
Nata nel 1940, l'autrice di questo libro ha studiato filosofia con Bontadini, Severino e Sofia Vanni Rovighi. Nel femminismo ha preso posizione contro la politica della parità per una politica della differenza. E ha scritto un gran numero di articoli e di libri, fra i quali La Signora del gioco (Feltrinelli 1976, nuova edizione in corso di stampa presso L'a Tartaruga), Maglia o uncinetto (Feltrinelli 1981, Manifestolibri 1998), Guglielma e Maifreda (La Tartaruga 1985, 2003), Il Dio delle donne (Mondadori 2003). L'ordine simbolico della madre, apparso nel 1991, è uno dei suoi lavori più citati, tradotto in tedesco, spagnolo, francese.
Dopo il primo volume, dedicato a Israele e a come prese forma in simboli la sua esperienza sullo sfondo degli imperi cosmologici del vicino Oriente Antico, il secondo volume di Ordine e storia, un grande classico della filosofia politica, si rivolge all'area greca. Anche qui si attuò una rottura con la prospettiva cosmologica, grazie a un "salto nell'essere" in cui il mito fu oltrepassato nell'ordine trascendente-divino. Si trattò di un passaggio graduale, scandito dalla transizione dal mito alla filosofia. Esso prese avvio nell'epica omerica, con la creazione del mito olimpico e il risveglio della coscienza di un comune ordine egeo che poggiava su un passato minoico-miceneo. Proseguì con la Teogonia esiodea, in cui il materiale mitico, soprattutto omerico, venne riplasmato secondo un'intenzione speculativa. Approdò infine mediante l'anello intermedio dei "filosofi mistici" Senofane, Parmenide ed Eraclito - alla metafisica di Platone e Aristotele. Il termine di questa transizione trova espressione nella formula "Dio misura invisibile dell'uomo". Questo lungo percorso viene scandito da Voegelin in due volumi: il primo dei quali (quello presente) inizia dal remoto passato minoico e termina con i rivolgimenti dell'età della Sofistica.
Ordine e storia è una delle opere filosofiche più complesse e originali della seconda metà del Novecento, un intreccio ambizioso e al contempo rigoroso di indagine storica e riflessione teorica. La sua prima traduzione italiana integrale, che qui presentiamo, si avvale inoltre, per ciascuno dei cinque volumi di cui l’opera è composta, di apparati di note di aggiornamento e di autorevoli contributi di approfondimento critico. In particolare questo primo volume, Israele e la rivelazione, viene arricchito da saggi di Peter J. Opitz, politologo e direttore del Voegelin-Archiv, Peter Machinist, assirologo e Hanna-Barbara Gerl-Falkovitz, filosofa. Mediante la «traccia dei simboli», Voegelin intende ricostruire una «storia delle esperienze d’ordine» delle diverse forme di società umana; un progetto che lascia trasparire sullo sfondo un confronto serrato con alcune questioni oggi ancora cruciali: basta il concetto di ‘civiltà’ a rendere ragione della complessità della storia? In che misura gli ordinamenti politici sono espressione di una determinata posizione antropologica? E ancora: le analisi storico-filologiche delle opere che hanno educato l’Occidente – dalla Bibbia a Omero, dai tragici a Platone e Aristotele – sono in grado di spiegarci tali opere facendo affidamento esclusivamente sui propri metodi? In questo primo volume si parte dalle civiltà del vicino Oriente Antico, per arrivare al ‘cuore dell’ordine’: Israele. L’eredità perenne di Israele consiste nell’aver spezzato l’ordine cosmologico delle civiltà in virtù dell’esperienza della trascendenza di Dio. Nel ripercorrere la storia del Popolo Eletto facendo tesoro dei guadagni delle scienze storiche, Voegelin ci offre una straordinaria, ricchissima lettura del testo biblico che diventa espressione dell’universale ‘dramma dell’essere’. La sua filosofia delle forme simboliche, applicata alle Scritture, ne illumina il carattere costitutivo di esperienza dell’ordine per un intero popolo. Il libro di Voegelin offre un contributo determinante non solo per il pensiero filosofico ma anche per quello politico. L’ampiezza della prospettiva sulla realtà gli consente di ripensare le scienze politiche e sociali tenendo presente un orizzonte concettuale e simbolico ben più esteso rispetto alla grande maggioranza delle correnti di pensiero moderne e contemporanee, reintroducendo, all’interno del discorso scientifico, gli apporti ‘classici’ dell’ontologia e della metafisica messi al bando dai multiformi approcci moderni di stampo positivistico.
Gli autori
Eric Voegelin (Colonia 1901 - Palo Alto, California, 1985) si formò a Vienna alla scuola di teorici del diritto di orientamento positivista guidata da Hans Kelsen. L’urgenza di penetrare la morfologia profonda del dilagante fenomeno del totalitarismo lo spinse allo studio della genesi delle idee politiche in senso filosofico. A partire dal 1938, l’esilio americano gli dette l’opportunità di dedicarsi a un’intensa disamina storica, dalla quale lentamente maturò una diagnosi teorica affatto convenzionale. Frutto di decenni di ricerca sono le due monumentali opere History of Political Ideas (in 8 volumi di pubblicazione postuma) e, soprattutto, i cinque volumi di Order and History (1956-1987). Dal 1958 al 1969 ricoprì a Monaco la cattedra di Teoria della politica già appartenuta a Max Weber. Rientrato negli Stati Uniti, concluse la carriera accademica presso la Stanford University. La pubblicazione dell’opera omnia di Voegelin è stata di recente completata presso la Missouri University Press. Le sue opere più note in Italia sono, fino a oggi, il fortunato ciclo delle Walgreen Lectures, tenute a Chicago nel 1951 (La nuova scienza politica, Torino 1968) e la prolusione inaugurale tenuta all’Università di Monaco (Il mito del nuovo mondo, Milano 1976).
Atti del 9° Congresso internazionale di studi gioachimiti San Giovanni in Fiore - 19-21 settembre 2019. Per Gioacchino da Fiore (morto nel 1202) il problema dell'ordo e della sua intelligibilità costituisce un tema centrale e quasi ossessivo. Lo ritroviamo nella sua opera in molte declinazioni: nel suo metodo di interpretazione delle Scritture secondo la «concordia» fra Antico e Nuovo Testamento; nei suoi diagrammi; nell'organizzazione concreta o ideale delle forme di vita religiosa da lui immaginate; nelle sue osservazioni sul suo tempo e i suoi conflitti, ritenuti segni della prossima fine dei tempi. I contributi raccolti nel volume esplorano questi diversi aspetti, ponendo una particolare attenzione al contesto: il tema dell'ordo percorre tutto il XII secolo; attraverso il punto di vista di Gioacchino - a tratti sconcertante, ma ben radicato nella cultura di quegli anni - possiamo comprendere meglio il suo tempo.
Il «sentire» che Roberta De Monticelli osserva in questo saggio è componente fondamentale della nostra affettività, esplorata nelle diverse manifestazioni: dalle infinite sfumature affettive della percezione sensoriale alla vicenda degli stati d'animo, dagli umori alle emozioni, dai sentimenti alle passioni... Ricondurre questi fenomeni all'interno di una visione d'insieme significa anche cominciare a tracciare una personologia, ovvero una teoria di ciò che siamo. Per condurre la sua analisi, Roberta De Monticelli esplora lo stato della ricerca filosofica per intraprendere poi quella «riduzione all'essenziale» di marca fenomenologica al termine della quale si potrà affrontare il tema dell'indifferenza morale e della banalità del male.
Nel 1647, al crepuscolo del Siglo de Oro, appare a Huesca, nell'Aragona, un sottile libro in-12°, opera di un Lorenzo Gracián dietro al quale si celava un teologo gesuita dalla solida fama di scrittore, Baltasar Gracián. Nessuno poteva prevedere che quei trecento aforismi avrebbero esercitato in Europa - grazie soprattutto alla traduzione-travisamento di Amelot de la Houssaie, dedicata a Luigi XIV nel 1684 - un'influenza immensa, sino a diventare un classico dell'educazione del gentiluomo, amato da Schopenhauer (che volle tradurlo) e apprezzato da Nietzsche. Ma che cos'era in realtà l'Oracolo manuale (cioè 'maneggevole, di facile consultazione')? Per capirlo, non abbiamo che da affidarci a Marc Fumaroli, il quale, in un illuminante saggio, ci rivela come l'Oracolo, trasformato da Amelot in una collezione di tattiche mondane, fosse qualcosa di infinitamente più audace e innovativo. Fondandosi sulla lezione della saggezza antica e sull'umanesimo teologico della Compagnia - sulla fiducia, dunque, nella cooperazione della natura e della grazia -, in opposizione al rigorismo giansenista, con quel libretto dallo stile conciso e concentratissimo Gracián intendeva infatti offrire alle grandi anime libere un viatico per affrontare vittoriosamente i pericoli e le insidie di un mondo degradato - e per imprimere il loro marchio nella vita politica e civile. Non una regola, dunque, ma uno stile, sorretto dalla conoscenza di sé e degli uomini non meno che dall'eleganza delle maniere e dal gusto raffinato, dal sapere enciclopedico e dalla solidità del giudizio, dalla docilità della volontà e dalla più calibrata riservatezza.
Il volume offre l'edizione critica di alcuni testi teologici e filosofici di dom Robert Desgabets, benedettino cartesiano vissuto nel Seicento. Gli opuscoli sono editi prendendo per base le raccolte manoscritte conservate nella Biblioteca municipale di Epinal. Essi approfondiscono attraverso la prospettiva agostiniana e cartesiana il tema del rapporto e della collaborazione tra ragione e fede, con particolare attenzione ai misteri della Trinità, dell'Incarnazione e della trasmissione del peccato originale, oltre che alle tematiche della grazia, della predestinazione, della giustificazione e della natura degli angeli. Gli inediti, brevemente contestualizzati e corredati da un essenziale apparato di note, sono preceduti da un saggio introduttivo che, oltre a restituire il quadro storiografico di riferimento, contribuisce a illustrare l'apporto gabetiano ai dibattiti teologici, filosofici e scientifici del XVII secolo.
Un'opera fondamentale e di grande respiro in cui si rinvengono i germi del cattolicesimo liberale. Si completa la pubblicazione della Filosofia del diritto. L'opera che in maniera organica presenta il pensiero di Rosmini suscitò grande eco ai suoi tempi e trovò calorosa accoglienza presso gli ambienti liberali. Scientificamente riveste un alto valore, per il suo carattere sistematico e per la trattazione strettamente logica dell'argomento, tutto formulato attraverso deduzioni concettuali. Il diritto - come Rosmini spiega in Filosofia del diritto (1841-45) - ha come suo fondamento la persona, perché "la persona dell'uomo è il diritto umano sussistente, quindi anche l'essenza del diritto". Il volume è il quarto di 4 tomi e completa la pubblicazione della sulla filosofia del diritto di Rosmini.
Umberto Galimberti prende le mosse dai vizi capitali: Accidia, Avarizia, Gola, Invidia, Ira, Lussuria, Superbia. Identificati come "abiti del male" da Aristotele, come "opposizione della volontà dell'uomo alla volontà divina" nel Medioevo, come espressione della tipologia umana nell'Età dei lumi, appaiono infine come manifestazione psicopatologica nel Novecento. "E così, fuoriescono dal mondo morale per fare il loro ingresso in quello patologico. Non più vizi, ma malattie dello spirito." Alla luce di questa sequenza storica, Galimberti "ambienta" i vizi nel panorama contemporaneo conflittualmente compresi fra la funzionalità (anche del male) propria dell'età della tecnica e l'urgenza dell'etica. Segue un'ampia ricognizione su quelle tendenze o modalità comportamentali per le quali suona efficace (e impropria) la definizione di "nuovi vizi": la sociopatia, la spudoratezza, il consumismo, il conformismo, la sessomania, il culto del vuoto, la voluttà dello shopping, la dipendenza dalla merce, la meccanicità del sesso hanno a che fare con il dissolvimento della personalità. Sono di fatto la negazione del modello "vizioso". Inquadrarli come vizi fa sì che si possa parlarne, onde "esserne almeno consapevoli e non scambiare per 'valori della modernità' quelli che invece sono solo i suoi disastrosi inconvenienti".