero invece ad audaci riflessioni filosofiche da cui nacquero scritti rimasti inediti ma di importanza decisiva nello sviluppo del suo pensiero, quali "La filosofia nell'epoca tragica dei Greci" e "Su verità e menzogna in senso extramorale". Ma i frammenti mostrano anche il rinnovato interesse di Nietzsche per l'attualità scientifico-filosofica, che si rivela fra l'altro in originali elaborazioni filosofiche come la "teoria degli atomi temporali", nella quale è racchiusa una "teoria della percezione".
I "frammenti postumi" di Friedrich Nietzsche raccolti in questo quinto volume testimoniano, nella dinamica molteplicità dei temi, un tumultuoso - e decisivo - periodo di transizione che si concluderà, simbolicamente, con il commiato definitivo da Richard Wagner. Nietzsche filologo "inattuale", critico e riformatore nel segno della Grecità e di Wagner, pone con risolutezza in discussione se stesso e le sue precedenti convinzioni, incamminandosi per una lunga e faticosa "via della liberazione" che, secondo un progetto destinato a non realizzarsi, avrebbe dovuto raggiungere al termine di un percorso di dodici "Considerazioni inattuali". E a due di queste, "Noi filologi e Richard Wagner a Bayreuth", sono legate gran parte delle riflessioni che si trovano in queste pagine. Da un lato, utilizzando i risultati delle nascenti scienze antropologiche ed etnologiche e cogliendo nell'antichità, accanto ai germi di una nuova mentalità libera e scientifica, la permanenza di un "pensiero impuro", Nietzsche si dimostra più che mai contrario alla concezione di uno "sviluppo naturale" della storia e della cultura presente nei filosofi hegeliani e nei positivisti. Dall'altro, individuando adesso una contrapposizione tra la categoria ampia di 'educazione' e i pericoli presenti nell'arte, si allontana sempre di più dal culto del 'genio' e dalla metafisica schopenhaueriana.
Conosciuto e amato per le riflessioni sull'uomo e su Dio, in Pascal è possibile ritrovare una costellazione di frammenti sulla politica. Politica quale la poteva intendere uno sguardo "profondamente moderno" come quello pascaliano: una disincantata analisi della "forza" che governa la vita civile, della "fragilità" della giustizia terrena, dell'"opinione" e del "divertissement" cui si assoggettano gli uomini. Un disincanto segnato - pur nella vicinanza a Montaigne e Hobbes - da un timbro tragico, proprio del cristianesimo paradossale di Pascal.
Pubblicati a Innsbruck nel 1921 e tradotti ore per la prima volta in italiano, I Frammenti pneumatologici costituiscono l’opera fondamentale di Ferdinand Ebner (1882-1931) il solo esponente cristiano nella primitiva galassia del pensiero dialogico tedesco in cui brillano astri come Martin Buber, Hermann Cohen, Franz Rosenzweig. Il centro della sua riflessione si orienta sulla filosofia del linguaggio, ma se ne distanzia per la prospettiva particolare da cui affronta il tema e per la pista decisamente inesplorata che egli percorre, fino a riabilitare l’evento parola.
Il suo contributo ha portato decisamente verso una reinterpretazione dell’uomo in chiave interpersonale. Concittadino di Wittgenstein e probabile ispiratore di Martin Buber, Ebner fu l’unico filosofo cristiano della scuola della filosofia dialogica. La presente edizione rappresenta senz’altro un avvenimento culturale e editoriale di grande rilievo.
In questa edizione vengono proposti e ritradotti i frammenti in una successione coerente e in una visione che rende prematuro parlare sia di prospettiva metafisica sia di autonomia tra indagine scientifica e indagine filosofica.
Liberato da recenti interpretazioni che lo riducevano ad antesignano della scienza occidentale, Empedocle, recupera la sua indole originaria di poeta, sciamano e "physikòs", ovvero interprete della "physis", che è al tempo stesso origine e squadramento di tutte le cose. Misticismo, sapienza ed empirismo si intrecciano nella figura del sapiente di Agrigento, del V secolo a. C., che si offre come modello di una possibile unione tra pensiero scientifico e folgorazione intuitiva, tra mondo degli dei e mondo degli uomini.
Nel 1834 vengono pubblicati, con il titolo Frammenti di una storia della empietà due saggi incentrati sullo studio critico delle posizioni di Benjamin Constant e dei Sansimoniani in materia di religione. In essi Rosmini analizza il proliferare di seducenti e apparentemente nuove dottrine religiose provenienti dalla Francia, tendenzialmente anticattoliche, che portavano il germe pericolosissimo dell'eresia, e presentavano, pur sotto la maschera di concetti ormai di moda, quali quelli dell'eguaglianza, della fratellanza e della libertà, innegabili vizi riconducibili ad una più che conclamata gnosi spuria. Rosmini, che pur non ebbe mai il timore di leggere scritti di autori affiliati alla massoneria, che proliferavano in quegli anni, era convinto che servisse mettere ben in chiaro dove si nascondesse l'empietà degli asserti sostenuti da costoro. Molte delle teorie elaborate in questo clima, infatti, si concentravano sulla proposta di una presunta "nuova visione religiosa", che avrebbe dovuto soppiantare il Cristianesimo e, in modo particolare, il Cattolicesimo, presentato dai suoi nemici come ingombrante, inutile e contrario al progresso dell'intera umanità.
Stich prende le mosse dagli studi fatti dagli psicologi cognitivisti sul ragionamento e sottopone a critica quegli autori che ritengono l'irrazionalità biologicamente o concettualmente impossibile. Poi esplora la natura della razionalità e dell'irrazionalità: che cosa distingue un buon ragionamento da uno cattivo? Stich respinge le risposte che vengono generalmente date a questa domanda, le quali collegano la razionalità alla verità, all'equilibrio riflessivo, o all'analisi concettuale. L'alternativa proposta da Stich proviene dalla tradizione pragmatista, in cui il ragionamento è considerato uno strumento cognitivo. Nel suo pragmatismo la connessione tra razionalità e verità non è più pertinente.
Il potere è fragile e oneroso. È fragile, perché dipende dagli "altri", che pur deve materialmente dominare. È oneroso, perché l'obbedienza ha un suo prezzo: la minaccia o la lusinga, la paura o il consenso. Appartiene all'uomo, alla sua ambizione e alla sua ignoranza. L'ambizione lo spinge alla conquista, l'ignoranza gli cela la causa della precarietà di ciò che ha ottenuto. Tutto dipende dall'uomo, dalla sua mente, dal suo carattere, dalla sua psiche, dalla sua immaginazione, dalla sua parola, dai suoi muscoli, dalla sua destrezza: dalla sua "testa" e dal suo "corpo". Vi sono epoche in cui l'uomo onora l'esistenza, pur vivendo in mezzo alla miseria ed alle persecuzioni; e tempi nei quali non sperimenta altro, ad ogni livello, che la propria mediocrità. Il saggio è pensato, dunque, in una chiave, che definisco "antropologico-esistenziale": il potere, infatti, è una dimensione esclusivamente umana, che ha la sua cifra nel non accettare la propria finitudine. Non è effettivo se non si pensa "assoluto", ma la tensione dell "io" per realizzare quell'assolutezza incontra sul suo percorso l'"alterità"; e la incontra sempre di nuovo, nonostante ogni tentativo per eluderla, schiacciarla, renderla inoffensiva e impotente. Di qui una ineliminabile "fragilità": il potere che l'"io" accumula, quali che siano le forme materiali in cui si manifesta, incrocia strutturalmente l'"alterità" e da essa, oggettivamente, dipende.
"Un libro straordinariamente ricco e stimolante" (Charles Taylor)
"Bellissimo libro" (Armando Massarenti)
Questo volume va oltre i confini dell'antichistica, per inserirsi con forza nell'odierno dibattito sull'azione etica e politica. I greci furono consapevoli del fatto che valori e ideali devono venire a patti con la "fortuna", ossia con ciò che non prescinde da noi. E' a questa commistione tra ambizione virtuosa e vulnerabilità alla sorte che guarda Nussbaum, rileggendo la tradizione tragica e filosofica. Sulla scia di Aristotele, l'autrice suggerisce che ciò che rischia di contaminare la purezza della virtù e della ragione - impulsi inconsci, passioni incontrollabili - è anche ciò che costituisce la specificità della sfera umana: l'importante è limitare i rischi e arginare il potere della fortuna.
Martha C. Nussbaum insegna Law and Ethics nell'Università di Chicago. Con il Mulino ha pubblicato anche "Diventare persone" (2001), "Giustizia sociale e dignità umana" (2002), "L'intelligenza delle emozioni" (2004), "Le nuove frontiere della giustizia" (2007), "Giustizia e aiuto materiale" (2008), "Lo scontro dentro le civiltà" (2009), "Libertà di coscienza e religione" (2009).