
Sembra che il mantra del 'non c'è alternativa' sia destinato a dominare i nostri modi di pensare. Non c'è alternativa alle politiche di austerità, al giudizio dei mercati, alla resa al capitale finanziario globale, alla crescita delle ineguaglianze. Non c'è alternativa alla dissipazione dei nostri diritti e delle nostre opportunità di cittadinanza democratica. In nome di un realismo ipocrita, la dittatura del presente scippa il senso della possibilità e riduce lo spazio dell'immaginazione politica e morale. L'esito è un impressionante aumento della sofferenza sociale. Abbiamo un disperato bisogno di idee nuove e audaci, che siano frutto dell'immaginazione politica e morale. Che non siano confinate allo spazio dei mezzi e chiamino in causa i nostri fini.
Tutte le società sono obbligate a distinguere tra i gruppi con opinioni e interessi divergenti e le procedure istituzionali e giuridiche per regolare i possibili conflitti. Ma la regolamentazione tende, nel migliore dei casi, alla ricerca di un'utopica unanimità di valori morali universali e, nel peggiore, alla riduzione al silenzio delle parti. La natura umana però, sostiene l'autore, non si lascia facilmente imbrigliare dalle regole. La giustizia deve essere invece un mezzo per consentire a ruoli e funzioni sociali diversi, con obblighi e virtù particolari, di coesistere e sopravvivere nella società civile, senza che si cerchi a tutti i costi una sostanziale e artificiosa armonia.
Dobbiamo rassegnarci alla tirannia dell'io, a una celebrazione continua dell'egoismo e dell'apparenza che si traduce in una somma di solitudini e nell'accettazione passiva delle cose come stanno? In un'appassionata discussione guidata da Edoardo Camurri, Matteo Zuppi, presidente della CEI e arcivescovo di Bologna, e Walter Veltroni, politico, scrittore e regista, illustrano le molte ragioni per non arrendersi a un mondo che ci appare sempre più disumano, ma che può essere ancora riscattato dalla nostra azione consapevole. Non arrendiamoci alla paura, soprattutto alle paure indotte: guardiamo invece in faccia le paure reali, e studiamo strategie per liberarci delle loro cause. Non arrendiamoci all'indifferenza e al fatalismo: osserviamo i veri progressi compiuti nel corso di un paio di generazioni e confidiamo nel potere dell'utopia, del sogno, della profezia. Non arrendiamoci all'inevitabilità della guerra e dei confini: diventiamo artigiani di pace e di giustizia. Viviamo in un'epoca cruciale, in cui il mondo è sull'orlo della catastrofe ambientale, climatica, nucleare, e allo stesso tempo disponiamo di risorse tecnologiche e scientifiche inimmaginabili fino a pochi decenni fa. Abbiamo il dovere di batterci per orientare il futuro: verso il bene dell'umanità.
Il duello sconfinato tra chi aspira a conoscere e chi è ignorante. La massa predilige sempre di più l'ignoranza e se ne vanta beata, pur annegando; gli esseri conoscenti, rari, proseguono in un progresso costante e faticoso, escono dalla caverna platonica e vedono il sole. Con estrema ponderata levità, di questo tratta il volume: di un male che sta dominando e di un bene che si sta prosciugando, sia nel campo quotidiano, nonché umanistico, sia in quello scientifico. Un saggio che lascia solo intravedere le tante complessità delle tematiche che vi soggiacciono, nella sfera pubblica e in quella privata, e in quale senso pubblico e privato riescano a intrecciarsi inesorabilmente nel conscio e nell'inconscio.
«La ricerca mette in luce l'itinerario con cui il filosofo francese ha definito i tratti di un'originale trama metafisica e di un'articolata ermeneutica applicata alle Scritture Sacre. È difficile non riconoscere in esse un'occasione per il pensiero trinitario, affinché conferisca alla sua stessa teorizzazione un adeguato sfondo di credibilità. Le pagine di questo volume prendono anche in considerazione alcune questioni teologiche affrontate direttamente dal filosofo di Valence, soprattutto quelle attinenti alla denominazione divina. Si tratta di tematiche che realizzano un'abbozzata, ma per nulla insignificante, teologia, in cui non è difficile riconoscere la pertinenza per le ricerche trinitarie. Lo studio, inoltre, evidenzia il quadro globale dell'acquisizione del pensiero ricoeuriano in ambito di teologia sistematica: da esso si evince quanto e in che modo la teologia del mistero di Dio abbia già beneficiato del contributo filosofico e teologico del pensatore francese, ma quanto oltremodo essa potrebbe ancora recepire dal suo pensiero ontologico-ermeneutico, dalle sue considerazioni metafisiche e dai suoi contributi teologici ed esegetici».
"Nomi propri" è un libro d'incontri. I quattordici saggi che lo compongono sono le tappe di un cammino ideale, compiuto insieme ai filosofi, gli scrittori e i poeti con i quali Emmanuel Lévinas ha voluto aprire uno spazio di condivisione e di confronto. Potrebbe forse bastare questo a indicarne l'importanza nell'opera di un autore che ha riconosciuto nella relazione con l'altro il fondamento e il fine della riflessione filosofica. Ma qui non si tratta soltanto di rendere omaggio a Paul Celan, marcare una distanza con Kierkegaard o dialogare con Derrida. Piuttosto, l'incontro diventa occasione per definire le coordinate di una ricerca che qui si rivela, con chiarezza cristallina, in tutti i suoi temi portanti: l'affermazione del primato dell'etica, la critica della metafisica occidentale, il valore del linguaggio poetico che, al di là dei contenuti, è veicolo dell'inesprimibile e strumento di contatto con l'altro. Scrivendo sulla decifrazione dell'alterità in Proust, la lettura del sentimento in Jean Wahl e la teoria della conoscenza di Martin Buber - per limitarci ad alcuni esempi - Lévinas mette così alla prova il proprio pensiero e ne disegna la sintesi.
Ogni giorno ci serviamo di nomi. Ignoriamo tuttavia quale sia la loro natura più segreta. Inoltre temiamo l’anonimato come il nostro peggiore nemico. Ma finché non sappiamo cosa siano i nomi, non potremo affrontare davvero quella determinazione dell’esistenza che sappiamo che in qualche modo ci tocca e ci riguarda tutti da vicino. Così parlando, leghiamo il nostro dire alla denominazione di cose, di persone, di fatti, siano essi reali o inesistenti. Eppure di questo gesto così abituale ignoriamo le conseguenze più profonde. Né abbiamo ancora imparato a pensare cosa significhi dare un nome o portarne uno. Cosa implica il fatto di dare un nome a un figlio? a degli animali? Cosa significa chiamare qualcuno “amico”? Cos’è quel nome di famiglia nel quale ognuno reca memoria del padre e della madre, oltre la loro morte? Nomi di nomi s’interroga sulle figure che costellano la nostra vita (la madre, il padre, gli amici e i nemici, i figli e le famiglie, l’ospite, il testimone, il capo, il colpevole, gli animali…) per ripensarle a fondo a partire dalla valenza che in ciascuna di loro assume il nome proprio.
GLI AUTORI
GIANLUCA SOLLA insegna Filosofia presso l'Università di Verona.
Chi sono i barbari? Si dice siano "gli altri". E se invece fossimo proprio noi? Il nostro imbarbarimento corrisponde alla diffusa sottocultura omologante alimentata dall'attuale stile di governo. È questa l'"anomalia italiana" in cui Rovatti identifica i tratti della barbarie contemporanea. Il libro è costruito attraverso una serie di scene ritagliate dalla recente realtà sociale e politica italiana. La strisciante violenza quotidiana, l'oscillazione perversa tra privato e pubblico, lo sfacelo della scuola, una cultura degradata a "cultura televisiva" e la diffusione di una neolingua semplicistica e violenta. Episodi sintomatici, ciascuno a suo modo, della nostra barbarie, ma a volte anche spiragli di una possibile via di fuga dalla sua morsa.
Nietzsche fu veramente il filosofo ateo e nichilista che una certa vulgata dipinge? Venturelli procede alla decostruzione di questo stereotipo ripercorrendo le vie molteplici del pensiero nietzschiano, guidato da due fili armoniosamente intrecciati: la musica e la religione. Sullo sfondo del nulla, quale inaggirabile tema del pensiero nietzschiano, Venturelli tenta di ricostruire la "filosofia di Nietzsche" dando largo spazio al tema di una religiosità che, sebbene sofferta, resta pur sempre cifra del suo pensiero tragico nel senso proprio della parola, indissolubilmente legato allo spirito della tragedia e alla sua musica.
La nobiltà di spirito
non è un privilegio di casta.
È la giusta ambizione di ogni
vita degna di essere vissuta.
La vasta cultura dell’autore, il suo impegno incrollabile nella difesa degli ideali liberali e l’agilità della sua penna fanno di questi saggi una guida preziosa.
— Mario Vargas Llosa
Rob Riemen ha scritto uno dei rari libri di cui c’è un disperato bisogno.
— Azar Nafisi
“I valori umanistici classici implicano una fondamentale fi ducia nel potere, sempre imperfetto ma costantemente corroborato, dello spirito umano” aff erma George Steiner. Portavoci, spesso incarnazioni di questi valori furono grandi fi gure come Socrate, Baruch Spinoza, Walt Whitman, Thomas Mann e Leone Ginzburg. La consapevolezza di vivere un’epoca di crisi, segnata dalla guerra o dall’abbrutimento, ma soprattutto la strenua volontà di opporsi alle derive del loro tempo ne accomuna il lascito umano e intellettuale: la determinazione a non perdere di vista la destinazione morale dell’essere umano, anche nelle tenebre della storia, anche nel fondo di un carcere. In La nobiltà di spirito Rob Riemen si sforza di mettere in salvo il messaggio di queste grandi fi gure “inattuali” per legarle al nostro travagliato presente, ricostruendo una genealogia spirituale che va dall’Atene di Pericle all’Europa dei totalitarismi. Ripercorre una catena di esistenze esemplari spese alla ricerca di una libertà che non sia arbitrio, ma aspirazione a una vita giusta; di una saggezza che non sia erudizione, ma inseguimento dell’assoluto pur nell’imperfezione della conditio humana; di un coraggio che non sia vanagloria, ma forza di lottare per gli ideali intramontabili dell’umanesimo occidentale. E ci invita a rifl ettere sulle radici della tradizione europea, per riappropriarci di un’eredità in pericolo, e credere di nuovo nella cultura intesa come unico rimedio all’atrofi a morale e intellettuale.
Rob Riemen (1962), filosofo e saggista, è cofondatore dell’istituto olandese Nexus, che organizza incontri con le principali personalità della cultura mondiale, e di cui dirige l’omonima rivista. La nobiltà di spirito, già tradotto in dieci lingue, è il suo primo libro.
Imre Toth ha lungamente investigato origini e genealogia della controversia sorta intorno alla rivoluzione non euclidea. Abbandonando gli usuali criteri di sistematicità, ha creato un testo filosofico, un immaginario dialogo che coinvolge acronicamente alcune centinaia di "personaggi": autori noti al grande pubblico: da Platone a Husserl, passando per Tommaso d'Aquino, Leibniz, Kant; da Dante a Tristan Tzara, e con loro Thomas Mann, George Orwell e Apollinaire, e poi Descartes, Russell, e naturalmente Gauss, Saccheri, Vico e Croce e altri ancora.