
La questione dello statuto ontologico delle relazioni è tornata in auge nella discussione filosofica e teologica più recente, in particolare in ambito analitico. Nei diversi contesti e discipline si tratta di indagare in che termini sia possibile formulare, sul versante filosofico, un'ontologia relazionale nella quale le relazioni siano fondamentali quanto la sostanza e, sul versante teologico, una corrispondente visione trinitaria che integri nel divino la dimensione relazionale. Questi saggi ampliano un percorso di ricerca che va in questa direzione già avviato dall'autore, fornendo degli approfondimenti su questioni come l'ontologia delle relazioni, i caratteri fondamentali dell'ontologia relazionale-processuale e la corrispettiva teologia processuale (nella forma della divinità relazionale), alcuni modelli trinitari, l'ontologia relazionale gunk.
Il volume contiene gli scritti che, nelle intenzioni dell'autore, avrebbero dovuto costituire due libri distinti. Nel rispetto più scrupoloso delle strutture che Pareyson intendeva conferire a ciascuno, essi confluiscono ora in questa "Ontologia della libertà", una sorta di 'opus maius' dei suoi ultimi anni di lavoro. Nel grande solco della filosofia moderna, emerge la matrice esistenzialistica del pensiero di Pareyson, "che potrebbe anche essere interpretato come la versione italiana di quella filosofia dell'esistenza che egli fissava nelle quattro grandi figure di Jaspers, Heidegger, Marcel e Berdjiaev, o anche come uno sviluppo veramente originale di essa".
Per comprendere l'attualità si deve andare alle sue radici. Queste "Lezioni milanesi" ne tracciano il percorso logico: la tecnoscienza dominerà il pianeta in quanto ascolta il "sottosuolo filosofico del nostro tempo", che mostra che l'Eterno della tradizione è impossibile perché nega ciò che da sempre è ritenuto evidente, il diventare altro delle cose. Vivere significa credere nel diventare altro; ma questo credere è la radice di ogni violenza, perché vuole che appaia ciò che non appare. Storicamente questa violenza si presenta con volti diversi: nell'esistenza primitiva come volontà di "sgretolare la barriera" circostante; nel mito e nelle religioni come tentativo di uccidere il dio; nella filosofia come ontologia. Ma l'uomo non è solo questa violenza radicale: è anche il luogo in cui appare l'innegabilità e perciò eternità dell'essente. E poiché questo apparire è destinato a non chiudersi mai (Gloria), nel suo profondo l'uomo è destinato all'infinito. A quella che Fichte definiva "vita beata".
In questo libro Ferretti propone una puntuale rilettura dei testi kantiani, svolta principalmente intorno al tema dei rapporti tra ontologia e teologia. Il ritorno a Kant costituisce secondo Ferretti un passaggio obbligato per coloro che, all'interno del dibattito contemporaneo, intendono occuparsi del tema cruciale dei rapporti tra teologia, ontologia e fine della metafisica. L'autore precisa che, per cogliere fino in fondo gli spunti che la lettura dei testi kantiani può suggerire, occorre fare a meno delle tradizionali interpretazioni che ne sono state date; o per lo meno occorre rileggere queste interpretazioni con l'aiuto di filosofi come Heidegger e Levinas, il cui contributo fu fondamentale per la critica all'ontoteologia. Consultando anche in maniera critica gli studi che Heidegger e Levinas dedicarono a Kant, Ferretti individua nelle opere kantiane una vera e propria metafisica dell'ulteriorità, che si articola secondo il "modulo della ragione sul confine". Da questa prospettiva Kant appare il filosofo che, lungi dal cadere nel razionalismo o nell'idealismo, gioca a condurre il pensiero fino ai propri estremi limiti o confini (Grenzen), inducendolo ad aprirsi oltre se stesso. Kant si pose, nell'ipotesi di Ferretti, al limite tra la conoscenza scientifico-oggettuale e la sfera dell'ulteriorità propria della teologia. Nelle sue opere egli considerò inoltre la differenza tra i due ambiti di realtà, non raramente scegliendo di utilizzare un linguaggio di tipo analogico e simbolico, l'unico in grado di salvaguardare il mistero della divinità. A seguito di queste riflessioni Ferretti descrive l'ontologia kantiana della Critica della ragion pura - ricorrendo ai termini dello Heidegger di Essere e tempo - come una precomprensione ontologica della teologia. Negli ultimi capitoli, con l'aiuto delle interpretazioni svolte da Levinas circa l'opera di Kant, l'autore si propone di approfondire ulteriormente la questione, esaminando la relazione dinamica tra ontologia, esperienza religiosa e precomprensione etica della teologia.
Simone Weil e Bernard Lonergan: i rispettivi contributi alla riflessione filosofica e teologica contemporanea.
La fenomenologia, con la rivoluzione che opera nel modo di pensare la relazione fra apparenza e realtà, è un'ontologia, e non un rifiuto dell'ontologia, dello studio dell'essere delle cose reali e possibili, a vantaggio dello studio esclusivo dei loro "modi di apparire". Un'ontologia del nuovo, suggerisce il titolo. In effetti, alla base della rivoluzione fenomenologica c'è l'idea che i fenomeni portano all'esistenza cose nuove rispetto ai costituenti di base, di cui pure ogni cosa è fatta. Così la melodia è una cosa nuova rispetto ai suoni che la costituiscono, così una persona è una cosa nuova rispetto all'organismo umano che la costituisce. Il libro si compone di due parti. La prima è un'introduzione alla fenomenologia come metodo di ricerca filosofica. La seconda offre un'esemplificazione di questo metodo proprio nell'ambito dell'ontologia del concreto, o del "mondo della vita", concentrandosi più dettagliatamente sull'emergere del nuovo in svariati campi, e offrendo anche alcuni esempi di come pensare la vita nella sua ricchezza e concretezza sensibile senza affatto chiudere gli occhi di fronte alle impressionanti conquiste della ricerca scientifica contemporanea.
Da questa antologia emerge l'originalità di una riflessione che verte sull'oggettività dei valori disvelandone al contempo l'intrinseca contraddittorietà. se i valori, infatti, sono indipendenti dal soggetto, è quest'ultimo che, nell'esercizio del suo assentire o dissentire, li rende validi. Una "relatività" del soggetto rispetto ai valori che non è "relativismo", perché essi sono plurali ma non indifferenti…
Nella BAbele dei valori Hartmann è oggi una voce fuori campo la cui classicità è proprio nella tensione all'universale che dovrebbe essere in ogni seria indagine filosofica.
Che cosa esiste? A questa domanda, uno dei più antichi e irrisolti problemi filosofici, risponde quel ramo della filosofia nota come ontologia. In questo libro Achille Varzi, docente al Dipartimento di Filosofia della Columbia University di New York, illustra la discussione filosofica attualmente dedicata all'ontologia.
Si è soliti identificare l'ontologia con quel ramo della filosofia che nasce dalla domanda: «Che cosa esiste?». E si è soliti precisare che questa domanda ammette due tipi di risposta. La prima risposta è facile, per non dire banale, e si può riassumere in un'unica parola: «Tutto». Ma asserire che "tutto esiste" è tautologico, cioè privo di contenuto, quindi privo d'interesse. Quando in filosofia ci si domanda che cosa esiste si mira piuttosto a fornire una caratterizzazione dettagliata di questo tutto, ossia a specificare quali entità vi rientrino, o almeno quali tipi di entità. Si mira, cioè, a redigere quello che si potrebbe chiamare un «inventario completo» del tutto. Questo ci porta al secondo tipo di risposta, in merito alla quale filosofi di orientamento diverso hanno manifestato opinioni anche molto divergenti. Il libro ricostruisce le posizioni principali, gli argomenti offerti a loro sostegno e le metodologie su cui riposano.
Queste pagine trattano della potenza nell'opera di Friedrich Nietzsche, intendendola come tema analizzato all'interno del pensiero del filosofo e come energia che si sprigiona dalle pagine dei suoi libri. Lo sviluppo dell'analisi della potenza coincide, in un percorso che va da "Aurora" a "Genealogia della morale", con il progressivo aumento della potenza stilistica della prosa di Nietzsche, o perlomeno - se non si vuoi condividere quello che è un evidente giudizio di merito estetico - all'analisi della potenza si accompagna una continua sperimentazione espressiva dei risultati dell'analisi stessa. Il tema della potenza, nei testi che Nietzsche ha pubblicato, viene sempre affrontato in ambito morale. Nel pensiero di Nietzsche l'ambito morale, oltre che il regno del bene e del male intesi come categorie errate, è il regno dell'onestà e all'insegna dell'onestà il filosofo sviluppa tutta la sua critica della cultura occidentale, anche qui come per la potenza, considerando l'onestà come oggetto e come modo del sapere.
L'angoscia più profonda dell'uomo, che da sempre lo accompagna, è che la morte uccida ogni possibilità di salvezza. Tuttavia Emanuele Severino ha mostrato, nella "Gloria", come la salvezza dalla morte sia una necessità, non una semplice possibilità: "L'uomo è atteso dalla terra che salva". Ma nella "cadenza primaria" di "Oltrepassare", che della "Gloria" è al tempo stesso "rischiaramento" e sviluppo, appare come in realtà "la terra che salva sia 'infinitamente' più ampia, cioè più salvatrice" di quanto lo scritto precedente lasciava intendere, e come il senso autentico del divenire "mostri una complessità che nella "Gloria" non viene ancora indicata". Severino ha dedicato molti scritti a una rigorosa messa in atto del principio aristotelico di non contraddizione. E proprio in quanto mostrava le aporie su cui si reggevano celebri edifici della metafisica il suo pensiero suscitava un provocatorio interrogativo: che cosa si apre al di là della contraddizione?